Nel caso di specie risultava dagli atti che gli interventi oggetto di condono erano stati successivamente e ripetutamente modificati.
La Corte d'Appello di Napoli accoglieva la richiesta di sospensione/revoca dell'ordine di demolizione emesso dal Procuratore Generale in relazione alle opere abusive indicate, disponendo la revoca del suddetto ordine.
Contro tale decisione, propone ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte d'Appello lamentando, tra i diversi motivi, il fatto che...
Svolgimento del processo
1. Con ordinanza 11.11.2021, la Corte d'appello di Napoli, in accoglimento della richiesta di sospensione/revoca dell'ordine di demolizione, emesso dal Procuratore Generale presso la Corte d'appello di Napoli, relativamente alle opere abusive indicate nella sentenza, irrevocabile il 3.11.1997, della Pretura di Napoli (consistenti in una platea in c.a. e di due manufatti della consistenza meglio indicata in rubrica), disponeva la revoca del predetto ordine demolitorio.
2. Avverso l'ordinanza impugnata nel presente procedimento, il PG presso la Corte d'appello di Napoli propone ricorso per cassazione, deducendo due motivi di seguito sommariamente indicati.
2.1. Deduce, con il primo motivo di ricorso, il vizio di motivazione per aver fatto uso la Corte d'appello di una motivazione apparente in ordine all'asserita legittimità del condono edilizio ed alla conseguente necessità di revocare l'ordine demolitorio con ripristino dello stato dei luoghi, incorrendo nel predetto vizio motivazionale nonché in evidenti vizi di travisamento probatorio risultanti dal testo del provvedimento impugnato, dalle conclusioni scritte della PG del 21.10.2021 con 34 sub allegati ed in generale dal contenuto dell'intero fascicolo dell'incidente di esecuzione.
In sintesi, si deduce:
a) che gli istanti, eredi del L., de cuius nei cui confronti era stata emessa la sentenza impugnata, non erano legittimati a proporre incidente di esecuzione perché l'opera abusiva era stata definitivamente acquisita al patrimonio comunale e che, pertanto, l'incidente di esecuzione promosso per ottenere la revoca giudiziale dell'ordine demolitorio era inammissibile per carenza di interesse dei proponenti che non erano più proprietari; l'acquisizione al patrimonio comunale avviene anche in pendenza di una pratica di condono edilizio (sez. 3, n. 45704/2011); inoltre quattro delle cinque ingiunzioni a demolire rimaste inottemperate avevano riguardo ad opere abusive eseguite dopo il 31.12.1993, data ultima di sanatoria di cui al condono ex lege n. 724/1994, con la conseguenza che per tali opere vi era l'impossibilità di richiedere il condono edilizio ex art. 39, legge citata, con conseguente acquisizione gratuita al patrimonio comunale e la non praticabilità dell'effetto restitutorio ex co. 19 dell'art. 39; a sostegno di quanto sopra il PG nelle sue conclusioni aveva riportato giurisprudenza di legittimità avvalorata anche dalla sentenza rese da questa Corte nel caso Pesenti, costituente l'ali. E al ricorso del PG (v. sentenza Cass. n.2231/22); in definitiva il GE, nell'accogliere la richiesta di revoca, avrebbe travisato il contenuto di tali documenti e della richiesta del PG di inammissibilità dell'incidente di esecuzione proposto;
b) che sia l'autorizzazione paesaggistica che il PDC sono stati rilasciati dal comune di A. precedentemente al parere favorevole rilasciato dalla Soprintendenza ai BBCCAA di Napoli, ciò integrando una violazione di legge in quanto il n.o. deve precedere e non seguire gli atti di cui è presupposto obbligatorio nonché un eccesso di potere perché i provvedimenti comunali sono motivati in base al c.d. silenzio assenso della Soprintendenza e non in base al parere di compatibilità ambientale, positivo e con prescrizioni, che ancora non esisteva e che interverrà a distanza di oltre un anno; illegittimo sarebbe il provvedimento del GE che ha ritenuto che il parere della Soprintendenza avrebbe in realtà "ratificato" quanto di sposto dal Comune;
