…per far valere la simulazione di atti di alienazione relativi alla casa familiare, ai sensi dell'art. 1415, comma 2, c.c..
Questo il nuovo arresto della Cassazione.
La controricorrente vendeva la propria quota indivisa della casa familiare a una società della quale ella stessa era rappresentante legale e amministratrice unica; tale società chiamava in causa l'ex marito dell'amministratrice chiedendo lo scioglimento della comunione della casa familiare, ma quest'ultimo chiamava a sua volta in giudizio la ex moglie proponendo...
Svolgimento del processo
Nel 2000 è pronunciata la separazione personale tra i coniugi B.B. e E. D. M.. A quest'ultima è affidato il figlio minore P. e assegnata la casa familiare. In modifica di tali condizioni, nel 2002 (e nel 2003, 2005 nelle sentenze non definitiva e definitiva di divorzio, emanate dal Tribunale di Roma) a B. è affidato il figlio e assegnata la casa familiare. Nel 2004 la M. vende la propria quota indivisa della casa familiare, nonché altro immobile, alla s. P. P., di cui lei stessa è rappresentante legale e amministratrice unica. Nel 2005, la P. P. conviene in giudizio B. con domanda di scioglimento della comunione della casa familiare e di regolamentazione del godimento dell'altro immobile. B. chiama in causa la M. e propone domanda riconvenzionale di simulazione assoluta della compravendita de qua. In primo grado, nel 2012, è accolta dal Tribunale di Nuovo quest'ultima domanda. In secondo grado, nel 2017, la pronuncia di primo grado è integralmente riformata con la sentenza in epigrafe, con rigetto della domanda di simulazione e scioglimento della comunione. B. ricorre in cassazione con due motivi, illustrati da memoria. Resistono con controricorsi la M. (con memoria) e la P. P..
Motivi della decisione
1. - Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la «manifesta illogicità/incongruità della motivazione in ordine alla ritenuta insussistenza di un interesse/legittimazione [...] a proporre la domanda riconvenzionale volta ad accertare la simulazione».
Con il secondo motivo si lamenta l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, poiché la Corte di appello non ha esaminato la domanda volta a far accertare il carattere simulato della compravendita del 2004.
2. - In via preliminare, l'erronea intitolazione del primo motivo di ricorso non esclude di ricondurlo ad altri motivi di cui all'art. 360, co. 1 c.p.c., poiché dall'esposizione è chiaramente individuabile il diverso tipo vizio che in realtà è denunciato (in questo senso, Cass. 26310/2017; Cass. 4036/2014). Nel caso di specie è palese che il ricorrente abbia fatto valere la violazione dell'art. 1415, co. 2 c.c. (nonché dell'art. 81 c.p.c.), laddove ha censurato che la Corte di appello ha negato la legittimazione (legitimatio ad causam) dello stesso ricorrente ad agire per far accertare la simulazione della compravendita tra la M. e la P. P., poiché egli è privo di un diritto sostanziale pregiudicato dalla vendita. In particolare, secondo la Corte di appello, «l'eventuale minor tutela derivante al S. dal fatto proprio di non aver negligentemente trascritto il provvedimento di assegnazione [della casa familiare] per assicurarne l'apponibilità ai terzi anche dopo i nove anni dalla pronuncia, non integra quel 'pregiudizio di un diritto' cui la legge condiziona la legittimazione del terzo a far valere la simulazione».
3. - Il motivo di ricorso è fondato. L'art. 1415, co. 2 c.c. prevede un'ipotesi di legittimazione straordinaria dei terzi ad agire in giudizio per far accertare la simulazione di un contratto stipulato inter alias «quando essa pregiudica i loro diritti». Con questa espressione la legge specifica il tratto che accomuna le varie ipotesi di legittimazione straordinaria ad agire in giudizio in nome proprio per far valere un diritto altrui: la titolarità in capo al terzo di un diritto o un rapporto col legato con un altro diritto o rapporto da un nesso per cui il primo diritto è «pregiudicato» - nel senso di: «giuridicamente dipendente» - dal secondo, che perciò è diritto o rapporto pregiudiziale condizionante. È in virtù di tale collegamento, definibile in senso lato di «pregiudizialità-dipendenza», che i terzi titolari di un diritto dipendente sono legittimati in via straordinaria, nelle ipotesi tassativamente previste dalla legge, a dedurre in giudizio il diritto o rapporto pregiudiziale-condizionante. In altre parole, è in virtù di tale nesso che i terzi possono far valere in giudizio in nome proprio un diritto altrui (art. 81 c.p.c.).
