Per la Cassazione, la condotta del reo deve coinvolgere anche la dimensione corporea della persona offesa.
La Corte d'Appello di Catanzaro confermava la sentenza con cui il Tribunale aveva condannato l'attuale ricorrente per violenza sessuale e maltrattamenti in danno della moglie.
In sede di legittimità il ricorrente lamenta, tra i motivi di doglianza, la configurabilità del delitto di violenza sessuale, «posto che il masturbarsi davanti a una donna può...
Svolgimento del processo
1. Con sentenza dell'8 marzo 2021, la Corte di appello di Catanzaro confermava la sentenza del 7 novembre 2019, con cui il Tribunale di Castrovillari aveva condannato F.F. alla pena di anni 3 e mesi 8 di reclusione, in quanto ritenuto colpevole dei reati, unificati dal vincolo della continuazione, di cui agli art. 609 bis cod. pen. (capo A) e 572 cod. pen. (capo B); tali reati erano stati contestati all'imputato per aver maltrattato la moglie S.r., offendendola, minacciandola, aggredendola con schiaffi, impedendole di mangiare gli alimenti da lui acquistati, di sedersi a tavola con la famiglia e di utilizzare l'unica auto familiare, e per aver inoltre costretto la consorte a subire atti sessuali, consistiti in una penetrazione, in palpeggiamenti nelle parti intime e nel compimento di gesti di autoerotismo, uno dei quali terminato addosso alla donna; fatti commessi in (omissis) tra (omissis) e il (omissis). Veniva altresì confermata dalla Corte territoriale la statuizione con cui il Tribunale aveva condannato l'imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile, da liquidare in separata sede.
2. Avverso la sentenza della Corte di appello calabrese, F., tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando un unico e articolato motivo, con il quale la difesa contesta la conferma da parte della Corte di appello del giudizio di colpevolezza dell'imputato operato dal Tribunale, rilevando che i giudici di secondo grado si sarebbero limitati a ripercorrere le affermazioni della prima sentenza, senza confrontarsi con i rilievi difensivi, con i quali era stata censurata la valutazione di attendibilità della persona offesa.
Si evidenzia, in particolare, che, per quanto concerne i maltrattamenti e il divieto di mangiare, dall'istruttoria era emerso che alla denunciante il marito non aveva vietato nulla, avendo semplicemente ritenuto opportuno, data la situazione di conflittualità tra i coniugi, pranzare e cenare come se niente fosse accaduto.
È piuttosto strano che la moglie vessata, presunta vittima di molestie sessuali, stigmatizzi la circostanza di non mangiare a casa con il marito, da cui avrebbe invece dovuto stare il più possibile lontana durante la convivenza forzata. Sarebbe invece significativo che i CC di (omissis), in occasione dell'intervento presso la abitazione familiare del 13 agosto 2017, abbiano trovato i coniugi intenti a discutere ad alta voce, senza che la moglie di F. avesse segni di violenza. Quanto alle condotte di violenza sessuale, si osserva che, rispetto ai filmati registrati dalla persona offesa e riproducenti i gesti di autoerotismo compiuti dal ricorrente, non vi sarebbe spazio per la configurabilità del delitto di violenza sessuale, posto che masturbarsi davanti a una donna può integrare al più una ingiuria, che ora è solo un illecito civile, mentre costringerla a vedere la scena può integrare il delitto di violenza privata o quello di atti osceni.
Peraltro, la decisione della persona offesa di riprendere il marito prima con il cellulare e poi con una penna dotata di videocamera e microfono stride sul piano logico con la tesi di una donna asseritamente soggiogata dal marito.
Dalle prove acquisite è piuttosto emerso che la denunciante, già prima della separazione dall'imputato, aveva un compagno, mentre il marito era sempre presente con le figlie, per le quali si occupava delle faccende domestiche.
La valutazione della attendibilità della persona offesa risulterebbe quindi erronea, avendo i giudici di merito ignorato le plurime contraddizioni del suo narrato.
