La Cassazione risponde al quesito con un nuovo principio di diritto.
La CTR Calabria respingeva l'appello proposto dall'Agenzia delle dogane e monopoli avverso la decisione della CTP di Catanzaro che aveva accolto il ricorso proposto da una società contribuente avverso il silenzio-rifiuto sull'istanza di rimborso dell'addizionale provinciale alle accise sull'energia elettrica utilizzata dalla medesima.
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Svolgimento del processo
1. Con sentenza n. 2647/04/17 del 29/09/2017, la Commissione tributaria regionale della Calabria (di seguito CTR) respingeva l’appello proposto dalla Agenzia delle dogane e dei monopoli (di seguito ADM) avverso la sentenza n. 2429/03/16 della Commissione tributaria provinciale di Catanzaro (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso proposto da I. s.p.a. (di seguito I.) avverso il silenzio-rifiuto sull’istanza di rimborso dell’addizionale provinciale alle accise sull’energia elettrica utilizzata nello stabilimento della società contribuente con riferimento agli anni 2010 e 2011.
1.1. La CTR motivava il rigetto dell’appello di ADM evidenziando che: a) come stabilito da Cass. S.U. n. 6589 del 2009, il rimborso delle accise indebitamente pagate può essere chiesto ed ottenuto da chiunque dimostri di avere indebitamente pagato l’imposta; b) I. aveva dimostrato di avere versato l’addizionale provinciale alle accise sull’energia elettrica e, quindi, era legittimata a chiederne il rimborso; c) detta addizionale era incompatibile con l’art. 1, § 2, della direttiva n. 2008/118/CE del 16 dicembre 2008.
2. ADM impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
3. I. resisteva con controricorso e depositava memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 14 TUA, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR riconosciuto la legittimazione attiva di I..
1.1. Il motivo è fondato.
1.2. Secondo l’ormai consolidato orientamento di questa Corte, cui non v’è ragione di discostarsi, le imposte addizionali sul consumo di energia elettrica di cui all'art. 6, comma 3, del d.l. 29 novembre 1988, n. 511, conv. con modif. nella l. 27 gennaio 1989, n. 20, alla medesima stregua delle accise, sono dovute, al momento della fornitura dell'energia elettrica al consumatore finale, dal fornitore, il quale, pertanto, in caso di pagamento indebito, è l'unico soggetto legittimato a presentare istanza di rimborso all'Amministrazione finanziaria, mentre il consumatore finale, al quale il fornitore abbia addebitato le suddette imposte, può esercitare nei confronti di quest'ultimo l'ordinaria azione di ripetizione dell'indebito e, soltanto nel caso in cui dimostri l'impossibilità o l'eccessiva difficoltà di tale azione - da riferire alla situazione in cui si trova il fornitore e non al fatto che il pagamento indebito dell'imposta derivi dalla contrarietà alla direttiva n. 2008/118/CE della norma interna in tema di accise -, può in via di eccezione chiedere direttamente il rimborso all'Amministrazione finanziaria, nel rispetto del principio unionale di effettività della tutela (cfr., ex multis, Cass. n. 29980 del 19/11/2019; Cass. n. 27099 del 23/10/2019; Cass. n. 20018 del 24/07/2019; Cass. n. 14200 del 24/05/2019).
1.3. La sentenza della CTR non si è conformata al superiore principio di diritto, ritenendo erroneamente che il consumatore finale sia legittimato a chiedere il rimborso dell’addizionale.
1.4. Con la memoria ex art. 380 bis.1 cod. proc. civ. il controricorrente sottolinea, da un lato, l’eccessiva difficoltà di ottenere ristoro con l’ordinaria azione di ripetizione dell’indebito in ragione dell’elemento ostativo costituito dall’efficacia diretta solo verticale delle direttive, sollevando, altresì, questione di costituzionalità della disciplina per come interpretata dalla S.C.; dall’altro, chiede che il Collegio disponga il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia.
1.5. Sotto il primo profilo, va, prima di tutto, riportato quanto già evidenziato in altri recenti arresti di questa Corte, a fronte di rilievi analoghi (cfr., ad esempio, Cass. n. 15504, n. 15505 e n. 1D5a5ta0pu6bbldicaezlione 25/10/2022 21/07/2020).
