La segnaletica stradale infatti rappresenta un elemento costitutivo della fattispecie complessa da cui scaturisce l'obbligo o il divieto, e non una forma di pubblicità.
La vicenda trae origine dall'autorizzazione concessa dal Comune alla società ai fini della costruzione e dell'esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica attraverso combustione di biogas da fermentazione anaerobica di biomasse agricole, la quale andava a sostituirsi al precedente provvedimento di cui il TAR aveva annullato talune prescrizioni e compensazioni imposte per ottenere il titolo.
La società impugnava il suddetto provvedimento dinanzi al TAR Emilia Romagna in relazione all'apposto divieto di transito su una determinata via per i veicoli aventi massa superiore a 6,5 tonnellate, in quanto esso avrebbe impedito l'accesso al cantiere e la realizzazione dell'impianto. Il TAR accoglieva il ricorso, dunque il Comune impugna la decisione dinanzi al Consiglio di Stato lamentando, tra i vari motivi, che il TAR avrebbe errato nel respingere l'eccezione di irricevibilità del ricorso per tardività, avendo ritenuto che le ordinanze in tema di circolazione dovessero essere rese pubbliche con la segnaletica di cui all'art. 39 c.d.s. e all'art. 77 del regolamento di esecuzione, dunque solo a partire da quel momento gli utenti ne avrebbero avuto conoscenza. Al contrario, il Comune sostiene che le ordinanze comunali in materia di circolazione, essendo provvedimenti amministrativi, siano soggetti al principio di pubblicità e ai conseguenti obblighi.
Con la sentenza n. 8118 del 21 settembre 2022, il Consiglio di Stato rigetta il ricorso.
Con l'ordinanza in questione, il Comune aveva vietato il transito dei veicoli con una massa a pieno carico superiore a 6,5 t in alcune vie tra le quali quella interessata, prevedendo alcune deroghe per i veicoli dei residenti e per quelli occasionalmente diretti agli immobili e ai fondi collocati sulle strade coinvolte.
Come afferma il Consiglio di Stato, la suddetta ordinanza è stata emanata ai sensi degli artt. 6 e 7 c.d.s. e in quanto tali sono emesse con provvedimenti motivati e resi noti al pubblico mediante isegnali prescritti. Da ciò consegue l'infondatezza del motivo di ricorso. A ciò si aggiunge che il principio di tipicità comporta che un certo obbligo o divieto di condotta possa essere legittimamente imposto agli utenti solo a mezzo della visibile apposizione del segnale corrispondente previsto specificamente dalla legge. Di conseguenza, la conoscenza del provvedimento amministrativo acquisita aliunde dall'utente della strada non è idonea a far sorgere qualsiasi obbligo specifico nei suoi riguardi, tenuto conto che la segnaletica stradale rappresenta un elemento costitutivo della fattispecie complessa da cui scaturisce l'obbligo, e non una forma di pubblicità.
Del resto, nella stessa direzione si è recentemente espressa anche la Corte di Cassazione, affermando che «La sussistenza, in capo agli automobilisti, di un dovere di comportamento di carattere derogatorio rispetto ai principi generali in materia di circolazione stradale (nella specie, al limite di velocità), presuppone il perfezionamento di una fattispecie complessa, rappresentata dal provvedimento della competente autorità, impositivo dell'obbligo o del divieto e dalla pubblicazione di detto obbligo attraverso la corrispondente segnaletica predeterminata dalla legge».
In conclusione, il Consiglio di Stato rigetta il ricorso e dichiara illegittimo il provvedimento impugnato.
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza (ud. 9 giugno 2022) 21 settembre 2022, n. 8118
Svolgimento del processo
1.Con determina dirigenziale 20.7.2012, rinnovata con determina n. 1334 del 5.7.2013 p.g. 103147, la Società Agricola B.G. G. S.r.l. aveva ottenuto dalla Provincia di Bologna l’autorizzazione unica per la costruzione ed esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica, mediante combustione di biogas da fermentazione anaerobica di biomasse agricole. L’autorizzazione sostituiva un precedente provvedimento, di cui il Tribunale amministrativo per il Lazio, con sentenza n. 4275/2013, accogliendo un ricorso proposto dalla società agricola, aveva annullato alcune prescrizioni e compensazioni imposte quali condizioni per l’ottenimento del titolo.
2. Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, la Società Agricola B.G. G. S.r.l. impugnava il provvedimento n. 66/2013 con cui era stato apposto il divieto di transito sulla via comunale B. di S. per i veicoli di massa superiore a t. 6,5, inibendo così l’accesso al cantiere dell’impianto di produzione di energia elettrica da biomasse oggetto della autorizzazione unica rilasciata dalla Provincia di Bologna con det. 1334 del 5.7.2013.
La ricorrente deduceva che, per effetto della suddetta ordinanza, non poteva accedere al cantiere in modo sufficiente a garantirne la realizzazione dell’impianto di produzione di energia elettrica da biomasse già autorizzato dalla Provincia. Lamentava vizi di eccesso di potere sotto diversi profili, in quanto l’ordinanza aveva lo scopo di impedire la costruzione dell’impianto di produzione di energia elettrica mediante combustione di biogas.
3. Il T.A.R. per l’Emilia Romagna, con sentenza n. 1125/2019, accoglieva il ricorso, ritenendo fondate le critiche al provvedimento impugnato con riferimento al difetto di istruttoria e di motivazione. Secondo il giudicante, la determina dirigenziale n. 66 del 6.8.2013 si limitava ad affermare genericamente di ritenere opportuno, per alcune delle strade comunali (considerate non adatte a sopportare un continuo ed incessante traffico pesante), vietare il transito dei veicoli aventi massa a pieno carico superiore a 6,5 t. Il difetto di motivazione emergeva per l’omessa spiegazione delle ragioni per le quali si era ritenuto di autorizzare deroghe così ampie, dopo aver affermato l’inadeguatezza delle strade a sostenere il traffico pesante.
4. Con atto di appello, notificato nei termini e nelle forme di rito, il Comune di G. ha impugnato la suddetta pronuncia, invocandone l’integrale riforma, denunciando: a) erroneità del rigetto dell’eccezione di tardività del ricorso; b) omessa pronuncia in ordine alla eccezione di difetto di interesse; c) erroneità dell’accoglimento del motivo di gravame circa il presunto difetto di istruttoria; d) erroneità dell’accoglimento del motivo di gravame circa un presunto difetto di motivazione.
5. La Società Agricola B.G. G. S.r.l. si è costituita in resistenza, concludendo per il rigetto dell’appello.
6. Le parti, con successive memorie e repliche, hanno articolato in maniera più approfondita le proprie difese.
7. All’udienza pubblica del 9 giugno 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
8. Con il primo mezzo, l’appellante lamenta che il giudice di prima istanza avrebbe errato nel respingere l’eccezione di irricevibilità del ricorso per tardività, assumendo che le ordinanze in materia di circolazione devono essere rese pubbliche con la segnaletica di cui all’art. 39 del codice della strada ed all’art. 77 del regolamento di esecuzione e solo da quel momento gli utenti ne vengono a conoscenza.
Secondo l’esponente, al contrario, le ordinanze comunali in materia di circolazione sono provvedimenti amministravi, come tali assoggettati al principio di pubblicità e alle regole legislative e regolamentari che specificano i conseguenti obblighi, cui le amministrazioni sono tenute, al fine di rendere effettivo il principio suddetto. Ai sensi dell’art. 32, comma 1, L. n. 69/2009, infatti, gli obblighi di pubblicazione dei provvedimenti amministrativi, aventi effetto di pubblicità legale, si intendono assolti con la pubblicazione sui siti delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati. Il percorso argomentativo del giudice di primo grado sarebbe errato anche perché fondato sul presupposto che il provvedimento amministrativo impugnato fosse di carattere generale, mentre lo stesso avrebbe una portata idonea fin da subito ad incidere direttamente, e in maniera peggiorativa, nella sfera giuridica della Società B.G. G..
9. Con il secondo motivo si lamenta omessa pronuncia in ordine alla eccezione di difetto di interesse, pur essendo, tale eccezione, stata espressamente illustrata nel corso del giudizio di primo grado, in base alla lettera della Società del 7.8.2014 di cui al DOC. 5 recante l’affermazione secondo cui “a far data da oggi (…) verrà utilizzato quale unico accesso al cantiere”, l’altro passo carraio (ossia quello sulla strada provinciale omissis – via C., e non quello sulla via B. di S.). Il Tribunale adito avrebbe omesso di argomentare una qualsiasi motivazione, pur non essendo comprensibile l’interesse della società che dichiara di utilizzare unicamente un accesso al fondo.
10. Con la terza censura si denuncia erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha accolto il motivo di gravame circa un presunto difetto di istruttoria. Il T.A.R. mostrerebbe di ritenere che la valutazione della Provincia, in sede di rilascio dell’autorizzazione per l’impianto a biomasse, valga a limitare e/o condizionare la valutazione del Comune in sede di disciplina della circolazione, assunto che si porrebbe in contrasto con l’art. 6, comma 4, lett. b) Cod. Strada e con l’indirizzo prevalente della giurisprudenza.
11. Con il quarto motivo si censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto sussistere un difetto di motivazione del provvedimento impugnato. La potestà dell’amministrazione nell’emanare tale provvedimento è largamente discrezionale e risulta sindacabile entro limiti molto ristretti, oltre al fatto che nella specie emergerebbero con chiarezza i divieti e le deroghe alla circolazione, non sussistendo alcun contrasto tra la regola (divieto) e le eccezioni (le deroghe) atteso che entrambe convergono nel porre una disciplina ragionevole ed equilibrata.
L’appellante ha chiesto, anche con memoria, che il Collegio riesamini la condanna alle spese del giudizio disposta dal T.A.R., non solo nell’ipotesi di accoglimento dell’appello, ma anche nella denegata ipotesi di rigetto del gravame.
12. L’appello è infondato e va respinto.
12.1. Con deliberazione n. 66 del 2013, il Comune di G. ha disposto il divieto di transito dei veicoli aventi massa a pieno carico superiore alle 6,5 t in alcune vie del territorio comunale fra le quali anche via B.di S.. Il divieto di transito viene disposto atteso che le strade “per le loro caratteristiche, non sono in grado di sopportare un continuo ed incessante traffico pesante”. L’ordinanza prevede delle deroghe al divieto per i veicoli dei residenti e per i veicoli occasionalmente diretti agli immobili e ai fondi collocati sulle strade interessate.
Il suindicato provvedimento è stato emanato in forza degli artt. 6 e 7 del Codice della Strada (d.lgs. 30.4.1992, n. 285).
L’art. 7 cit. in particolare, dispone che “nei centri abitati i Comuni possono con ordinanza del sindaco limitare la circolazione di tutte o di alcune categoria di veicoli per accertate e motivate esigenze di prevenzione degli inquinamenti e di tutela del patrimonio artistico, ambientale e naturale…”. Viene, altresì, previsto, al comma 9, che i “i Comuni, con deliberazione della Giunta, provvedono a delimitare le aree pedonali e le zone a traffico limitato tenendo conto degli effetti del traffico sulla sicurezza della circolazione, sulla salute, sull’ordine pubblico, sul patrimonio ambientale e culturale e sul territorio. In caso di urgenza il provvedimento potrà essere adottato con ordinanza del sindaco, ancorchè di modifica o di integrazione della delibera di Giunta”.
L’art. 6 dispone poi, al comma 4 (come integrato con il richiamo all’art. 5), che “l’ente proprietario della strada può, con ordinanza motivata resa nota al pubblico mediante i prescritti segnali, disporre, per il tempo strettamente necessario, la sospensione della circolazione di tutte o di alcune categorie di utenti per motivi di incolumità pubblica ovvero per urgenti e improrogabili motivi di incolumità pubblica ovvero per urgenti e improrogabili motivi attinenti alla tutela del patrimonio stradale o ad esigenze di carattere tecnico; stabilire obblighi, divieti e limitazioni di carattere temporaneo o permanente per ciascuna strada o tratto di essa, o per determinate categorie di utenti, in relazione alle esigenze della circolazione o alle caratteristiche strutturali delle strade; vietare o limitare o subordinare al pagamento di una somma il parcheggio o la sosta dei veicoli”.