2.1. In data 25 marzo 2022 la difesa ha fatto pervenire una memoria con cui, rispetto alla qualificazione giuridica degli atti di autoerotismo, ha richiamato l'orientamento di questa Corte (Sez. 3, n. 33045 del 29/10/2020), secondo cui ai fini dell'integrazione del reato di cui all'art. 609 bis cod. pen., la nozione di «atti sessuali» implica necessariamente il coinvolgimento della corporeità sessuale del soggetto passivo, dovendo questi essere costretto a «compiere» o a «subire» tali atti, rispetto ai quali devono ritenersi estranei gli atti di esibizionismo, di autoerotismo in presenza di terzi costretti ad assistervi, o di "voyeurismo" che, pur essendo manifestazione di istinto sessuale, non coinvolgono la corporeità sessuale del soggetto passivo, nemmeno in termini di tentativo.
Escluse tale condotte, residuerebbero dunque solo elementi generici a carico di F., nei cui confronti si sollecita una pronuncia liberatoria rispetto a un reato infamante, che andrebbe a stravolgere la vita di un soggetto incensurato, che ha costituito un nuovo nucleo familiare, stabilendosi in provincia di Siena, dove, come da documentazione allegata, svolge stabile attività lavorativa quale dipendente di una ditta edile, avendo conservato ottimi rapporti con le due figlie che vivono con la madre, la quale a sua volta convive con un altro uomo.
Motivi della decisione
Sono fondate le censure sulla qualificazione giuridica di una delle condotte contestate al capo A, ovvero quella compiuta il (omissis), nei termini e con gli effetti di seguito esposti, mente il ricorso deve essere rigettato nel resto.
1. Iniziando dalle censure in punto di responsabilità, occorre evidenziare la formulazione del giudizio di colpevolezza dell'imputato rispetto ai due reati a lui ascritti non presenta profili di criticità rilevabili in questa sede.
La valutazione di attendibilità della persona offesa è stata invero compiuta in maniera adeguata in entrambe le sentenze di merito, in cui sono state valorizzate le dichiarazioni rese dalla persona offesa S.R., la quale ha descritto l'evoluzione negativa del suo rapporto sentimentale con il marito F.F., con cui la donna ha contratto matrimonio il (omissis).
La denunciante ha riferito che, sin dalle prime fasi della vita matrimoniale, scandita dalla nascita di due figlie, l'imputato ha assunto un atteggiamento sprezzante nei suoi confronti, escludendola dalle scelte familiari più importanti.
Dopo anni di alti e bassi, la situazione diveniva insostenibile a partire dal (omissis), epoca a partire dalla quale F. assumeva atteggiamenti di vera e propria sopraffazione, che si manifestavano, oltre che con frequenti e volgari insulti, anche e soprattutto con reiterate vessazioni non solo morali, ma anche fisiche.
In alcune occasioni, infatti, il marito la picchiava e spesso la rimproverava di non contribuire sufficientemente all'economia della famiglia, svolgendo ella lavori saltuari come dimostratrice di cosmetici e come cantante a matrimoni e battesimi, venendo accusata di andare con altri uomini se tornava tardi.
Ha poi riferito la persona offesa che il marito a un certo punto le ha vietato di usare l'autovettura o addirittura di aprire il frigorifero, dicendo che tutto ciò che era in casa era di sua proprietà e che lei non aveva diritto di prendere nulla.
A partire dal gennaio 2017, esasperata dalle umiliazioni subite, la R. comunicava all'imputato di non voler avere più rapporti intimi con lui, ma (F. non esitava a estendere le sue prevaricazioni anche alla sfera sessuale:
in particolare, una sera del mese di giugno del (omissis), mentre ella si trovava in bagno intenta a caricare la lavatrice, veniva raggiunta dall'imputato, il quale da dietro iniziava a toccarle insistentemente le parti intime, e, nonostante che la moglie lo invitasse a smetterla, la spingeva contro la finestra e, dopo averle abbassato i pantacollant, riusciva con la forza a penetrarla, restando dietro di lei. Nel mese di agosto seguirono altri due episodi: in uno di questi, F. mentre si stava masturbando, si avvicinava alla moglie cercando con insistenza di allargarle le gambe, provocandole per effetto di ciò un ematoma, ma senza riuscire a penetrarla, perché la Russo nel frattempo opponeva resistenza, terminando l'imputato la condotta eiaculando sulla gamba dell'a donna.
