Pesante la sanzione amministrativa inflitta alla società per non aver adempiuto agli obblighi formativi e informativi nei confronti dei lavoratori, ricavandone un vantaggio in termini di risparmio di spesa.
Il Giudice di prime cure dichiarava non doversi procedere per intervenuta prescrizione nei confronti dell'imputato in relazione al reato di cui all'
Svolgimento del processo
1.Con sentenza in data 8 Ottobre 2018 il Tribunale di La Spezia di chiarava non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato nei confronti di F.R. in relazione al reato di cui all'art.590 comma 3 cod.pen., nella sua qualità di legale rappresentante di S. s.p.a. e, quindi di datore di lavoro per avere provocato per colpa lesioni personali al dipendente G. M. a seguito di infortunio sul lavoro.
Dichiarava invece S. s.p.a. responsabile dell'illecito amministrativo di cui all'art.25 septies D.Lgs. n.231/2001 condannandola alla sanzione pecuniaria di euro 51.600.
2. Avverso tale pronuncia ha proposto appello La S.C.T. s.p.a. quale ditta incorporante S. s.p.a. invocandone la riforma.
3. Con sentenza in data 15 Dicembre 2020 La Corte di Appello di Genova, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, disattesi i motivi sul merito della responsabilità dell'ente, riduceva la sanzione pecunia ria inflitta ad euro 25.800 pari a cento quote.
3.1 In particolare La Corte di Appello ha sostenuto che, alla stregua della documentazione in atti, risultava accertato che il M., nonostante la qualifica di preposto ad esso riconosciuta all'atto dell'assunzione, non aveva ricevuto una specifica formazione in ordine alla tecnica di impilamento dei blocchi di marmo, operazione che presentava notevoli profili di rischio, considerate la mole e la dimensione dei blocchi, e che nel documento di valutazione dei rischi dell'impresa non erano indicate le modalità cui attenersi nell'operazione di accatastamento delle merci, né le cautele da adottare nel caso di massi di forma irregolare. Escludeva pertanto che l'infortunio fosse ascrivibile in via esclusiva alla condotta imprevedibilmente colposa del lavoratore in quanto, a fronte della mancata predisposizione da parte del datore di lavoro di procedure certe cui i lavoratori avrebbero dovuto attenersi nell'operazione di impilamento, non poteva ritenersi sufficiente l'affidamento sulle pratiche seguite dai lavoratori più anziani o più esperti.
3.2 Evidenziava ancora come la mancata formazione ed istruzione del personale non assumesse rilievo soltanto come inosservanza di una regola cautelare, quanto piuttosto fosse il frutto di una scelta del datore di lavoro concretizzatasi nella mancata e reiterata predisposizione di procedure atte a garantire lo svolgimento in sicurezza di un'attività pericolosa e nella deliberata omissione, pure nei confronti del preposto, di un'attività formativa idonea ad assicurare ai dipendenti l'esecuzione in sicurezza delle mansioni di impilamento dei blocchi di marmo. L'illecito si era pertanto realizzato nell'interesse dell'ente e aveva comportato un risparmio di spesa, sia in relazione alla inadeguatezza del documento di valutazione dei rischi predisposto, sia alla mancata assicurazione di formazione ed istruzione adeguate al personale, sia per non avere approntato un modulo organizzativo capace di controllare il rispetto delle norme di sicurezza, sottraendo personale ad altre mansioni.
3.3 Escludeva infine che la condanna fosse stata emessa in assenza di responsabilità dell'ente, e quindi in violazione dell'art.6 D.Lgs. 231/2001, essendo mancata anche in sede di appello una specifica deduzione circa l'adozione da parte dell'ente di un modello organizzativo o di gestione conforme a quanto previsto dalla disposizione suddetta.
4. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa di L.S.C. s.p.a. articolando due motivi di ricorso.
