Il limite generale posto dall'art. 170 c.c. opera anche in relazione all'ipoteca di cui all'art. 77 d.P.R. n. 602/1973, ma ricade sul debitore l'onere di provare l'estraneità del debito alle esigenze familiari e la consapevolezza del creditore.
La Corte d'Appello di Bologna confermava la decisione del Tribunale con la quale era stata respinta la domanda degli attori tesa all'accertamento dell'illegittimità delle iscrizioni ipotecarie effettuate a garanzia dei crediti tributari su beni immobili compresi in un fondo patrimoniale destinato al soddisfacimento dei bisogni della famiglia.
Contro...
Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Bologna, con sentenza n. 1062/2017, pubblicata il 10/5/2017, ha confermato la decisione del Tribunale di Ravenna, che aveva respinto la domanda degli attori B. G. R. e M. D. S., volta a sentire accertare l’illegittimità delle iscrizioni ipotecarie effettuate, a garanzia di crediti tributari, ex art.77 DPE 602/1973, dalla S. R. spa sulle quote di ½ ciascuno della proprietà dell’immobile sito in R., fraz.M. di R., Via L. XX, e sulla quota di comproprietà del B. di altro immobile sempre sito in R., Via D. XX,XX,XX, beni immobili tutti inseriti in un fondo patrimoniale destinato al soddisfacimento dei bisogni della famiglia, costituito con atto pubblico, trascritto nel giugno 1996. Il Tribunale, per quanto riportato in ricorso, pur ritenendo che le obbligazioni tributarie non erano esenti dall’osservanza del disposto di cui all’art.170 c.c. (che esclude l’esecuzione sui beni inseriti nel fondo patrimoniale per crediti sorti per scopi estranei ai bisogni della famiglia se il creditore era a conoscenza dell’estraneità dello scopo del debito ai bisogni della famiglia) e che quindi «non è possibile per l’esattore espropriare i beni inseriti nel fondo patrimoniale in quanto la natura dei crediti per cui lo stesso esattore stava procedendo non trovava la sua genesi negli atti di amministrazione del fondo stesso», aveva rilevato che il vincolo di inespropriabilità non è sempre opponibile alle obbligazioni tributarie, occorrendo che si tratti di obbligazioni contratte nella gestione del fondo costituito per i bisogni della famiglia, nessuna norma prevede uno specifico divieto quanto all’ipoteca, che resta estranea al concetto di esecuzione, «non potendovi dar luogo perché condizionata dalla cessazione del vincolo».
In particolare, i giudici d’appello hanno respinto il gravame dei soli B. e M., ritenendo infondata la censura proposta «basata sull’equazione ipoteca-esecuzione», considerato che, a smentita della tesi secondo cui l’iscrizione ipotecaria è ammissibile solo allorché l’ipoteca possa tradursi in espropriazione forzata, bastava richiamare l’art.2885 c.c., il quale consente l’iscrizione pure per i crediti condizionali; in ogni caso, la questione dell’obiettiva destinazione del debito contratto al soddisfacimento di bisogni estranei alla famiglia, con la consapevolezza, in capo al creditore, di tale estraneità, non era stata né dedotta né provata dinanzi al giudice di primo grado.
Avverso la suddetta pronuncia, B. G. R. e M. D. S. propongono ricorso per cassazione, notificato l’11/12/2017, affidato a tre motivi, nei confronti dell’Agenzia Delle Entrate Riscossione (che resiste con controricorso, notificato il 22/1/2018).
Motivi della decisione
1. I ricorrenti lamentano: a) con il primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., dell’art.170 c.c., in forza del quale non può essere iscritta ipoteca sui beni costituiti in un fondo patrimoniale allorché il creditore conosceva che il debito era stato contratto per scopi estranei ai bisogni familiari, in quanto tale limite generale opera anche nei riguardi dell’esattore in relazione all’ipoteca legale ex art.77 DPR 602/1973, comunque atto preordinato e strumentale all’espropriazione immobiliare; b) con il secondo motivo, l’omesso esame, ex art.360 n. 5 c.p.c., di fatto decisivo, rappresentato dagli estratti di ruolo prodotti in giudizio, sub doc.1 e 2 del fascicolo di primo grado, decisivi ai fini del giudizio sull’oggettiva destinazione del debito al soddisfacimento di bisogni estranei a quelli della famiglia o alla gestione del fondo patrimoniale e sulla consapevolezza di tale estraneità in capo al creditore (trattandosi di crediti INPS e IRPEF correlati all’esercizio di attività imprenditoriale, del tutto personale, da parte del B. e della M.), a dimostrazione che l’estraneità ai bisogni della famiglia dei crediti tributari azionati dall’esattore, ex art.170 c.c., era stata allegata e provata sin dal primo grado ; c) con il terzo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art.360 n. 4 c.p.c., dell’art.343 c.p.c., in relazione al passaggio in giudicato della sentenza di primo grado del Tribunale di Ravenna circa la specifica statuizione, non impugnata, relativa all’insuscettibilità di espropriazione forzata da parte dell’esattore, ex art.170 c.c., dei beni immobili oggetto dell’iscrizione ipotecaria.