1.6. Nella prospettazione della società contribuente, il presupposto normativo che consentirebbe al consumatore di chiedere al fornitore la restituzione di parte del prezzo corrispondente alle imposte indebitamente versate va individuato nell’applicazione, nei rapporti tra privati, della direttiva n. 2008/118/CE: il diritto interno in materia di addizionali sulle accise andrebbe disapplicato per contrasto con il diritto unionale e in ragione dell’emersione dell’indebito oggettivo.
1.6.1. La disapplicazione conseguirebbe alla cd. efficacia orizzontale tra privati delle direttive della UE; efficacia orizzontale che, tuttavia (osserva il controricorrente), viene esclusa dalla giurisprudenza unionale (cfr. CGUE 7 agosto 2018, causa C-122/17, Smith, punti 42-45 e giurisprudenza ivi richiamata, punto 49).
1.6.2. Pertanto: a) il consumatore finale non potrebbe invocare nel giudizio contro il fornitore la disapplicazione della norma di diritto interno, posta a fondamento giuridico del diritto alla ripetizione di indebito nei suoi confronti della quota parte di prezzo corrispondente alla rivalsa dell’imposta versata dal fornitore all’Erario; b) la richiesta del consumatore di rimborso nei confronti del fornitore risulterebbe impossibile per ragioni di mero diritto, con conseguente legittimazione straordinaria dell'acquirente dell’energia elettrica all’esercizio dell’azione diretta per il rimborso nei confronti dell’Amministrazione finanziaria.
1.7. Va, di contro, osservato che l’impossibilità o l’eccessiva difficoltà di conseguire il rimborso dell’imposta non sono di per sé ravvisabili per il fatto che la natura indebita del pagamento dell’imposta discenda dalla contrarietà di una norma nazionale a una direttiva, ma sono correlate alla situazione del soggetto passivo (nel caso in questione, del fornitore) e non già a quella del consumatore finale.
1.7.1. Esse rilevano, nella giurisprudenza unionale, o con riguardo alle modalità procedurali e ai requisiti previsti dallo Stato membro per la presentazione delle domande di rimborso da parte del suddetto soggetto passivo (si veda CGUE 21 marzo 2018, causa C-533/16, Volkswagen AG, relativa a un caso in cui il termine di decadenza previsto per il rimborso era scaduto, sempre per il soggetto passivo, prima della presentazione della relativa domanda); oppure quando l’insolvenza del soggetto passivo renda da parte sua il rimborso impossibile o eccessivamente difficile (si vedano, in particolare, CGUE 11 aprile 2019, in causa C-691/17, PORR Építési Kft., punto 42, nonché CGUE 27 aprile 2017, in causa C-564/15, Farkas, punto 53).
1.7.2. D’altronde, la stessa Corte di giustizia ha promosso la fissazione di termini diversi, là dove ha dichiarato che il principio di effettività è rispettato nel caso di un termine nazionale di prescrizione asseritamente più favorevole all’Amministrazione finanziaria rispetto al termine di prescrizione in vigore per i privati, purché il soggetto passivo possa effettivamente reclamare il rimborso dell’imposta di cui trattasi nei confronti della predetta Amministrazione (CGUE 8 settembre 2011, in cause riunite C-89/10 e C-96/10, Q-Beef e Bosschaert, punto 42; CGUE 15 dicembre 2011, causa C-427/10, Banca Antoniana Popolare Veneta, punto 26).
1.7.3. In questo contesto, I. non ha allegato, né tantomeno provato che il proprio fornitore, soggetto passivo legittimato a richiedere il rimborso, non abbia avuto la possibilità di chiedere il rimborso e nemmeno che non abbia proposto la relativa domanda e, quindi, non ha provato, come suo onere specifico, i presupposti della propria legittimazione straordinaria (cfr. Cass. S.U. n. 2951 del 16/02/2016; Cass. n. 16904 del 27/06/2018).
1.7.4. Ed è appena il caso di rilevare che il consumatore si trova in una posizione di vantaggio, poiché può fruire di un termine di prescrizione ordinario per l’azione civilistica di ripetizione dell’indebito, più ampio di quello di decadenza assegnato al soggetto passivo per il rimborso.