4.1 Con un primo motivo di ricorso deduce violazione di legge con riferimento agli art.125 cod.proc.pen. ed art.5 comma 1 D.Lgs. 231/2001, carenza ed illogicità della motivazione per la omessa considerazione che il M. fosse un lavoratore esperto, con lunga esperienza lavorativa nel settore e con la qualifica di preposto, adeguatamente formato nelle mansioni di movimentazione della merce da spedire. Rilevava inoltre che, in presenza di massi irregolari, gli stessi avrebbero dovuto essere stoccati singolarmente e non impilati di talchè la condotta del lavoratore doveva ritenersi del tutto irrituale ed abnorme.
4.2 Con la seconda articolazione si duole per essere stato riconosciuto il vantaggio e l'interesse dell'ente consistiti in un risparmio di spesa nel modello organizzativo, nella omessa formazione dei dipendenti e nella mancata predisposizione di misure di salvaguardia. Evidenzia in particolare che non risulterebbe affatto provato che l'ente avesse operato in una prospettiva di pervenire ad un risparmio di spesa e al contempo era emerso che il M. aveva proceduto nella totale inosservanza delle prescrizioni concernenti le modalità di impilamento dei massi irregolari, pervenendo pertanto a un comportamento del tutto esorbitante rispetto alla qualifica e all'esercizio di una prepositura.
4.3 Con memoria difensiva depositata in via telematica la difesa della parte ricorrente ha sottoposto al giudizio della Corte due ulteriori articolazioni difensive.
4.3.1 Con la prima assume violazione di legge in relazione all'art.5 comma 1 d.Lgs. 231/2001 e carenza di motivazione in ordine alla ricorrenza dell'interesse e del vantaggio per l'ente nella mancata predisposizione delle cautele doverose, rappresentando da un lato come la corte di appello avesse valorizzato l'interesse della società sulla base di una scelta finalisticamente indirizzata al risparmio di spesa senza confrontarsi con la ipotesi della sottovalutazione sistematica dei rischi, e dall'altra indicando i possibili vantaggi dell'ente, consistiti in un risparmio di spesa, in termini assertivi e indimostrati;
4.3.2 con una seconda articolazione deduce violazione degli art.521 e 522 cod.proc.pen. in relazione degli art. 5 e 25 septies D.Lgs. 231/2001 laddove, a fronte di contestazione che atteneva al risultato di maggiore velocità-produttività del ciclo produttivo in una prospettiva di contenimento dei costi, aveva individuato il vantaggio per l'ente nel risparmio di spesa determinato dalla mancata istruzione-formazione del personale, dalla predisposizione del DVR senza fare ricorso a tecnici qualificati e dalla mancata predisposizione di un apparato organizzativo maggiormente efficiente; sotto il profilo motivazionale stigmatizza la genericità e l'assertività degli elementi sopra evidenziati, rappresentando che la valutazione in chiave logica sistematica dell'interesse e del vantaggio andava svolta alla luce della giurisprudenza di legittimità secondo cui l'interesse deve essere collegato ad una scelta deliberata dell'ente di ottenere un risparmio di spesa e non a una sottovalutazione dei rischi, mente il vantaggio deve essere ricondotto ad una specifica indicazione delle causali del contenimento della spesa.