Alcuni giorni dopo il ricorrente, mentre la consorte stava pulendo casa con l'aspirapolvere, la raggiungeva in salotto senza slip mentre guardava un filmato sullo smartphone masturbandosi e chiedendo alla moglie se volesse "partecipare"; al rifiuto di costei, che si allontanava verso il balcone sperando con ciò di far desistere il marito, questi proseguiva il suo gesto di autoerotismo, che concludeva eiaculando sul pavimento; in un'altra occasione, poi, F., mentre si masturbava davanti alla Russo, riusciva a toccarle il fondoschiena.
Peraltro, in talune circostanze, la donn filmava i comportamenti del marito, una volta con il telefonino e un'altra volta con una penna acquistata su internet,
mentre l'imputato, accortosi di ciò, la prendeva in giro senza scomporsi.
Non riuscendo più a tollerare questa situazione, divenuta ancor più pesante tra il (omissis) e il (omissis), la persona offesa decideva quindi di sporgere querela a carico del marito, dando avvio al procedimento penale a suo carico.
1.1. Orbene, la narrazione di S.R. è stata ragionevolmente ritenuta credibile dai giudici di merito, i quali hanno rimarcato la linearità e la precisione del racconto della donna, che ha trovato un significativo riscontro nei filmati da lei registrati, che riprendono i gesti di autoerotismo che l'imputato, in un contesto di totale assenza di complicità, compiva sfrontatamente al cospetto della moglie, senza preoccuparsi peraltro di essere immortalato dalla consorte.
A ciò è stato aggiunto, in modo pertinente, che le dichiarazioni della denunciante hanno trovato ulteriore conferma nella fotografia operata dai CC del livido sulla coscia mostrato dalla donna ai Carabinieri, ematoma perfettamente coerente con la descrizione della violenza subita in occasione del tentativo del marito di aprirle le gambe, non essendo dirimente la circostanza che la donna non abbia fatto ricorso alle cure mediche, posto che il motivo per cui la Russo si era rivolta ai Carabinieri e non al Pronto Soccorso era quello di approfondire non tanto le conseguenze, quanto piuttosto l'origine di quella lesione personale.
La ricostruzione della persona offesa è risultata in ogni caso priva di acrimonia nei confronti dell'imputato, al quale la denunciante non ha mancato di riconoscere il ruolo positivo avuto, soprattutto nel rapporto con le figlie.
Una di costoro ha poi dichiarato di aver sentito, sia pure una sola volta, il padre chiamare la madre con l'epiteto con cui costei ha riferito di venire apostrofata ("puttana"), per cui, in modo non illogico, la dichiarazione della figlia è stata ritenuta idonea a confermare più che a smentire il racconto della madre, tanto più ove si consideri che le vessazioni non sempre avvenivano davanti alle figlie. Nel confrontarsi con le obiezioni difensive, i giudici di merito hanno poi rimarcato come i messaggi whatsapp riportati dalla difesa, consistenti invero in conversazioni spezzettate, fossero idonei a provare il clima di conflittualità tra i coniugi, mentre il tema della veridicità o meno delle accuse rivolte dal marito alla moglie di avere un altro uomo è stato correttamente ritenuto non rilevante, non potendo tale circostanza, ove p1,1re fosse vera, avere alcuna efficacia scriminante.
1.2. In definitiva, in quanto sorretta da argomentazioni razionali e coerenti con le fonti dimostrative acquisite, la valutazione sulla credibilità della persona offesa resiste alle censure difensive, con cui si sollecita una diversa lettura del materiale probatorio, operazione non consentita in sede di legittimità, dovendosi richiamare in proposito la costante affermazione della giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601), secondo cui, in tema di giudizio di cassazione, a fronte di un apparato argomentativo privo di profili di irrazionalità, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito.
Di qui l'infondatezza delle doglianze in punto di responsabilità.
2. Quanto alla qualificazione delle condotte, occorre rilevare che, mentre appare immune da censure l'attribuzione all'imputato del reato di maltrattamenti in famiglia di cui al capo B, stante la continuità delle sopraffazioni morali e anche fisiche subite dalla Russo nell'ambito della relazione matrimoniale, almeno a partire dal 2016, qualche precisazione si impone invece rispetto alla configurabilità del delitto di violenza sessuale ascritto all'imputato al capo A.