Dalla piana lettura delle suindicate disposizioni emerge che i provvedimenti per la regolamentazione della circolazione sono emessi con ordinanze motivate e rese note al pubblico mediante i prescritti segnali.
Ne consegue l’infondatezza del primo motivo di appello, con cui è contestato il rigetto dell’eccezione di irricevibilità del ricorso per tardività formulata dal comune intimato, atteso che i provvedimenti in tema di circolazione stradale sono resi noti con la segnaletica di cui all’art. 38 del Codice della strada, e solo da quel momento decorre il termine per la relativa impugnazione, tenuto conto anche del fatto che l’esecutività dell’ordine o del divieto ha efficacia dal momento in cui viene installata la segnaletica stradale.
Invero, il principio di tipicità posto a fondamento della disciplina sulla segnaletica stradale comporta che un determinato obbligo (o divieto) di comportamento è legittimamente imposto all’utente della strada solo per effetto della visibile apposizione del corrispondente segnale specificamente previsto dalla legge. Ne consegue che, per potersi pretendere in capo agli automobilisti un dovere di comportamento di carattere derogatorio rispetto ai principi generali in tema di circolazione stradale, è necessario il perfezionamento di una fattispecie complessa, costituita da un provvedimento della competente autorità impositivo dell’obbligo (o del divieto) e della pubblicizzazione di detto obbligo attraverso la corrispondente segnaletica predeterminata dalla legge, con la conseguenza che la conoscenza del provvedimento amministrativo acquisita aliunde dall’utente è del tutto inidonea a far sorgere qualsivoglia obbligo specifico nei suoi confronti, costituendo la segnaletica stradale non una forma di pubblicità – notizia del comportamento imposto, ma un elemento costitutivo della fattispecie complessa da cui l’obbligo stesso scaturisce (Cass. civ. sez. II, 28 giugno 2005, n. 13875; Cass. civ. Sez. II, 13 febbraio 2009, n. 3660).
Il principio è stato recentemente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, che ha affermato: “La sussistenza, in capo agli automobilisti, di un dovere di comportamento di carattere derogatorio rispetto ai principi generali in materia di circolazione stradale (nella specie, al limite di velocità), presuppone il perfezionamento di una fattispecie complessa, rappresentata dal provvedimento della competente autorità, impositivo dell’obbligo o del divieto e dalla pubblicazione di detto obbligo attraverso la corrispondente segnaletica predeterminata dalla legge”(Cass. Sez. 6-2, 24 novembre 2021, n. 36412).
12.2. Ciò premesso va respinto il secondo mezzo, con cui si denuncia omessa pronuncia in ordine all’eccezione di difetto di interesse proposta dall’amministrazione appellante.
In disparte l’infondatezza dell’assunto vizio di omessa pronuncia - in quanto l’eccezione è stata proposta con memoria 5.0.2014 per contrastare la domanda cautelare della Società Agricola BG G., essendo stato chiaramente indicata l’insussistenza del periculum in mora in ordine alla richiesta di sospensiva dell’ordinanza n. 66/2013, essendo divenuto accessibile il varco presente sulla SP omissis, via C. - appare all’evidenza l’interesse della ricorrente alla rimozione del provvedimento destinato ad incidere direttamente nella propria sfera giuridica, avendo la stessa anche argomentato in memoria che l’annullamento dell’ordinanza ha comportato una incontestabile utilità anche in considerazione del fatto che l’accesso su via C. è stato successivamente limitato dal Comune di G..
12.3. Il terzo e il quarto motivo di appello possono essere esaminati congiuntamente per ragioni di connessione logica.
Le critiche sono infondate.