Motivi della decisione
1.11 primo motivo di ricorso che concerne l'affermazione della responsabilità amministrativa del legale rappresentante dell'ente ai sensi dell'art.25 septies comma 3 D.Lgs. n.231/2001, in ragione dell'infortunio occorso al M., dipendente della società S. s.p.a., nella preparazione dei massi di granito oggetto di movimentazione e trasporto, è infondato e va disatteso. Sul punto peraltro la motivazione della decisione della Corte di Appello si è conformata pienamente alla giurisprudenza di legittimità, che in questa sede si intende ribadire, secondo la quale il datore di lavoro "ha l'obbligo di analizzare e individuare con la massima specificità, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda, avuto riguardo alla casistica concretamente verificabile in relazione alla singola lavorazione o all'ambiente di lavoro e, all'esito deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art.28 del D.Lgs. n.81 del 2008, all'interno del quale è tenuto ad indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori" (sez.4, n.20129 del 10/03/2016, Serafica, Rv.267253.01; n.27295 del 2/12/2016, Furlan, Rv.270355-01). Il giudice distrettuale ha fornito conto, con motivazione non manifestamente illogica né contraddittoria, le carenze del documento di valutazione dei rischi dell'azienda S. spa incorporata nella L.S.C. T. rappresentando il carattere meramente compilativo e cartolare delle procedure segnalate nel documento, prive di qualsiasi specifica indicazione operativa sullo specifico rischio gestito dal M. in relazione alle modalità di impilamento dei massi e sulla corretta procedura da seguire in caso di massi di forma irregolare. Invero deve affermarsi, conformemente a quanto è stato recentemente affermato dalla S.C. che "il contenuto qualificante e minimo del documento di valutazione dei rischi deve essere costituito, oltre che dalla relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa, anche dalla indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione adottati" (sez.3, n.12940 del 12/01/2021, Carpentieri Lucio, Rv.281238-01) che nella specie non potevano risolversi nella mera indicazione del numero massimo di massi da impilare e delle cautele da osservarsi per non rima nere schiacciati.
2. Prive di contraddizioni e di travisamento della prova sono infatti le considerazioni svolte dai giudici di merito nelle rispettive pronunce le quali, fondendosi in una doppia conforme, hanno ravvisato un'inadeguata gestione del rischio a monte rappresentata da una insufficiente attività di formazione e addestramento del dipendente M. il quale, a scapito degli attestati formativi conseguiti quale preposto alla movimentazione di merce varia, aveva palesato inettitudine e incapacità nella preparazione dei massi da movimentare, aveva maturato una insufficiente esperienza lavorativa specifica e aveva conseguito una nulla o inadeguata formazione in relazione a interventi di quella tipologia, se non attraverso pratiche operative apprese sul campo grazie all'esempio di personale più anziano o più addestrato.
2.1 In termini generali va ribadito che il datore di lavoro che non adempie agli obblighi di informazione e formazione gravanti su di lui e sui suoi delegati risponde, a titolo di colpa specifica, dell'infortunio dipeso dalla negligenza del lavoratore il quale, nell'espletamento delle proprie mansioni, pone in essere condotte imprudenti, trattandosi di conseguenza diretta e prevedibile della inadempienza agli obblighi formativi, e l'adempimento di tali obblighi non è escluso né è surrogabile dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore, formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa, o per il travaso di conoscenza che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori, anche posti in relazione gerarchica tra di loro (sez.4, n.49593 del 14/06/2018, T., Rv.274042; n.22147 del 12/02/2016, Marini, Rv.266860; n.8163 del 13/02/2020, Lena Livio, Rv.278603).
2.2 Va peraltro rimarcato che anche in relazione a tale profilo di doglianza è manifesta la mancanza di confronto con la motivazione della sentenza impugnata che in vari passaggi ha spiegato, sulla scorta degli stessi elementi probatori indicati dalla parte ricorrente, che le ore dedicate alla formazione e il carattere teorico, generico e pluridisciplinare di questa, a fronte della specificità della formazione richiesta dalle linee guida del settore, non giustificavano la elezione del M. a persona esperta per le lavorazioni di cui all'imputazione.
3. Riconosciuti pertanto al soggetto apicale della società S. i profili di colpa individuati in imputazione, afferenti al difetto del DVR e a carenze nella formazione del dipendente, sotto il profilo causale va riaffermato il principio secondo cui va esclusa l'interruzione del rapporto di causalità, in costanza della imprudente condotta del lavoratore (che si era issato sui massi da impilare) quando, come nella specie, il sistema di sicurezza apprestato dal datore di lavoro presenti delle evidenti criticità (sez.4, 17/01/2017, Meda, Rv.269255; n.7955 del 10/10/2013, Rovaldi, Rv. 259313; n.22044 del 2/05/2012, Goracci non massimata; 7/02/2012, Pugliese, Rv.252373; n.21511 del 15/04/2010, Di Vita, n.m.).
