All'amministrazione finanziaria assistita in giudizio dai propri funzionari, in caso di vittoria nella lite, spetta la liquidazione delle spese effettuata in base alle disposizioni per la liquidazione del compenso spettante agli avvocati con la riduzione del 20% degli onorari di avvocato.
Nell'ambito di una controversia vertente sull'impugnazione di unavviso di classamento ed attribuzione, la CTR Lombardia rigettava l'appello proposto dalla società nei confronti dell'Agenzia delle Entrate contro la sentenza depositata dalla CTP Sondrio, condannando la medesima alla rifusione delle spese di giudizio liquidate in misura pari a 9mila euro.
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Svolgimento del processo
La "S. S.p.A." ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia il 12 gennaio 2016 n. 51/06/2016, la quale, in controversia avente ad oggetto l'impugnazione di avviso di classamento ed attribuzione di rendita catastale (con l'assegnazione della categoria D/8 in luogo della categoria E/1), a seguito di procedura DOCFA, in relazione all'impianto di risalita "F. – V." in Comune di L. (SO), di cui essa era concessionaria, ha rigettato l'appello proposto dalla medesima nei confronti dell'Agenzia delle Entrate avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Sondrio il 24 novembre 2014 n. 173/02/2014, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali nella misura complessiva di € 9.000,00. Il ricorso è affidato ad un unico motivo. L'Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso. Con ordinanza interlocutoria, il collegio ha disposto l'acquisizione del fascicolo d'ufficio del giudizio di appello. Con conclusioni scritte, il P.M. ha chiesto il rigetto del ricorso. La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..
Con unico motivo, si denuncia violazione dell'art. 15, comma 2-bis (ora 2-sexies) del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546, 9, comma 2, del D.L. 24 gennaio 2012 n. 1, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 marzo 2012 n.. 27, 5, comma 4, del D.M. 10 marzo 2014 n. 55, nonché delle tariffe stabilite al punto 24 dell'allegato unico al D.M. 10 marzo 2014 n. 55, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per essere stati liquidati dal giudice di appello i compensi spettanti all'appellata nella misura complessiva di€ 9.000,00, in sede di condanna alla rifusione delle spese giudiziali (ivi comprese le insussistenti "fase cautelare" e "fase istruttoria") in favore dell'amministrazione finanziaria, sulla base di una nota spese prodotta in tale sede con riguardo al "valore indeterminabile" (in relazione alla complessità media) della controversia, senza tener conto che la controversia aveva, in realtà, il valore di € 19.709,20 (in relazione all'ammontare dell'ICI/IMU versata nell'anno 2013), che né "fase cautelare" né ''fase istruttoria" si erano mai svolte nel corso del giudizio di appello e che l'importo dei compensi spettanti doveva essere, altresì, ridotto nella misura del 20% in considerazione dell'assistenza prestata nel giudizio di appello dai funzionari dell'amministrazione finanziaria.
Motivi della decisione
1. Il motivo è fondato nei limiti specificati in appresso.
1.1 Come è noto, l'art. 12, comma 2, seconda parte, del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546 dispone che: «Per valore della lite si intende l'importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l'atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste».
Significativamente, con riguardo al reclamo in sede di mediazione tributaria, l'art. 17-bis, comma 2, del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546 (nel testo introdotto dall'art. 39, comma 9, del D.L. 6 luglio 2011 n. 98, convertito, con modificazioni, dalla Legge 15 luglio 2011 n. 111, quale modificato dall'art. 1, comma 611, lett. a, della Legge 27 dicembre 2013 n. 147), affermando che: «Le controversie di valore indeterminabile non sono reclamabili, ad eccezione di quelle di cui all'articolo 2, comma 2, primo periodo» (vale a dire «le controversie promosse dai singoli possessori concernenti l'intestazione , la delimitazione, la figura, l'estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell'estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonché le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l'attribuzione della rendita catastale»), ha annoverato in modo espresso le controversie in materia di classamento degli immobili urbani e di attribuzione della rendita catastale tra le controversie di valore indeterminabile. Tanto è stato confermato anche dalla circolare emanata dal Ministero dell'Economia e delle Finanze - Dipartimento delle Finanze - Direzione della Giustizia Tributaria il 21 settembre 2011 n. 1/DF (par. 5 - "Dichiarazione del valore della lite"), in tema di introduzione del contributo unificato nel processo tributario, secondo la quale: «È opportuno precisare che le controversie inerenti le operazioni catastali (intestazione, delimitazione, figura, estensione e classamento dei terreni, ripartizione dell'estimo tra compossessori, consistenza, classamento delle singole unità immobiliari urbane e attribuzione della rendita catastale), si configurano di valore indeterminabile».
Pertanto, nessuna rilevanza può assumere ai fini della determinazione del valore della lite il versamento da parte del contribuente di un'imposta (nella specie, l'IMU relativa all'anno 2013) che, pur dipendendo nel quantum dall'ammontare della rendita, non ha costituito oggetto di impugnazione dinanzi al giudice tributario ed esula dal thema decidendum.
1.2 Con specifico riguardo, poi, alla determinazione del valore della controversia per la liquidazione dei compensi a carico della parte soccombente, l'art. 5, commi 4 e 5, del D.M. 10 marzo 2014 n. 55 ("Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense, ai sensi dell'articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247") prevede che: «4. Nelle cause davanti agli organi di giustizia tributaria il valore della controversia è determinato in conformità all'importo delle imposte, tasse, contributi e relativi accessori oggetto di contestazione, con il limite di un quinquennio in caso di oneri poliennali. 5. Qualora il valore effettivo della controversia non risulti determinabile mediante l'applicazione dei criteri sopra enunciati, la stessa si considererà di valore indeterminabile».
1.3 Tale conclusione è stata puntualmente confermata anche dalla giurisprudenza di questa Corte, la quale ha ribadito che le controversie in materia catastale hanno valore indeterminabile ai fini della liquidazione dei compensi ex art. 5 del D.M. 10 marzo 2014 n. 55 (in termini: Cass., Sez. SA, 16 aprile 2021, n. 10168).
1.4 Ciò non di meno, in base all'art. 15, comma 2-bis (ora 2- sexies) del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546: «Nella liquidazione delle spese a favore dell''ente impositore, dell'agente della riscossione e dei soggetti iscritti nell'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, se assistiti da propri funzionari, si applicano le disposizioni per la liquidazione del compenso spettante agli avvocati, con la riduzione del venti per cento dell'importo complessivo ivi previsto».
In proposito, è pacifico che, in tema di contenzioso tributario, all'amministrazione finanziaria assistita in giudizio dai propri funzionari, in caso di vittoria nella lite, spetta, ai sensi dell'art. 15, comma 2-sexies (in origine, comma 2-bis), del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546 (quale novellato dall’art. 9, comma 1, lett. f, n. 2, del D.L.vo 24 settembre 2015 n. 156), la liquidazione delle spese che va effettuata secondo le disposizioni per la liquidazione del compenso spettante agli avvocati, con la riduzione del venti per cento degli onorari di avvocato, quale rimborso per la sottrazione di attività lavorativa dei funzionari medesimi, utilizzabile altrimenti in compiti interni di ufficio e tenuto conto dell'identità della prestazione professionale profusa dal funzionario rispetto a quella del difensore abilitato (tra le tante: Cass., Sez. 5", 23 novembre 2011, n. 24675; Cass., Sez. 5", 17 settembre 2019, n. 23055; Cass., Sez. 5", 4 novembre 2020,, n. 24532; Cass., Sez. 6"-5, 26gennaio 2022, n. 2254; Cass., Sez. 5", 12 luglio 2022, n. 21955).
1.5 Per il resto, è pacifico che, in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al D.M. 10 marzo 2014 n. 55, non sussistendo più il vincolo legale della inderogabilità dei minimi tariffari, i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio e le soglie numeriche di riferimento costituiscono criteri di orientamento e individuano la misura economica standard del valore della prestazione professionale; pertanto, il giudice è tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi (tra le tante: Cass., Sez. 6A- 3, 15 dicembre 2017, n. 30286; Cass., Sez. 6A-2, 1 giugno 2020, n. 10343; Cass., Sez. 6A-2, 1 giugno 2020, n. 10343; Cass., Sez. 6A-5, 3 giugno 2021, n. 15313; Cass., Sez. 6'"-5, 26 ottobre 2021, n. 30087; Cass., Sez. 6A,_ 2, 19 novembre 2021, n. 35591; Cass., Sez. 6A-5, 3 febbraio 2022, n. 3357; Cass., Sez. 6A-5, 4 maggio 2022, nn. 14113 e 14116; Cass., Sez. 6A-5, 1 agosto 2022, n. 23836).
1.6 Secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, in tema di spese processuali, i nuovi parametri, cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti in luogo delle abrogate tariffe professionali, debbono essere applicati ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorché tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta quando ancora erano in vigore le tariffe abrogate, evocando l'accezione omnicomprensiva di compenso la nozione di un corrispettivo unitario per l'opera complessivamente prestata (tra le tante: Cass., Sez. Un., 12 ottobre 2012, n. 17405; Cass., Sez. 6'"-3, 4 luglio 2018, n. 17577 Cass., Sez. Lav., 26 ottobre 2018, n. 27233; Cass., Sez. 6A-1, 5 marzo 2020, n. 6345); solo quando il giudizio di primo grado si sia concluso con sentenza prima della entrata in vigore del detto decreto ministeriale non operano i nuovi parametri di liquidazione, dovendo le prestazioni professionali ritenersi esaurite con la sentenza, sia pure limitatamente a quel grado; nondimeno, in caso di riforma della decisione, il giudice dell'impugnazione, investito ai sensi dell'art. 336 cod. proc. civ. anche della liquidazione delle spese del grado precedente, deve applicare la disciplina vigente al momento della sentenza d'appello, atteso che l'accezione omnicomprensiva di compenso evoca la nozione di un corrispettivo unitario per l'opera prestata nella sua interezza (Cass., Sez. 6/5, 10 dicembre 2018, n. 31884).
1.7 Nella specie, pur avendo correttamente ritenuto il valore indeterminabile (in relazione alla complessità media) della controversia ed applicato la riduzione nella misura del 20%, la sentenza impugnata non si è attenuta ai principi enunciati nella liquidazione dei compensi spettanti all'amministrazione finanziaria, che ha erroneamente determinato nella misura complessiva di € 9.000,00 sulla scorta della nota spese prodotta (secondo la trascrizione fattane, in ossequio al canone dell'autosufficienza, nel ricorso per cassazione). Difatti, escludendo dal computo la "fase cautelare"', che non è stata espletata nel giudizio di appello, e la "fase istruttoria", che «rileva ai fini della liquidazione del compenso quando effettivamente svolta» (art. 4, comma 5, lett. c, del D.M. 10 marzo 2014 n. 55), come si può desumere dalla premessa della sentenza impugnata e dall'indice degli atti processuali (dai quali si evince - stante l'attestato smarrimento dei verbali d'udienza - il solo svolgimento dell'adunanza camerale, in cui la causa è stata rimessa in decisione), i compensi medi - in rapporto al valore indeterminabile (con bassa complessità) della controversia possono essere congruamente rideterminati nella misura complessiva di€ 6.200,00 (di cui € 2.400,00 per "fase di studio della controversia",€ 1.100,00 per "fase introduttiva del giudizio" ed € 2. 700,00 per "fase decisionale"). Applicando la riduzione del 20%, tale importo diminuisce ad€ 4.460,00 (al netto del rimborso forfettario nella misura del 15%, che è pari ad € 669,00). Il che equivale ad una vera e propria dimidiazione della somma liquidata dal giudice di appello. Per cui, se ne può concludere che il giudice di appello si è notevolmente discostato dal limite dei parametri medi in sede di condanna alla rifusione delle spese giudiziali, incorrendo in parte qua nella violazione lamentata.
2. Valutandosi parziale la fondatezza del motivo dedotto, dunque, il ricorso può trovare accoglimento nei limiti specificati in motivazione e la sentenza impugnata deve essere cassata nei limiti predetti; non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell'art. 384, comma 1, ultima parte, cod. proc. civ., con la liquidazione delle spese del grado di appello nella misura di cui al superiore punto 1.7 (in termini: Cass., Sez. 5", 16 aprile 2021, n. 10168).
3. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
P.Q.M
La Corte accoglie il ricorso nei limiti specificati in motivazione, cassa la sentenza impugnata nei limiti predetti e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio di appello a carico della contribuente ed a favore dell'amministrazione finanziaria nella misura complessiva di € 4.460,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito; condanna l'amministrazione finanziaria alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore della contribuente, liquidandole nella misura di€ 200,00 per esborsi e di € 2.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge.