
Svolgimento del processo
1. Con il provvedimento in epigrafe il Tribunale di Reggio Calabria, sezione per il riesame, confermava l'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palmi applicativa della misura carceraria nei confronti di M. S., indagato del reato di cui agli artt. 73, commi 1 e 4, e 80, comma 2, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (capo 1), per avere predisposto presso la propria azienda agricola di (omissis) la coltivazione illecita di una piantagione composta da 24 piante di canapa simil-sativa e da altre piante di canapa non sativa -marijuana per un peso lordo di Kg. 51,4 (oltre un sacco di kg. 6,6 di canapa già essiccata e verosimilmente destinata alla vendita), con THC ricavabile pari a gr. 4272,8, di cui le analisi chimiche evidenziavano la non conformità perché superiore (di oltre 2000 volte) al limite-soglia di 0,6 consentito per uso personale, nonché la ricavabilità di dosi medie singole pari a n. 170912.
Il Tribunale esaminava la consistenza probatoria delle specifiche accuse, anche per il prof ilo del consistente numero di piante rinvenute e delle modalità organizzative e professionali dell'attività di coltivazione su larga scala, e riteneva integrato il presupposto di gravità del quadro indiziario in merito al reato contestato.
Quanto alle esigenze cautelari, il pericolo di ripetizione di analoghi delitti veniva desunto dalle specifiche modalità del fatto, sintomatiche di un collaudato inserimento dell'indagato nel traffico illecito di stupefacenti, e dalla presenza di plurimi precedenti penali anche specifici.
2. Il difensore dell'indagato ha presentato ricorso per cassazione avverso la citata ordinanza e ne ha chiesto l'annullamento, censurandone con un unico e generico motivo di gravame la violazione dell'art. 4, comma 7, della legge 2 dicembre 2016, n. 242, che esclude la responsabilità dell'agricoltore.
3. Il ricorso è stato trattato, ai sensi dell'art. 23, commi 8 e 9, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, senza l'intervento delle parti.
Motivi della decisione
1. L'unico motivo di ricorso, con il quale la difesa del ricorrente, ai fini dell'esclusione del requisito della gravità indiziaria, censura genericamente l'omessa applicazione dell'art. 4, comma 7, della legge n. 242 del 2016, è manifestamente infondato.
2. L'art. 4 della legge n. 242 del 2016, recante Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa, stabilisce al comma 5 che "Qualora all'esito del controllo il contenuto complessivo di THC della coltivazione risulti superiore allo 0,2 per cento ed entro il limite dello O, 6 per cento, nessuna responsabilità è posta a carico dell'agricoltore che ha rispettato le prescrizioni di cui alla presente legge."; nonché al comma 7 che "Il sequestro o la distruzione delle coltivazioni di canapa impiantate nel rispetto delle disposizioni stabilite dalla presente legge possono essere disposti dall'autorità giudiziaria solo qualora, a seguito di un accertamento effettuato secondo il metodo di cui al comma 3, risulti che il contenuto di THC nella coltivazione è superiore allo 0,6 per cento. Nel caso di cui al presente comma è esclusa la responsabilità dell'agricoltore.".
Le richiamate clausole di esclusione di responsabilità sono mirate a tutelare l'agricoltore che, pur impiegando qualità consentite nell'ambito della filiera agroalimentare delineata dalla novella del 2016, coltivi canapa che, nel corso del ciclo produttivo, risulti contenere nella struttura una percentuale di THC compresa tra lo 0,2 per cento e lo 0,6 per cento, ovvero superiore a tale limite massimo. Si tratta di misure che riguardano il coltivatore che realizza le colture di cui all'art. 1 legge n. 242, per il caso in cui la coltura lecitamente impiantata, in corso di maturazione, presenti percentuali di THC superiori ai valori soglia indicati dal medesimo testo normativo.
Occorre rilevare, peraltro, che ogni condotta di detenzione, cessione o commercializzazione di categorie di prodotti, ricavati dalla coltivazione agroindustriale della cannabis sativa L., può integrare la fattispecie di reato di cui all'art. 73, commi 1 e 4, T.U. stup., atteso che la tabella II richiama testualmente tali derivati della cannabis, senza effettuare alcun riferimento alle concentrazioni di THC presenti nel prodotto, stante la disomogeneità sostanziale dei termini di riferimento. Sicché va preliminarmente ribadito il principio di diritto espresso da Sez. U, n. 30475 del 30/05/2019, Castignani, Rv. 275956, per cui la cessione, la vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico dei derivati della coltivazione di cannabis sativa L., quali foglie, inflorescenze, olio e resina, integrano il reato di cui all'art. 73, d.P.R. n. 309 del 1990, anche a fronte di un contenuto di THC inferiore ai valori indicati dall'art. 4, commi 5 e 7, legge 2 dicembre 2016, n. 242, salvo che tali derivati siano, in concreto, privi di ogni efficacia drogante o psicotropa, secondo il principio di offensività; perciò, sempre che dette sostanze presentino un effetto drogante rilevabile (Sez. 6, n. 56737 del 27/11/2018, Ricci, Rv. 274262; Sez. 6, n. 52003 del 10/10/2018, Moramarco, Rv. 274542; Sez. 3, n. 12260 del 16/02/2022, Fiorentini, Rv. 283032).
Questa conclusione non conduce, per altro verso, a un automatismo per il quale dal superamento dello 0,6% di THC nella sostanza detenuta derivi immediatamente una rilevanza penale della condotta, che, invece, andrà comunque ricostruita e valutata secondo i vigenti parametri di applicazione del d.P.R. n. 309 del 1990 (Sez. 6, n. 4920 del 29/11/2018, Castignani, Rv. 274616; Sez. 4, n. 16155 del 17/03/2021, Currenti, Rv. 281150).
4. Orbene, nel caso di specie, sono proprio le modalità di coltivazione, opportunamente sottolineate dal Tribunale per il riesame, a rivelare il contenuto illecito dell'attività. Nell'azienda agricola gestita dal ricorrente, oltre a n. 24 piante di canapa simil-sativa e a numerose altre piante di canapa non sativa - marijuana - per un peso lordo di Kg. 51,4, è stato rinvenuto un sacco di kg. 6,6 di canapa già essiccata e verosimilmente destinata alla vendita. Le analisi chimiche hanno altresì evidenziato che il consistente quantitativo delle piante di canapa non sativa presentava un THC pari a gr. 4272,8, superiore di oltre 2000 volte il limite-soglia consentito di 0,6, da cui erano ricavabili ben 170912 dosi medie singole.
Siffatte circostanze, come correttamente ritenuto dai Giudici del riesame, superano la mera formalità dell'adempimento di cui all'art. 3 della legge n. 242 del 2016 sulla conservazione dei cartellini della semente acquistata e delle relative fatture, che, a fronte di modalità di coltivazione e conservazione del prodotto intrinsecamente illecite, si palesa come uno schermo di copertura, ancorché l'interessato si presenti come "agricoltore". La mera qualifica di agricoltore del soggetto non vale, invero, a trasformare una coltivazione illecita - come desumibile dalle descritte caratteristiche della stessa - in un'attività lecita. Valutazione, questa, che - va sottolineato - è di esclusiva spettanza dei giudici del merito cautelare, le cui puntuali e logiche argomentazioni in fatto, nel rimarcare la solidità e la gravità del quadro indiziario, non sono sindacabili in sede di controllo di legittimità del provvedimento impugnato.
4. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed a versare a favore della Cassa delle ammende una somma, che si ritiene congruo determinare in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende.