Nel caso di specie, il padre si rifiutava di parlare con la ex affidando ai minori tutte le comunicazioni con la mamma.
In un giudizio avente ad oggetto la regolamentazione dei rapporti tra due genitori e i loro figli, la Corte d'appello confermava la decisione del Tribunale di disporre l'affido dei minori in via esclusiva alla madre.
La Corte territoriale argomentava tale decisione tenendo conto della perdurante impossibilità per la madre di comunicare...
Svolgimento del processo
La Corte d'Appello di Milano, con decreto del 3 maggio 2021 reso in esito al procedimento ex art. 337 bis e ss. pendente tra CC e. FS , avente ad oggetto la regolamentazione dei rapporti dei predetti contendenti, già conviventi, con i figli M e M nati dalla loro relazione, ha rigettato il reclamo proposto da s avverso il decreto del Tribunale meneghino. Quest'ultimo aveva disposto l'affido dei minori in via esclusiva alla madre; aveva posto a carico del reclamante l'obbligo di corrispondere a CC a titolo di contributo al mantenimento dei figli, la somma complessiva mensile di euro 3.000,00 (euro 1.50o,00 per ciascun figlio); aveva infine statuito che il padre sostenesse le spese straordinarie nella misura del 70% del totale. Si legge nel provvedimento impugnato, a proposito della decisione assunta con riguardo all'affidamento dei figli: «il comportamento paterno, per come potuto osservare per tutta la durata del giudizio di primo grado, è stato connotato da una significativa incapacità di mettere in discussione i propri andamenti personologici, gravemente incidenti su un corretto esercizio di funzioni genitoriali, avendo egli reso estremamente difficoltosa la gestione condivisa della quotidianità dei figli, determinando situazioni di grave stallo decisionale, che si attestano come gravemente pregiudizievoli e contrarie all'interesse dei due minori. Da rilevare che tali modalità relazionali sono state mantenute dal padre anche a seguito della sentenza di primo grado e nel corso del presente giudizio, avendo la madre all'odierna udienza riportato la perdurante impossibilità di comunicare con l'ex partner (il quale non risponde al telefono, alle email e ai whatsapp) e la difficoltà dì assumere decisioni nell'interesse dei figli (quale quella di incaricare una baby sitter che assista i due minori a casa durante la didattica a distanza, quando lei si reca al lavoro). E' di tutta evidenza come tale persistente comportamento paterno, non solo renda difficoltosa la gestione della quotidianità dei due minori, che spesso necessita di decisioni veloci e di risposte tempestive, ma esponga, altresì, i due ragazzini all'assunzione di ruoli che non gli competono, veicolando il padre tutte le comunicazioni sui figli, anziché sulla madre, con la quale rifiuta di dialogare». La statuizione di conferma dell'obbligo, a carico del padre, di concorrere al mantenimento dei figli attraverso le indicate contribuzioni è stata poi motivata avendo riguardo all'elevato tenore di vita di cui i minori avevano goduto nel corso della convivenza dei genitori ìn ragione del consistente patrimonio paterno e della rilevante disparità reddituale esistente tra FS e CC : con riferimento alla condizione del primo sono richiamati, nel decreto, la documentazione relativa alle dichi razioni di Imposta, la comprovata titolarità di strumenti finanziari, di partecipazioni in società immobiliari, in Italia e all'estero, la gestione, da parte dello stesso s , di diverse attività commerciaij nel settore degli oggetti preziosi e nel campo immobiliare, 11.onché la donazione di euro 500.000,00 da lui operata in favore di due figli nati da un precedente matrimonio.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione FS affidandolo a sette motivi. CC ha resistito in giudizio con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria.
Lo stesso ricorso risulta iscritto a ruolo due volte; infatti sono pervenuti al Collegio due diversi fascicoli recanti diversi numeri del registro generale.
Motivi della decisione
1. - L'esistenza di due ricorsi è spiegata dal ricorrente (cfr. memoria, pag. 1) col fatto che lo stesso ha provveduto a due iscrizioni a ruolo della stessa impugnazione: una in via analogica e l'altra in via telematica. Nella sostanza, pertanto, il gravame è unico e i due ricorsi, solo formalmente distinti, vanno riuniti.