3.1 Le disposizioni di sicurezza perseguono infatti il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, onde l'area di rischio da gestire comprende il rispetto della normativa prevenzionale che si impone ai lavoratori, dovendo il datore di lavoro impedire l'instaurarsi, da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza, di prassi di lavoro non corrette e, come tali, latrici di possibili rischi per la sicurezza e la incolumità dei lavoratori (sez.4, n.22813 del 21/05/2015, Palazzolo, Rv.263497).
3.2 Invero, quanto alla dedotta condotta imprudente o incauta del lavoratore, è stato evidenziato dal S.C. che la colpa del lavoratore eventualmente concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica addebitata ai soggetti tenuti ad osservarne le disposizioni non esime questi ultimi dalle proprie responsabilità, poiché l'esistenza del rapporto di causalità tra la violazione e l'evento-morte o lesioni del lavoratore, che ne sia conseguito, può essere esclusa unicamente nei casi in cui sia provato che il comportamento del lavoratore fu abnorme, e che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento quando, per la sua stranezza ed imprevedibilità, non sia neppure collegato al segmento di lavorazione impegnato; in tema di causalità, la colpa del lavoratore, concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica ascritta al datore di lavoro ovvero al destinatario dell'obbligo di adottare le misure di prevenzione, esime questi ultimi dalle loro responsabilità solo allorquando il comportamento anomalo del primo sia assolutamente estraneo al processo produttivo o alle mansioni attribuite, risolvendosi in un comportamento del tutto esorbitante ed imprevedibile rispetto al lavoro posto in essere, ontologicamente avulso da ogni ipotizzabile intervento e prevedibile scelta del lavoratore (vedi sez.4, 23292 del 28/04/2011, Milio, Rv.250709; n.16397 del 5/03/2015, Guida, Rv.263386), ipotesi nella specie neppure prospettata nel motivo di ricorso, il quale fa leva sulla esperienza e sulle competenze tecniche del M. e su una condotta imprudente ma non avulsa dalle mansioni e dai compiti assegnati allo stesso, cui esso stesso era chiamato a controllare e a dirigere
4. Infondato è altresì il secondo motivo di ricorso, cui risulta collegato il primo motivo aggiunto proposto con memoria difensiva tempestivamente depositata, nel quale si assume l'omessa considerazione, nell'accertamento dell'interesse o del vantaggio per l'ente, che la inosservanza di regole cautelari avrebbe potuto dipendere dalla mera sottovalutazione dei rischi e non da una scelta aziendale di trascurare cautele doverose.
Assume il ricorrente che da un lato la motivazione della sentenza impugnata ha del tutto trascurato di valutare la ricorrenza dell'interesse per la società di contravvenire le regole cautelari sotto la specie di una deliberata inosservanza al fine di conseguirne un ritorno patrimoniale consistito nel contenimento dei costi o nel risparmio di spesa mentre, in relazione al vantaggio, contrastava gli argomenti sviluppati dai giudici di merito assumendo che gli stessi risultavano individuati ex post sulla base dell'evento realizzatosi ma che in concreto nessun effettivo vantaggio si era realizzato, stante l'irrilevanza in termini economici degli effetti di tale inosservanza.
4.1 La censura non coglie nel segno atteso che il giudice distrettuale ha fornito adeguato riscontro alle censure concernenti la ricorrenza dell'interesse e del vantaggio dell'ente al mancato rispetto di cautele doverose imposte dalla disciplina prevenzionistica, evidenziando da un lato che non si era in presenza di inosservanze occasionali o dettate da una sottovalutazione dei rischi connessi al mancato rispetto di disciplina prevenzionistica, ma le lacune accertate attenevano a snodi fondamentali della gestione aziendale nella cura della formazione del personale e della individuazione delle corrette pratiche lavorative e dei rischi ad esse collegati, e dall'altro individuando una triplice componente del vantaggio economico conseguito in termini di risparmio di spesa (costi per la formazione, predisposizione DVR, impiego di manodopera per i controlli) e, al contempo ravvisando la prospettiva di una maggiore produttività nelle lavorazioni, con riduzione dei tempi di lavoro (procedure più snelle, meno controlli, ridotta formazione).
4.2 Sotto questo aspetto pertanto la motivazione delle decisioni di merito, che risultano saldarsi in un filo logico unitario, appaiono del tutto conformi alla giurisprudenza di legittimità, peraltro richiamata dalla stessa parte ricorrente secondo la quale la responsabilità dell'ente è configurabile qualora "l'autore del reato abbia violato sistematicamente le norme infortunistiche, ricavandone oggettivamente un qualche vantaggio per l'ente sotto forma di risparmio di spesa o di massimizzazione della produzione, indipendentemente dalla volontà di ottenere il vantaggio stesso" (sez.4, n.38363 del 23/05/2018, Consorzio Melinda s.c.a., Rv.274320; n.2544 del 17/12/2015, Gastoldi, Rv.28065). Né nella specie appare corretto invocare la giurisprudenza di legittimità secondo la quale, quando l'inosservanza delle regole cautelari sia occasionale e il vantaggio per l'ente sia esiguo, la prova della prevalenza delle esigenze della produzione e del profitto deve essere fornita in termini rigorosi (sez.4, n.22256 del 3/03/2021, Canzonetti, Rv.281276-02), laddove nella specie i giudici di merito hanno esplicitato con motivazione congrua e priva di evidenti contraddittorietà ed illogicità che il risparmio di spesa fu tutt'altro che trascurabile soprattutto in relazione ai costi di formazione, essendo risultato che i dipendenti pure assegnati a compiti prepositurali (foreman) erano sostanzialmente privi di esperienza e di formazione per quelle lavorazioni, dal contenuto specialistico (quali lo stoccaggio e la movimentazione di pesanti massi da caricare sulle navi), che richiedevano uno specifico addestramento che, nella specie, era stato sostituito dai consigli e dall'esempio dei colleghi più anziani che si erano occupati di trasporti similari.
5. Inammissibile si presenta invece il secondo motivo aggiunto che assume la violazione dell'art.512 cod.proc.pen. per mancata corrispondenza tra la contestazione e quanto ritenuto in sentenza. Sul punto vale la pena ribadire che trattasi di censura assolutamente nuova, sviluppata nei motivi aggiunti e priva di qualsiasi collegamento con i motivi articolati nella impugnazione principale se non con riferimento alla prova del vantaggio per l'ente, ma del tutto originale quanto alla denuncia di nullità della sentenza per difetto di correlazione ex art. 512cod.proc.pen. (sez.6, n.36206 del 30 Settembre 2020, Tabi Peter, Rv.280294).
5.1 Va comunque osservato che l'imputazione concernente la responsabilità amministrativa dell'ente conforma l'illecito, nella sua proiezione finalistica, sia in termini di "interesse", quanto in termini di "vantaggio" e specifica che quest'ultimo era rappresentato dal risparmio di spesa rispetto agli oneri che la società si sarebbe dovuta accollare per una corretta predisposizione delle cautele atte a salvaguardare i lavoratori, nonché del risparmio di spesa derivante dalla maggiore velocità con cui le operazioni descritte nel capo di accusa sono state condotte, ponendo pertanto il responsabile dell'ente in condizioni di difendersi in relazione ad ogni effetto economicamente rilevante delle omissioni contestate.
6 Il ricorso va pertanto rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.