I singoli condòmini possono agire ex art. 2051 c.c. contro il Condominio per ottenere il risarcimento del danno a prescindere dal fatto che una delibera assembleare abbia "consegnato" la res all'appaltatore per l'esecuzione dei lavori.
Svolgimento del processo
1. L. V. e A. G. C. proposero opposizione avverso il decreto ingiuntivo, emesso il 9 marzo 2010, con il quale il Tribunale di Catanzaro ingiunse il pagamento in solido tra di loro, in favore del condominio di Via (omissis), della somma di Euro 15.244,19 per le quote dovute per i lavori di manutenzione straordinaria del fabbricato condominiale.
Le odierne ricorrenti sostennero che l'importo ingiunto non fosse dovuto in quanto non interamente proprietarie dell'appartamento, essendo quest'ultimo originariamente intestato anche a D. A. del quale non avevano accettato l'eredità, e poiché tale importo scaturì dalla richiesta della ditta appaltatrice dei lavori che provocò gravissimi danni.
Il giudizio, nel quale si costituì il condominio resistendo alla domanda, venne definito con sentenza di rigetto dell'opposizione in quanto infondata.
Il giudice di primo grado ritenne, in particolare, che l'obbligazione gravante sulle ricorrenti fosse inscindibile e, per quanto concerne la domanda di risarcimento del danno derivante da infiltrazioni provenienti dal lastrico solare, che la stessa avrebbe dovuto essere esperita nei soli confronti della ditta appaltatrice poiché gli eventuali danni da questa arrecati attenevano al rapporto giuridico tra i condomini e l'appaltatore.
2. La sentenza venne impugnata da L. V. e A. G. C. e confermata dalla Corte d'appello di Catanzaro.
Il giudice di seconde cure, nel dettaglio, affermò che "nella comunione ordinaria (quale è quella correlata al caso in esame), le obbligazioni dei comproprietario ricadono nella disciplina del condebito ed attuazione solidale e che, quindi, la responsabilità dei comproprietari pro indiviso di una unità immobiliare nei confronti del condominio, comporta la solidarietà del vincolo". In relazione alla domanda riconvenzionale di risarcimento del danno, la Corte d'appello, ripercorrendo l'iter motivazionale del giudice di prime cure, affermò che " il condominio, quale ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, non può essere considerato alla stregua di soggetto estraneo autonomo rispetto al condominio inteso come pluralità di condomini i quali, nel caso concreto e con delibera assembleare inoppugnata, hanno concesso l'appalto per l'esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria mediante scelta di ditta edile, ritenuta idonea allo scopo. Da ciò discende che le appellanti avrebbero dovuto rivolgere la loro domanda risarcitoria nei confronti dell'appaltatore e non del condominio non essendoci dubbio che, in tema di appalto, è di regola l'appaltatore che risponde dei danni".
La Corte di merito, infine, escluse la responsabilità in capo all'amministratore del condominio (o di terzi) non essendo stata fornita alcuna prova, né avendo le odierne ricorrenti formulato istanze in tal senso ed essendo state esaminate comunque le loro richieste e respinte in quanto irrilevanti ai fini del giudizio.
3. Avverso la decisione della Corte d'appello di Catanzaro L. V. ed A. G. C. ricorrono con cinque motivi, il condominio di via (omissis)è rimasto intimato.
In prossimità dell'udienza le ricorrenti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo si denuncia l'omesso deposito del fascicolo di parte appellata nel giudizio di seconde cure con consequenziale mancanza degli elementi necessari per il giudizio di gravame di secondo grado; la violazione e falsa applicazione dell'art. 347, commi 2 e 3 c.p.c. nonché insufficiente e contraddittoria motivazione e conseguente nullità della sentenza in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.; violazione del principio del contraddittorio.
2. Con il secondo motivo si censura la sentenza per omessa ammissione di mezzi di prova ex art. 2697 c.c., violazione dell'art. 360, n. 5 c.p.c. per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.
3. Con il il terzo motivo si denuncia la nullità della sentenza per violazione dell'art. 63 disp.att. c.p.c. per l'emissione del decreto ingiuntivo in materia di crediti condominiali in assenza dei relativi presupposti.
Al riguardo le ricorrenti specificano di dolersi per la assenza di una pregressa delibera di approvazione del rendiconto e del piano di riparto dei lavori di manutenzione.
4. Con il quarto motivo le ricorrenti si dolgono della violazione delle norme in tema di rinuncia all'eredità e di scioglimento della comunione.
4.ln particolare si censura il passo motivazionale nel quale si è affermato " che i comproprietari di un appartamento sito in un edificio condominiale non possono essere considerati condomini singoli non essendo possibile scomporre pro quota i singoli diritti di proprietà tanto che l'amministrazione del condominio può indifferentementre agire per l'intero credito, come nel caso concreto è correttamente avvenuto, nei confronti dell'uno o dell'altro comproprietario obbligato".
