Ciò si fonda sulla presunzione che negli Stati UE la tutela dei minori sia assicurata nei sistemi processuali-penali in senso conforme ai principi di diritto oggetto anche delle convenzioni europee.
La Corte d'Appello di Venezia disponeva la consegna del minorenne alle competenti Autorità francesi in relazione al MAE emesso limitatamente ai reati di furto commessi dopo il raggiungimento dell'età di 14 anni. Nello specifico, era accaduto che a seguito della convalida dell'arresto, il minore era stato sottoposto alla misura dell'obbligo di dimora,...
Svolgimento del processo
1. Con il provvedimento in epigrafe indicato, la Corte di appello di Venezia ha disposto la consegna di O. A. alle competenti Autorità della Francia, in relazione al m.a.e. emesso il giorno 12 marzo 2021 dal Tribunale di Rennes limitatamente ai reati di furto commessi in epoca successiva al 27 agosto 2018, ovvero dopo il raggiungimento dell'età di anni 14 da parte del predetto, con esclusione dei furti commessi precedentemente e dei reati di guida senza patente e di guida pericolosa, perché non previsti come reati dalla legge penale italiana.
In particolare, dopo la convalida dell'arresto eseguito in data 21 agosto 2022, il ricorrente è stato sottoposto alla misura dell'obbligo di dimora, quindi la Corte di appello con la sentenza impugnata ne ha disposto la consegna alla competente A.G. dello Stato emittente, escludendo i furti commessi prima del raggiungimento dei 14 anni in applicazione del motivo di rifiuto obbligatorio previsto dall'art.18, lett. c), l. 22 aprile 2005, n.69 come modificato dal d.lgs. 2 febbraio 2021 n.10.
Sono state ritenute infondate le ragioni addotte dalla difesa in relazione alla condizione di minorenne che il consegnato aveva al tempo della commissione dei reati, essendosi valorizzata l'assenza di elementi concreti che dimostrino la sussistenza del pericolo di essere soggetto in Francia ad un regime punitivo non differenziato rispetto a quello previsto per i maggiorenni.
2. Avverso la su indicata pronuncia della Corte d'appello, il difensore di O. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un unico motivo per violazione di legge in relazione all'art.2 della legge n.69/2005, come modificato dal d.lgs. 2 febbraio 2021, n.10 per la interpretazione errata della citata disposizione che pone a carico dello Stato di esecuzione la previa verifica della possibilità che presso l'ordinamento dello Stato emittente siano lesi i diritti fondamentali garantiti anche dall'Unione Europea per la tutela del minorenne sottoposto a processo penale.
Al riguardo si osserva che è onere dell'autorità giudiziaria dello Stato richiesto verificare se l'esecuzione del mandato di arresto europeo possa essere lesivo delle garanzie costituzionali e dei diritti fondamentali garantiti dalle convenzioni sovranazionali.
In particolare la Corte lagunare ha pretermesso qualsiasi vaglio in ordine alla esistenza di un regime differenziato processuale penale nei confronti del minorenne, ponendo a carico della difesa l'onere di allegare elementi di valutazione sul punto, trincerandosi dietro la presunzione dell'esistenza anche in Francia di un sistema giuridico adeguato al rispetto dei principi europei in materia di tutela dei soggetti minorenni.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
L'art. 2 ("Rispetto dei diritti fondamentali e garanzie costituzionali") della legge n.69/2005 non legittima l'introduzione di motivi di rifiuto diversi da quelli fissati dalla legge quadro e recepiti dalla legge nazionale come anche di recente affermato dalla Corte Costituzionale con l'ordinanza n. 216 del 2021, secondo cui le esigenze di uniformità ed effettività comportano che sia, di regola, precluso alle autorità giudiziarie dello Stato di esecuzione rifiutare la consegna al di fuori dei casi imposti o consentiti dalla decisione quadro 2002/584/GAI del 13 giugno 2002 relativa al mandato d'arresto europeo, sulla base di standard di tutela puramente nazionali, non condivisi a livello europeo, dei diritti fondamentali della persona interessata.
In particolare sono state richiamate le sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea, 5 aprile 2016, in cause riunite C-404/15, e C-659/15 PPU, Aranyosi e Caldararu, che hanno introdotto nel diritto dell'Unione meccanismi che consentono di assicurare la tutela dei diritti fondamentali delle persone interessate da un mandato di arresto europeo, nel quadro di un sistema di regole comuni vincolanti per tutti gli Stati membri, sicchè spetta solo alla Corte di Giustizia stabilire se introdurre nuovi casi di rifiuto rispetto a quelli indicati nella decisione quadro in cui lo Stato di esecuzione possa richiedere informazioni allo Stato di emissione e nel caso di risposte non adeguate di rifiutare la consegna.
Va osservato che l'art. 18, alla lett. i), prevedeva un motivo di rifiuto obbligatorio relativo alla necessità di verifica della esistenza di trattamento punitivo e carcerario differenziato per i minorenni, ora non più vigente.
Si deve ricordare che il d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 10 ha operato una generalizzata soppressione di tutte le disposizioni interne difformi dalla disciplina europea al fine di adeguare la normativa nazionale alle disposizioni della decisione quadro 2002/584/GAI relativa al mandato di arresto europeo.
Il nuovo testo dell'art. 18, per la parte che qui interessa, alla lett. c), prevede ora come unico motivo di rifiuto obbligatorio il caso che la persona oggetto del mandato d'arresto europeo risulti essere minore degli anni 14 al momento della commissione del reato.