Al riguardo, occorre premettere che nell'imputazione sono descritti 4 episodi: il primo ((omissis)) riguarda la vicenda della penetrazione in bagno; il secondo (1(omissis)) concerne la circostanza in cui F. cercò con forza di aprire le gambe della moglie, masturbarsi ed eiaculando sul suo corpo; il terzo ((omissis)) è relativo alla masturbazione conclusa.si con l'eiaculazione sul pavimento, mentre il quarto ((omissis)) attiene alla masturbazione in occasione della quale l'imputato toccò il fondoschiena della moglie.
Orbene, ribadito che tali fatti hanno trovato pieno riscontro nell'istruttoria dibattimentale (a parte talune marginali e comunque non determinanti discrasie nella collocazione temporale delle condotte), il contestato reato di cui all'art. 609 bis cod. pen. risulta configurabile per il primo, il secondo e il quarto episodio, mentre per il terzo episodio la fattispecie de qua non appare ravvisabile.
Per il primo episodio, conclusosi con una penetrazione da dietro, appare superfluo interrogarsi sull'integrazione del reato, mentre qualche chiarimento in più è necessario rispetto al compimento delle tre condotte di autoerotismo.
Sul punto, occorre premettere che, secondo il costante orientamento di questa Corte (cfr. ex multis Sez. 3, n. 51582 del 02/03/2017, Rv. 272362, Sez. 3, n. 24683 del 17/02/2015, Rv. 263881), in tema di atti sessuali, la condotta vietata dall'art. 609 bis cod. pen. è quella finalizzata a soddisfare la concupiscenza dell'aggressore o a volontariamente invadere e compromettere la libertà sessuale della vittima, con la conseguenza che il giudice, al fine di valutare la sussistenza dell'elemento oggettivo del reato, non deve fare riferimento unicamente alle parti anatomiche aggredite, ma deve tenere conto dell'intero contesto in cui il contatto si è realizzato e della dinamica intersoggettiva; in definitiva, l'antigiuridicità della condotta resta connotata da un requisito soggettivo (la finalizzazione all'insorgenza o all'appagamento di uno stato interiore psichico di desiderio sessuale) che si innesta sul requisito oggettivo della concreta e normale idoneità del comportamento a compromettere la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo nella sua sfera sessuale e a eccitare o a sfogare l'istinto sessuale del soggetto attivo; ne consegue che la condotta vietata dall'art. 609 bis cod. pen. ricomprende dunque, se connotata da costrizione (violenza, minaccia o abuso di autorità), sostituzione ingannevole di persona ovvero abuso di condizioni di inferiorità fisica o psichica, oltre a ogni forma di congiunzione carnale, qualsiasi atto che, anche se non esplicato attraverso il contatto diretto con le zone erogene della vittima, sia finalizzato ed idoneo a porre in pericolo il bene primario della libertà del soggetto passivo attraverso l'eccitazione o il soddisfacimento dell'istinto sessuale dell'agente.
Per quanto riguarda in particolare l'oggetto materiale della condotta, è stato di recente ribadito (cfr. Sez. 3, n. 33045 del 29/10/2020, Rv. 280044) che, ai fini dell'integrazione del reato di cui all'art. 609 bis cod. pen., la nozione di «atti sessuali» implica necessariamente il coinvolgimento della corporeità sessuale del soggetto passivo, dovendo questi essere costretto a «compiere» o a «subire» tali atti, rispetto ai quali devono ritenersi estranei gli atti di esibizionismo, di autoerotismo in presenza di terzi costretti ad assistervi, o di "voyeurismo" che, pur essendo manifestazione di istinto sessuale, non coinvolgono la corporeità sessuale del soggetto passivo, nemmeno in termini di tentativo.
2.1. Alla stregua di tali premesse ermeneutiche, il reato di violenza sessuale, rispetto ai tre episodi di autoerotismo compiuti da F. alla cospetto della Russo (la quale in tutti e tre i casi aveva manifestato il dissenso rispetto agli approcci sessuali del marito) può essere ritenuto configurabile solo rispetto ai due casi in cui la condotta dell'imputato ha finito per coinvolgere anche la dimensione corporea della persona offesa: ciò è avvenuto nell'episodio del (omissis), quando il ricorrente ha concluso la masturbazione eiaculando sulla gamba della moglie, e nell'episodio del (omissis), allorquando F., nel masturbarsi, ha toccato il fondoschiena della consorte. In questi due casi, appare pacifica la compromissione della sfera sessuale della vittima, avendo avuto la condotta illecita evidenti ripercussioni sul suo corpo.
A conclusioni diverse deve invece pervenirsi in ordine all'episodio del (omissis): in tal caso, infatti, il marito della persona offesa ha sì compiuto il gesto di autoerotismo al cospetto della moglie, ma ha eiaculato sul pavimento, senza che la struttura corporea della donna sia stata direttamente coinvolta, per cui il fatto, pur se significativo, unitamente alle ulteriori vessazioni, nell'ottica della prova della condotta dei maltrattamenti in famiglia, deve essere ritenuto privo di rilievo penale ai fini della fattispecie di cui all'art. 609 bis cod. pen., dovendosi ribadire che la masturbazione compiuta al cospetto della persona offesa, in tanto può rientrare nello schema del delitto di violenza sessuale, in quanto si accompagni a comportamenti che finiscano con il coinvolgere la dimensione fisica della vittima, in ognuna delle fasi in cui si estrinsechi la condotta materiale del soggetto attivo. Diversamente, costringere la persona offesa ad assistere al compimento di atti di autoerotismo che non abbiano ripercussioni sulla sfera corporea della vittima potrebbe rilevare penalmente o ai fini della configurabilità del reato di corruzione di minorenni (art. 609 quinquies cod. pen.), nel caso di condotta posta in essere in danno di minore degli anni 14, qualora sia provata l'intenzione dell'autore del fatto di far assistere il minore alla masturbazione, oppure ai fini della sussistenza del reato di violenza privata (art. 610 cod. pen.), nella misura in cui la costrizione ad assistere al gesto avvenga tramite violenza o minaccia, elementi questi che nella vicenda in esame non risultano adeguatamente comprovati, per cui alcuna differente qualificazione giuridica del fatto appare prospettabile.
3. In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio limitatamente al reato di cui al capo A, in ordine al solo episodio del (omissis), perché il fatto non sussiste.
Di conseguenza va eliminata la relativa frazione di pena che, avuto riguardo al computo della pena operato dai giudici di merito, va quantificata in 10 giorni di reclusione, posto che l'aumento di pena a titolo di continuazione interna al capo A è stato calcolato in un mese, per cui, essendo venuto meno uno dei tre episodi aggiuntivi rispetto a quello considerato come violazione più grave, la diminuzione scaturente dall'eliminazione di uno dei tre episodi va calcolata in 10 giorni.
Da ciò discende che la complessiva pena principale va rideterminata in anni tre, mesi sette e giorni venti di reclusione, cui si perviene, ripercorrendo i termini di computo dei giudici di merito, in questo modo: anni 5 di reclusione pena base per il più grave delitto di violenza sessuale di cui al capo A, ridotta per il riconoscimento delle attenuanti generiche ad anni 3 e mesi 4, aumentata per la continuazione interna ad anni 3, mesi 4 e giorni 20 (non più ad anni 3 e mesi 5), con l'ulteriore aumento di mesi 3 per la continuazione esterna con il capo B.
Il ricorso deve essere invece disatteso nel resto.
Non si dà luogo alla liquidazione delle spese in favore della parte civile, stante la tardività delle relative conclusioni, presentate solo il 13 aprile 2022, il giorno di celebrazione dell'udienza in sede di legittimità, tenuta (in assenza di richieste di trattazione orale) in forma cartolare, ai sensi dell'art. 23 comma 8 del decreto legge n. 137 del 2020, convertito dalla legge n. 176 del 2020.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo A, relativamente all'episodio del 18/08/2017, perché il fatto non sussiste ed elimina la relativa frazione di pena che quantifica in dieci giorni di reclusione, così rideterminando la complessiva pena principale in anni tre, mesi sette e giorni venti di reclusione. Rigetta il ricorso nel resto.