Secondo le ricorrenti la motivazione violerebbe, genericamente, "le norme in materia di rinuncia all'eredità e di scioglimento della comunione" e, al tal fine, evidenziano come sussista in particolare la violazione dell'art. 460 e.e atteso che "con la rinuncia all'eredità il chiamato perde i poteri di cui era titolar e viene considerato come se non fosse mai stato chiamato alla successione".
S Con il quinto motivo si deduce la nullità della sentenza, ex art. 360, n. 3. c.p.c., per erronea applicazione delle norme in materia di responsabilità contrattuale in riferimento agli artt. 2043 c.c. e 2051 c.c.; sotto ulteriore profilo si denuncia la violazione dell'art. 360 n. 5 c.p.c. per non aver disposto la prova per l'accertamento della responsabilità del condominio in solido con l'appaltatore.
6.11 terzo ed il quarto motivo, da esaminarsi con precedenza per priorità logica, sono infondati.
6.1. Quanto al terzo motivo, occorre evidenziare che le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza n. 9839 del 2021, hanno chiarito che l'azione di ""' annullamento delle delibere assembleari costituisce la regola generale, ai sensi dell'art. 1137 c.c., come modificato dall'art. 15 della I. n. 220 del 2012, mentre la categoria della nullità ha un'estensione residuale ed è rinvenibile nelle seguenti ipotesi: mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali, impossibilità dell'oggetto in senso materiale o giuridico - quest'ultima da valutarsi in relazione al "difetto assoluto di attribuzioni" -, contenuto illecito, ossia contrario a "norme imperative" o all"'ordine pubblico" o al "buon costume". Pertanto, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell'assemblea previste dall'art. 1135, nn. 2) e 3), c.c., mentre sono meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell'esercizio di dette attribuzioni assembleari, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall'art. 1137, comma 2, c.c.
Nella specie, si discorrerebbe quindi di una pretesa annullabilità della delibera del 19 aprile 2008 con tutte le conseguenze in tema di decadenza dalla impugnazione.
Infatti, sulla scorta del citato principio, la questione posta con il terzo motivo attiene evidentemente alla annullabilità; trova allora applicazione il seguente principio, affermato dalle citate Sezioni unite, secondo cui "nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d'ufficio della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione, sia l'annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest'ultima sia dedotta in via d'azione, mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell'atto di citazione, ai sensi dell'art. 1137, comma 2, c.c., nel termine perentorio ivi previsto, e non in via di eccezione; ne consegue l'inammissibilità, rilevabile d'ufficio, dell'eccezione con la quale l'opponente , deduca solo l'annullabilità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione senza chiedere una pronuncia di annullamento".
6.2. Quanto al quarto motivo, sul punto trova applicazione il principio statuito da Cass.n. 21907 del 2011 secondo cui i comproprietari di un'unità immobiliare sita in condominio sono tenuti in solido, nei confronti del condominio medesimo, al pagamento degli oneri condominiali, sia perché detto obbligo di contribuzione grava sui contitolari del piano o della porzione di piano inteso come cosa unica e i comunisti stessi rappresentano, nei confronti del condominio, un insieme, sia in virtù del principio generale dettato dall'art. 1294 c.c. (secondo il quale, nel caso di pluralità di debitori, la solidarietà si presume), alla cui applicabilità non è di ostacolo la circostanza che le quote dell'unità immobiliare siano pervenute ai comproprietari in forza di titoli diversi. Trattandosi di un principio informatore della materia, al rispetto di esso è tenuto il giudice di pace anche quando decida secondo equità ai sensi dell'art. 113, secondo comma, c.p.c. (Nella specie, la S.C. ha chiarito che il principio espresso non si pone in contrasto con quello già enunciato da S.U. n. 9148 del 2008, riguardando quest'ultima pronuncia la diversa problematica delle obbligazioni contratte dal rappresentante del condominio verso i terzi e non la questione relativa al se le obbligazioni dei comproprietari inerenti le spese condominiali ricadano o meno nella disciplina del condebito ad attuazione solidale).
7. Il quinto motivo di ricorso è fondato.
7.1. Le odierne ricorrenti, avevano chiesto che venisse riconosciuta la responsabilità del condominio ex art. 2051 c.c. per i danni, provenienti da infiltrazioni d'acqua dal lastrico solare, subiti dal loro appartamento e la Corte d'appello aveva rigettato la domanda escludendo la culpa in eligendo o in vigilando facendo propria la decisione di prime in forza della quale "non essendo il condominio soggetto autonomo rispetto ai condomini i quali hanno collettivamente scelto l'impresa appaltatrice adottando un delibera condominiale".
Veniva, infatti, affermato che " il Condominio, quale ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, non pu essere considerato alla stregua di soggetto estraneo ed autonomo rispetto al condominio inteso come pluralità di condomini i quali, nel caso concreto, con delibera assembleare inoppugnata, hanno concesso l'appalto per l'esecuzione di I lavori di manutenzione straordinaria mediante scelta di un ditta di imprenditoria edile che hanno ovviamente ritenuto idonea allo scopo".
Da tale premessa la Corte d'appello faceva discendere la necessità che la domanda venisse formulata nei confronti della ditta appaltatrice e non del condominio "non essendoci dubbio che in tema di appalto, è di regola l'appaltatore che risponde dei danni provocati a terzi;....posto che l'impresa è stata scelta dall'assemblea condominiale con apposita deliberazione e che dunque non può configurarsi in alcun modo la responsabilità del condominio per assoluta inidoneità dell'impresa esecutrice dei lavori".
7.2. Le conclusioni cui è pervenuto il giudice di seconde cure sono erronee in quanto in contrasto con i principi affermati da questa Corte ed in particolare da quanto statuito da Cass. n. 11671 del 2018 (Conf. Cass. 11671/2011 si vedano inoltre anche Cass n. 25251/2008; Cass. n. 6435/2009; Cass. n. 7553/2021 sul tema della responsabilità del condominio per danni in esecuzione di appalto).
In tema di appalto, infatti, se è vero che l'autonomia dell'appaltatore comporta che, di regola, egli deve ritenersi unico responsabile dei danni derivati a terzi dall'esecuzione dell'opera, potendo configurarsi una corresponsabilità del committente soltanto in caso di specifica violazione di regole di cautela nascenti ex art. 2043 c.c., ovvero nell'ipotesi di riferibilità dell'evento al committente stesso per culpa in eligendo (per essere stata affidata l'opera ad un'impresa assolutamente inidonea) ovvero quando l'appaltatore, in base a patti contrattuali, sia stato un semplice esecutore degli ordini del committente, agendo quale nudus minister dello stesso (Cass., n. 1234 del 2016), cionondimeno il committente può essere chiamato a rispondere dei danni derivanti dalla condizione della cosa di sua proprietà: a) laddove, per sopravvenute circostanze di cui sia venuto a conoscenza - come, ad es., nel caso di abbandono del cantiere o di sospensione dei lavori da parte dell'appaltatore - sorga a carico del medesimo il dovere di apprestare quelle precauzioni che il proprietario della cosa deve adottare per evitare che dal bene ne derivino pregiudizi a terzi" (Cass., n. 14443/2010, in motivazione); b) "ove l'appalto non implichi il totale trasferimento all'appaltatore del potere di fatto sull'immobile nel quale deve essere eseguita l'opera appaltata, non viene meno per il committente e detentore del bene il dovere di custodia e di vigilanza e, con esso, la conseguente responsabilità ex art. 2051 cod. civ. che, essendo di natura oggettiva, sorge in ragione della sola sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha determinato l'evento lesivo" (Cass., n. 15734 del 2011).
A tale ultimo riguardo ed in aggiunta a quanto in precedenza esposto, deve comunque evidenziarsi che, già in linea astratta, il lastrico svolge, indipendentemente dal regime proprietario ovvero da una sua fruizione diretta, una ineludibile funzione primaria di copertura e protezione delle sottostanti strutture (arg. da Cass., n. 19779 /2017 e da S. U., n. 9449/2016): sicché, quantomeno sotto tale profilo ed indipendentemente dall'avvenuta "consegna" - quale area di cantiere - all'appaltatore, per l'esecuzione di lavori volti alla relativa manutenzione o ristrutturazione, "il lastrico deve considerarsi nella persistente disponibilità del condominio, con conseguente permanenza, in capo a quest'ultimo, delle obbligazioni connesse alla sua custodia e delle connesse responsabilità per il relativo inadempimento" (arg. da Cass., n. 15734/2011, cit.).
Il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è quindi obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché tali cose non rechino pregiudizio ad alcuno, sicché risponde ex art. 2051 c.c. dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini (sul punto da ultimo Cass. n. 7044 del 2020).
Nel caso di specie al vaglio di questa Corte, il giudice di merito era tenuto ad esaminare la questione ed in particolare la giurisprudenza sulla responsabilità del custode committente e - soprattutto - il riparto dell'onere della prova liberatoria.
Ciò, tuttavia, non risulta, avendo la Corte di merito semplicisticamente escluso una culpa in eligendo del condominio sol perché c'era stata una delibera condominiale ed escluso la culpa in vigilando sulla base del mancato assolvimento dell'onere probatorio da parte del terzo danneggiato senza porsi il problema dell'onere della prova in tema di responsabilità del custode e su chi incombesse.
Sicchè deve accogliersi il quinto motivo del ricorso con conseguente assorbimento del primo e del secondo motivo.
Alla luce di quanto innanzi, deve essere accolto il quinto motivo, assorbiti il primo ed il secondo, rigettati il terzo ed il quarto e, per l'effetto, la decisione cassata con rinvio alla Corte d'appello di Catanzaro, in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il quinto motivo, assorbiti il primo ed il secondo, rigetta il terzo ed il quarto motivo e, per l'effetto, cassa con rinvio la sentenza impugnata alla Corte d'appello di Catanzaro in diversa composizione.