Si tratta, infatti, di un contratto di trasporto concluso secondo le modalità previste dall'art. 1342 c.c..
In accoglimento della domanda attorea, il Giudice di pace di Roma condannava una compagnia aerea al pagamento per i danni subiti dall'attrice a causa del grave ritardo di un volo, imputabile interamente alla ritardata partenza dell'areo dallo scalo intermedio
Parte soccombente appellava tale decisione nella sola parte in cui era stato...
Svolgimento del processo
con sentenza n. 9234/17 del 28 marzo 2017 il Giudice di pace di Roma, in accoglimento della domanda proposta da P.D.A., condannò la A.R A. al pagamento in suo favore della somma di € 800, oltre interessi e rivalutazione monetaria ed oltre spese processuali, per i danni subiti a causa del grave ritardo del volo Milano – L’Avana, imputabile interamente alla ritardata partenza dell'aereo dallo scalo intermedio di Mosca;
A. appellò tale sentenza nella sola parte in cui - in aggiunta all'importo di € 600, liquidato a titolo di «compensazione pecuniaria» ex art. 7, comma 1, Reg. CEE n. 261/2004 - il giudice aveva riconosciuto all'istante l'ulteriore importo di € 200 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, in assenza di alcun elemento che ne rivelasse la sussistenza;
con sentenza n. 6790/2021 del 21/04/2021 il Tribunale di Roma ha dichiarato inammissibile il gravame, sul rilievo che, trattandosi di causa di valore inferiore ad € 1.100, la stessa doveva considerarsi decisa secondo equità, ai sensi dell'art. 113, comma secondo, cod. proc. civ. e, come tale, a norma dell'art. 339, comma terzo, cod. proc. civ., ne era consentito l'appello esclusivamente «per violazione di norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regolatori della materia»: ipotesi quest'ultima non configurabile nella specie non essendo ad essa riconducibili i motivi di gravame;
A. propone quindi ricorso, sulla base di due motivi, avverso la sentenza del Giudice di pace (dopo aver premesso che «la sentenza del Giudice d'appello è palesemente erronea per violazione della legge processuale», dal momento che - osserva - «l'art 113 del c.p.c. prevede la pronuncia secondo equità per le cause di valore inferiore ad euro 1.100,00 "salvo quelle derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all'art. 1342 del c.c..", quale è indubbiamente il contratto di trasporto concluso con l'acquisto del biglietto dedotto in giudizio»);
l'intimata resta tale;
essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata notificata alla ricorrente unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza della Corte;
Motivi della decisione
è indubbio che il ricorso sia da considerarsi proposto non contro la sentenza d'appello (cui è dedicato, come sopra s'è riferito, solo una incidentale considerazione critica, sull'implicito postulato, privo però di alcun fondamento giuridico, che tale considerazione valesse a legittimare la diretta impugnazione della sentenza di primo grado, quasi che si trattasse di pronuncia di inammissibilità resa ai sensi dell'art. 348-ter cod. proc. civ., quale però certamente non è quella del tribunale);
depone in tal senso, oltre al chiaro tenore testuale dell'epigrafe e dei motivi di ricorso, anche la considerazione che la procura conferita per il ricorso è espressamente e specificamente riferita alla impugnazione della sentenza del Giudice di pace (non a quella della sentenza d'appello), di guisa che, quand'anche il ricorso potesse leggersi - il che è però da escludere - come diretto ad impugnare la sentenza d'appello, lo stesso dovrebbe comunque considerarsi inammissibile in quanto proposto in assenza di valida procura speciale;
ciò posto, e ribadito dunque che il ricorso in scrutinio è proposto contro la sentenza di primo grado, resa dal Giudice di pace, se ne deve rilevare l'inammissibilità, sotto diversi profili;
anzitutto per la sua palese tardività, in quanto proposto ben al di là del termine lungo per impugnare decorrente dalla data di pubblicazione di quella sentenza;
