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26 settembre 2022
Divieti e obblighi agli utenti della strada valgono solo in presenza della relativa segnaletica stradale

La segnaletica stradale infatti rappresenta un elemento costitutivo della fattispecie complessa da cui scaturisce l'obbligo o il divieto, e non una forma di pubblicità.

La Redazione

La vicenda trae origine dall'autorizzazione concessa dal Comune alla società ai fini della costruzione e dell'esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica attraverso combustione di biogas da fermentazione anaerobica di biomasse agricole, la quale andava a sostituirsi al precedente provvedimento di cui il TAR aveva annullato talune prescrizioni e compensazioni imposte per ottenere il titolo.
La società impugnava il suddetto provvedimento dinanzi al TAR Emilia Romagna in relazione all'apposto divieto di transito su una determinata via per i veicoli aventi massa superiore a 6,5 tonnellate, in quanto esso avrebbe impedito l'accesso al cantiere e la realizzazione dell'impianto. Il TAR accoglieva il ricorso, dunque il Comune impugna la decisione dinanzi al Consiglio di Stato lamentando, tra i vari motivi, che il TAR avrebbe errato nel respingere l'eccezione di irricevibilità del ricorso per tardività, avendo ritenuto che le ordinanze in tema di circolazione dovessero essere rese pubbliche con la segnaletica di cui all'art. 39 c.d.s. e all'art. 77 del regolamento di esecuzione, dunque solo a partire da quel momento gli utenti ne avrebbero avuto conoscenza. Al contrario, il Comune sostiene che le ordinanze comunali in materia di circolazione, essendo provvedimenti amministrativi, siano soggetti al principio di pubblicità e ai conseguenti obblighi.

Con la sentenza n. 8118 del 21 settembre 2022, il Consiglio di Stato rigetta il ricorso.
Con l'ordinanza in questione, il Comune aveva vietato il transito dei veicoli con una massa a pieno carico superiore a 6,5 t in alcune vie tra le quali quella interessata, prevedendo alcune deroghe per i veicoli dei residenti e per quelli occasionalmente diretti agli immobili e ai fondi collocati sulle strade coinvolte.
Come afferma il Consiglio di Stato, la suddetta ordinanza è stata emanata ai sensi degli artt. 6 e 7 c.d.s. e in quanto tali sono emesse con provvedimenti motivati e resi noti al pubblico mediante isegnali prescritti. Da ciò consegue l'infondatezza del motivo di ricorso. A ciò si aggiunge che il principio di tipicità comporta che un certo obbligo o divieto di condotta possa essere legittimamente imposto agli utenti solo a mezzo della visibile apposizione del segnale corrispondente previsto specificamente dalla legge. Di conseguenza, la conoscenza del provvedimento amministrativo acquisita aliunde dall'utente della strada non è idonea a far sorgere qualsiasi obbligo specifico nei suoi riguardi, tenuto conto che la segnaletica stradale rappresenta un elemento costitutivo della fattispecie complessa da cui scaturisce l'obbligo, e non una forma di pubblicità.
Del resto, nella stessa direzione si è recentemente espressa anche la Corte di Cassazione, affermando che «La sussistenza, in capo agli automobilisti, di un dovere di comportamento di carattere derogatorio rispetto ai principi generali in materia di circolazione stradale (nella specie, al limite di velocità), presuppone il perfezionamento di una fattispecie complessa, rappresentata dal provvedimento della competente autorità, impositivo dell'obbligo o del divieto e dalla pubblicazione di detto obbligo attraverso la corrispondente segnaletica predeterminata dalla legge».
In conclusione, il Consiglio di Stato rigetta il ricorso e dichiara illegittimo il provvedimento impugnato.