
Nel caso di specie la violazione riguardava l'inosservanza del Regolamento interno del penitenziario rivolto ad una generalità di destinatari, mentre l'art. 650 c.p. punisce l'inosservanza di provvedimenti che hanno ad oggetto un ordine specifico impartito ad un soggetto determinato.
L'attuale ricorrente, giudicata colpevole della contravvenzione di cui all'
Svolgimento del processo
1. Con sentenza resa il 23 novembre 2020, il Tribunale di Napoli ha giudicato O.R. colpevole della contravvenzione di cui all'art. 650 c.p. commesso il 27 luglio 2019 e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, l'ha condannata alla pena di euro 200,00 di ammenda.
2. Avverso detta sentenza R., a mezzo del proprio difensore di fiducia, ricorre per cassazione deducendo tre motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo lamenta la violazione dell'art. 650 cod. pen.
Il Regolamento interno della Casa Circondariale di Napoli, la violazione del cui art. 4 (concernente l'introduzione in istituto di strumenti pericolosi o altri strumenti non ammessi) è stata contestata alla ricorrente, non integra gli estremi del provvedimento dell'Autorità dato per ragioni di giustizia o sicurezza pubblica, ovvero d'ordine pubblico o di igiene; ciò che è vieppiù dimostrato dalla circostanza che il legislatore ha - in epoca successiva alla commissione del fatto - avvertito la necessità di colmare detta lacuna normativa introducendo, con il D. L. 21 ottobre 2020 n. 130, convertito in L. n. 173 del 2020, l'art. 391-ter cod. pen. riguardante l’accesso indebito di dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti.
2.2. Con il secondo motivo ha lamentato la violazione degli art. 56, 650 cod. pen., poiché il controllo eseguito con il metal detector ha impedito la consumazione del reato contravvenzionale che, non ammettendo la figura del tentativo, non può ritenersi configurabile.
2.3. Con il terzo motivo ha lamentato la violazione dell'art. 131-bis cod. pen. e vizio di motivazione, avendo il Tribunale del tutto omesso di motivare il diniego di tale causa di esclusione della punibilità, pur invocata in via principale.
2.4. Con memoria scritta la difesa è tornata sul tema del riconoscimento dell'ipotesi della particolare tenuità del fatto, della quale ha invocato l'applicazione diretta in sede di legittimità.
3. Il Sostituto Procuratore generale, con requisitoria scritta ha prospettato l'annullamento senza rinvio della sentenza, stante la natura residuale del reato contravvenzionale contestato e ritenendo la natura non provvedimentale del regolamento interno dell'istituto di pena.
Motivi della decisione
1. E' fondato e assorbente il primo motivo di ricorso, per le ragioni di seguito esposte.
Per provvedimento dell'autorità, ai sensi dell'art. 650 cod. pen. «deve intendersi ogni atto con il quale l'autorità impone a una o più persone determinate una particolare condotta, omissiva o commissiva, ispirata da una contingenza presente e transeunte. Pertanto, poiché l'art. 650 cod. pen. contiene una norma esclusivamente sanzionatoria della inosservanza dei provvedimenti individuali esso non è applicabile alla inosservanza di leggi, regolamenti o ordinanza dell'autorità concernenti la generalità dei cittadini. (Nella fattispecie si trattava dell'inosservanza di un'ordinanza ministeriale concernente la profilassi della peste suina africana». (Sez. 1, n. 570 del 28/11/1995, dep 1996, Cossu, Rv. 203461; Sez.l, n. 1599 del 28 novembre 1995, dep. 1996 Giomarelli, non massimata).
L'integrazione del reato di cui all'art. 650 cod. pen. implica, dunque, che l'inosservanza abbia ad oggetto «un ordine specifico impartito ad un soggetto determinato, in occasione di eventi o circostanze tali da far ritenere necessario che proprio quel soggetto ponga in essere una certa condotta, ovvero si astenga da una certa condotta; e ciò per ragioni di sicurezza o di ordine pubblico, o di igiene o di giustizia; che l'inosservanza riguardi un provvedimento adottato in relazione a situazioni non prefigurate da alcuna specifica previsione normativa che comporti una specifica ed autonoma sanzione». Si è allora detto che non ha le caratteristiche sopra indicate (e quindi la sua inosservanza non può integrare il reato di cui all'art. 650) una disposizione a carattere regolamentare e contenente una disposizione dettata in via preventiva ed indirizzata ad una generalità di soggetti. (Sez. 1, n. 5755 del 25/03/1999, Di Giovanni, Rv. 213241; Sez. 1, n. 15936 del 19/03/2013, Srouia, Rv. . I 255636); Sez. F, n. 44238 del 01/08/2013, Zakrani, Rv. 257890).
In questa cornice, le necessarie caratteristiche di provvedimento contenente un ordine specifico impartito a un soggetto determinato, in occasione di eventi o circostanze tali da far ritenere necessario che proprio quel soggetto ponga in essere una certa condotta, mancano in quella per la cui violazione è intervenuta condanna, per la natura generale dei precetti contenuti nel regolamento interno d'istituto i cui destinatari non sono determinabili a priori, nè può dirsi che il regolamento provveda a disciplinare una determinata vicenda destinata ad esaurirsi.
Dalla sua violazione, dunque, non può discendere la responsabilità penale a norma dell'art. 650 cod. pen.
La condotta è, invero, attualmente sanzionata dall'art. 391-ter cod. pen. introdotto al precipuo fine di contrastare l'introduzione clandestina, la detenzione e l'uso abusivi di apparecchi cellulari in carcere che, difatti, punisce «l'accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte dei detenuti» e che ha sostanzialmente recepito il divieto già contento nei regolamenti interni d'istituto; disposizione inapplicabile al caso che ci occupa, siccome commesso anteriormente all'entrata in vigore della nuova norma penale incriminatrice.
2. La sentenza deve/ pertanto essere annullata senza rinvio, per insussistenza del fatto tipico, conseguente alla carenza del necessario presupposto dell'ordine legalmente dato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.