Lo ha ribadito la Cassazione con l'ordinanza in commento.
Nello specifico, la Corte territoriale riteneva il gravame tardivo in quanto proposto con ricorso depositato oltre il termine...
Svolgimento del processo
1. la Corte d’appello di Salerno ha dichiarato inammissibile il gravame proposto dal C.F.I. avverso la sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore, che aveva respinto la domanda intesa ad ottenere dalla dipendente Q.P. la restituzione della indennità tecnico professionale, asseritamente indebitamente corrisposta;
2. per quanto qui rileva, la Corte territoriale ha ritenuto l’appello tardivo in quanto proposto con ricorso depositato in data 29 ottobre 2018, oltre il termine semestrale previsto dall’art. 427 cod. proc. civ. (applicabile nella specie per essere il giudizio di primo grado introdotto successivamente al 4 luglio 2009), con decorrenza dalla pubblicazione della sentenza, avvenuta tramite deposito cartaceo in cancelleria con contestuale inserimento telematico nel SICID (art. 133, comma 1, cod. proc. civ.) in data 26 aprile 2018, in difetto di sospensione del termine per il periodo feriale, trattandosi di controversia soggetta al rito del lavoro, ai sensi dell’art. 3 della legge n. 742 del 1969;
3. avverso tale pronuncia il C.F.I. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad unico motivo;
4. l’intimata non ha svolto attività difensiva;
5. è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Motivi della decisione
1. con l’unico motivo parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 16 bis del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, dell’art. 15 del d.m. giustizia 21 febbraio 2011 n. 44 e dell’art. 133 cod. proc civ, con conseguente falsa applicazione dell’art. 327 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere la Corte di appello erroneamente dichiarato inammissibile l’appello per tardività, atteso che, con la nuova disciplina sul processo telematico, la pubblicazione della sentenza avviene con il deposito e l’inserimento della stessa nel fascicolo telematico, così rendendosi conoscibile la sentenza all’esterno, mentre il deposito del provvedimento in cancelleria da parte del giudice assume il valore di trasmissione della minuta al cancelliere, ai sensi dell’art. 119 disp. att. cod. proc. civ. A nulla rileverebbe, pertanto, che nella specie il cancelliere abbia apposto in calce alla sentenza l’attestazione di deposito con la relativa data di consegna da parte del giudice, né potrebbe valorizzarsi la data attribuita sulla stampigliatura redatta dal cancelliere all’atto della pubblicazione della sentenza, ove questa sia diversa da quella di effettiva pubblicazione, quale risultante dal SICID e dal fascicolo informatico processuale. Nella specie, la sentenza non era costituita da un originale telematico bensì dalla fotoriproduzione mediante scansione di un documento cartaceo originariamente redatto dal giudice, in calce al quale si legge il timbro di deposito apposto dalla cancelleria in data 26 aprile 2018, mentre la sentenza risultava inserita nel fascicolo informatico solo in data 4 luglio 2018, e solo da quella data poteva pertanto essere conoscibile all’esterno;
2. il ricorso è inammissibile, nella misura in cui prospetta un errore revocatorio, per essere la Corte d’appello incorsa in errore di fatto nell’affermare che la sentenza sarebbe stata inserita telematicamente nel SICID in data 26 aprile 2018, come si legge a pag. 9 del ricorso, sub § 8, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, da cui non vi sono motivi per discostarsi (fra molte, Cass. Sez. 3, 27/04/2010, n. 10066, secondo cui «Qualora una parte assuma che la sentenza di secondo grado, impugnata con ricorso ordinario per cassazione, è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti del giudizio di merito, il ricorso è inammissibile, essendo denunziato - al di là della qualificazione come "violazione di legge" - un tipico vizio revocatorio, che può essere fatto valere, sussistendone i presupposti, solo con lo specifico strumento della revocazione, disciplinato dall'art. 3Da9ta5pucbbolicda.zione 06/10/2022 proc. civ.»; in senso conforme, più di recente, Cass. Sez. 6-L, 20/04/2015, n. 7941);
3. il ricorso è comunque infondato, in quanto la sentenza impugnata ha correttamente individuato il dies a quo del termine di decorrenza del termine per impugnare (pacificamente semestrale) nella data del 26 aprile 2018, data dell’udienza. Nel ricorso, infatti, si prospetta l’impugnazione di una sentenza emessa ex art. 429, comma 1, cod. proc. civ. (v. p. 5 del ricorso), sicché risulta applicabile il principio espresso da questa Corte – a cui va data continuità – secondo il quale:
«In materia di controversie soggette al rito del lavoro, l’art. 429, comma 1, c.p.c., come modificato dall’art. 53, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008, conv., con modif., dalla l. n. 133 del 2008 - applicabile “ratione temporis” - prevede che il giudice all’udienza di discussione decida la causa e proceda alla lettura del dispositivo e delle ragioni in fatto e diritto della decisione, sicché, in analogia con lo schema dell’art. 281 sexies c.p.c., il termine “lungo” per proporre l’impugnazione, ex art. 327 c.p.c., decorre dalla data della pronuncia, che equivale, unitamente alla sottoscrizione del relativo verbale da parte del giudice, alla pubblicazione prescritta nei casi ordinari dall’art. 133 c.p.c., con esonero, quindi, della cancelleria dalla comunicazione della sentenza; viceversa, nella residuale ipotesi di particolare complessità della controversia, in cui il giudice fissi un termine non superiore a sessanta giorni per il deposito della sentenza, ai sensi dell’art. 430 c.p.c., il termine decorrerà dalla comunicazione alle parti dell’avvenuto deposito da parte del cancelliere.» (Cass. Sez. L, 30/05/2017, n. 13617; in senso conforme, Cass. Sez. 6-L, 11/02/2021, n. 3394). Nella specie non risulta prospettata la fissazione di alcun termine per il deposito della sentenza, sicché non può che farsi applicazione della regola generale, secondo cui il termine ex art. 327 cod. proc.civ. per l’impugnazione decorre dalla pronuncia in udienza (e quindi dal 26 aprile 2018), mentre risulta irrilevante la data di inserimento nel registro informatizzato e, più ancora, di eventuale comunicazione a cura della cancelleria;
4. in ultima analisi, vale qui anche la pena di evidenziare che, trattandosi pacificamente di provvedimento redatto in formato cartaceo, successivamente digitalizzato ed inserito in copia informatica nel fascicolo telematico del processo, ai sensi dell’art. 15 del d.m. n. 44 del 2011 ai soli fini della corretta tenuta del fascicolo digitale, il termine lungo per l’impugnazione ex art. 327 cod. proc. civ. decorre dalla data del deposito dell’atto in cancelleria, come attestata dal cancelliere, alcuna rilevanza assumendo, al contrario, la diversa data di recepimento del provvedimento nel sistema informatico, siccome relativa ai soli provvedimenti redatti in formato digitale (in senso analogo, già Cass. Sez. 2, 21/10/2021, n. 29319). Nella specie, è pacifico, poiché affermato dalla stessa parte ricorrente (pag. 10 ricorso), che il cancelliere abbia apposto il timbro per il deposito in data 26 aprile 2018, sicché è da tale data che decorre il termine per l’impugnazione, in applicazione del principio sopra richiamato;
5. alla soccombenza non consegue la condanna alle spese, in difetto di attività difensiva dell’intimata;
6. occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.