Il codice della strada dispone espressamente che le ordinanze in materia di disciplina della circolazione veicolare debbano essere puntualmente ‘motivate’, così accentuando con previsione speciale detto obbligo in tale particolare settore, al fine di garantire ai destinatari delle ordinanze medesime la piena tutela dei diritti e degli interessi di cui sono titolari.
In materia di disciplina concreta della circolazione stradale, va tenuto presente che la discrezionalità dell’amministrazione nell’imporre limitazioni di traffico, come l’istituzione del divieto di transito su una determinata sede stradale di alcune tipologie di veicoli, in presenza dei presupposti di legge, va contemperata con la salvaguardia degli interessi fondamentali dei cittadini, secondo i criteri di economia di mezzi e di effettività, in modo che siano adottate le misure che meno causano aggravio ed incomodo all’amministrazione stessa ed ai cittadini, e che eventuali deroghe siano effettivamente satisfattive degli interessi particolari che mirano a tutelare.
Il divieto di circolazione, sia pure limitato ad una certa tipologia di veicoli, presuppone necessariamente la valutazione non solo dell’interesse pubblico, ma anche delle esigenze dei privati radicate nella zona colpita dal divieto, così da prendere in considerazione la possibilità di contemperare l’interesse pubblico alla limitazione della circolazione stradale con l’interesse di chi svolga l’attività lavorativa nella predetta zona. Ciò in ragione del fatto che il divieto di circolazione rappresenta una misura destinata ad incidere sulle attività imprenditoriali e deve trovare adeguata giustificazione in una completa istruttoria, che metta in risalto l’ineluttabilità ed infungibilità della misura stessa.
Ne consegue che le ragioni che hanno determinato l’amministrazione alla emanazione del provvedimento debbono essere adeguatamente illustrate, secondo i principi che regolamentano in genere l’agere amministrativo, ispirati alla trasparenza ed alla pubblicità degli atti.
La motivazione dell’atto impugnato avrebbe dovuto dare conto del flusso del traffico pesante nelle vie interessate dal divieto, e di come lo stesso possa creare pregiudizio, illustrando anche le ragioni delle concesse deroghe.
Quanto al difetto di istruttoria, l’appellante non ha offerto valide ragioni per confutare la statuizione del Tribunale adito, che ha invece correttamente ritenuto che l’amministrazione pubblica non ha adempiuto al suo dovere di una congrua ed adeguata istruttoria. La doglianza, pertanto, non è supportata da alcun principio di prova ed è, quindi, generica. Al contrario, il Collegio può solo rilevare la corretta osservazione del primo giudice quando ha accertato che ” L’ordinanza impugnata si limita ad affermare genericamente di ritenere opportuno, per alcune delle strade comunali (considerate non adatte a sopportare un continuo ed incessante traffico pesante) vietare il transito dei veicoli aventi massa a pieno carico superiore a 6,5t. Si deve rilevare sul punto che, a fronte di una valutazione della Provincia di Bologna in ordine alla sostenibilità del traffico indotto in sede di rilascio dell’autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio dell’impianto (anche a seguito della sentenza del Tar Lazio 4275/2013), il comune doveva necessariamente svolgere un’accurata istruttoria tecnica per pervenire a diversa conclusione…… il difetto di motivazione emerge per la mancata spiegazione delle ragioni per le quali si è ritenuto di autorizzare deroghe così ampie dopo aver affermato l’inadeguatezza delle strade a sostenere il traffico pesante”.
12.4. In definitiva, il provvedimento impugnato si palesa illegittimo.
13. La reiezione dell’appello comporta la conferma della sentenza impugnata.
Quanto alla critica proposta avverso la determinazione delle spese di lite come disposta dal giudice di primo grado, il Collegio rileva che non vi sono ragioni per derogare al principio della soccombenza, applicabile anche al presente grado, con la conseguenza che le spese del giudizio vanno poste a carico dell’appellante, nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese di lite che si liquidano in complessive 5000,00 (cinquemila/00) a favore di Società Agricola B.G. G. S.r.l.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.