La soppressione del motivo di rifiuto relativo alla verifica della esistenza di un sistema differenziato punitivo e carcerario per i minorenni, come anche quello relativo alla necessaria verifica della imputabilità per i minori di anni 18, si giustifica sulla base della presunzione che negli Stati UE la tutela del minorenne è assicurata nei sistemi processuali-penali in modo coerente ai principi di diritto affermati anche dalle convenzioni europee (art. 24 par. 2 della Carta e del considerando n. 8 della direttiva europea 2016/800 del Parlamento europeo per il rispetto delle garanzie procedurali per i minori indagati o imputati in procedimenti penali - Corte di Giustizia 23 gennaio 2018, Piotrowski, par. 37).
La direttiva (UE) 2016/800 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2016, sulle garanzie procedurali per i minori indagati o imputati nei procedimenti penali (GU 2016, L 132, pag. 1), al suo considerando 8 prevede quanto segue: «Quando i minori sono indagati o imputati nei procedimenti penali o soggetti a una procedura di esecuzione di un mandato d'arresto europeo a norma della decisione quadro 2002/584/GAI (...), gli Stati membri dovrebbero garantire che l'interesse superiore del minore sia sempre considerato preminente, a norma dell'articolo 24, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (Carta)».
Quindi posto che il rispetto dei diritti dei minori indagati o imputati è assicurato da tutti gli Stati membri che aderiscono alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, detta presunzione costituisce il fondamento dell'emissione del mandato di arresto europeo, ed è onere della parte allegare elementi concreti di valutazione che possano suffragarne la violazione da parte dell'ordinamento dello Stato emittente, che non può essere perciò dedotta in modo soltanto ipotetico ed astratto.
Nella sopra richiamata sentenza Piotroski con riferimento alla tutela dei diritti dei minori imputati è stato affermato precisamente che : " ...nel caso di un procedimento riguardante un mandato d'arresto europeo, la garanzia di tali diritti spetta in primo luogo allo Stato membro emittente, che si deve presumere rispetti il diritto dell'Unione e, in particolare, i diritti fondamentali riconosciuti da quest'ultimo [v., in tal senso, parere 2/13 (Adesione dell'Unione alla CEDU), del 18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454, punto 191 e giurisprudenza citata]".
Mentre sulla verifica della capacità di intendere in concreto del minore, si evidenzia che "un tale riesame infrangerebbe e priverebbe di ogni effetto utile il principio di riconoscimento reciproco, il quale implica che esista una reciproca fiducia nel fatto che ciascuno degli Stati membri accetta l'applicazione del diritto penale vigente negli altri Stati membri, anche quando l'attuazione del proprio diritto nazionale porterebbe a una soluzione diversa, e quindi non consente all'autorità giudiziaria dell'esecuzione di sostituire la propria valutazione sulla responsabilità penale del minore oggetto di un mandato d'arresto europeo a quella già effettuata, nello Stato membro emittente, nell'ambito della decisione giudiziaria sulla quale si basa tale mandato".
È stato, pertanto, convenuto che l'articolo 3 della decisione quadro 2002/584 (Motivi di non esecuzione obbligatoria del mandato di arresto europeo), al punto 3, relativo all'età della persona oggetto del mandato d'arresto, deve essere interpretato nel senso che, per decidere sulla consegna di un minore oggetto di un mandato d'arresto europeo, l'autorità giudiziaria dell'esecuzione deve soltanto verificare se l'interessato abbia raggiunto l'età minima per essere considerato penalmente responsabile, nello Stato membro di esecuzione, dei fatti all'origine di tale mandato, senza dover tenere conto di eventuali condizioni supplementari, relative a una valutazione personalizzata, alle quali il diritto di tale Stato membro subordina in concreto l'esercizio dell'azione penale o la condanna nei confronti di un minore per tali fatti.
Si deve, pertanto, ribadire che costituisce preciso onere della difesa allegare fonti attendibili, specifiche ed aggiornate su cui poter fondare la ragionevole affermazione dell'esistenza di un concreto pericolo che il ricorrente, durante la detenzione all'estero, possa essere sottoposto a condizioni incompatibili con la tutela della condizione di minorenne, considerato che in linea generale non vi sono elementi per ritenere che l'ordinamento francese non contempli forme di tutela dei minori analoghe a quelle nazionali.
E solo in tal caso, non essendo previsto un motivo di rifiuto riferito alla verifica dell'esistenza di un trattamento punitivo differenziato per i soggetti minorenni, che si sarebbe eventualmente reso necessario un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia europea per valutare l'opportunità di introdurre un "nuovo" motivo di rifiuto, non essendo consentito agli Stati membri, come sopra osservato nella citata ord. della Corte Cost. n. 216 del 2021, introdurre autonomamente dei motivi di rifiuto diversi da quelli fissati dalla legge quadro o comunque riconosciuti dall'ordinamento sovranazionale europeo.
3. Trattandosi di ricorso proposto nell'interesse di soggetto minorenne all'epoca della consumazione dei reati, non va disposta la condanna al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria in favore della cassa delle ammende (Sez. U, n. 15 del 31/05/2000, Rv. 216704).
La Cancelleria curerà l'espletamento degli incombenti di cui all'art. 22, comma 5, della L. n. 69/2005.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, della L. n. 69 del 2005.