c) che, ancora, il provvedimento del GE, che afferma che le opere successive al 31.12.1993 sarebbero state autodemolite e che anche l'abitazione di 75 mq, con adiacente deposito e WC, in quanto precedenti a tale data, sarebbero stati legittimamente condonati e sanati è illegittimo, atteso che dalla minuziosa ricostruzione storica e cronologica operata dal PG emergerebbe in maniera evidente che gli originari abusi edilizi commessi fino al 31.12.1993 in realtà avrebbero subito modifiche e "superfetazioni" in epoca successiva tali da stravolgerne la consistenza, come pure l'abitazione asseritamente parzialmente autodemolita in realtà sarebbe stata solo fittiziamente demolita al fine di farla apparire condonata e sanata come da provvedimento dell'amministrazione comunale, atteso che le opere eseguite sarebbero diverse rispetto a quelle esistenti in loco prima del sopralluogo del 16.02.2000 in cui risultava montato solo un prefabbricato in pannelli di legno;
d) che, ancora, il provvedimento sarebbe illegittimo in quanto non avrebbe tenuto conto delle considerazioni svolte dal PG che aveva evidenziato come sussi stessero seri dubbi sull'idoneità statica dell'edificio abusivamente realizzato quanto al rispetto della normativa antisismica, richiamando Cass. 22580/2018, con conseguente non condonabilità e non sanabilità del manufatto per mancanza di sicurezza per l'incolumità delle persone e l'integrità dei beni;
e) che, ancora, il provvedimento del GE sarebbe illegittimo per aver travi sato per omissione le prove documentali, segnatamente rappresentate dalla relazione del CTU arch. L. che, in sede di sopralluogo disposto dal PG,, ha accertato con atto depositato in data 16.10.2021, non valutato dal GE, che in realtà tale parziale autodemolizione, culla cui base era stato rilasciato il condono ed il parere favorevole della Soprintendenza, in realtà era stata solo apparente perché i volumi abusivi accertati non erano stati autodemoliti ma solo occultati e murati e la originaria collina non era stata ricostituita, essendo quindi totalmente assente il ripristino;
f) che, ancora, l'illegittimità del provvedimento del GE discende dal predetto travisamento probatorio per omissione della consulenza tecnica dell'arch. L. depositata il 16.10.2021, laddove ritiene condonabili le opere abusive in assenza di vincoli ulteriori rispetto a quello paesaggistico su cui la Soprintendenza aveva poi espresso parere favorevole, laddove, invece, dalla predetta relazione del CT, era emerso chiaramente che essendo le opere abusive state eseguite in area sottoposta vincoli SIC e ZPS, il condono edilizio non avrebbe potuto essere rilasciato in assenza della valutazione di incidenza ambientale (VincA) necessaria anche per le costruzioni abusive antecedenti all'istituzione dei vincoli della rete Natura 2000.
2.2. Deduce, con il secondo motivo di ricorso, il vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 676, c.p.p. e 39, co. 1, e 8, legge n. 724/1994, oltre al correlato vizio motivazionale per travisamento probatorio.
In sintesi, si sostiene che il G.E., anziché eseguire il doveroso sindacato sulla legittimità del rilascio del condono edilizio da parte del Comune (tra le tante, Cass. 37470/2019), avrebbe assolutamente pretermesso l'esercizio di tale potere dovere, con conseguente violazione delle norme richiamate.
In particolare, ciò riguarderebbe:
a) anzitutto, la violazione dell'art. 39, l. 724/1994 in quanto la condonabilità delle opere era subordinata alla loro ultimazione entro la data del 31.12.1993, laddove è emerso dai sopralluoghi eseguiti reiteratamente sull'area che i lavori abusivi erano proseguiti successivamente a tale data, con conseguente mancata corrispondenza dei lavori eseguiti e condonati a quelli che costituivano l'originaria istanza di condono, donde è illegittimo il provvedimento con cui il GE ha invece ritenuto la condonabilità degli abusi predetti; si aggiunge che in situazioni analoghe, già questa Corte ha ritenuto corretta la tesi del PG (caso S. e G., rispetto al quale sono intervenute ben due decisioni di questa S.C. favorevoli alla tesi del PG: in particolare, cfr., Cass. n. 35839/2020 e Cass. 37470/2019 allegate), secondo cui i presupposti di legge per ottenere il condono edilizio devono sussistere già al momento della presentazione dell'istanza di condono e non possono essere conseguiti successivamente grazie ad una postuma trasformazione dell'edificio illecito;
b) in secondo luogo, sarebbe quindi evidente che il condono rilasciato sarebbe illegittimo in quanto ha riguardo non alle originarie opere oggetto dell'istanza eseguite sino al 31.12.1993, ma ad opere difformi, come emerge dal fatto che solo in sede di sopralluogo eseguito il 10.07.2000 compaiono le opere costituite dai rinforzi di mattoni pieni agli angoli, necessari per la realizzazione della staticità dell'edificio, donde è evidente che l'ultimazione statica è intervenuta ben oltre la scadenza del 31.12.1993; cita a sostegno una sentenza del CdS (sen tenza n. 7816/2020);