2. - Con il primo motivo è stata dedotta la violazione o falsa applicazione degli artt. 155, 155 bis, 333, 337 ter, 337 quater e 337 octies c.c. in relazione all'insussistenza dei presupposti per u111 affidamento esclusivo dei minori alla madre. Lamenta il ricorrente che la decisione dì affido esclusivo dei minori sia stata «adottata in relazione ad una mera (asserita) asprezza caratteriale del padre ed in tale assenza di episodi di una sua trascuratezza o incuria nei confronti dei minori»; assume che l'assenza di episodi di tale natura troverebbe conferma nelle conclusioni rassegnate dalla controparte, sia in primo che in secondo grado: conclusioni con cui era stato richiesto l'affido dei figli ad entrambi i genitori.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione degli artt. 62, 194c.p.c., 155, 155 bis, 333, 337 er, 337 quater e 337 octies c.c., 115 e 116 c.p.c. e il travisamento delle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio in punto di idoneità genitoriale. Si deduce che la scelta, operata dalla Corte di appello, di escludere n ricorrente dall'affidamento dei figli non sarebbe supportata da una specifica valutazione dell'incapacità genitoriale dello stesso; specularmente, la decisione di affidare i figli alla madre n<l>n sarebbe. fondata su alcun puntuale accertamento della idoneità della stessa.
Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione o falsaapplicazione degli artt. 62, 194c.p.c., 155, 155 bis, 333, 337 ter, 337 quater e 337 octies c.c., nonché la violazione degli 115 e 116 c.p.c. e il travisamento delle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio con riferimento alla funzione del coordinatore genitoriale. Si imputa alla Corte di merito di aver opinato, sulla scorta delle indicazioni tratte dalla consulenza tecnica, che l'affido condiviso dei minori M _g_ M potesse «praticarsi solo se subordinato alla presenza di un terzo (il coordinatore genitoriale)». Deduce l'istante che l'affiancamento del detto coordinatore era stato proposto dal consulente d'ufficio non già in funzione di «puntello» dell'affido condiviso, bensì per facilitare la transizione dalla situazione di coabitazione dei figli con entrambi i genitori a quella di permanenza alternata e separata dei ragazzi insieme al padre o alla madre. Per il caso di mancata nomina del coordinatore genitoriale, il Tribunale aveva previsto, come già il CTU, l'opportunità di un <<monitoraggio da parte dei Servizi Sociali, per verificare l'effettività del rapporto padre/figli, attivare supporti alla genitorialità e interventi socio-educativi per i figli, regolamentare le frequentazioni padre/figli in caso dì disaccordo tra i genitori».
Il quarto motivo censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., del 'art. 2697 c.c. ed il travisamento delle prove. Si addebita alla Corte di appello di aver qualificato come prova, e parificato alla consulenza tecnica, le relazioni del coordinatore genitoriale e di aver recepito acriticamente le doglianze di CC circa comportamenti del compagno del tutto indimostrati.
Col quinto motivò è lamentato l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. La doglianza verte sulla mancata considerazione del fatto che la consulenza tecnica d'ufficio era stata espletata allorché i genitori dei minori convivevano: situa ione, questa, che risultava superata dall'agosto dell'anno 2018.
2.1. - I cinque mezzi sopra riassunti si prestano a una trattazione congiunta, in ragione dei profili di connessione che presentano, e non meritano accoglimento.
2.2. - In materia di affidamento dei figli minori, il giudice deve attenersi al criterio fondamentale rappresentato dall'esclusivo interesse morale e materiale della prole, privìlegiando quel genitore che appaia il più idoneo a ridurre al massimo il pregiudizio derivante dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore. L'individuazione di tale genitore deve essere fatta sulla base di un giudizio prognostico circa la capacità del padre o della madre di crescere ed educare il figlio, che potrà fondarsi sulle modalità con cui il medesimo ha svolto in passato il proprio ruolo, con particolare riguardo alla sua capacità di relazione affettiva, dì attenzione, di comprensione, di educazione, di disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché sull'apprezzamento della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell'ambiente che è in grado cli offrire al minore. La questione dell'affidamento della prole è poi rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merit01 il quale, ove dia sufficientemente conto delle ragioni della decisione adottata, esprime un apprezzamento di fatto non suscettibile di censura in sede di legittimità da questa Corte (Cass. 4 novembre 2019, n. 28244; Cass. 27 giugno 2006, n. 14840).
Ciò detto, il provvedimento impugnato ha operato un'approfondita disamina delle capacità genitoriali degli odierni contendenti che, per quanto appena osservato, sf4gge I sindacato di questa Corte.
Si rammenta, del resto, che in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell'art 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, a6bia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiasi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre; la doglianza circa la violazione dell'art. 116 c.p.c. è poi ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato - in assenza di diversa indicazione normativa - secondo il suo «prudente apprezzamento», Sez. I - RG 20099/ 2021 e 20357I2021 pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass. Sez. u. 30 settembre 2020, n. 20867).