in secondo luogo, e comunque, per le considerazioni qui di seguito esposte;
a norma dell'art. 113, comma secondo, cod. proc. civ. (come sostituito dal d.l. 8 febbraio 2003, n. 18, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 2003, n. 63, e applicabile ai giudizi instaurati con citazione notificata dal 10 febbraio 2003) il giudice di pace decide secondo equità le cause il cui valore non eccede€ 1.100,«salvo quelle derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all'articolo 1342 del codice civile»;
l'acquisto di un biglietto aereo presso una agenzia di viaggi (così come l'acquisto effettuato on line) comporta la conclusione di un contratto di trasporto con le modalità dell'art. 1342 cod. civ., in quanto le condizioni di contratto sono definite dalla compagnia aerea per regolamentare la serie indefinita di rapporti con tutti coloro che acquistino il biglietto, già predisposto su di un modulo standard e che richiama il regolamento negoziale e le condizioni generali di contratto;
le relative controversie, ove rientranti nella competenza del giudice di pace, restano pertanto sottratte, ai sensi della citata disposizione, al potere di quest'ultimo di decidere secondo equità, anche se aventi valore non eccedente millecento euro (Cass. n. 11361 del 11/05/2010; n. 17080 del 10/07/2013);
di conseguenza la stessa decisione non era comunque ricorribile per cassazione, bensì appellabile, anche secondo il testo dell'art. 339 cod. proc. civ. antecedente al d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40;
trattandosi peraltro di fattispecie ricadente sotto la novellata disciplina, la conclusione non sarebbe stata diversa quand'anche si fosse trattato di sentenza emessa secondo equità;
è noto, infatti, che l'unico rimedio impugnatorio ordinario ammesso avverso le sentenze emesse del giudice di pace nell'ambito della sua giurisdizione equitativa necessaria e pubblicate a partire dal 3 marzo 2006 è rappresentato dall'appello a motivi limitati, ex art. 339, comma terzo, cod. proc. civ., nel testo novellato dal d.lgs. n. 40 del 2006, e ciò anche in relazione a motivi attinenti alla giurisdizione, alla violazione di norme sulla competenza e al difetto di motivazione, essendo le stesse ricorribili per cassazione solo in caso - certamente non ricorrente nella specie - di accordo tra le parti per omettere l'appello, ex art. 360, comma secondo, cod. proc. civ. ovvero di pronuncia secondo equità su concorde richiesta delle parti medesime, ex art. 114 cod. proc. civ. (Cass. 31/07/2017, n. 19050);
è appena il caso di aggiungere che il rilievo di ufficio dell'inammissibilità del ricorso è sottratto alla regola di cui all'art. 384, comma terzo, cod. proc. civ. (nel testo novellato dall'art. 12 d.lgs. n. 40 del 2006), perché la norma è da riferirsi soltanto all'ipotesi in cui la Corte ritenga di dover decidere nel merito (Cass. 20/07/2011, n. 15964), risultando nell'elaborazione sul tema della c.d. terza via con riferimento all'art. 384 cit. e all'art. 101, comma secondo, cod. proc. civ. (introdotto dall'art. 45, comma 13, legge 18 giugno 2009, n. 69), l'interlocuzione delle parti esclusa quando si tratti di questioni in punto di mero diritto (cfr. Cass. Sez. U. 30/09/2009, n. 20935);
in particolare, qualora la questione di diritto sia di natura esclusivamente processuale (come nel caso di specie), non è neppure astrattamente configurabile la violazione dell'art. 101 cit., perché anche la prospettazione preventiva del tema alle parti non avrebbe potuto involgere profili difensivi non trattati (Cass. 30/04/2011, n. 9591);
non avendo l'intimata svolto difese nella presente sede, non v'è luogo a provvedere sul regolamento delle spese;
va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell'art. 1-bis dello stesso art. 13;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell'art. 1-bis dello stesso art. 13.