c) in terzo luogo, si ribadisce che essendo i lavori abusivi proseguiti dopo il 31.12.1993 e non essendo l'autodemolizione parziale stata eseguita effettivamente, il provvedimento di condono edilizio è da considerarsi a tutti gli effetti illegittimo, come illegittimo è il provvedimento del GE che non ha tenuto conto di tutte le argomentazioni sviluppate in diritto, limitandosi solo a ripercorrere gli atti della procedura amministrativa e a concludere che il provvedimento di condono del comune di A. sarebbe legittimo o al più irregolare nella forma ma non nella sostanza;
d) in quarto luogo, l'illegittimità del provvedimento del GE e del condono edilizio, discenderebbe dalla mancata valutazione degli esiti della vicenda analoga della villa di S. e G., posta a poche centinaia di metri di distanza da quella degli odierni istanti, conclusasi con decisioni favorevoli al PG emesse dalla Corte di cassazione (cfr. pagg. 15/16 del ricorso del PG);
e) in quinto luogo, richiamando la vicenda della villa P., il PG ribadisce l'illegittimità del provvedimento del GE e del relativo condono edilizio, non essendosi tenuto conto degli esiti di tale vicenda, che pure era stata documentata al pari della vicenda S. e G., in cui si era evidenziata l'illegittimità dei lavori perché proseguiti dopo il 31.12.1993;
f) in sesto luogo, ancora, l'illegittimità del provvedimento impugnato di scenderebbe dalla mancata applicazione della giurisprudenza di questa Corte che ha sempre ritenuto illegittimi condoni conseguiti mediante autodemolizioni parziali di opere eseguite successivamente alla scadenza del 31.12.1993 (si cita Cass. n. 43933/2021).
Infine, nelle ultime pagine del ricorso (pagg. 19/22) si reiterano le eccezioni di vizio motivazionale sotto il profilo del travisamento probatorio, in particolare riguardante informative di reato e i verbali di sopralluogo eseguiti successivamente al 31.12.1993 che evidenziavano la diversità dell'opera poi condonata da quella oggetto dell'originaria istanza di condono, nonché, ancora, gli atti da cui risulta che l'area era sottoposta ai vincoli SIC, ZPS e IBA che per legge richiedevano una VincA favorevole per ottenere il condono ed, infine, quanto argomentato nelle conclusioni del PG sull'oggettiva illegittimità del condono edilizio, pretermettendo tutte le decisioni della S.C., richiamate in precedenza favorevoli alla tesi della PG.
3. Il Procuratore Generale presso questa corte, con requisitoria scritta del 14.06.2022, ha chiesto il rigetto del ricorso.
In particolare, la Procura Generale rileva l'infondatezza dell'eccezione di inammissibilità dell'incidente di esecuzione per carenza di interesse dell'istante perché la sanatoria produce l'effetto di annullare l'acquisizione al patrimonio comunale dell'immobile ed è pertanto ragionevole ritenere che in presenza di una determinazione di siffatto tipo, il proprietario adisca il giudice dell'esecuzione affinché valuti la compatibilità con l'ordine di demolizione. Per ciò che concerne il merito della vicenda, il Procuratore Generale rileva preliminarmente la necessità di limitare l'incidente di esecuzione al provvedimento di ingiunzione a demolire della Procura di Napoli n. 140/2012 avente ad oggetto una platea in cemento armato di mt. 13x8,30 e due manufatti di mt. 3,50x2,50 e di mt 2,10x1x2,60. Per tali opere, più un manufatto per civile abitazione di mq. 74,93, era stato richiesto e ottenuto il condono edilizio. Vanno pertanto escluse dalla vicenda in esame tutte le opere successive perché non oggetto di alcuna istanza di sanatoria. Alla luce di tale premessa, la giurisprudenza evocata circa la riduzione della volumetria al fine di concedere il condono è inconferente. Limitando pertanto il sindacato sulla legittimità del condono rilasciato, il PG esclude qualsiasi vizio essendo il risultato di un corretto procedimento amministrativo che ha coinvolto i vari enti interessati. Quest'ultimi, dopo aver accertato l'eliminazione delle opere posteriori alla richiesta di condono, hanno ritenuto di poter procedere al rilascio del provvedimento sanante. Non rappresenta infine fattore dirimente la irregolare scansione delle interlocuzioni tra i vari enti considerata l'emergenza pandemica e soprattutto il parere, sebbene successivo, ma comunque favorevole della Soprintendenza.
