
Con la separazione è ancora attuale il dovere di assistenza materiale.
In sede di separazione tra coniugi, la Corte d'Appello di Venezia confermava la decisione di primo grado dichiarando che nessun addebito può essere posto a carico dei coniugi e che nessun contributo doveva essere previsto a favore della moglie in quanto la stessa, che svolge regolarmente attività lavorativa,...
Svolgimento del processo
La Corte di Appello di Venezia con sentenza in data 6/7/2018 ha confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Padova in data 26/9/2017 in sede di separazione personale tra i coniugi S.S. e S.N. che avevano contratto matrimonio in data 4/3/2006; ha dichiarato che nessun addebito può essere posto a carico dei coniugi e che nessun contributo al mantenimento a favore della moglie deve essere previsto in quanto la predetta, che svolge regolarmente attività lavorativa, non ha dimostrato l'entità dei propri redditi.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso in cassazione S.S. affidato a due motivi.
N.S. resiste con controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art.115 cpc e 151 secondo comma cc in riferimento all'art. 360 comma 1 nr.3 cpc in quanto la Corte distrettuale ha escluso l'addebito a carico del marito senza tener conto della violazione dei doveri nascenti dal matrimonio dal medesimo posti in atto con l'abbandono della casa coniugale in data 24/8/2009.
Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art.156 cc in riferimento all'art. 360 comma 1 nr.3 cpc in quanto la Corte distrettuale, senza tener conto della disparità delle situazioni economiche delle parti, non aveva posto un assegno di mantenimento di euro 500,00 o altro importo a carico del marito, sebbene il N. vantasse un reddito di euro 2.140,00 al mese mentre la ricorrente solo 640,00 euro mensili.
Il primo motivo di ricorso (addebito della separazione) è fondato. Va osservato che in tema di separazione, grava sulla parte che richieda l'addebito l'onere di provare sia la contrarietà del comportamento del coniuge ai doveri che derivano dal matrimonio, sia l'efficacia causale di questi comportamenti nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza (Cass. 16991/2020). Nella specie, la Corte d'appello ha omesso di considerare fatti essenziali ai fini dell'addebito della separazione, allegati dalla moglie, ricorrente in primo grado, poiché significativi di una violazione dei doveri nascenti dal matrimonio, ai sensi dell'art. 151, secondo comma, c.c.. La deduzione sul punto deve ritenersi, altresì, autosufficiente, avendo la ricorrente indicato la «localizzazione» di tali fatti nei propri scritti difensivi (comparsa attorea di primo grado, mediante costituzione di nuovo difensore, ed allegati,
pp. 2 e 7 del ricorso), ed avendone riportato in sintesi il contenuto (Cass. 28184/2020; Cass. 5478/2018). Di particolare rilievo deve ritenersi il fatto che, nel dicembre 2008, il N. abbia spinto la S. per le scale, causandole lesioni fisiche, risultanti dai certificati prodotti confermati dal teste escusso, nonché l'abbandono definitivo del tetto coniugale, posto in essere dal N. il 24 agosto 2009, senza che il medesimo vi abbia più fatto ritorno:- Orbene, va considerato che le violenze fisiche costituiscono violazioni talmente gravi ed inaccettabili dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole - quand'anche concretantisi in un unico episodio di percosse -, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti l'intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all'autore, e da esonerare il giudice del merito dal dovere di comparare con esse, ai fini dell'adozione delle relative pronunce, il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, restando altresì irrilevante la posteriorità temporale delle violenze rispetto al manifestarsi della crisi coniugale (Cass. 7388/2017; Cass. 3925/2018). Nella specie, l'episodio è successivo al manifestarsi della crisi coniugale che il giudice d'appello colloca - peraltro sulla base di due frasi estrapolate da un unico documento - nel 2007.
Di pari gravità, ai fini dell'addebito, deve considerarsi l'abbandono del tetto coniugale. Ed invero, in tema di separazione personale dei coniugi, l'allontanamento dalla casa familiare, costituendo violazione del dovere di coabitazione, è di per sé sufficiente a giustificare l'addebito della separazione, a meno che il destinatario della relativa domanda non dimostri l'esistenza di una giusta causa, che non sussiste per il solo fatto che abbia confessato al consorte di nutrire un sentimento affettivo nei confronti di un'altra persona, essendo necessaria la prova che l'allontanamento sia stato determinato dal comportamento dell'altro coniuge, o sia intervenuto in un momento in cui la prosecuzione della convivenza era già divenuta intollerabile (Cass. 11792/2021). E non risulta che, nella specie, il N. abbia adempiuto a tale onere probatorio.
Anche il secondo motivo appare fondato. La separazione personale, a differenza dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale, sicché i "redditi adeguati" cui va rapportato, ai sensi dell'art. 156 c.c., l'assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell'addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell'assegno di divorzio (Cass. 12196/2017; Cass. 16809/2019; Cass. 4327/2022). Nella specie, la Corte ha effettuato una valutazione atomistica dei redditi delle parti, senza effettuare una reale e concreta comparazione. Inoltre, la prima relazione di c.t.u. conclude nel senso che la S. non percepisce reddito alcuno dalla società in cui è socia al 51 %, la seconda dice che non sarebbe operabile un'analisi puntuale di costi e ricavi (che peraltro indica in due cifre diverse), e la Corte accerta che al 2013 l'attività continuava con due dipendenti. Manca un'analisi dei redditi netti delle parti al momento della decisione, intervenuta diversi anni dopo (Cass. 13954/2018), e manca del tutto un accertamento della adeguatezza del reddito della moglie al mantenimento del tenore di vita in costanza di matrimonio, secondo la giurisprudenza succitata.
Per quanto sopra il ricorso deve essere accolto con rinvio alla Corte di Appello di Venezia anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Venezia anche per le spese del giudizio di legittimità.
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