L'ammissione è giustificata dalla natura bifasica del processo di separazione dei coniugi.
Pronunciata la separazione personale dei coniugi, il Tribunale rigettava la domanda di addebito e dichiarava inammissibile la domanda volta ad ottenere l'assegno di mantenimento formulata dall'attuale ricorrente nella memoria integrativa. Proposto gravame, la Corte d'Appello lo rigettava.
La controversia giunge in...
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 16/2018, depositata il 12/01/2018, la Corte d'appello di Brescia ha rigettato l'impugnazione proposta da P.S. contro la decisione di primo grado, con la quale il Tribunale, pronunciata la separazione personale dei coniugi, aveva rigettato la domanda di addebito e aveva dichiarato inammissibile la domanda volta ad ottenere l'assegno di mantenimento formulata dallo S. nella memoria integrativa, ponendo a carico della moglie e a favore del marito un assegno alimentare di € 300,00 mensili, decorrente dalla data della domanda.
Avverso tale statuizione ha proposto ricorso per cassazione P.S., affidato ad otto motivi.
S.T., nonostante la ritualità della notifica, è rimasta intimata.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione o falsa applicazione dell'art. 54 r.d. n. 1326 del 1914, per avere la Corte d'appello affermato - con riferimento alla domanda di addebito della separazione alla moglie, ove la stipula della convenzione matrimoniale di separazione dei beni era stata prospettata come lo strumento attraverso il quale la T., approfittando delle ridotte capacità del marito, aveva preordinato le condizioni per poterne depauperare il patrimonio - Ila sussistenza di una presunzione di capacità d'intendere e di volere del ricorrente, al momento della firma di tale convenzione, sottoscritta davanti a un notaio, ponendo a carico di chi afferma il contrario una rigorosa prova contraria, tenuto conto che, invece, l'art. 54 r.d. n. 1326 del 1914 pone a carico del notaio solo l'accertamento della capacità legale, e non anche della capacità naturale, delle parti.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione o falsa applicazione dell'art. 2967 c.c., per avere la Corte d'appello erroneamente ritenuto - sempre con riferimento alla domanda di addebito della separazione - che P.S. fosse onerato della prova del compimento, a sua insaputa, delle operazioni economiche effettuate dalla moglie con il denaro di proprietà del marito, mentre invece era quest'ultima a dover dimostrare l'esistenza del consenso del coniuge.
Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la violazione o falsa applicazione dell'art. 151 c.c., per avere la Corte d'appello erroneamente ritenuto mancante la prova del nesso causale tra la mala gestio della moglie e la crisi del rapporto coniugale poiché, in presenza di violazioni gravissime ai doveri fondamentali di assistenza morale e materiale derivanti dal matrimonio, come pure di offese gravissime ai diritti fondamentali dell'altrui persona (quali il depauperamento del patrimonio del coniuge invalido ad opera dell'altro coniuge), avrebbe dovuto prescindere dalla comparazione delle condotte dei coniugi, ritenendo senz'altro provata la determinazione dell'intollerabilità della convivenza.
Con il quarto motivo di ricorso è dedotta la violazione o falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., per avere la Corte d'appello erroneamente ritenuto che la domanda volta all'ottenimento di un assegno di mantenimento fosse stata formulata dal ricorrente solo nella memoria integrativa poiché, interpretando correttamente la domanda sin dall'inizio formulata (alimenti e pagamento del mutuo gravante sull'immobile di proprietà dello S.), si evinceva chiaramente che il bene della vita richiesto era ben più ampio di un assegno alimentare in senso stretto.
Con il quinto motivo di ricorso è dedotta la violazione o falsa applicazione dell'art. 709, comma 3, c.p.c., per avere la Corte d'appello erroneamente ritenuto che la domanda volta ad ottenere l'assegno di mantenimento non potesse essere formulata con la memoria integrativa, essendo tale memoria l'atto con il quale devono essere definitivamente formulate le domande, anche se nuove, e la fase presidenziale finalizzata unicamente all'adozione degli opportuni provvedimenti temporanei e urgenti.