4. In data 28.07.2022 gli avvocati F.C. e M.D.S., in qualità di difensori degli eredi, V.R., L.A. e L.G., hanno depositato memoria difensiva ex art. 611 c.p.p. con la quale chiedono il rigetto del ricorso o, in via gradata, l'annullamento con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli.
In merito alla mancanza di interesse, i difensori rilevano che è la stessa ordinanza impugnata a dimostrare il concreto interesse degli eredi, riconsegnandogli di fatto l'immobile oggetto dell'ingiunzione a demolire. Se per interesse si dovesse poi intendere la legittimazione, allora la presentazione della domanda di condono, nel qual caso in cui fosse intervenuta l'acquisizione patrimoniale, restituisce i beni su cui verte l'istanza di sanatoria.
Assume rilievo, inoltre, la circostanza per cui il comune di A. si era costituito nella procedura camerale perché, se il collegio avesse condiviso le argomentazioni della Procura Generale in punto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, avrebbe richiesto la revoca dell'ordine di demolizione in quanto, nelle more, era stato sanato il titolo. Ragion per cui, chiedono i difensori l'annullamento con rinvio nel caso in cui la Suprema Corte dovesse accogliere le doglianze della Procura ricorrente.
Passando al merito, nella memoria viene posto l'accento sulla attività svolta dal Giudice dell'Esecuzione, il quale ha disposto un ulteriore sopralluogo rispetto all'accertamento già svolto dal responsabile dell'U.C.T. del Comune di A. nonché l'autorizzazione per l'accesso dell'Arch. B., funzionaria della Soprintendenza, posto che la Procura aveva inibito in precedenza la verifica da parte della stessa, al fine di valutare la legittimità del permesso di costruire in sanatoria. A tal fine, oggetto di valutazione è la corrispondenza tra le opere esistenti al momento del rilascio del titolo e quelle presenti al 31 dicembre 1993. All'esito del sopralluogo, l'arch. B., escludeva la sanabilità delle opere per la prosecuzione dei lavori dopo il 31 dicembre 1993. Però, con la rimozione delle parti aggiunte dopo la data indicata dalla legge, la funzionaria modificava il suo orientamento esprimendo parere favorevole sulla richiesta di condono. Il ritardo nel parere non rappresenta, per la difesa, fattore rilevante considerato che può essere imputato alla stessa Procura a causa del negato accesso ed inoltre, come provato dagli eredi dinanzi al G.E, in simili casi, la Soprintendenza ha sempre reso pareri favorevoli al rilascio di autorizzazioni paesaggistiche.
I casi addotti dalla Procura ricorrente sarebbero poi inconferenti perché se il primo riguarda un immobile di cubatura originaria superiore rispetto a quella consentita dalla legge (750 mc) e che attraverso una parziale demolizione si era tentato di farlo rientrare nei limiti previsti al fine di condonarlo, il secondo ha ad oggetto condoni frazionati, fenomeno che prevede la divisione del bene in unità per garantire il rispetto dei limiti entro cui è possibile concedere il condono.
Un'ultima annotazione circa la mancanza di identità del bene riguarda l'arco temporale in cui era stato previsto che i beni avrebbero dovuto essere condonati (3 anni) a dispetto dei trentasette effettivi, a cui segue una fisiologica modifica e pertanto, se la modifica successiva, anche eliminata, non consente il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria, migliaia di domande ancora pendenti dovrebbero essere rigettate costringendo i cittadini a pagare per l'inerzia della Pubblica Amministrazione.
In merito alle deduzioni per cui i manufatti non sarebbero stati demolititi, in ogni caso, non ricostruita l'originaria collina, alla luce dell'accertamento svolto sia dal dirigente dell'ufficio tecnico e Polizia Locale, sia dal Responsabile per l'Isola di Capri della Soprintendenza BB.AA. unitamente al Funzionario della Soprintendenza Archeologica, i difensori al fine di dimostrare l'infondatezza sollecitano la necessità di avviare il procedimento per la denuncia di un comportamento foriero di una serie di reati. È anche la stessa perizia tecnica di parte a smentire una simile ipotesi descrivendo analiticamente tutte le attività svolte per la demolizione.
Le ulteriori osservazioni, di carattere tecnico a parere della difesa, sono facilmente superabili e smentibili dalla relazione tecnica di parte a nome dell'Arch. R. (identicità di materiali, idoneità statica, pilastri di rinforzo che altro non sono che dei pilastrini), non trovando alcun riscontro nella realtà fattuale.
Infine, per ciò che concerne l'assenza della VIncA, appena i signori L. hanno appreso la necessità dal ricorso della Procura hanno dato incarico ad agronomo di loro fiducia di predisporre la richiesta. Lo stesso Comune di A., poi, resosi conto della propria inadempienza, ha richiesto alla Regione Campania la delega all'esame delle richieste di VIncA. E la Regione, con decreto dirigenziale n. 137 del 19 luglio 2022 - comunicato in pari data - ha rilasciato delega al Comune di A. per tali valutazioni. La delega sarebbe entrata in vigore il decimo giorno successivo alla pubblicazione del decreto sul BURC, per cui è prevedibile che la richiesta dei signori L. sia esaminata in tempi brevi e così da provvedere a rilasciare il relativo parere. Pertanto, qualora i giudici della Suprema Corte dovessero ritenere necessario tale parere, sebbene non si possa far ricadere una inadempienza della PA sul cittadino, la difesa chiede l'annullamento con rinvio al fine di esaminare il parere che sarà rilasciato.
5. Da ultimo, in data 23 agosto 2022, i predetti difensori hanno depositato un'integrazione della memoria ex art. 611 c.p.p. per portare a conoscenza questa Corte che, in data 16 agosto 2022, il Responsabile dell'Ufficio per la valutazione di incidenza ambientale di A., ha rilasciato agli eredi del L. il Provvedimento di incidenza ambientale Appropriata, esprimendo il proprio "sentito".
Inoltre, al fine di dirimere le questioni concernenti la validità del permesso di costruire, i signori V. e L. hanno richiesto al Comune la conferma dello stesso alla luce dei nuovi pareri acquisiti. Richiesta positivamente accolta, esclusa l'esistenza di qualsivoglia ragione ostativa.
Motivi della decisione
1. Il ricorso, trattato ai sensi dell'art. 611, c.p.p. è fondato.
2. Preliminarmente, occorre esaminare la questione afferente alla legittimazione degli eredi a proporre impugnazione.
Orbene, in ordine alla presunta carenza di interesse, il PG ricorrente ha denunciato un vizio di motivazione che in realtà non si riscontra.
Sul punto, è ben vero quanto addotto dal P.G. in relazione al ricorso presentato per cui, l'ingiustificata inottemperanza all'ordine di demolizione dell'opera abusiva ed alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi entro novanta giorni dalla notifica dell'ingiunzione a demolire emessa dall'Autorità amministrativa de termina l'automatica acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'opera e dell'area pertinente. L'effetto acquisitivo, inoltre, si verifica senza che sia necessaria né la notifica all'interessato dell'accertamento dell'inottemperanza né la tra scrizione, in quanto il primo atto ha solo funzione certificativa dell'avvenuto trasferimento del diritto di proprietà, costituendo titolo per l'immissione in possesso, mentre la trascrizione serve a rendere opponibile il trasferimento ai terzi a norma dell'art. 2644 cod. civ. (tra le tante Sez. 3, n. 1163 del 15/11/2016, dep. 2017, Rv. 268737 - 01; Sez. 3, n. 23718 del 08/04/2016, Rv. 267676 - 01).
Si osserva, però, che la norma prescrive che "per le opere abusive divenute sanabili in forza della presente legge, il proprietario che ha adempiuto agli oneri previsti per la sanatoria ha il diritto di ottenere l'annullamento della acquisizione al patrimonio comunale dell'area di sedime e delle opere sopra questa realizzate disposte in attuazione dell'articolo 7, terzo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 [...]". Certamente la disposizione in esame non riconosce al responsabile dell'abuso un diritto automatico all'annullamento dell'acquisizione del bene una volta che abbia adempiuto agli oneri previsti. Essa però attribuisce all'interessato la facoltà di chiedere la concessione in sanatoria nonostante l'intervenuta acquisizione gratuita al patrimonio comunale, ma rispettando pur sempre i limiti e le condizioni previste in via generale dall'art. 39 della legge n. 724/1994 e dai capi IV e V della legge n. 47/1985 (in tal senso Sez. 3, n. 39075 del 21/05/2009 - dep. 08/10/2009, Rv. 244891, in motivazione).
L'istanza di sanatoria, richiesta alla presenza dei presupposti necessari, configura - come evidenziato dal G.E. - l'interesse a richiedere la sospensione dell'eventuale ordine di demolizione, perché il rilascio del condono comporterebbe l'annullamento dell'avvenuta acquisizione al patrimonio comunale con conseguente riacquisizione nella sfera della proprietà del privato.
Nel caso di specie, infatti, sebbene l'ingiunzione di demolizione risalga al 06.01.1993, in data 01.03.1995, il de cuius, L.P., presentava istanza di condono, rimasta inevasa fino alla nuova sollecitazione degli eredi, in pendenza della richiesta di sospensione e/o revoca dell'ordine di demolizione di sposto con sentenza del 1997 e dell'ingiunzione di demolizione n. 140/2012 RESA. Nulla quaestio, dunque, sulla sussistenza dell'interesse a ricorrere, dovendosi in tal senso ritenere priva di pregio la doglianza del P.G. ricorrente.
2. Nel merito il P.G. ricorrente si duole della legittimità del permesso di costruire in sanatoria per violazione sia delle norme previste dalla legge nonché dell'operato del giudice, il quale avrebbe omesso di esercitare il proprio dovere di controllo sullo stesso, non conformandosi così nemmeno alla giurisprudenza della Suprema Corte.
2.1. Sul punto si impone una premessa di carattere metodologico.
Non può ritenersi condivisibile l'argomento sviluppato dal Procuratore Generale presso questa Corte, secondo il quale, al fine di risolvere la questione, sarebbe necessario limitare l'oggetto del giudizio di esecuzione. Relativamente a quest'ultimo, secondo il P.G., gli istanti hanno richiesto la revoca e/o sospensione dell'ingiunzione di demolizione n. 140/2012, emesso sulla base dell'ordine di demolizione contenuto nella sentenza di condanna definitiva a carico di L.P., condanna per una platea in cemento armato di mt. 12x8,30 e due manufatti di mt. 3,50x3x2,50 e di mt. 2,10x1x2,60 (un corpo di fabbrica con adiacente wc di circa 12 mq). La domanda di condono edilizio ex art. 39 L. 724/1994, oltre alle opere menzionate ha coinvolto un manufatto per civile abitazione di mq. 74,93 costruito sulla platea. Pertanto, nell'ottica del PG, tutte le opere successive alla data 01.03.1995 - data dell'istanza di condono - dovrebbero ritenersi estranee perché non oggetto di alcuna richiesta di condono edilizio. Ne conseguirebbe, dunque, ove si ritenesse accoglibile la richiesta del P.G. (secondo cui tutta la giurisprudenza, pacifica, evocata dal ricorrente P.G. per cui la volumetria eccedente i limiti previsti dall'art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 o quella realizzata dopo il termine del 31 dicembre 1993, non è suscettibile di riduzione mediante demolizione eseguita successivamente allo spirare di detto termine, ai fini di rendere possibile il condono delle sole opere realizzate nel termine e nei limiti volumetrici previsti dalla norma, integrando la stessa demolizione un intervento volto ad eludere la disciplina di legge), dovrebbe ritenersi fuori contesto.
In sostanza, il limite della volumetria abusiva di 750 mc. e quello della data di ultimazione dell'opera abusiva, come si evince dalla lettera dell'art. 39 L. 724/94, costituiscono presupposti la cui assenza non consente di ritenere applica bile, alla radice, la normativa del condono. Ma, nel caso di specie, non vi sarebbe per il PG ragione per ritenere che non fossero presenti entrambi i presupposti; pertanto, la realizzazione delle opere in epoca successiva alla richiesta di condono non escluderebbe la possibilità in astratto di concedere il condono ma, semmai, costituirebbe solo un elemento che l'amministrazione comunale sarebbe chiamata a valutare nel merito per esitare positivamente la richiesta del proprietario.
2.2. La tesi, pur suggestiva, non convince.
Ed invero, dagli atti valutabili da questa Corte emerge indubbiamente che gli interventi oggetto di condono sono stati successivamente e ripetutamente modificati. Orbene, tale circostanza, secondo la pacifica giurisprudenza di legittimità, costituisce una prosecuzione dei lavori che, diversamente da quanto opera il giudice dell'esecuzione, impone una loro valutazione unitaria. Da un lato, infatti, è costante l'affermazione che in materia di condono edilizio disciplinato dalla legge 24 novembre 1994 n. 724, ai fini della individuazione dei limiti stabiliti per la con cedibilità della sanatoria ogni edificio va inteso quale complesso unitario che faccia capo ad unico soggetto legittimato alla proposizione della domanda di condono, (tra le tante: Sez. 3, n. 20161 del 19/04/2005 - dep. 30/05/2005, Rv. 231643, la quale ha specificato pertanto che, conseguentemente, le eventuali singole istanze presentate in relazione alle singole unità che compongono tale edificio devono riferirsi ad una unica concessione in sanatoria, onde evitare la elusione del limite di 750 mc. attraverso la considerazione delle singole parti in luogo dell'intero complesso). Dall'altro, e soprattutto, altrettanto pacifico in giurisprudenza è che qual siasi intervento edilizio che acceda ad un manufatto principale abusivo, che non sia stato sanato ne' condonato (come nel caso di specie, nella situazione originaria), non è suscettibile di sanatoria o condono in quanto lo stesso ripete le sue caratteristiche dall'opera principale a cui è intimamente connesso, risultando anch'esso in contrasto con l'assetto urbanistico del territorio (si v., tra le tante: Sez. 3, n. 13997 del 22/02/2001 - dep. 06/04/2001, Rv. 218683 - 01; Sez. 3, n. 21490 del 19/04/2006 - dep. 21/06/2006, Rv. 234472; Sez. 3, n. 1810 del 02/12/2008 - dep. 19/01/2009, Rv. 242269; Sez. 3, n. 26367 del 25/03/2014 - dep. 18/06/2014, Rv. 259665; Sez. 3, n. 51427 del 16/10/2014 - dep. 11/12/2014, Rv. 261330; Sez. 3, n. 30168 del 24/05/2017 - dep. 15/06/2017, Rv. 270252; Sez. 3, n. 41105 del 12/07/2018 - dep. 24/09/2018, Rv. 274063).
3. Tanto premesso, il sindacato esercitato dal giudice dell'esecuzione circa la legittimità del condono rilasciato, si espone alle censure sollevate.
Invero, il G.E., ai fini della revoca dell'ordine di demolizione di un immobile oggetto di condono edilizio, deve verificare la legittimità del sopravvenuto atto concessorio, sotto il profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione, dovendo in particolare verificare la disciplina normativa applicabile, la legittimazione di colui che abbia ottenuto il titolo in sanatoria, la tempestività della domanda, il rispetto dei requisiti strutturali e temporali per la sanabilità dell'opera e, ove l'immobile edificato ricada in zona vincolata, il tipo di vincolo esistente nonché la sussistenza dei requisiti volumetrici o di destinazione assentibili (Sez. 3, n. 37470 del 22/05/2019, Rv. 277668 - 01), dando atto specificamente degli esiti di ciascuno di tali approfondimenti e dei relativi motivi.
E' noto infatti, quale principio operante anche in tema di condono, che l'esecutività del provvedimento giudiziale applicativo della sanzione amministrativa della demolizione, adottato ex art. 7, ultimo comma, legge 28 febbraio 1985 n. 47 (attualmente 31 DPR 380/01), e la vincolatività del relativo comando per il soggetto destinatario vengono meno, una volta definita la procedura di sanatoria, sempre che il giudice riscontri la regolarità dell'atto amministrativo sotto il profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge (cfr. Sez. 3, n. 11051 del 30/01/2003, Rv. 224346 - 01; Sez. 3, n. 3196 del 27/11/1998 - dep. 01/03/1999, Rv. 213010- 01).
Doveri a cui la Quarta Sezione della corte d'appello di Napoli si è sottratta come è possibile evincere dal provvedimento impugnato laddove, pur riportandosi pedissequamente l'attività svolta dallo stesso giudice, emerge tuttavia la evidente mancata conformazione ai principi giurisprudenziali espressi.
Dalla dettagliata ricostruzione storica emerge, da un lato, la complessità del procedimento amministrativo che ha portato all'adozione della sanatoria a causa del coinvolgimento di diversi enti interessati, trattandosi di zona sottoposta a vincoli ambientali, e dall'altro la non adeguata valutazione svolta dallo stesso G. E., riconducibile in particolar modo all'audizione e all'autorizzazione per l'accesso ai luoghi su cui insistono le opere abusive dell'Arch. B., non rilevando peraltro la circostanza costituita dal coinvolgimento dell'Avv. C. da parte del Comune per un parere sulla possibilità di formazione del silenzio-assenso in ordine al parere richiesto alla Soprintendenza.