2. La controricorrente, in ordine al primo motivo, ne deduce l’infondatezza in quanto l’iscrizione ipotecaria ex art.77 D.P.R. n. 602/1973 non costituisce atto dell’espropriazione forzata, dovendo essere riferito a procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria (Cass. 7597/2017; Cass. S.U. 19667/2014), mentre, quanto al secondo motivo, ne rileva l’inammissibilità ex art.348 ter c.p.c., essendosi in presenza di una doppia conforme, avendo la Corte d’appello confermato l’accertamento operato dal Tribunale.
3. La prima censura è fondata.
Recita l’Art. 170 (Esecuzione sui beni e sui frutti ): «L'esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia».
Questa Corte, con sentenza n. 5385/2013, ha affermato che «L'art. 170 cod. civ., nel disciplinare le condizioni di ammissibilità dell'esecuzione sui beni costituiti nel fondo patrimoniale, detta una regola applicabile anche all'iscrizione di ipoteca non volontaria, ivi compresa quella di cui all'art. 77 del d.P.R. 3 marzo 1973, n. 602. Ne consegue che l'esattore può iscrivere ipoteca su beni appartenenti al coniuge o al terzo, conferiti nel fondo, qualora il debito facente capo a costoro sia stato contratto per uno scopo non estraneo ai bisogni familiari, ovvero quando - nell'ipotesi contraria - il titolare del credito, per il quale l'esattore procede alla riscossione, non conosceva l'estraneità ai bisogni della famiglia; viceversa, l'esattore non può iscrivere l'ipoteca - sicchè, ove proceda in tal senso, l'iscrizione è da ritenere illegittima - nel caso in cui il creditore conoscesse tale estraneità». L’orientamento è stato successivamente confermato (Cass. 1512/2016: «L'art. 170 c.c., nel disciplinare le condizioni di ammissibilità dell'esecuzione sui beni costituiti nel fondo patrimoniale, detta una regola applicabile anche all'iscrizione di ipoteca non volontaria, ivi compresa quella di cui all'art. 77 del d.P.R. n. 602 del 1973, sicché l'esattore può iscrivere ipoteca su beni appartenenti al coniuge o al terzo, conferiti nel fondo, se il debito sia stato da loro contratto per uno scopo non estraneo ai bisogni familiari, ovvero - nell'ipotesi contraria - purché il titolare del credito, per il quale l'esattore procede alla riscossione, non fosse a conoscenza di tale estraneità, dovendosi ritenere, diversamente, illegittima l'eventuale iscrizione comunque effettuata»; Cass. 2998/2018: «In tema di riscossione coattiva, l'iscrizione ipotecaria di cui all'art. 77 del d.P.R. n. 602 del 1973 è ammissibile anche sui beni facenti parte di un fondo patrimoniale alle condizioni indicate dall'art. 170 c.c., sicché è legittima solo se l'obbligazione tributaria (nella specie, per sanzioni amministrative per violazione del codice della strada e per omesso pagamento di tributi) sia strumentale ai bisogni della famiglia o se il titolare del credito non ne conosceva l'estraneità a tali bisogni, gravando in capo al debitore opponente l'onere della prova non solo della regolare costituzione del fondo patrimoniale, e della sua opponibilità al creditore procedente, ma anche della circostanza che il debito sia stato contratto per scopi estranei alle necessità familiari, avuto riguardo al fatto generatore dell'obbligazione e a prescindere dalla natura della stessa»; Cass. 10166/2020: «In tema di riscossione coattiva delle imposte, l'iscrizione ipotecaria è ammissibile anche sui beni facenti parte di un fondo patrimoniale alle condizioni indicate dall'art. 170 c.c., sicché è legittima solo se l'obbligazione tributaria sia strumentale ai bisogni della famiglia o se il titolare del credito non ne conosceva l'estraneità a tali bisogni, ma grava sul debitore che intenda avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti nel fondo l'onere di provare l'estraneità del debito alle esigenze familiari e la consapevolezza del creditore»).
Si è da ultimo poi chiarito (Cass. 29983/2021) il riparto dell’onere probatorio: «In tema di fondo patrimoniale, per contestare il diritto del creditore ad agire esecutivamente, ed anche il diritto di iscrivere ipoteca giudiziale, il debitore opponente deve sempre dimostrare la regolare costituzione del fondo e la sua opponibilità al creditore procedente, e pure che il suo debito verso quest'ultimo venne contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia; la rispondenza o meno dell'atto ai bisogni della famiglia richiede una verifica estesa al riscontro di compatibilità con le più ampie esigenze dirette al pieno mantenimento e all'armonico sviluppo familiare, cosicché l'estraneità non può considerarsi desumibile soltanto dalla tipologia di atto (la fideiussione prestata in favore di una società) in sé e per sé considerata» (nella specie questa Corte ha respinto la tesi della ricorrente secondo cui, in presenza di una fideiussione a favore di una società, ricorrono "in re ipsa" entrambi i presupposti: sia quello dell'estraneità ai bisogni della famiglia sia, automaticamente, quello della conoscenza di questa in capo al creditore, senza bisogno di provare altro che l'esistenza della fideiussione medesima, cosicché la prova dell'estraneità del debito ai bisogni della famiglia andrebbe considerata assolta per definizione).
Quindi, il limite generale posto dall’art.170 c.c. opera anche rispetto all’iscrizione di ipoteca ex art.77 D.P.R. n. 602/1973, ma ricade sul debitore l’onere della prova circa l’estraneità del debito alle esigenze familiari e la consapevolezza del creditore.
Non è in contraddizione con tale tesi il principio posto dalle Sezioni Unite nella sentenza n.19667 /2014 circa il fatto che l’iscrizione ipotecaria prevista dall'art. 77 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, misura funzionale alla riscossione coattiva dell'imposta, non costituisce atto dell'espropriazione forzata, ma va riferita ad una procedura alternativa all'esecuzione forzata vera e propria, sicché può essere effettuata anche senza la necessità di procedere alla notifica dell'intimazione di cui all'art. 50, secondo comma, del d.P.R. n. 602 cit., in quanto con detta pronuncia si è voluto solo chiarire che si tratta di una procedura alternativa all’esecuzione, non soggetta alle regole procedurali di quest’ultima. Peraltro si è anche affermato che l'iscrizione di ipoteca ai sensi dell'art. 77 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602. sugli immobili del debitore e dei coobbligati al pagamento dell'imposta, non è riconducibile all' ipoteca legale prevista dall'art. 2817 cod. civ., o all'ipoteca giudiziale, prevista dall'art. 2818 cod. civ. (Cass.3232 /2012; Cass. 3397/2012; Cass. 4464/2016; Cass. 19749/2017; Cass. 23661/2020).
4. Anche la seconda censura, volta a contestare la seconda ratio decidendi che sorregge la sentenza qui impugnata, è fondata.
Anzitutto non è di ostacolo il disposto dell’art.348 ter c.p.c., in vigore ratione temporis, considerato, come da ultimo chiarito da questa Corte (Cass.7724 /2022) che «ricorre l'ipotesi di «doppia conforme», ai sensi dell'art. 348 ter, commi 4 e 5, c.p.c., con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico- argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice». In sostanza, l’ipotesi prevista dall’art. 348 – ter, quarto e quinto comma, c.p.c. ricorre qualora la sentenza di appello confermi la decisione di prime cure sulla base delle «stesse ragioni inerenti alle questione di fatto», essendo sufficiente che le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico – argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa.
Ora, nella specie, non può dirsi che le due sentenze siano fondate sul medesimo iter logico in relazione ai fatti di causa, avendo, per quanto emerge dal ricorso e dalla sentenza (l’Agenzia controricorrente non ha invece sufficientemente indicato il contenuto della statuizione di primo grado), il Tribunale affermato che il limite, per l’espropriazione forzata, di cui all’art.170 c.c. non opera sempre per le obbligazioni tributarie, essendo «in pratica i beni del fondo espropriabili solo quando i debiti tributari gravino sui beni o derivino dall’attività di gestione del fondo patrimoniale; ma nel caso in esame non ricorre alcuna di tali ipotesi» (trascrizione questa del contenuto della sentenza del Tribunale operata dalla Corte d’appello) e concluso che tale divieto non concerne comunque l’ipoteca, «estranea al concetto di esecuzione», mentre la Corte d’appello, nella seconda ratio, che qui interessa, ha ritenuto invece che l’estraneità del debito al soddisfacimento dei bisogni della famiglia, con la consapevolezza di tale estraneità in capo al creditore, difettava proprio addirittura di allegazione, oltre che, conseguentemente, di prova.
La censura è fondata in quanto i ricorrenti deducono invece di avere allegato e provato, sin dal primo grado di giudizio, tale fatto storico decisivo con i doc.ti 1 e 2 del fascicolo di primo grado, dai quali emergeva che si trattava di debiti per contributi INPS e debiti fiscali per IRPEF correlata ad attività imprenditoriale svolta dagli stessi. Quindi nella specie ricorre proprio l’omesso esame, non di elementi istruttori - che di per sé non integra il vizio di omesso esame di un fatto decisivo ex art.360 n. 5 c.p.c. nuova formulazione – ma del fatto storico, rilevante in causa, non preso in considerazione dal giudice (Cass. S.U. 8053/2014; Cass. 27415/2018).
5. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52 siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.