Le doglianze basate sulle richiamate disposizioni mirano, invece, a una revisione dell'accertamento di fatto riservato al giudice del merito e sono, come tali, inammissibili.
Non appare neppure concludente la deduzione, svolta all'internodel primo motivo, basata sulle conclusioni rassegnate da CCquanto all'affidamento dei figli minori: e ciò in quanto, in tema non solo di separazione personale tra coniugi e di divorzio, ma anche con riferimento ai figli di genitori non coniugati, il criterio fondamentale cui devono ispirarsi i relativi provvedimenti è rappresentato dall'esclusivo interesse morale e materiale dei figli stessi (previsto in passato dall'art. 155 c.c. e ora dall'art. 337 ter c.c.) con la conseguenza che il giudice non è vincolato alle richieste avanzate ed agli accordi intercorsi tra le parti e può quindi pronunciarsi anche ultra petitum (Cass. 23 ottobre 201:7, n. 250p5; cfr. pure, con riferimento alla separazione personale, Cass. :22 maggio 2014, n. 11412).
Primo e secondo motivo vanno dunque disattesi.
2.3. - Il terzo si profila inammissibile.
Il mezzo di censura mostra di non confrontarsi col decreto impugnato, il quale ha ampiamente motivato circa l'inadeguatezza degli atteggiamenti paterni (assenza di capacità autocritica e costante svalutazione la figura materna, con conseguente ostacolo alla gestione condivisa della quotidianità dei figli e creazione di situazioni di stallo decisionale): atteggiamenti ritenuti «forieri di grave pregiudizio per i due minori» (pag. 7 del provvedimento). Il rilievo è tanto più significativo ove si consideri che il giudizio della Corte di merito è stato espresso in esito al prolungato supporto di un coordinatore genitoriale che aveva evidenziato il «costante rifiuto del padre di confrontarsi con la madre» (pag. 6 del decreto): sicché la decisione della Corte risulta fondarsi proprio sulla comprovata insussistenza delle condizioni atte a giustificare un affidamento condiviso. Ebbene, la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al decisum della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione e dei motivi richiesti dall'art. 366 n. 4 c.p.c. (Cass. 3 luglio 2020, n. 13iB5; Cass. 7 settembre 2017, n. 20910; Cass. 7 novembre 2005 n. 21490).
Le indicazioni del CTU, ove pure non pienamente conformi alla soluzione adottate dai Giudici di merito, non varrebbero, del resto, a giustificare l'accoglimento del motivo, a fronte delle argomentazioni spese dalla Corte di appello: e ciò in quanto, in linea di principio, le valutazioni espresse dal consulente tecnico d'ufficio non hanno efficacia vincolante per Il giudice Il quale può disattenderle attraverso una valutazione critica, che sia ancorata alle risultanze processuali e risulti congruamente e logicamente motivata (per tutte: Cass. 3 marzo 2011, n. 5148; Gass. 26 febbraio 1998, n. 2145).
2.4. - Né può rinvenirsi una violazione degli artt. 115e 116c.p.c. nella valorizzazione, da parte della Corte di appello, delle relazioni di aggiornamento del coordinatore genitoriale.
In proposito, va avvertito che nell'ordinamento processuale vigente manca una norma di chiusura sulla tassatività tipologica dei mezzi di prova, sicché il giudice può legittimamente porre a base del proprio convincimento anche prove atipiche (Cass. 18 maggio 2018, n. 12179; Cass. 20 gennaio 2017, n. 1593; Cass. 1 settembre 2015, n. 17392). Dunque, legittimamente, la Corte d'Appello ha basato il proprio convincimento anche sulle relazioni del detto coordinatore, le quali sono state poste in relazione critica con le altre risultanze istruttorie del consulente tecnico d'ufficio.
Quanto alle dichiarazioni rese da CC in ordine alla perdurante impossibilità di comunicare con l'ex partner, esse certamente non assurgono a elementi di prova, giacché sono state rese - a quanto è dato di comprendere - in sede di interrogatorio libero, che è istituto finalizzato alla chiarificazione delle allegazioni delle parti (Cass. 27 febbraio 1990, n. 1519): è vero, nondimeno, che l'istante non precisa, nel rispetto del principio dell'autosufficienza, se e come tali deduzioni siano state contestate, sicché resta indimostrato che alla Corte di appello fosse precluso di valorizzare, ai fini della decisione, i fatti che in esse si inscrivevano, siccome pacifici. Mette conto di rilevare, al riguardo, che le affermazioni di s circa il «comportamento ostruzionistico rispetto al rapporto padre/figli» che sarebbe stato tenuto dalla ex compagna (decreto, pag. 5) non forniscono precisi ragguagli circa la contestazione di cui si è detto.