Né può ritenersi che la situazione derivatane sia solo frutto di una "cattiva comunicazione" tra enti: è ben vero che apparentemente è intervenuto un esito favorevole, corroborato da tutti i presupposti necessari, ovvero la corrispondenza delle opere con quelle oggetto dell'originaria istanza di condono, ma pur sempre la stessa è successiva alla demolizione delle opere posteriori al 1994 (autodemolizione che gli interessati avrebbero inteso effettuare, ma che, secondo la documentazione che il PG afferma di aver prodotto, risulterebbe peraltro solo fittiziamente effettuata), pratica che sarebbe stata riconosciuta ammissibile dalla stessa Soprintendenza la quale avrebbe, in analoghe situazioni, riconosciuto la condonabilità di manufatti a seguito della demolizione di opere successive. Ciò contrasta però con la giurisprudenza di legittimità secondo cui, in tema di condono edilizio, la volumetria eccedente i limiti previsti dall'art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, ai fini della condonabilità delle opere abusive ultimate entro il 31 dicembre 1993 non è suscettibile di riduzione mediante demolizione eseguita successivamente allo spirare di detto termine, integrando la stessa un intervento, oltre che di per sé abusivo, volto ad eludere la disciplina di legge (Sez. 3, n. 43933 del 14/10/2021 - dep. 29/11/2021, Rv. 282163 - 01).
4. Da ultimo, ad ulteriore sostegno della correttezza della impostazione del PG ricorrente, si rileva come un ulteriore profilo di illegittimità del provvedimento impugnato è rilevabile per aver il G.E. disposto la revoca dell'ordine demolitorio, nonostante dagli atti emergesse che l'area era sottoposta ai vincoli SIC, ZPS e IBA che, per legge, richiedevano una VincA favorevole per ottenere il condono.
Orbene, per ciò che concerne l'assenza della VIncA, come riconosciuto dalla stessa difesa, i ricorrenti ne hanno appreso la necessità dal ricorso della Procura, dando formalmente incarico ad agronomo di loro fiducia di predisporre la richiesta. Emerge dalla documentazione prodotta successivamente dalla difesa che lo stesso Comune di A., resosi conto della propria inadempienza, avrebbe richiesto alla Regione Campania la delega all'esame delle richieste di VIncA. E, a sua volta, risulta che la Regione, con decreto dirigenziale n. 137 del 19 luglio 2022 - comunicato in pari data - ha rilasciato delega al Comune di A. per tali valutazioni. Infine, dall'integrazione della memoria depositata da ultimo dalla difesa, si è por tato a conoscenza di questa Corte che, in data 16 agosto 2022, il Responsabile dell'Ufficio per la valutazione di incidenza ambientale di A. ha rilasciato agli eredi del L. il Provvedimento di incidenza ambientale Appropriata esprimendo il proprio "sentito". Inoltre, risulta che, al fine di dirimere le questioni con cernenti la validità del permesso di costruire, i signori V. e L. hanno richiesto al Comune la conferma dello stesso alla luce dei nuovi pareri acquisiti, richiesta positivamente accolta, esclusa l'esistenza di qualsivoglia ragione ostativa.
5. E' tuttavia, indubbio, che la revoca dell'ordine demolitorio venne disposta dal G.E. senza tener conto che il condono fosse stato rilasciato illegittimamente, in assenza di una condizione fondamentale, ossia il rilascio di una VincA favore
E' ben vero che successivamente alla decisione del G.E. è stato prodotto un compendio documentale direttamente a questa Corte di legittimità. Trattandosi, tuttavia, di documentazione sopraggiunta alla decisione del G.E., unico competente a pronunciarsi sul merito della rilevanza di tale documentazione sulla questione sottoposta alla sua decisione, s'impone, anche per tale ragione, l'annullamento dell'ordinanza con rinvio al giudice dell'esecuzione non potendo provvedervi direttamente questa Corte.
Trova, infatti, applicazione il consolidato principio secondo cui nel giudizio di legittimità possono essere prodotti esclusivamente i documenti che l'interessato non sia stato in grado di esibire nei precedenti gradi di giudizio, sempre che essi non costituiscano "prova nuova" e non comportino un'attività di apprezzamento circa la loro validità formale e la loro efficacia nel contesto delle prove già raccolte e valutate dai giudici di merito (tra le tante: Sez. 2, n. 42052 del 19/06/2019 - dep. 14/10/2019, Rv. 277609 - 01).
P.Q.M.
Annulla la ordinanza impugnata, con rinvio alla Corte di appello di Napoli.