Svolgimento del processo
1. Il Pubblico Ministero del Tribunale di Salerno ha tratto a giudizio V. V., in quanto imputato del delitto di cui all'art. 341 bis cod. pen., aggravato ai sensi dell'art. 99, comma quarto, seconda ipotesi, cod. pen., commesso in Salerno 30 settembre 2012 offendendo l'onore e il decoro dell'Ispettore Capo della Polizia di Stato C. R. mentre compiva il servizio d'ordine in occasione dell'incontro di calcio (omissis) - (omissis), in luogo pubblico, quale il settore tribuna dello stadio (omissis), e in presenza di più persone.
2. Il Tribunale di Salerno, con sentenza emessa in data 13 novembre 2020, ha dichiarato l'imputato responsabile del reato al medesimo ascritto e lo ha condannato, concesse le attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, alla pena di sei mesi di reclusione oltre che al pagamento delle spese processuali.
3. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Salerno ha confermato la sentenza di primo grado, appellata dall'imputato, che ha condannato al pagamento delle spese processuali.
4. L'avvocato A. I., nell'interesse del V., ricorre avverso tale sentenza e ne chiede l'annullamento, deducendo cinque motivi e, segnatamente:
1) la violazione degli artt. 178 e ss. cod. proc. pen. e il vizio di motivazione sul punto, in quanto la Corte di appello non avrebbe disposto il rinvio dell'udienza dell'll marzo 2022 per legittimo impedimento, tempestivamente comunicato del difensore e dell'imputato affetti da Covid-19;
2) la violazione dell'art. 495, comma 4, cod. proc. pen. e il vizio di motivazione sul punto, in quanto la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto che la revoca dell'escussione del teste Paolo Cappotti, dichiarata dal Tribunale all'udienza del 13 novembre 2020, fosse stata legittima, in quanto la rinuncia del pubblico ministero al teste non sarebbe stata opposta dal difensore;
3) l'omessa valutazione delle prove e la valutazione probatoria delle dichiarazioni della persona offesa operata dalla Corte di appello;
Deduce, inoltre, il ricorrente che lo stadio non sarebbe un luogo aperto al pubblico, ma privato, in quanto l'accesso allo stesso postula l'acquisto del biglietto per la partita e, inoltre, la persona offesa avrebbe affermato che i fatti si sarebbero verificati quando tutti gli spettatori stavano assistendo alla partita e, dunque, non vi sarebbe stata la presenza di più persone.
Stante l'assenza del requisito della pubblicità del luogo, il reato di oltraggio a pubblico ufficiale non sussisterebbe, dunque, e il fatto dovrebbe essere qualificato quale ingiuria, reato depenalizzato con d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7;
4) la violazione di legge e il vizio di motivazione per effetto del mancato riconoscimento della causa di giustificazione ex art. 393 bis cod. pen., in quanto l'imputato avrebbe interpretato la condotta del R. come una condotta vessatoria;
5) la violazione di legge e il vizio di motivazione conseguente alla mancata applicazione dell'art. 131 bis cod. pen.
Il ricorrente ha, altresì, dedotto che il reato si sarebbe prescritto prima della pronuncia della sentenza della Corte di appello, in data 24 settembre 2013.
5. Il giudizio di cassazione si è svolto a trattazione scritta, secondo la disciplina delineata dall'art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, conv. dalla legge n. 176 del 2020, prorogata per effetto dell'art. 16, comma 1, del d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, convertito con modificazioni dalla legge n. 15 del 25 febbraio 2022.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 4 settembre luglio 2022, il Procuratore generale ha chiesto di dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.
Con conclusioni scritte depositate in data 8 settembre 2022, il difensore del ricorrente, avvocato A. I., ha chiesto l'accoglimento del ricorso e, dunque, l'annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione
1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto i motivi proposti sono diversi da quelli consentiti dalla legge e, comunque, manifestamente infondati.
2. Con il primo motivo il ricorrente censura la violazione degli artt. 178 e ss. cod. proc. pen. e il vizio di motivazione sul punto, in quanto la Corte di appello non avrebbe disposto il rinvio dell'udienza dell'11 marzo 2022 per legittimo impedimento, tempestivamente comunicato del difensore e dell'imputato, entrambi affetti da Covid-19.
3. Il motivo è, tuttavia, manifestamente infondato.
La richiesta di rinvio per legittimo impedimento addotto dal difensore e dall'imputato con istanza del 7 marzo 2022 nella specie non rileva, in quanto il giudizio di appello si è svolto nelle forme del procedimento a trattazione scritta, in quanto, ai sensi dell'art. 23 del D.L. n. 149/2020, non è stata formulata la richiesta di discussione orale.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, del resto, in tema di disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da Covid- 19, ove il giudizio di cassazione si svolga con contraddittorio cartolare per l'assenza di tempestiva richiesta di trattazione orale, non trova applicazione la previsione dell'art. 420-ter cod. proc. pen. in tema di legittimo impedimento a comparire del difensore dell'imputato o del difensore, non essendo prevista nel modello procedimentale del giudizio a trattazione scritta, la loro comparizione personale (ex plurimis: Sez. 3, n. 32864 del 15/07/2022, C., Rv. 283415 - 01; Sez. 6, n. 1167 del 30/11/2021 (dep. 13/01/2022), C., Rv. 282400 - 01).
4. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione dell'art. 495, comma 4, cod. proc. pen. e il vizio di motivazione sul punto, in quanto la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto che la revoca dell'escussione del teste Paolo Cappotti disposta dal Tribunale di Salerno all'udienza del 13 novembre 2020 fosse stata legittima, in quanto la rinuncia del pubblico ministero al teste non sarebbe stata opposta dal difensore.
5. Il motivo è aspecifico, in quanto si confronta solo parzialmente con la motivazione della sentenza impugnata sul punto e, segnatamente, solo con una delle plurime ragioni poste a fondamento del rigetto della doglianza formulata dalla difesa.
La Corte di appello, infatti, nel ritenere legittima l'ordinanza di revoca dell'assunzione della testimonianza di Paolo Cappotti, non solo ha rilevato che la rinuncia al teste operata dal Pubblico Ministero non era stata opposta dalla difesa, ma ha anche precisato che il Tribunale ha legittimamente escluso la necessità della audizione del teste e ha ritenuto la stessa superflua, in quanto il teste avrebbe dovuto riferire in ordine alle medesime circostanze di fatto riferite dalla persona offesa, nonché dal teste, già escusso, D'Onofrio V..
La Corte di appello ha, inoltre, rilevato che la violazione dedotta dalla difesa al più integrerebbe una nullità a regime intermedio e che la stessa, anche ove ritenuta sussist&e, sarebbe stata sanata dalla mancata eccezione della difesa dopo l'adozione dell'ordinanza o, al più tardi, nel corso della discussione. La deduzione di tale nullità solo nell'atto di appello doveva, dunque, ritenersi tardiva.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, è, del resto, inammissibile, per difetto di specificità, il ricorso per cassazione che si limiti alla critica di una sola delle rationes decidendi poste a fondamento della decisione, ove a fondamento della motivazione del provvedimento impugnato ne siano ravvisabili plurime, autonome ed autosufficienti (Sez. 3, n. 30021 del 14/07/2011, F., Rv. 250972).
6. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta l'omessa valutazione delle prove e la valutazione probatoria delle dichiarazioni della persona offesa operata dalla Corte di appello.
Deduce, infatti, il ricorrente che lo stadio non sarebbe un luogo aperto al pubblico, ma privato, in quanto l'accesso allo stesso postula l'acquisto del biglietto per la partita e, pertanto, mancherebbe uno degli elementi costitutivi del reato contestato.
Rileva, inoltre, il difensore che la persona offesa avrebbe affermato che i fatti si sarebbero verificati quando tutti gli spettatori stavano assistendo alla partita e, dunque, non vi sarebbe stata la presenza di più persone.
Per integrare il delitto di oltraggio a pubblico ufficiale sarebbe, inoltre, necessario che la frase oltraggiosa raggiunga persone estranee non soltanto ai pubblici ufficiali che siano direttamente investiti dalle offese, ma anche alle pubbliche funzioni in corso di svolgimento, atteso che solo in tali condizioni può crearsi il pericolo alla considerazione sociale all'autorevolezza della pubblica amministrazione.
7. Il motivo è inammissibile, in quanto volto a pervenire a una rinnovata valutazione di merito, confrontandosi direttamente con gli elementi probatori oltre che manifestamente infondato.
Esula, tuttavia, dai poteri della Corte di cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Sez. U, n. 6402 del 2/07/1997, Dessimone, Rv. 207944).
La sentenza impugnata indica, peraltro, espressamente le circostanze da cui desumere la concreta presenza, al momento dei fatti, di una pluralità di persone che si accalcavano ai cancelli per entrare nello stadio, come dichiarato anche dal teste oculare V. D'Onofrio, steward presente al cancello dello stadio.
Pertanto, l'accertamento in concreto della presenza di più persone che hanno assistito alla condotta dell'imputato ha indotto correttamente la Corte di appello a ritenere comprovato il dato della «percezione» dell'offesa da parte di soggetti diversi dal pubblico ufficiale direttamente offeso e dai suoi colleghi.
8. Con il quarto motivo il difensore contesta la violazione di legge per effetto del mancato riconoscimento della causa di giustificazione ex art. 393 bis cod. pen., in quanto l'imputato avrebbe interpretato, a causa di un errore sul fatto, la condotta del R. come una condotta vessatoria e arbitraria.
9. Il motivo è inammissibilmente volto a proporre una tesi alternativa alla Corte di legittimità.
Sono, infatti, precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5456 del 4/11/2020, F., Rv. 280601-1; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482).
Per quanto accertato dalle sentenze di merito, peraltro, nessun comportamento arbitrario può ravvisarsi nel caso di specie nella condotta dell'ispettore di P.G. R., che, operando nel pieno rispetto delle regole, ha negato al ricorrente, privo di biglietto di ingresso, l'accesso allo stadio.
Neppure appare configurabile la forma putativa di tale causa di giustificazione, in quanto il ricorrente non ha addotto alcun elemento concreto da cui desumere che potesse versare nel ragionevole convincimento di essersi trovato, a causa di un errore sul fatto, di fronte ad una situazione che, se effettiva, avrebbe costituito un atto ingiustamente persecutorio del pubblico ufficiale.
10. Con il quinto motivo il ricorrente censura la violazione di legge e il vizio di motivazione conseguente alla mancata applicazione dell'art. 131 bis cod. pen.
11. Anche questo motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente si è limitato a riproporre la propria richiesta di applicazione della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis cod. pen., senza, tuttavia, confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata.
La Corte di appello ha, infatti, escluso l'applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, congruamente rilevando l'oggettiva gravità del fatto commesso dall'imputato, che, peraltro, per quanto risulta dai propri precedenti penali specifici, è una persona violenta, adusa a ricorrere ad atteggiamenti di violenza e di prevaricazione.
La Corte di appello ha, dunque, con motivazione immune da censura ha escluso in radice la sussistenza dei presupposti per accogliere l'istanza della difesa.
12. Manifestamente infondata è anche la censura, formulata dal ricorrente, relativa all'intervenuta maturazione del termine di sei anni di prescrizione prima della pronuncia della sentenza della Corte di appello e, segnatamente, in data 22 febbraio 2022, tenuto conto dell'emissione dell'ultimo atto interruttivo in data 24 settembre 2013.
La censura, infatti, oblitera che il termine di prescrizione di sei anni stabilito dal primo comma dell'art. 157 cod. pen., nella specie è stato reiteratamente interrotto ai sensi dell'art. 160, secondo comma, cod. pen. e che il prolungamento del termine di prescrizione è di due terzi, ai sensi dell'art. 161, secondo comma, cod. pen., essendo stata contestata all'imputato e ritenuta dai giudici di merito l'aggravante della recidiva di cui all'art. 99, quarto comma, seconda ipotesi, cod. pen.
La prescrizione del reato, dunque, non si era perfezionata anteriormente alla pronuncia della sentenza di primo grado e si sarebbe perfezionata in ipotesi, in ragione delle numerose cause di sospensioni intervenute (indicate a pag. 1 della sentenza di primo grado) solo in data 30 dicembre 2022.
13. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.