1.5. - La doglianza di cui quinto mezzo si risolve, poi, nella confutazione del giudizio espresso dalla Corte di merito che ha respinto la richiesta di integrazione di consulenza tecnica «tenuto conto sia dell'approfondita ed esaustiva valutazione dell'intero nucleo familiare espletata nel corso del giudizio di primo grado, che ha consentito di mettere in luce gli aspetti personologici della coppia genitoriale e le dinamiche interpersonali, sia degli esiti dei successivi percorsi terapeutic0-supportativi avviati a favore dei genitori a seguito della consulenza e protrattisi fino all'anno 2020, che hanno fornito utili informazioni ed elementi di valutazione sull'andamento personologico dei genitori e sulle rispettive capacità di avviare movimenti riparativi in relazione agli aspetti di criticità rilevati, dei quali [la] Corte può disporre nell'attualità>>. Non trova quindi riscontro la censura del ricorrente basata sul mancato rispetto del principio per cui nella materia in oggetto deve operarsi una valutazione attuale dell'idoneità genitoriale, non potendosi far riferimento a comportamenti del padre e della madre risalenti nel tempo. Per il resto, è appena il caso di ricordare che rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito la valutazione dell'opportunità di disporre indagini tecniche suppletive o integrative, di sentire a chiarimenti il consulente sulla relazione già depositata ovvero di rinnovare, in parte o in toto, le indagini, sostituendo l'ausiliare del giudice (Cass. 24 gennaio 2019, n. 2103; Cass. 30 marzo 2010, n. 7622).
3. - Il sesto mezzo oppone la nullità del provvedimento o del procedimento e la violazione degli artt. 3, 6, 12, 16, 19 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, degli artt. 3, 4, 5 e 6 Convenzione Europea di Strasburgo, dell'art. 337 octies e 8 CEDU. Si assume che «la rinnovazione della CTU sarebbe stata tanto più doverosa in considerazione della necessità di attualizzare anche l'ascolto dei minori, risalente ai tempi della forzata - e tesa - convivenza dei genitori, ed a tre anni prima dell'udienza di discussione>>.
3.1. - Il motivo non ha fondamento.
Indubbiamente l'ascolto del minore di almeno dodici anni, e anche di età minore, ove capace discernimento, costituisce una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere Informato e.ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonçhé elemento di primaria Importanza nella valutazione del suo interesse (così: Cass. 7 maggio 2019, n. 12018; Cass. 26 marzo 2015, n. 6129). Dalla stessa illustrazione del motivo emerge, però, che i minori erano stati sentiti nel corso della procedura.
In tale ipotesi deve ritenersi che il mancato rinnovo dell'ascolto de1 figli rientri nell'ambito di discrezionalità affidato al giudice del merito e che in sede di legittimità possa farsi solo questione di un vizio motivazionale del provvedimento impugnato, avendo specificamente riguardo ad ipotetici elementi di arricchimento conoscitivo che Il nuovo ascolto avrebbe potuto favorire.
Ma l'istante non formula una siffatta censura, non spiega le concrete ragioni che avrebbero reso utile l'espletamento del nominato incombente e nemmeno prospetta essere stata formulata un'istanza di rinnovo dell'audizione su cui il Giudice del gravame abbia mancato dli pronunciarsi.
4. - Col settimo motivo si deduce degli art. 337 ter, comma 4, e 337 sexies c.c., nonché l'omessa considerazione dell'assegnazione della casa, di proprietà esclusiva dell'odierno ricorrente, ai fini della quantificazione dell'assegno di mantenimento. Si lamenta la mancata considerazione di dette circostanza e il carattere meramente apparente della motivazione spesa, che si era limitata a riproporre Il dettato normativo del cit. art. 337 ter, comma 4.
4.1. - Il motivo è palesemente Infondato.
La Corte di appello ha confermato la misura del contributo al mantenimento dei figli a carico del ricorrente, prestando adesione alle valutazioni del giudice di prime cure, il quale, nella determinazione dell'assegno, aveva tenuto conto che la madre era assegnataria della casa familiare (cfr. decreto impugnato, pag. 2).
5. - Il ricorso è in conclusione respinto.
6. - Le spese di giudizio seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte riuniti i giudizi, rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giu9izio di legittimità, che liquida in euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto; dispone che in caso dl diffusione del provvedimento sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti.