Motivi della decisione
1. Il fenomeno dell'abusiva concessione di credito, cioè dell'erogazione di finanziamenti da parte di una banca ad un imprenditore (individuale o collettivo) insolvente (e della cui insolvenza l'istituto di credito sia consapevole), sì da ingenerare nei terzi l'erroneo convincimento che l'imprenditore finanziato sia in condizioni di solidità patrimoniale e di equilibrio economico, può costituire in astratto ragione e causa di una triplice tipologia di danni: a) un danno (patrimoniale) alla stessa impresa finanziata fyerosimilmente correlato al "costo" del finanziamento (per interessi e spese) che, sopravvenuto eventualmente il fallimento, l'ufficio fallimentare deve tendenzialmente restituir ; b) un danno - correlato all'insufficienza del patrimonio dell'imprenditore (societario) finanziato - alla massa dei creditori, propriamente al ceto creditorio nel suo complesso considerato, dell'imprenditore (societario) finanziato; c) un danno (patrimoniale) immediato e diretto ai singoli creditori dell'imprenditore (societario) finanziato.
2. Senza dubbio, qualora sopraggiunga il fallimento dell'imprenditore societario finanziato, il curatore fallimentare non è legittimato, similmente a quanto pacificamente si reputa in relazione all'azione "individuale del socio e del terzo" ex art. 2395 cod. civ., ad invocare la reintegrazione del pregiudizio immediato e diretto sofferto dai singoli creditori (nel caso di specie, il profilo della legittimazione del curatore a domandare il risarcimento dei danni "pari all'ammontare dello stato passivo" è stato addotto dalla ricorrente di già in sede di opposizione allo stato passivo: cfr. decreto impugnato, pagg. 2 - 3; cfr. ricorso, pag. 12; al contempo, il profilo della legittimazione è oggetto essenzialmente del primo motivo del ricorso per cassazione).
Del resto, le sezioni unite di questa Corte, specificamente in tema di concessione abusiva di credito, hanno puntualizzato che, nel sistema della legge fallimentare, la legittimazione del curatore ad agire in rappresentanza dei creditori è limitata alle azioni cosiddette "di massa" - finalizzate, cioè, alla ricostituzione del patrimonio del debitore nella sua funzione di garanzia generica ed aventi carattere indistinto quanto ai possibili beneficiari del loro esito positivo - al cui novero non appartiene l'azione risarcitoria per i danni da concessione abusiva di credito, azione che, analogamente a quella prevista dall'art. 2395 cod. civ., costituisce strumento di reintegrazione del patrimonio del singolo creditore (cfr. Cass. sez. un. 28.3.2006, n. 7029 (Rv. 590934-01)).
3. Vi è da vagliare, piuttosto, la legittimazione del curatore fallimentare in rapporto alla prima [sub a)] ed alla seconda (sub b)] tipologia di danno.
Sicuramente l'una (la prima) e l'altra (la seconda) tipologia di danno si fondano su presupposti diversi (rispettivamente, il valore algebrico positivo o negativo del patrimonio netto dell'imprenditore societario finanziato) e le relative domande non possono reputarsi senz'altro comprese l'una nell'altra (cfr. al riguardo Cass. sez. un. 28.3.2006, n. 7029, in motivazione).
D'altronde, analogamente, seppur con riferimento alla legittimazione ex art. 146, 2° co., l.fall. del curatore fallimentare ad esercitare "le azioni contro gli amministratori, i componenti degli organi di controllo, i direttori generali e i liquidatori", ossia l'azione sociale di responsabilità di cui agli artt. 2392 - 2393 cod. civ. e l'azione dei creditori sociali di cui all'art. 2394 cod. civ., si reputa tradizionalmente che le distinte azioni previste dagli artt. 2393 e 2394 cod. civ., in caso di fallimento dell'imprenditore societario, confluiscono, sì, nell'unica azione di responsabilità esercitabile da parte del curatore ai sensi dell'art. 146 l.fall., che dunque assume contenuto inscindibile e connotazione autonoma rispetto alle prime, e, tuttavia, la confluenza nell'unica azione ex art. 146 l.fall. non immuta né i presupposti delle azioni originarie né la disciplina in materia di prova e prescrizione in dipendenza dei fatti addotti a fondamento dell'actio ex art. 146 l.fall. (cfr. Cass. 21.6.2012, n. 10378).
4. Ebbene, sul terreno della responsabilità per concessione abusiva di credito, il curatore del fallimento è innegabilmente legittimato ad azionare la responsabilità che si correla al danno patrimoniale (J;ub a)] subito dall'imprenditore (individuale o collettivo) finanziato.
Invero, il curatore, gestore ex art. 31 l.fall. del patrimonio fallimentare, aziona, ex artt. 42 e 43 l.fall., un diritto soggettivo già radicato nel patrimonio dell'imprenditore finanziato, diritto che, nonostante il sopraggiunto fallimento, permane impregiudicato.
D'altra parte, seppur nella causazione del danno sofferto dall'imprenditore societario finanziato sia stato concorrente l'organo di gestione della medesima società, nessun rilievo assume il mancato esercizio dell'azione contro l'amministratore infedele, in quanto, ai sensi dell'art. 2055 cod. civ., se un unico evento dannoso è imputabile a più persone sotto il profilo dell'efficienza causale delle singole condotte, sorge a carico delle stesse un'obbligazione solidale, il cui adempimento può essere richiesto, per l'intero, anche ad un solo responsabile {çfr. Cass. 1.6.2010, n. 13413; Cass. (ord.) 30.6.2021, n. 18610 (Rv. 661819 - 04 ), ove si precisa che si è al cospetto di un litisconsorzio facoltativo].
5. Problematica, sul terreno della responsabilità per concessione abusiva di credito, si prospetta, viceversa, la legittimazione del curatore del fallimento ad azionare la responsabilità dell'istituto di credito finanziatore (in esclusiva ovvero in solidale concorso con l'organo di gestione) che si correla al danno [sub b)] subito dal ceto creditorio (nel suo complesso considerato) dell'imprenditore societario finanziato fallito, danno che, nel quadro dell'astratta prefigurazione dell'art. 2394, 2° co., cod. civ., assume, appunto, valenza in dipendenza dell'insufficienza patrimoniale in connessione eziologica con l'abusiva erogazione creditizia (propriamente, che assume valenza in dipendenza del valore algebrico negativo del patrimonio netto che ne è scaturito).
E, ben vero, la problematicità della legittimazione del curatore fallimentare, sul terreno della responsabilità de qua agitur ed in rapporto al danno dapprima enunciato sub b), viepiù si prospetta alla luce dell'elaborazione, oramai radicata, alla cui stregua ha natura extracontrattuale, diretta ed autonoma, la responsabilità ex art. 2394 cod. civ. degli amministratori nei confronti del ceto creditorio (nel suo complesso considerato) (cfr. Cass. 22.10.1998, n. 10488, ove si esclude qualsivoglia carattere "surrogatorio" dell'azione ex art. 2394 cod. civ.; Cass. 12.6.2007, n. 13765), natura che evidentemente perdura pur allorché l'actio ex art. 2394 cod. civ. confluisc nello schema cumulativo dell'actio ex art. 146, 2° co., l.fall.
Ovviamente e parallelamente, la medesima natura, extracontrattuale, diretta ed autonoma, riveste la responsabilità (nei confronti del ceto creditorio nel suo complesso considerato) dell'istituto di credito finanziatore, se del caso solidale concorrente nella causazione dell'insufficienza patrimoniale eziologicamente correlantesi all'abusiva erogazione creditizia.
6. Più esattamente, le criticità involte dalla legittimazione del curatore del fallimento ad azionare la responsabilità dell'istituto di credito finanziatore per il danno subito dal ceto creditorio (nel suo complesso considerato) dell'imprenditore societario finanziato fallito in dipendenza dell'insufficienza patrimoniale eziologicamente correlantesi all'abusiva erogazione di credito, si delineano alla luce del rilievo che segue.
La legittimazione ("di massa") del curatore ex art. 146, 2° co., l.fall. all'esercizio dell'azione dei creditori sociali (in ordine alla esclusività della legittimazione del curatore ad azionare la responsabilità verso i creditori sociali si è posto in risalto che "la sostituzione della legittimazione del curatore a quella dei titolari dell'azione di cui all'art. 2394 codice civile non è, in se stessa, ricollegabile alla struttura del processo fallimentare, e rappresenta il frutto di una scelta del legislatore volta ad assicurare alla curatela un maggior livello di tutela": così in motivazione Cass. 22.10.1998, n. 10488) si caratterizza senza dubbio come straordinaria e sintetica.
Straordinaria, giacché, con tutta evidenza, la pretesa risarcitoria azionabile fa capo a ciascun creditore in quanto tale, in quanto partecipe del ceto creditorio nel suo complesso considerato, ossia ad un soggetto indubitabilmente diverso dalla persona del fallito, le cui posizioni giuridiche patrimoniali unicamente il curatore è, ex artt. 31, 42 e 43 l.fall., abilitato a gestire sul piano sostanziale e ad azionare sul piano processuale.
Sintetica, giacché, indubbiamente, la legittimazione straordinaria del curatore racchiude e riassume in sé la legittimazione di ciascun creditore, partecipe del ceto creditorio nel suo complesso considerato.
7. In questi termini vi è da vagliare nella sede della pubblica udienza, tanto più al cospetto di ben precise indicazioni di questa Corte(!.' riferimento è a Cass. (ord.) 30.6.2021, n. 18610 (Rv. 661819-03)], secondo cui il curatore fallimentare è legittimato ad agire contro la banca per la concessione abusiva del credito, in caso di illecita nuova finanza o di mantenimento dei contratti in corso, che abbia cagionato una diminuzione del patrimonio del soggetto fallito per il danno diretto all'impresa conseguito al finanziamento e per il pregiudizio a/l'intero ceto creditorio a causa della perdita della garanzia patrimoniale ex art. 2740 cod. civ.), la possibilità dell'analogica esplicazione di siffatta straordinaria e sintetica legittimazione ad agire altresì nei confronti dell'istituto di credito finanziatore, soggetto indubitabilmente diverso dall'organo di gestione (per il quale opera l'espressa previsione legislativa di cui all'art. 146, 2° co., I.fai/.) dell'imprenditore societario finanziato fallito, istituto di credito finanziatore responsabile, se del caso in concorso con l'organo di gestione (dell'imprenditore societario finanziato fallito), della causazione dell'insufficienza patrimoniale in connessione eziologica con l'abusiva erogazione di credito.
Di talché il curatore fallimentare possa poi pretendere la reintegrazione dell'insufficienza patrimoniale - in correlazione eziologica con l'abusiva erogazione creditizia - anche nei confronti dell'istituto di credito finanziatore.
Invero, il carattere straordinario della legittimazione ex art. 146, 2° co., l.fall. del curatore del fallimento di una s.p.a. o di una s.r.l. all'esercizio dell'azione dei creditori sociali tende a connotare la previsione dello stesso art. 146, 2° co., I.fall. (nella parte in cui legittima in via straordinaria il curatore pur all'azione dei creditori sociali) in guisa di norma eccezionale, giacché recante deroga alla regola generale affermata all'art. 81 cod. proc. civ. ("Fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui"), e quindi, ex art. 14 delle preleggi, a renderla non suscettibile di applicazione "oltre i casi e i tempi in ess(a) considerati" id est alla (pur in via concorrente) responsabilità dell'istituto di credito finanziatore nella causazione dell'insufficienza patrimoniale, a sua volta in connessione eziologica con l'abusiva erogazione di credito, dell'imprenditore societario finanziato fallito].
P.Q.M.
Visto l'art. 375, 2° co., cod. proc. civ.,
rimette il presente procedimento alla pubblica udienza della prima sezione civile di questa Corte ed all'uopo rinvia a nuovo ruolo.