La Cassazione precisa inoltre a quale dei due coniugi spetta provare il nesso causale tra la violazione dei doveri coniugali e l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza.
Il Tribunale di Milano pronunciava la separazione giudiziale tra i coniugi accogliendo la domanda di addebito della moglie per violazione del dovere di fedeltà del marito.
A seguito di gravame, la Corte d'Appello confermava in toto la decisione di primo grado, dunque il marito propone ricorso per cassazione lamentando, tra i vari motivi,...
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Milano, con sentenza in data 11 gennaio 2018, ha pronunciato la separazione giudiziale tra L.L. e E.B., accogliendo la domanda di addebito avanzata da quest'ultima per violazione del dovere di fedeltà del marito. Ha previsto l'affidamento condiviso, con esercizio disgiunto della responsabilità genitoriale, delle figlie minori e assegnato la casa familiare alla madre collocataria. Inoltre, si è disposto a carico dell'Avv. L. un assegno a titolo di mantenimento della moglie disoccupata di € 2.000,00 mensili e un assegno in favore delle figlie di€ 2.000,00, oltre al 100% delle spese straordinarie delle stesse.
Successivamente, con sentenza del 19 gennaio 2019, la Corte di Appello di Milano ha respinto entrambi gli appelli (principale e incidentale) e confermato in toto la sentenza di primo grado.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso in cassazione L.L. affidandosi a otto motivi contenenti plurime censure. E.B. si è costituita con controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 151, comma 2 c.c. in riferimento all'art. 360 c.p.c. n. 3), in quanto i giudici di merito hanno erroneamente disposto l'addebito della separazione al medesimo pur in assenza di prova del nesso causale tra violazione dei doveri coniugali e intollerabilità della prosecuzione della convivenza.
Con la seconda censura si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c. per aver erroneamente assunto che fosse onere del ricorrente fornire la prova dell'insussistenza del nesso causale tra violazione dei doveri coniugali e intollerabilità della prosecuzione della convivenza.
Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2729 c.c., in quanto la sentenza impugnata non ha indicato il procedimento logico in forza del quale è possibile retrodatare l'inizio della relazione extraconiugale ad un momento antecedente a quello in cui il ricorrente ha comunicato la propria volontà di separarsi.
Con la quarta censura si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c. perché la Corte territoriale ha erroneamente accertato l'esistenza della relazione extraconiugale del ricorrente in base alle sole dichiarazioni della moglie, senza indicare le ragioni a fondamento del proprio convincimento.
Il quinto motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 115 c.c. in quanto i giudici di merito hanno erroneamente ritenuto accertati fatti neppure desunti dalla resistente, in violazione del principio dispositivo.
Con il sesto motivo, il ricorrente lamenta mancanza assoluta di motivazione in riferimento all'art. 360 c.p.c. n. 5) perché la sentenza impugnata ha omesso di esaminare il calcolo dei redditi del ricorrente in riferimento alla determinazione degli assegni di mantenimento disposti in favore della moglie e delle figlie.
Con la settima censura si deduce la nullità della sentenza ex art. 360 n. 4) perché, in violazione dell'art. 132 c.p.c., l'assenza di argomentazioni idonee a far conoscere il ragionamento dei giudici di merito rende la motivazione, benché graficamente esistente, solo apparente.
Infine, con l'ottavo motivo, si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 156 e 337-bis c.c. in riferimento all'art. 360 c.p.c. n. 3) in quanto i giudici di merito hanno determinato l'ammontare dei contributi di mantenimento per la moglie e per le figlie basandosi sui redditi lordi e non netti dell'obbligato.
I primi cinque motivi di ricorso sono fondati.
In tema di separazione, grava sulla parte che richieda l'addebito l'onere di provare sia la contrarietà del comportamento del coniuge ai doveri che derivano dal matrimonio, sia l'efficacia causale di questi comportamenti nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza (Cass. 16991/2020). E, in particolare, grava sulla parte che richieda, per l'inosservanza dell'obbligo di fedeltà, l'addebito della separazione all'altro coniuge l'onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre è onere di chi eccepisce l'inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell'infedeltà nella determinazione dell'intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l'eccezione si fonda, vale a dire l'anteriorità della crisi matrimoniale all'accertata infedeltà (Cass. 3923/2018; Cass. 2059/2012). Nel caso concreto, la Corte d'appello, nello statuire che il L. non sarebbe riuscito a provare le «pluriformi alternative in un lunghissimo tempo della crisi irreversibile della coppia» (p. 13), alternative - si intende - alla relazione extraconiugale, finisce col porre a carico del medesimo - in violazione dell'art. 2697 c.c. - l'onere di provare la causa della rottura della crisi coniugale, in contrasto con i principi suesposti. La Corte perviene, peraltro, del tutto incongruamente alla conclusione che, «attesa la contestualità tra la relazione instaurata da L. con la nuova persona e la separazione da lui annunciata alla moglie», la separazione sia al medesimo addebitabile. Per converso, la parte onerata dell'onere della prova non aveva affatto comprovato che la relazione extraconiugale risalisse ad epoca più risalente o, almeno, coeva alla dichiarata intenzione del L. di separarsi, avvenuta il 30 marzo 2014. L'unico episodio comprovato dalla B., invero, a mezzo di relazione investigativa, è stato un incontro del marito con una donna, avvenuto il 30 maggio 2014, ossia dopo la data suindicata. Il che avrebbe dovuto indurre la Corte a ritenere che, al di là della apparente vita comune che la coppia svolgeva, la crisi era molto più risalente, e non certo dovuta alla relazione extraconiugale del marito, che ne è stata una conseguenza. Tanto più che - come la stessa Corte territoriale rileva - la assenza di rapporti sessuali tra i coniugi, da tempo, non era stata contestata dalla moglie (p. 10).
Il sesto e settimo motivo di ricorso (mancanza assoluta di motivazione sui redditi) sono infondati. Dal riepilogo finale operato dalla Corte d'appello (p. 36, si evince che gli importi dovuti dal, L. per moglie e figlie sono stati commisurati al «reddito imponibile» al 2017 per l'attività professionale, ammontanti ad Euro 47.454,00, ad altre voci di reddito, nonché <<alle somme che sia nel 2016 che nel 2017 L. ha cominciato a trarre dalle cariche ricoperte nelle varie società». Ebbene, queste somme - ammontanti ad Euro 59.195,64, per il 2016 e ad Euro 90.443,66 per il 2017 - costituiscono voci di reddito diverse dal reddito tratto per l'attività professionale.
L'ottavo motivo di ricorso è, invece, fondato. in riferimento al reddito imponibile, ossia quello soggetto a tassazione, prima che questa venga operata, ossia al reddito lordo, è - invero - errato. In materia di separazione personale dei coniugi, la valutazione delle capacità economiche del coniuge obbligato, ai fini del riconoscimento e della determinazione dell'assegno di mantenimento in favore dell'altro coniuge, deve essere operata sul reddito netto e non già su quello lordo, poiché, in costanza di matrimonio, la famiglia fa affidamento sul reddito netto, e ad esso rapporta ogni possibilità di spesa (Cass. 9719/2010; Cass. 13954/2018).
In conclusione, il ricorso deve essere accolto in relazione ai primi cinque motivi di ricorso nonché all'ottavo motivo di ricorso, rigettato il sesto e settimo motivo, cassato il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Milano.
P.Q.M.
Accoglie i primi cinque motivi di ricorso nonché l'ottavo motivo di ricorso, rigetta il sesto e settimo motivo, cassa il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Milano in diversa composizione perché provveda anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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