4. - A differenza dall'interesse ad agire, il fattore che legittima la parte ad agire in giudizio non è un quid facti (un pregiudizio nel senso di danno o nocumento), bensì un quid iuris: ove si tratti di legittima zione ordinaria è l1affermazione della titolarità del diritto dedotto in giudizio; ove si tratti di legittimazione straordinaria (o sostituzione processuale) è un «pregiudizio»: non nel senso di nocumento, bensì nel senso appunto di nesso giuridico in virtù del quale un diritto è pregiudicato ergo dipendente da un altro, che perciò è pregiudiziale ergo condizionante. La legittimazione straordinaria a dedurre in giudizio il diritto pregiudiziale è data (non già dalla semplice affermazione della titolarità, bensì) dalla presupposta titolarità del diritto dipendente (che nel caso di specie è il diritto di abitazione nella casa familiare).
5. - Tale è l’orientamento della Corte di cassazione, pur richiamato dalla sentenza impugnata, che però non l1ha applicato correttamente al caso di specie. Infatti, secondo questa Corte, l'art. 1415, co. 2 c.c. non consente «di ravvisare un interesse indistinto e generalizzato di qualsiasi terzo ad ottenere il ripristino della situazione reale, essendo, per converso, la relativa legittimazione indissolubilmente legata al pregiudizio di un diritto conseguente alla simulazione». Tale situazione è data appunto dalla titolarità di un diritto pregiudicato-dipendente dall'altro diritto pregiudiziale-condizionante, che i terzi sono legittima ti a far valere giudizialmente. «Non tutti i terzi, pertanto, sol perché in rapporto con i simulanti, possono instare per l'accertamento della simulazione, dovendosi invece riconoscere il relativo potere di azione o di eccezione soltanto a coloro la cui posizione giuridica risulti negativamente incisa dall'apparenza dell'atto» (cfr. Cass. 29923/2020, 4023/2007, 6651/2005).
6. - In via di principio, l'operatività normativa dei nessi di pregiudizialità-dipendenza tra diritti o rapporti prescinde dagli stati soggettivi del terzo titolare del diritto dipendente (cfr. tuttavia l'art. 1445 c.c. ove è attribuita rilevanza alla mala fede del terzo acquirente). Ciò accade in particolare ove il nesso di pregiudizialità-dipendenza sia istituito o rimosso dalla trascrizione di atti in pubblici registri (cfr. sempre l'art. 1445 c.c. ove la trascrizione della domanda di annullamento pregiudica i diritti successivamente acquistati dai terzi, indipendentemente dal loro stato soggettivo).
7. - Le predette regole presiedono alla soluzione del caso di specie: il difetto di tempestiva trascrizione - consentita da Corte cost. 454/1989, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 155, co. 4 c.c., nella parte in cui non prevede la trascrizione del provvedimento giudiziale di assegnazione della abitazione nella casa familiare al coniuge affidatario della prole, ai fini della apponibilità ai terzi - del provvedimento di assegnazione della casa familiare non lo rende opponibile ai terzi, una volta trascorsi nove anni dalla data del provvedimento (cfr. art. 6 I. 898/1970, in quanto richiama l'art. 1599 c.c., così come interpretato da Cass. SU 11096/2002). In altri termini, una volta trascorsi nove anni dal provvedimento di assegnazione, il difetto di tempestiva trascrizione non rende ulteriormente opponibile (cioè pregiudica ovvero rende dipendente) l'assegnazione della casa familiare rispetto al diritto acquistato dal terzo su quest'ultima. Ciò costituisce il fattore che legittima ex art. 1415, co. 2 c.c. il terzo assegnatario (B. nel caso di specie) ad agire in giudizio per far dichiarare la simulazione della vendita della casa familiare, indipendentemente dalla circostanza che all'assegnatario non debba essere rimproverato un atteggiamento di inerzia nella trascrizione del provvedimento di assegnazione.
8. - Si enuncia dal Collegio il seguente principio di diritto:
«Il difetto di trascrizione del provvedimento di assegnazione della casa familiare legittima l'assegnatario/a ad agire in giudizio ex art. 1415, co. 2 c.c. per far valere la simulazione di atti di alienazione relativi alla casa familiare, indipendentemente dalla circostanza che all'assegnatario/a non debba essere rimproverato un atteggiamento di inerzia nella trascrizione del provvedimento di assegnazione».
9. - È accolto così il primo motivo di ricorso; il secondo motivo di ricorso è pertanto assorbito; la sentenza impugnata è cassata; la cognizione della causa è rinviata alla Corte di appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, in altra composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso nei sensi di cui in motivazione; dichiara l'assorbito il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, in diversa composizione.