
Se il giudice dell'opposizione declina la propria competenza a conoscere della domanda di equa riparazione ovvero conferma la declinatoria eventualmente già pronunciata all'esito della fase monocratica, è onere della parte istante riassumere il giudizio dinanzi al giudice indicato come competente in sede collegiale.
La Corte d'Appello di Roma si dichiarava incompetente a conoscere la domanda proposta dall'attuale ricorrente volta al riconoscimento di un equo indennizzo per l'irragionevole durata del processo di equa riparazione, il quale si era protratto per oltre 7 anni. Il ricorrente proponeva opposizione contro tale decreto, opposizione rigettata dalla Corte...
Svolgimento del processo
Con decreto del 10.1.2018 la Corte di Appello di Roma si dichiarava incompetente a conoscere la domanda, proposta dall’odierno ricorrente, di riconoscimento di un equo indennizzo per l’irragionevole durata di un giudizio di equa riparazione, introdotto innanzi la Corte di Appello di Roma nel gennaio 2009 e protrattosi per oltre sette anni, sino al provvedimento conclusivo del 31.5.2016.
Contro detto decreto l’odierno ricorrente proponeva opposizione, che la Corte di Appello di Roma rigettava con ordinanza del 21.11.2018.
Avverso il provvedimento di rigetto l’odierno ricorrente proponeva ricorso per regolamento di competenza, che veniva rigettato dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 30438 del 21.11.2019.
Con ricorso depositato il 19.2.2000 il giudizio veniva riassunto innanzi la Corte di Appello di Perugia, la quale, con il decreto oggi impugnato, dichiarava inammissibile la domanda.
Ricorre per la cassazione di detta decisione L.N., affidandosi ad un unico motivo.
Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia.
In prossimità dell’adunanza camerale, la parte ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
Con l’unico motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 5-ter della legge n. 89 del 2001, 38. 50 e 645 c.p.c., perché la Corte distrettuale avrebbe erroneamente dichiarato inammissibile la domanda di equo indennizzo sul presupposto che, dopo la pronuncia della Corte di Cassazione che aveva rigettato il ricorso per regolamento di competenza dai medesimi proposto, egli non avrebbe dovuto riassumere direttamente il giudizio in sede collegiale, bensì invocare l’emissione del decreto monocratico previsto dall’art. 3 della legge n. 89 del 2001.
La censura è fondata.
Il procedimento di equa riparazione previsto e disciplinato dalla legge n. 89 del 2001 si articola in due fasi, una necessaria, monocratica, ed una eventuale, e successiva, che si svolge dinanzi al collegio in conseguenza dell’opposizione eventualmente proposta da alcuna delle parti avverso il decreto conclusivo della prima fase. Si tratta di una struttura analoga a quella prevista dal codice di procedura civile per il decreto ingiuntivo; tanto l’opposizione avverso il decreto monocratico in materia di equa riparazione, che l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo, non costituiscono infatti fasi di reclamo rispetto ai provvedimenti opposti, ma introducono piuttosto giudizi a cognizione piena, nel cui ambito si realizza il contraddittorio tra le parti e la piena esplicazione delle loro facoltà difensive.
Ne consegue che la domanda, originariamente introdotta nelle forme dell’istanza rivolta al giudice monocratico, costituisce poi l’oggetto del successivo giudizio di opposizione, ove quest’ultima venga proposta. In proposito, è opportuno ribadire che “In materia di equa riparazione per irragionevole durata del processo, l'opposizione al collegio ex art. 5 ter della l. n. 89 del 2001 non è un mezzo d'impugnazione sulla legittimità del decreto monocratico, limitato dai motivi di censura, bensì è lo strumento processuale che attua il contraddittorio sulla fondatezza della domanda indennitaria, senza limitazione di temi” (Cass. Sez. 6 - 2, Sentenza n. 20463 del 12/10/2015, Rv. 636596). Il giudizio di equa riparazione, dunque, una volta che sia stata proposta l’opposizione avverso l'iniziale provvedimento monocratico, è quello a cognizione piena che si svolge, nel contraddittorio tra le parti, di fronte al collegio della Corte di Appello territorialmente competente.
A ciò consegue che la parte aveva soltanto l’onere di riassumere il giudizio, a seguito del rigetto del regolamento di competenza ad opera di questa Corte, dinanzi il collegio, e non anche quello di instare per l’emissione di un nuovo provvedimento monocratico.
Va inoltre considerato che a seguito dell’ordinanza n. 30434 del 21.11.2019, con la quale questa Corte ha rigettato il regolamento di competenza proposto dall’odierno ricorrente avverso il provvedimento della Corte di Appello di Roma del 31.7.2018, e del successivo deposito, da parte degli istanti, di ricorso in riassunzione ex art. 392 c.p.c., non è stato introdotto, innanzi alla Corte di Appello di Perugia, un nuovo giudizio, diverso e successivo rispetto a quello originariamente proposto innanzi alla Corte di Appello di Roma, bensì è stato coltivato l'unico giudizio pendente, incardinato inizialmente di fronte ad un giudice dichiaratosi incompetente, e proseguito successivamente dinanzi all’ufficio giudiziario effettivamente competente a conoscere la domanda di equo indennizzo. Ora, poichè il giudizio è unitario, una volta esperita la fase monocratica –pacificamente svoltasi dinanzi la Corte di Appello di Roma e conclusasi con decreto di incompetenza del 20.12.2017– ed introdotto, a seguito dell’opposizione proposta dall’odierno ricorrente, il giudizio a cognizione piena in contraddittorio, è evidente che non è necessario ripetere la fase monocratica, in quanto essa è stata ormai definitivamente superata dall’introduzione della successiva fase di opposizione.
La conferma, inoltre, dell’erroneità della tesi interpretativa seguita dalla Corte di merito si ricava implicitamente dal principio secondo cui “In materia di equa riparazione per irragionevole durata del processo, in caso di declinatoria di competenza da parte del giudice originariamente adito, è inammissibile il regolamento di competenza richiesto d'ufficio, ai sensi dell'art. 45 c.p.c., dal magistrato designato per la fase monitoria dal presidente della corte d'appello davanti alla quale la causa sia stata riassunta, trattandosi di prerogativa riservata al collegio, da investire con l'opposizione ex art. 5 ter; l'ingiunzione prevista dall'art. 3 della l. n. 89 del 2001, infatti, non ha i caratteri della definitività, atteso che contro di essa è proponibile l'opposizione al collegio, di cui all'art. 5 ter citato, che non è un mezzo d'impugnazione del decreto monocratico limitato dai motivi di censura, bensì un rimedio processuale ad ampio spettro, esperibile anche quando il giudice della fase monitoria abbia deciso una questione di mero rito” (Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 11856 del 18/06/2020, Rv. 658451).
Ciò conferma che il giudizio di equa riparazione che si svolge nel contraddittorio tra le parti è quello che si celebra dinanzi al collegio, a seguito dell’opposizione avverso l’iniziale provvedimento monocratico. Di conseguenza l’odierno ricorrente ha correttamente riassunto il giudizio, a seguito dell’ordinanza di questa Corte n. 30438 del 21.11.2019, mediante ricorso in riassunzione depositato il 19.2.2000 –e, dunque, tempestivamente– dinanzi la Corte di Appello di Perugia. Quest’ultima, dunque, avrebbe dovuto esaminare nel merito la domanda, e non limitarsi a dichiararla inammissibile per omesso esperimento della precedente fase monocratica, in effetti non più necessaria.
A quanto precede consegue l’accoglimento del ricorso, la cassazione della decisione impugnata ed il rinvio della causa alla Corte di Appello di Perugia, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Il giudice del rinvio avrà cura di conformarsi al seguente principio di diritto: “In materia di equa riparazione per irragionevole durata del processo, una volta esaurita la fase monocratica prevista dall’art. 3 della legge n. 89 del 2001, ed introdotto, a seguito di opposizione ex art. 5, il giudizio di opposizione, è quest’ultimo la sede processuale in cui viene delibata la domanda di equo indennizzo formulata dalla parte istante. Ne consegue che, ove il giudice dell’opposizione declini la propria competenza a conoscere di detta domanda, o confermi la declinatoria eventualmente già pronunciata all’esito della fase monocratica, è onere della parte istante riassumere il giudizio, nelle forme di rito, dinanzi al giudice indicato come competente, in sede collegiale, e dunque senza necessità di ripetere la fase monocratica, ormai esaurita, nè di formulare istanza per l’emissione di un nuovo decreto monocratico”.
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di Perugia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.