- il periculum in mora, ovvero l’effettiva esistenza di una situazione a effetti gravi, irreversibili e irreparabili, tale cioè da non consentire di attendere neppure il breve termine dilatorio che deve intercorrere tra il deposito del ricorso e la camera di consiglio in cui deve svolgersi l’ordinario scrutinio collegiale sull’istanza cautelare;
- il fumus boni iuris, ovvero la non evidenza di una sua radicale insussistenza.
- se a carico del semplice cittadino, non “professionista”, sia traslabile tutto quanto la giurisprudenza abbia finora enucleato sulla partecipazione delle imprese alle pubbliche gare (o degli avvocati al processo telematico);
- se, e fino a che punto, a fronte di malfunzionamenti del sistema o del collegamento a esso, «il cittadino possa essere costretto a una sorta di “gioco dell’oca” per completare una procedura telematica impostagli (e altresì onerato di riuscire ad avvedersi per tempo dei propri insuccessi)»;
- se meriti adeguata considerazione la tesi che sul cittadino, non imprenditore/“professionista”, non possa gravare l’onere di munirsi d’una sorta di “ufficio informatico” per potersi correttamente rapportare con l’amministrazione pubblica, e che gli vada perciò riconosciuto, in ogni caso di difficoltà (salvo a postulare un generale obbligo di alfabetizzazione informatica quale precondizione per continuare a godere dei più elementari diritti civili), un soccorso amplissimo – preventivo, ma anche successivo – a carico della controparte pubblica.
Consiglio di Stato, sez. IV, decreto (ud. 20 ottobre 2022) 21 ottobre 2022, n. 5055
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Vista l'istanza di misure cautelari monocratiche proposta dal ricorrente, ai sensi degli artt. 56, 62, co. 2 e 98, co. 2, cod. proc. amm.;
Considerato che l’articolo 56 c.p.a. dà adito all’emanazione di misure cautelari monocratiche esclusivamente “in caso di estrema gravità ed urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data della camera di consiglio” – la quale, a fortiori e necessariamente nei casi contemplati dall’articolo 56, comma 4, è quella “di cui all’articolo 55, comma 5”: ossia la “prima camera di consiglio successiva al ventesimo giorno dal perfezionamento, anche per il destinatario, dell’ultima notificazione e, altresì, al decimo giorno dal deposito del ricorso” – che, nella specie, è quella che – tenendosi conto, nei congrui casi, delle dimidiazioni di termini di cui alle pertinenti norme processuali – si provvede a fissare in dispositivo;
Ritenuto, pertanto, che la concessione presidenziale di una misura cautelare monocratica d’urgenza inaudita altera parte normativamente postula – in punto di periculum in mora – l’effettiva esistenza di una situazione a effetti gravi, irreversibili e irreparabili, tale cioè da non consentire di attendere neppure il breve termine dilatorio che, ut supra, deve intercorrere tra il deposito del ricorso e la camera di consiglio in cui deve svolgersi l’ordinario scrutinio collegiale sull’istanza cautelare; nonché, in punto di fumus boni iuris, quantomeno la non evidenza di una sua radicale insussistenza;
Ritenuto che, nel caso in esame, il pregiudizio dedotto dalla parte istante pare acquisire cumulativamente, già nell’intervallo temporale anzidetto, i suddetti caratteri di gravità, irreversibilità e irreparabilità, stante la previsioni di attività amministrative difficilmente reversibili già a partire dal 24 ottobre p.v.;
Ritenuto, in particolare, che, nella specie:
I) in punto di effettiva sussistenza di un grave periculum in mora, appare dirimente l’affermazione di parte, cui si ritiene di dar credito pur nello strutturale difetto di contraddittorio tipico della presente fase monocratica, secondo cui “il termine ultimo per lo scorrimento della graduatoria scadrà il giorno 24.10.2022”;
II) in punto di non evidenza dell’insussistenza del fumus boni iuris, merita osservarsi:
a) che la sentenza appellata ha motivato la reiezione del primo motivo dell’originario ricorso – pur dopo aver dichiarato di aderire (ma solo nominalmente) al condiviso orientamento giurisprudenziale secondo cui “se rimane impossibile stabilire con certezza se vi sia stato un errore da parte del trasmittente o, piuttosto, la trasmissione sia stata danneggiata per vizio del sistema, il pregiudizio ricade sull’ente che ha bandito, organizzato e gestito la gara” – unicamente sull’assunto che “tale incertezza, ad avviso del Collegio, non è dimostrata nel caso di specie”, con ciò incorrendo però in una sorta di ossimoro motivazionale: giacché l’incertezza, per definizione, non pare possa integrare l’oggetto di un onere probatorio gravante su chi l’invoca, anziché sulla controparte (ossia, nella specie, “sull’ente che ha bandito, organizzato e gestito” la selezione di cui trattasi);
b) quanto invece al secondo motivo, volto a dedurre, in subordine, la violazione del dovere di soccorso istruttorio (sub specie di soccorso procedimentale, o informatico), la sentenza ha sostanzialmente escluso la sussistenza di siffatto dovere, in tal guisa forse pretermettendo però di adeguatamente riflettere – com’è chiamato a fare, funditus, il collegio che deciderà la controversia – su una serie di nuove tematiche, essenzialmente correlate all’individuazione dell’effettivo limite dell’onere di diligenza informatica che possa ragionevolmente farsi gravare sul quisque de populo:
b-1) se a carico del semplice cittadino, pur non trattandosi di un “professionista”, sia traslabile tutto quanto la giurisprudenza abbia finora enucleato sulla partecipazione delle imprese alle pubbliche gare (o degli avvocati al processo telematico);
b-2) se e fino a che punto, a fronte di malfunzionamenti del sistema o del collegamento a esso, il cittadino possa essere costretto a una sorta di “gioco dell’oca” per completare una procedura telematica impostagli (e altresì onerato di riuscire ad avvedersi per tempo dei propri insuccessi);
b-3) se meriti adeguata considerazione la tesi che sul cittadino, in quanto non imprenditore (rectius: non “professionista”), non possa gravare l’onere di munirsi d’una sorta di “ufficio informatico” per potersi correttamente rapportare con l’amministrazione pubblica, e che gli vada perciò riconosciuto, in ogni caso di difficoltà (salvo a postulare un generale obbligo di alfabetizzazione informatica quale precondizione per continuare a godere dei più elementari diritti civili), un soccorso amplissimo – preventivo, ma anche successivo – a carico della controparte pubblica (che, per proprie esigenze, abbia imposto modalità di accesso esclusivamente telematiche);
Ritenuto, pertanto e conclusivamente, che – avuto prevalente riguardo al periculum in mora, e restando perciò allo stato sostanzialmente impregiudicata ogni definitiva valutazione in punto di fumus boni iuris, da riservare eminentemente alla cognizione del Collegio – sussistono entrambe le condizioni cumulativamente richieste dalla legge affinché possa concedersi l’invocata misura cautelare monocratica;
Ritenuto che, a tal fine, devesi disporre che l’amministrazione, nelle more della decisione collegiale sull’istanza cautelare, tenga conto – considerandole a ogni effetto come ritualmente formulate – delle preferenze di sede già espresse nel procedimento dall’odierna appellante (a cui si attribuisce la facoltà, per maggior certezza di quali esse siano, di depositarne l’elenco agli atti di questo processo, con valenza certativa nei confronti della controparte pubblica sin dal momento del deposito) e proceda alle assegnazioni nel rispetto di esse, conformemente alla posizione dell’appellante in graduatoria;
Ritenuto, infine, di accogliere altresì l’istanza di autorizzazione alla notifica per pubblici proclami, nei confronti di tutti i controinteressati verso cui la parte appellante eventualmente ritenga di integrare il contraddittorio, da effettuarsi mediante pubblicazione di un estratto dell’atto di appello e del pregresso svolgimento processuale sul sito istituzionale del RIPAM, che dovrà consentirlo nei tempi tecnici più brevi, con esonero dall’indicazione nominativa dei soggetti partecipanti quali candidati al concorso per cui è causa.
P.Q.M.
ACCOGLIE l’istanza di concessione di misure cautelari monocratiche e, per l’effetto, sospende l’efficacia della sentenza appellata fino all’esito della camera di consiglio di cui infra, ordinando all’Amministrazione di tener conto da subito delle preferenze espresse dall’appellante ai fini dell’assegnazione delle sedi, secondo quanto indicato in parte motiva.