In tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull'evento dannoso, tenendo in considerazione il dovere generale di ragionevole cautela.
L'attrice conveniva in giudizio la società e i due titolari della stessa chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti per via della sua caduta sulla scala esterna ai locali di loro proprietà, affermando che quest'ultima era pericolosa in quanto scivolosa a causa della pioggia e senza strisce antisdrucciolo nè corrimano.
Il Tribunale...
Svolgimento del processo
1. B.L. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Spoleto, la A.M. e G.P. s.n.c., nonché A.M. e G.P. in proprio, chiedendo che fossero condannati al risarcimento dei danni subiti a causa della sua caduta da una scala sita all'esterno del locale di proprietà dei convenuti, dove ella si era recata. A sostegno della domanda espose, invocando gli artt. 2043 e 2051 cod. civ., che la scala era scivolosa a causa della pioggia e della mancanza delle strisce antisdrucciolo e del corrimano e, perciò, pericolosa.
Si costituirono in giudizio i convenuti, chiedendo il rigetto della domanda, ed intervenne in causa anche la U. s.p.a., in qualità di assicuratore, ai fini della manleva dalle pretese attrici.
Il Tribunale rigettò la domanda, rilevando che dalla prova testimoniale espletata era stata dimostrata la caduta, ma ne era rimasta incerta la dinamica.
2. La decisione è stata impugnata dall'attrice soccombente e la Corte d'appello di Perugia, con ordinanza in data 14 marzo 2019, in ragione della possibile fondatezza dell'appello, ha disposto la sospensione dell'immediata esecutività della sentenza di primo grado e l'ammissione di una c.t.u. per la quantificazione del danno.
Indi, con sentenza del 25 giugno 2021, la Corte umbra ha rigettato l'appello, ha confermato la decisione del Tribunale e ha condannato l'appellante al pagamento delle spese di lite, ivi comprese quelle della consulenza tecnica.
3. Propone ricorso per la cassazione avverso questa sentenza B.L., con atto affidato a due motivi.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., e la ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta nullità della sentenza ex artt. 132 n. 4) e 360, primo comma, n. 4) cod. proc. civ., nonché vizio insanabile di motivazione della sentenza impugnata.
Osserva la ricorrente che la Corte d'appello avrebbe omesso di porre a fondamento della propria decisione le prove che l'appellante aveva fornito in suo favore, con particolare riferimento alle presunzioni relative allo stato pericoloso dei luoghi. Sostiene, inoltre, che la Corte avrebbe ritenuto attendibili i testi P.P. e B., nonostante essi non lo fossero affatto, poiché si sarebbero attenuti aduna testimonianza anticipatamente per loro predisposta; lamentano, infine, che la Corte abbia escluso l'evidenza di un dato documentale, offerto da elementi fotografici, attestante la pericolosità delle scale dovuta alla mancanza di striscia antisdrucciolo e del corrimano.
2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione degli artt. 2727, 2729 e 2734 cod. civ., nonché violazione dell'art. 115 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., relativamente alla valutazione delle prove.
La ricorrente osserva che la Corte di merito avrebbe dovuto fare applicazione del principio di cui all'art. 2051 cod. civ., secondo cui, nell'eventuale incertezza sull'individuazione della concreta causa del danno, rimarrebbe a carico del custode il fatto ignoto, in quanto non idoneo ad eliminare il dubbio in ordine allo svolgimento eziologico dell'accadimento.
3. I due motivi di ricorso, benché tra loro differenti, possono essere trattati congiuntamente, data l'evidente connessione tra loro esistente.
3.1. Giova innanzitutto premettere che questa Corte ha più volte affermato che anche nella fattispecie di cui all'art. 2051 cod. civ. spetta al creditore danneggiato provare il fatto dannoso ed il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno e, ove la prima sia inerte e priva di intrinseca pericolosità, dimostrare, altresì, che lo stato dei luoghi presentava un'obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il verificarsi del secondo, nonché di aver tenuto un comportamento di cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l'ordinaria diligenza, atteso che il caso fortuito può essere integrato anche dal fatto colposo dello stesso danneggiato (ordinanza 11 maggio 2017, n. 11526, in linea con una consolidata giurisprudenza, tra cui le sentenze 27 novembre 2014, n. 25214, e 5 febbraio 2013, n. 2660).
È stato parimenti affermato, con le ordinanze 1° febbraio 2018, nn. 2480, 2481, 2482 e 2483, che in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull'evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell'art. 1227, primo comma, cod. civ., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall'art. 2 della Costituzione. Ne consegue che, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un'evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l'esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro.
Questi principi, ai quali la giurisprudenza successiva si è più volte uniformata (v., tra le altre, le ordinanze 29 gennaio 2019, n. 2345, e 3 aprile 2019, n. 9315), sono da ribadire ulteriormente nel giudizio odierno.
3.2. Ciò premesso, il Collegio osserva che la Corte d'appello ha fatto buon governo dei principi suindicati.
La sentenza impugnata, infatti, con un accertamento di merito congruamente motivato e non suscettibile di riesame nella presente sede di legittimità, ha affermato che dall'espletata istruttoria era emerso, anche sulla base delle fotografie, che la scala, composta di tre soli gradini, era bagnata a causa della pioggia; che i gradini avevano dimensioni regolari; che non era presente il corrimano e che le strisce antisdrucciolo erano presenti sull'ultimo gradino e parzialmente anche sullo scalino superiore. La scala, contrariamente a quanto affermato dalla L. non era sporca né consumata e i gradini erano in buono stato. Dalla complessiva valutazione di questi elementi risultava che la scala non poteva ritenersi intrinsecamente pericolosa e che l'appellante avrebbe potuto scendere senza rischi osservando le dovute cautele; per cui la caduta era da ricondurre, in ultima analisi, alla condotta della danneggiata che non aveva visto dove metteva i piedi nello scendere la scala.
A fronte di tale ricostruzione, i motivi di ricorso risultano, quando non inammissibili, comunque privi di fondamento.
Ciò vale per le tre articolazioni nelle quali è suddiviso il primo motivo, che invoca una presunta nullità della motivazione quando è invece evidente che la motivazione c'è e non incorre in lacune e contraddizioni. Irrilevanti sono le considerazioni critiche circa la non attendibilità dei testimoni - le cui deposizioni, peraltro, non rappresentano l'unico supporto della motivazione - anche perché la credibilità degli stessi costituisce un apprezzamento rimesso al giudice di merito. Identiche osservazioni vanno compiute a proposito dell'esame delle foto, posto che la sentenza impugnata ha escluso che la caduta sia avvenuta nel punto indicato dalla ricorrente (cioè dove mancava la striscia antisdrucciolo). Quanto al fatto, poi, che la Corte d'appello abbia deciso la causa in senso difforme rispetto al precedente provvedimento di sospensiva, il Collegio rileva che nessuna violazione di legge è invocabile al riguardo, dato il carattere provvisorio della decisione sulla sospensiva.
Allo stesso modo, le presunte violazioni di legge di cui al secondo motivo si risolvono nella contestazione di una mancanza di coerenza nella valutazione delle presunzioni, punto anch'esso oggetto di un giudizio di merito insindacabile in questa sede.
4. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
Non occorre provvedere sulle spese, atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte degli intimati.
Sussistono, tuttavia, le condizioni di cui all'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.