
La Cassazione specifica che per quanto concerne le comunicazioni, il difensore esercente il patrocinio non può indicare la PEC di altro avvocato senza specificare di volersi domiciliare presso di lui.
Gli attuali ricorrenti propongono ricorso per revocazione in relazione all'ordinanza con cui la Corte di Cassazione aveva rigettato il loro gravame avverso la pronuncia della Corte d'Appello di Milano, vertente sulla domanda di risarcimento danni contro una società a seguito di un intervento chirurgico effettuato in modo asseritamente erroneo al loro congiunto. Essi...
Svolgimento del processo
I sigg. L. C. ed altri propongono ricorso per revocazione ex art 391 bis c.p.c. -affidato a 2 motivi, illustrati da memoria- in relazione all'ordinanza Cass., 25/9/2018, n. 22578, di rigetto del ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 584/2016 della Corte d'Appello di Milano, di rigetto del gravame interposto contro la pronunzia Trib. Milano n. 2725/2011, di rigetto della domanda proposta nei confronti della società I. e. di o. s.r.l. e del sig. U. P. di risarcimento dei danni lamentati in conseguenza di un <<intervento chirurgico di vertebrectomia con resezione aorta toracica e resezione polmonare>> da quest'ultimo, nella sua qualità di medico, al loro congiunto sig. C. C. effettuato in modo asseritamente erroneo e senza previamente indicargli <<il grave rischio operatorio e il probabile esito letale>>, nonché senza adottare <<alternative terapeutiche, quali la radioterapia>>.
Resistono con controricorso la società I.e. di o. s.r.l. e il P., che hanno presentato anche memoria.
Con ordinanza n. 20713 del 2021 della Sesta Sezione Civile di questa Corte è stata dichiarata l'ammissibilità del ricorso.
Con conclusioni scritte del 4/3/2022 il P.G. presso questa Corte ha chiesto l'accoglimento del ricorso, con conseguente revoca dell'ordinanza n. 4317 del 2019.
Motivi della decisione
Con il 1° motivo ricorrenti denunziano <<violazione e falsa applicazione>> degli artt. 136, 156 c.p.c., 45 disp. att. c.p.c., in riferimento all'art. 360, 1° co. n. 3, c.p.c.
Si dolgono dell'errore percettivo della S.C. per avere <<entrambi i difensori (nella memoria conclusionale e nelle memorie di repliche [recte, replica] in Corte di Appello) ... indicato un unico domicilio digitale (Pec.:omissis) al quale la notifica della sentenza ... doveva essere effettuata>>.
Con il 2° motivo denunziano < <violazione e falsa applicazione>> degli artt. 324, 327, 334 c.p.c., in riferimento all'art. 360, 1° co. nn. 3 e 5, c.p.c.
Si dolgono dell'< <errore materiale>> o della <<svista>> della S.C. per non aver rilevato quanto evincentesi in particolare in base al < <corretto esame>> delle < <memorie agli atti del giudizio RG 7769/2017> >.
Il ricorso è sotto plurimi profili inammissibile.
Va anzitutto premesso che, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, la valutazione di ammissibilità apparente espressa dalla Sesta Sezione-3 nell'ordinanza emessa a seguito della trattazione ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c. ha un valore meramente ordinatorio e non decisorio, in quanto la valutazione di "non inammissibilità" del ricorso per revocazione che la Corte compie ai fini del rinvio alla pubblica udienza della sezione semplice ex art. 391 bis, 4° co., c.p.c. ( come sostituito dall'art. 1 bis, comma 1 lett. I n. 3, D.L. n. 168 del 2016, conv. -con modif.- nella L. n. 197 del 2016 ) non è preclusiva della possibilità per la stessa Corte di dichiarare, all'esito dell'udienza pubblica, l'inammissibilità del ricorso, la precedente valutazione invero non vincolando la delibazione della Sezione semplice che, in virtù della più ampia garanzia assicurata dal giudizio celebrato in pubblica udienza, si estende a tutte le questioni poste dal ricorso ( v. Cass., 29/3/2022, n. 10040 ).
Deve quindi sottolinearsi come, diversamente da quanto dagli odierni ricorrenti del tutto apoditticamente sostenuto [non risultando sul punto debitamente riportato nel ricorso il tenore degli atti posti a base della mossa censura, in violazione invero del requisito a pena d'inammissibilità prescritto all'art. 366, 1° co. n.6, c.p.c., applicabile anche allorquando come nella specie la S.C. sia (pure) "giudice del fatto" processuale (v., con riferimento all'ipotesi della revocazione ex art. 391 bis c.p.c., Cass., 8/7/2020, n. 14244; Cass., 28/7/2017, n. 1885, e, relativamente all'errar in procedendo ex art. 112 c.p.c., Cass., Sez. Un., 14/5/2010, n. 11730; Cass., 17/1/2007, n. 978 ), con potere-dovere di procedere direttamente all'esame e all'interpretazione degli atti processuali, preliminare ad ogni altra questione prospettandosi pur sempre (l'ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che solo quando questa sia stata accertata diviene possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo, sicché esclusivamente nell'ambito di quest'ultima valutazione la S.C. può e deve procedere direttamente all'esame e all'interpretazione degli atti processuali ( v. Cass., 23/1/2006, n. 1221, e, conformemente, Cass., 7 13/3/2007, n. 5836; Cass., 17/1/2012, n. 539, Cass., 20/7/2012, n. 12664, nonché, più recentemente, Cass., 24/3/2016, n. 5934, Cass., 17/2/2017, n. 4288 e Cass., 3/10/2019, n. 24648)], emerga ex actis che come correttamente indicato nell'impugnata ordinanza Cass. n. 22578 del 2018 <<gli odierni ricorrenti, nella comparsa conclusionale presentata nel giudizio di appello, hanno espressamente riferito di essere "rappresentati e difesi, con poteri eguali e disgiunti" dall'Avv. D. d.R. ( del quale hanno indicato il codice fiscale ) e dal prof. Avv. C. T.( del quale hanno pure indicato il codice fiscale; e nello stesso atto hanno espressamente dichiarato di voler ricevere le comunicazioni inerenti al procedimento ad un dato numero di fax ovvero, per quanto qui interessa, all'indirizzo pec: omissis omissis ">>.
A tale stregua, risulta ictu oculi smentito l'assunto degli odierni ricorrenti secondo cui < <entrambi i difensori ( nella comparsa conclusionale e nelle memorie di repliche [recte, replica] in Corte di Appello) hanno indicato un unico domicilio digitale (Pec: omissis) al quale la notifica della sentenza ( emessa dalla C. App. Milano n. 548/2016 ) doveva essere effettuata ) >>, giacché emerge ex actis che, mentre nell'atto di citazione in appello risulta dai difensori degli allora appellanti ed odierni ricorrenti dichiarato < <di voler ricevere comunicazioni inerenti al presente procedimento ai seguenti numeri di fax omissis - omissis e/o all'indirizzo E-mail: omissis >>, nella comparsa conclusionale in atti risulta dai medesimi dichiarato < <di voler ricevere comunicazioni inerenti al presente procedimento ai seguenti numeri di fax omissis - omissis e/o all'indirizzo pec: omissis omissis >>, e quindi nella memoria di replica risulta dai medesimi dichiarato <<di voler ricevere comunicazioni inerenti al presente procedimento ai seguenti numeri di fax omissis - omissis e/o all'indirizzo pec: omissis >> (v. i richiamati atti nel fascicolo di parte in grado di appello M. E. + 3 Studio Legale Prof. Avv. C.T., in atti).
Indicazione quest'ultima che, in difetto di ulteriori precisazioni, e in particolare della specificazione di voler ricevere le comunicazioni esclusivamente presso l'indirizzo PEC di uno dei difensori di fiducia ( cfr. Cass., 31/1/2019, n. 2942 ) risulta invero non inequivoca in merito alla volontà di modificare la precedente domiciliazione indicata nella comparsa conclusionale (e a fortiori della domiciliazione indicata nell'atto di citazione in appello), ben potendo essere essa intesa ( anche ) quale frutto di mero refuso, a fortiori in considerazione della circostanza -dagli odierni controricorrenti evidenziata nei propri scritti difensivi- che è nella specie rimasta in ogni caso < <ferma la procura disgiunta a favore anche dell'avv. C. T. e l'elezione di domicilio fisico presso quest'ultimo>>.
Atteso che per le comunicazioni il difensore esercente il patrocinio non può indicare la P.E.C. di altro avvocato senza specificare di volersi domiciliare presso di lui ( cfr. Cass., 23/2/2021, n. 4920 ), gli odierni ricorrenti invero non deducono -e a fortiori non ne danno debitamente conto nel rispetto del requisito a pena d'inammissibilità prescritto ex art. 366. 1° co. n. 6, c.p.c.- che siffatta specificazione sia stata nei richiamati atti nella specie formulata.
A tale stregua, diversamente da quanto nella richiamata ordinanza n. 20713 del 2021 dalla Sesta Sezione-3 affermato in accoglimento della prospettazione degli odierni ricorrenti, non può in ogni caso concludersi che l'< <ordinanza revocanda>> abbia < <letto un indirizzo in luogo di un altro, ritenendo di conseguenza che gli appellanti avessero eletto domicilio presso l'avv. T., invece che presso l'avv. D. R.>>.
Né può d'altro canto sottacersi che ai fini della decorrenza del termine breve per proporre il ricorso per cassazione è possibile procedere alla notificazione della sentenza presso il domicilio fisico eletto dal destinatario anche dopo l'introduzione [da parte dell'art. 16 sexies D.L. n. 179 del 2012 (inserito dall'art. 52, comma 1, D.L. n. 90 del 2014, conv. con modif. nella L. n. 114 del 2014)] della notificazione al c.d. domicilio digitale, cui non può essere riconosciuto carattere esclusivo (v. Cass., 11/2/2021, n. 3557).
Deve sotto altro profilo porsi ulteriormente in rilievo che giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità oltre alla domanda di revocazione della sentenza, idonea a provocare la fase rescindente del giudizio, il ricorso per revocazione deve contenere anche la domanda di decisione sull'originario ricorso attraverso la riproposizione degli argomenti in esso riportati, in ossequio al requisito a pena d'inammissibilità prescritto all'art. 366, 1° co. n. 3, c.p.c., al fine di rendere agevole la comprensione della questione controversa e dei profili di censura formulati in immediato coordinamento con il contenuto della sentenza impugnata e risultare idoneo ad attivare la fase rescissoria (v. Cass., 8/7/2020, n. 14244; Cass., 1°/6/2018, n. 14126; Cass., Sez. Un., 6/7/2015, n. 13863; Cass., 22/5/2015, n. 10553. E già Cass., 14/11/2006, n. 24203).
Orbene, non recando indicazione alcuna relativa all'originario ricorso per cassazione, nella specie il ricorso per revocazione si appalesa invero (anche) inidoneo ad attivare la fase rescissoria.
All'inammissibilità dei motivi consegue l'inammissibilità del ricorso per revocazione.
Le·spese del giudizio di revocazione, liquidate come· in. dispositivo in favore dei controricorrenti, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di revocazione, che liquida in complessivi euro 7.200,00, di cui euro 7.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore dei controricorrenti.
Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.