Si tratta di una procedura in cui si fa governo di regole tecnico-sportive, la cui cognizione è riservata agli organi dell'ordinamento sportivo.
A seguito della mancata partecipazione ad un torneo di bridge, la Federazione nazionale decideva di aggiudicare la gara a tavolino, in applicazione di una regola tecnico-sportiva di settore.
In sede di appello, il Collegio di Garanzia del CONI accoglieva il ricorso in quanto l'associazione non si era potuta presentare a causa del Covid.
Proposto ricorso dinanzi al TAR, quest'ultimo declinava la giurisdizione del giudice statale.
La controversia giunge dinanzi al Consiglio di Stato, il quale risolve la questione con la sentenza n. 8743 del 13 ottobre 2022.
In primo luogo, Palazzo Spada chiarisce che, ai sensi del
Ne deriva che la giustizia sportiva costituisce lo strumento di tutela per le ipotesi in cui si discute dell'applicazione delle regole sportive, mentre quella statale è chiamata a dirimere le controversie che presentano una rilevanza per l'ordinamento generale, riguardanti la violazione di diritti soggettivi o interessi legittimi.
Il Consiglio di Stato esclude la giurisdizione statale per via dell'oggetto della controversia, ossia il riconoscimento della vittoria a tavolino, una procedura in cui si fa governo di regole tecnico-sportive e non già di regole espressive di discrezionalità amministrativa.
Stabilire se una squadra debba o no vincere una partita a tavolino, al pari della scelta della sanzione per una violazione di natura disciplinare, rientra nella competenza inderogabile degli organi dell'ordinamento sportivo, a cui viene riservata la cognizione «delle controversie concernenti l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'organizzazione di settore, nonché l'esatta valutazione dei comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione delle relative sanzioni disciplinari sportive. Il contesto è in altre parole quella dell'"indifferente giuridico": e infatti è il diverso risultato sportivo che si vuole ottenere nel concreto».
Il Consiglio di Stato ha infine precisato che nessun rilievo può assumere il richiamo alle disposizioni processuali eccezionali del 2020 per i provvedimenti relativi alla prosecuzione, all'annullamento e alla conclusione delle competizioni e dei campionati professionistici e dilettantistici che prevede solo interventi per la definizione dei campionati in presenza di Covid e la competenza in unico grado, in via eccezionale, del Collegio di Garanzia del CONI.
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza (ud. 6 ottobre 2022) 13 ottobre 2022, n. 8743
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
La associazione appellante (Asd Bridge Reggio Emilia) partecipava al torneo nazionale di BRIDGE 2020.
Alla finale del torneo la ASD BRIDGE di Torino non si presentava. Di qui la decisione della Federazione nazionale bridge di aggiudicare la gara a tavolino.
La decisione veniva tuttavia appellata, dalla ASD Torino, dinanzi al Collegio di Garanzia del CONI che accoglieva il ricorso in quanto la associazione torinese non si era potuta presentare causa COVID.
La determinazione del Collegio di Garanzia veniva dunque impugnata dinanzi al TAR Lazio che declinava, in ogni caso, la giurisdizione del giudice statale.
La sentenza di primo grado formava oggetto di appello per erronea declinazione della giurisdizione.
Resisteva avverso l’appello il CONI mediante articolate controdeduzioni.
Alla camera di consiglio del 6 ottobre 2022 la causa veniva infine trattenuta in decisione.
Tutto ciò premesso, le argomentazioni del giudice di primo grado risultano del tutto condivisibili, trattandosi di applicazione di regole tecniche e sportive di gioco e non di provvedimenti che incidono su diritti/interessi delle parti.
Qui di seguito i passaggi più significativi della stessa sentenza:
“Ai sensi del d.l. 19 agosto 2003 n. 220, convertito dalla L. 17 ottobre 2003 n. 280, i rapporti tra l'ordinamento sportivo e quello statale sono regolati in base al principio di autonomia, con conseguente sottrazione al controllo giurisdizionale statale degli atti a contenuto tecnico sportivo.
Sono invece attribuite alla giurisdizione dell'Autorità giudiziaria ordinaria ove abbiano per oggetto i rapporti patrimoniali tra Società, Associazioni ed atleti, mentre ogni altra controversia avente per oggetto atti del C.O.N.I. o delle Federazioni sportive nazionali è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
In altri termini, la giustizia sportiva costituisce lo strumento di tutela per le ipotesi in cui si discute dell'applicazione delle regole sportive, mentre quella statale è chiamata a risolvere le controversie che presentano una rilevanza per l'ordinamento generale, concernendo la violazione di diritti soggettivi o interessi legittimi (Cons. Stato, VI Sez., 17 aprile 2009, n. 2333 e 9 luglio 2004 n. 5025).
Nel primo caso la vicenda si esaurisce all’interno dell’ordinamento sportivo, essendo il ricorso volto a contestare la legittimità del risultato agonistico, sottratto, come tale a valutazioni di organi diversi da quelli specificamente deputati a verificarne la regolarità nell'ambito dell'ordinamento di settore (vedi Tar Lazio III 6352/2008 e Cds VI 2485/2011; 3235/2001).
Nel caso in esame si chiede l’applicazione della regola tecnico – sportiva di cui all’art. 21 Reg. Camp. FIGB, ove prevede che il ritiro della squadra “prima dell’inizio o in corso di svolgimento dell’incontro, da un incontro o una fase ad eliminazione diretta” equivale alla sconfitta da parte della squadra ritirata e la conseguente omologazione della vittoria a tavolino della squadra rimasta in gara.
Ciò che rileva, infatti, al fine di escludere la giurisdizione del giudice dello Stato, è il fatto incontestabile che la controversia abbia ad oggetto il riconoscimento della vittoria a tavolino a seguito dell’annunciato ritiro della controinteressata ove non fosse stata spostata la data delle finali.
Si tratta, quindi, di questione puramente tecnica, che riguarda l’applicazione delle regole sullo svolgimento degli incontri e che si consuma tutta all’interno dell’ordinamento sportivo, indipendentemente dalle conseguenze che può avere sullo svolgimento del Campionato.
“La questione centrale è che la c.d. vittoria a tavolino è, in termini oggettivi, una procedura in cui si fa governo – seppure non sul campo - di regole che rimangono regole “del gioco”, cioè tecniche e sportive, perché comunque relative al campo; non già di regole espressive di discrezionalità amministrativa. Pertanto l’interesse che sta di fronte ad esse è, per l’ordinamento generale, un interesse mero, e non tale da consentire di evocare l’intervento della giurisdizione amministrativa (cfr. Cons. giust. amm. sic., 8 novembre 2007, n. 1048): e la decisione se ad una squadra sia da assegnare la vittoria a tavolino, rientra nella competenza degli organi dell’ordinamento sportivo (così CdS VI 2485/2011).
In altri termini, e per concludere, stabilire se una squadra debba o no vincere una partita a tavolino, al pari della scelta della sanzione per una violazione di natura disciplinare, rientra nella competenza inderogabile degli organi dell’ordinamento sportivo”.
Le ampie ed esaustive motivazioni di cui sopra debbono trovare piena conferma, in questa sede, dal momento che la domanda proposta attiene nella sostanza alla contestata attribuzione del risultato della partita che, secondo la prospettazione della ricorrente, avrebbe dovuto comportare, in sede di verifica dei risultati e di controllo del rispetto della disciplina di gioco, l’applicazione della sanzione tecnica della perdita della gara “a tavolino”.
Ebbene una simile questione non può che essere ricondotta nell’ambito della previsione dell’art. 2, lett. a), del decreto-legge n. 220 del 2003, che riserva all’ordinamento sportivo la cognizione delle controversie concernenti l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale, nonché l’esatta valutazione dei comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione delle relative sanzioni disciplinari sportive.
Quindi sulla controversia difetta la giurisdizione del giudice statale, non essendo l’applicazione di tali regole tecniche suscettibile di sindacato giurisdizionale.
Il contesto in cui si intende muoversi è in altre parole quella dell’indifferente giuridico: ed infatti è il diverso risultato sportivo che si vuole ottenere, in concreto, con il ricorso di cui si controverte in questa sede. Ambito questo tuttavia riservato alla sfera esclusiva della giustizia sportiva.
Ove si accedesse alla tesi di parte appellante, in altre parole, si finirebbe inevitabilmente per sindacare – neppure troppo indirettamente – anche l’esito della gara in questione. Con l’inevitabile conseguenza di rischiare di sindacare l’esercizio pregresso di funzioni (di altra natura) rientranti nel perimetro delle attività riservate all’autonomia intangibile dell’ordinamento sportivo.
La reale materia del contendere, pertanto, investe a ben vedere una questione di natura tecnica (riguardante la omologazione del risultato di una gara) senz’altro riconducibile nell’ambito di previsione dell’art. 2, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 220 del 2003, a norma del quale, come già evidenziato, è riservata all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive.
Si verte pertanto su un regime di “totale autonomia” riconosciuto legislativamente per simili tipologie di controversie, quello ossia della omologazione dei risultati strettamente sportivi, come tali coperti da una riserva assoluta di insindacabilità da parte di qualsiasi giudice statale.
Alcun rilievo può infine assumere il richiamo all’art. 218 del decreto-legge n. 34 del 2020, il quale prevede solo interventi per la definizione dei campionati in presenza di COVID e la competenza in unico grado, in via eccezionale, del Collegio di Garanzia del CONI. Il tutto senza alterare il delicato ma netto equilibrio delineato dal descritto sistema di riparto di cui al decreto-legge n. 220 del 2003.
In conclusione l’appello deve essere rigettato, con compensazione in ogni caso delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.