Con il sesto motivo di ricorso è dedotta la nullità del procedimento per violazione dell'art. 112 c.p.c. e il vizio sancito dall'art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c.,, per avere la Corte d'appello erroneamente ritenuto congruo l'importo
liquidato a titolo di assegno alimentare, in mancanza della prova della fruizione di disponibilità ulteriori da parte della T. rispetto a quelle dichiarate, sul presupposto che le ingenti somme da quest'ultima incassate dovessero ritenersi spettanti in parti uguali al ricorrente, alla moglie e al figlio, così tenendo conto di quanto sul punto eccepito dalla T., ma con riferimento ad un'altra questione, quella relativa alla prospettata mala gestio che, invece, non era stata esaminata.
Con il settimo motivo di ricorso è dedotta la violazione o falsa applicazione degli artt. 1965, 1362 e 1363 c.c., per non avere la Corte d'appello considerato che l'accettazione delle ingenti somme sopra menzionate era intervenuta a titolo transattivo, essendo state erogate somme al ricorrente con rinuncia ad ulteriori pretese, intervenendo in tale rinuncia, anche la moglie e il figlio minore.
Con l'ottavo motivo di ricorso è dedotta la violazione o falsa applicazione degli artt. 1298, 1294 e 2043 c.c., per avere la Corte d'appello ritenuto che le somme incassate dalla T. a titolo di risarcimento del danno dovessero ritenersi spettanti in parti uguali alla stessa, al marito e al figlio minore, mentre invece non era configurabile una solidarietà attiva, avendo ciascuna persona che ha subito danni dal fatto illecito altrui un autonomo e distinto diritto ad essere risarcita.
2. Il secondo motivo dii ricorso, da esaminarsi prioritariamente, per ragioni di ordine logico, è decisamente infondato.
Ed invero, in tema di separazione, grava sulla parte che richieda l'addebito l'onere di provare sia la contrarietà del comportamento del coniuge ai doveri che derivano dal matrimonio, sia l'efficacia causale di questi comportamenti nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza (così, da ultimo, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 16691 del 05/08/2020), per cui non ha errato la Corte d'appello nel porre a carico dell'odierno ricorrente l'onere di provare l'addebitabilità della separazione alla moglie per violazione del dovere di assistenza, violazione che, peraltro, è stata esclusa dalla Corte territoriale con statuizione non compiutamente censurata dallo S..
3. Il primo e il terzo motivo di ricorso, infatti, sono inammissibili, poiché non censurano tutte le rationes poste a fondamento della decisione.
In sentenza, per la parte che qui rileva, si legge quanto segue: «... il dato documentale versato in atti, sotto tale profilo, non appare univoco e dunque da esso non potrebbe desumersi prova indiziaria, soprattutto perché da tale atto non può desumersi la dimostrazione che la gestione delle sostanze è stata effettuata dalla T. al deliberato proposito di indebita locupletazione a danno del coniuge, e che tale condotta abbia avuto efficacia causale determinante nella crisi del rapporto coniugale. Deve ancora rilevarsi che la procura generale di data 6.11.2003 e la successiva convenzione matrimoniale del 4.11.2004 sono state sottoscritte davanti ad un notaio ed è dunque da ritenersi, in mancanza di rigorosa prova contraria, che le condizioni di capacità dello S. siano state a tali date previamente verificate da/l'ufficiale rogante, elemento questo che non corrobora certo l'assunto per cui tali atti hanno rappresentato null'altro che un mero strumento attraverso cui la T., profittando della condizione di ridotta capacità del coniuge, avrebbe preordinato le condizioni per poterne depauperare il patrimonio con correlativo indebito arricchimento; neppure è stata offerta idonea prova che le operazioni economiche richiamate dalla difesa dell'appellante siano state condotte all'insaputa del coniuge...».
È pertanto evidente che il rigetto della domanda di addebito
si fonda sulla ritenuta mancanza di prova di una intenzionale indebita locupletazione della moglie in danno del marito e, in aggiunta, sulla affermata assenza di dimostrazione di un nesso causale tra la condotta come sopra prospettata e la irreversibile crisi della coppia. Vengono poi evidenziate considerazioni in ordine alla ritenuta presunzione di capacità di intendere e di volere del ricorrente e all'assenza di elementi che inducano a ritenere gli atti di disposizione del patrimonio siano stati compiuti dalla moglie all'insaputa del marito.
Parte ricorrente ha censurato gli ultimi argomenti appena riportati, ma nulla ha detto in ordine al rilievo secondo il quale mancava la prova di una intenzionale indebita locupletazione della moglie in danno del marito.
La sentenza impugnata si fonda, dunque, su plurime rationes decidendi, ciascuna di per sé sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, con il conseguente onere del ricorrente di impugnarle entrambe, a pena di inammissibilità1 del ricorso per cassazione (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 17182 del 14/08/2020).
4. Anche il quarto motivo di ricorso è inammissibile, difettando del requisito di specificità richiesto dall'art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c.
Il ricorrente ha censurato la statuizione del giudice di merito, nella parte in cui ha ritenuto di non poter intendere la richiesta di alimenti, contenuta nel ricorso introduttivo, come una richiesta di erogazione dell'assegno di mantenimento, deducendo che il bene richiesto era ben più ampio di un assegno alimentai-e in quanto, in sostanza, il ricorrente richiedeva quanto necessario per il proprio mantenimento, ma non ha riportato il contenuto del ricorso, neppure nella parte rilevante, al fine di verificare le allegazioni e le deduzioni formulate sul punto.
5. Il quinto motivo è invece fondato.
Questa Corte ha avuto già occasione di esprimersi in ordine alla ammissibilità della domanda cli addebito nel giudizio di separazione personale tra coniugi, proposta dal ricorrente nella memoria integrativa di cui al novellato art. 709, comma 3, c.p.c., da depositare nei termini assegnati dal Presidente - là dove resti infruttuosamente esperito il tentativo di conciliazione e chiusa, all'esito, la relativa fase del giudizio con l'adozione dei provvedimenti temporanei ed urgenti - in vista dell'udienza di comparizione e trattazione dinanzi al giudice istruttore.
In tale pronuncia, questa Corte ha evidenziato che, con la riforma del processo di separazione personale dei coniugi è stato adottato un modello di natura bifasica in cui convivono un primo momento non contenzioso che, introdotto dal ricorso ex art. 706 c.p.c., è contrassegnato dalla centralità del tentativo di conciliazione tra i coniugi, esperito dal Presidente, ed un secondo momento di natura contenziosa che, all'esito del fallimento di quel tentativo è destinato, nella contrapposta dialettica tra le parti, a trovare definizione dinanzi al giudice istruttore, in virtù del meccanismo propositivo di cui all'art. 709, comma 3, c.p.c. Segnatamente, il provvedimento presidenziale di cui all'art. 709, comma 3, c.p.c., adottato all'esito dell'inutile esperimento del tentativo di conciliazione tra i coniugi, denuncia, nei suoi contenuti, la finalità di dare al processo ordinato svolgimento, segnandone il passaggio dalla fase conciliativa non contenziosa a quella contenziosa a cognizione ordinaria, tant'è che la memoria integrativa, da prodursi dal ricorrente dinanzi al giudice istruttore, introduce, in continuità con la pregressa fase, il giudizio contenzioso e resta definita, per il richiamo operatone nell'art. 709, comma 3, c.p.c., dai contenuti dell'atto di citazione.
Si tratta invero di un meccanismo al cui affermarsi segue la riformulazione della vacatio in ius nella fase contenziosa o che, meglio, costruisce la stessa come una vacatio a formazione progressiva nel passaggio dall'una all'altra fase.
In siffatta cornice la questione relativa al se la memoria integrativa di cui all'art. 709, comma 3, c.p.c. possa contenere la domanda di addebito, in più occasioni qualificata dalla giurisprudenza di legittimità come domanda nuova, ha trovato positiva soluzione in ragione del carattere bifasico del giudizio di separazione personale che, rispondente all'interesse che il ricorrente potrebbe avere di non "spendere" nel ricorso ex art. 706 c.p.c. quella domanda, per non escludere a priori una soluzione consensuale della crisi familiare, ha trovato inequivoco sostegno, quanto alla sua struttura, nella disciplina di riforma contenuta nell'art. 709, comma 3, c.p.c. (così Cass., Sez. 1, Sentenza n. 17590 del 28/06/2019).
Alle stesse conclusioni deve pervenirsi in ogni caso di domanda nuova, suscettibile di essere formulata nel giudizio di separazione, e quindi anche nel caso in cui il ricorrente formuli nella memoria integrativa, per la prima volta, la domanda finalizzata ad ottenere l'assegno per il proprio mantenimento.
L'articolato meccanismo dell'art. 709 c.p.c., in cui si inserisce anche la memoria integrativa di colui che abbia già proposto ricorso per separazione personale, esprime infatti una scelta legislativa di sostanziale recepimento di prassi applicative invalse nella giurisprudenza di merito, che estende ai procedimenti introdotti da ricorso il novellato modello processuale di definizione del tema di decisione, secondo scansioni e preclusioni proprie del giudizio contenzioso introdotto da citazione, a garanzia del contraddittorio pieno nella definizione del tema di lite, una volta che la conciliazione, tentata nella fase presidenziale, si prospetta come non percorribile (così Cass., Sez. 1, Sentenza n. 17590 del 28/06/2019; v. anche Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 16858 del 26/06/2018).
6. In ragione dell'operata disamina, deve pertanto accogliersi il quinto motivo di ricorso, in applicazione del seguente principio di diritto: "Nel processo di separazione personale è ammissibile la domanda del coniuge volta ad ottenere l'assegno per il proprio mantenimento, formulata per la prima volta nella memoria integrativa di cui all'art. 709, comma 3, c.p.c., in ragione della natura bifasica del giudizio, ove la fase presidenziale, finalizzata alla conciliazione è seguita, nell'infruttuosità della prima, da quella contenziosa davanti al giudice istruttore, da introdursi secondo un sistema di norme processuali che mutua, per contenuti e scansioni, le forme del giudizio ordinario di cognizione, consentendo una progressiva formazione della vocatio in ius".
7. Gli ulteriori motivi di ricorso, relativi alla quantificazione dell'assegno alimentare, devono ritenersi assorbiti, risultando oramai superfluo il loro esame all'esito dell'accoglimento del motivo 8. In conclusione, deve essere accolto il quinto motivo di t ricorso e, rigettato il secondo, dichiarati inammissibili il primo, il terzo e il quarto, assorbiti gli altri, la sentenza impugnata deve essere cassata nei limiti del motivo accolto e la causa deve essere rinviata, anche per quanto riguarda le spese del presente grado di giudizio, alla Corte di appello di Brescia in diversa composizione.
9. In caso di diffusione, devono essere omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati nella decisione, a norma dell'art. 52 d.lgs. n. 196 del 2003.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso e, rigettato il secondo, dichiarati inammissibili il primo, il terzo e il quarto, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata, con rinvio della causa, anche per quanto riguarda le spese del presente grado di giudizio alla Corte di appello di Brescia in diversa composizione;
dispone che, in caso di diffusione della presente sentenza, siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati, a norma dell'art. 52 d.lgs. n. 196 del 2003.