1.8. Può essere aggiunto in questa sede, con riferimento alla denunciata impossibilità per il consumatore di vedersi rimborsate le accise indebitamente versate in ragione della efficacia diretta solo verticale della direttiva, che la richiamata sentenza della Corte di giust. in causa C-122/17 ha avuto modo di precisare (punto 56) che «la parte lesa dalla non conformità del diritto nazionale al diritto dell’Unione o la persona surrogata nei diritti di tale parte potrebbe tuttavia invocare la giurisprudenza scaturita dalla sentenza del 19 novembre 1991, Francovich e a. (C-6/90 e C-9/90, EU:C:1991:428), per ottenere eventualmente, da parte dello Stato membro, il risarcimento del danno subito»; I., pertanto, a fronte della non conformità del diritto interno per la tardiva o inadeguata attuazione del diritto dell’Unione Europea, non rimane comunque priva di tutela.
1.9. Va, dunque, enunciato il seguente principio di diritto: «Le imposte addizionali sul consumo di energia elettrica di cui all'art. 6, comma 3, del d.l. n. 511 del 1988, conv. dalla l. n. 20 del 1989 (applicabile ratione temporis), alla medesima stregua delle accise, sono dovute, al momento della fornitura dell'energia elettrica al consumatore finale, dal fornitore, il quale, pertanto, in caso di pagamento indebito, è l'unico soggetto legittimato a presentare istanza di rimborso all'Amministrazione finanziaria, mentre il consumatore finale, al quale il fornitore abbia addebitato le suddette imposte, può, nel rispetto del principio unionale di effettività della tutela: a) esercitare nei confronti di quest'ultimo l'ordinaria azione di ripetizione dell'indebito; b) nel caso in cui dimostri l'impossibilità o l'eccessiva difficoltà di tale azione - da riferire alla situazione in cui si trova il fornitore e non al fatto che il pagamento indebito dell'imposta derivi dalla contrarietà alla direttiva n. 2008/118/CE della norma interna in tema di accise -, può eccezionalmente chiedere direttamente il rimborso all'Amministrazione finanziaria; c) può eventualmente esercitare azione nei confronti dello Stato per ottenere il risarcimento del danno subito per mancato adeguamento del diritto nazionale al diritto dell’Unione Europea».
1.10. Le superiori considerazioni rendono manifestamente infondata, nel caso di specie, la sollevata questione di costituzionalità dell’art. 14, comma 2, TUA sotto il profilo della violazione egli artt. 117 e 24 Cost., non precludendo la soluzione interpretativa prospettata la possibilità per il consumatore di ottenere il rimborso di quanto indebitamente pagato.
1.11. Per ragioni sostanzialmente analoghe va disattesa la richiesta di rinvio pregiudiziale: le modalità con cui deve atteggiarsi, all’interno di ciascuno Stato membro, la tutela del principio di effettività sono state già ampiamente indagate dalla Corte di giustizia, come più sopra precisato, sicché appare superfluo rimettere alla stessa una questione già ampiamente risolta, sulla quale non ci si può ragionevolmente attendere una soluzione diversa da quella di cui questa Corte ha già tenuto conto.
2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 6 del d.l. n. 511 del 2018, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziandosi la legittimità della previsione della addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica.
2.1. Con il terzo motivo di ricorso si contesta violazione e falsa applicazione dell’art. 288 TFUE e dell’art. 1, § 2, della direttiva n. 2008/118/CE, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente riconosciuto la natura self executing della menzionata direttiva.
2.2. I motivi restano assorbiti in ragione dell’accoglimento del primo motivo.
3. In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri e, non essendovi ulteriori questioni di fatto da esaminare, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto dell’originario ricorso della società contribuente.
3.1. La particolare difficoltà delle questioni affrontate e la circostanza che il ricorso della società contribuente è stato proposto anteriormente al consolidarsi dell’orientamento di questa Corte di cui si è dato conto giustifica la compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio, ivi comprese quelle relative ai gradi di merito.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso proposto dalla controricorrente; dichiara compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.