Svolgimento del processo
Con la pronuncia impugnata, la Corte d’Appello di Napoli ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli avverso la sentenza del Tribunale di S. Maria Capua Vetere, che aveva accolto l’opposizione di C. M. e di L. Sas di C. M. & C. all’ordinanza ingiunzione emanata dalla sezione territoriale di Caserta dell’Agenzia ricorrente. Il gravame, in particolare, era stato ritenuto tardivo perché proposto oltre il termine di trenta giorni dalla notifica della sentenza di primo grado, eseguita a mezzo PEC all’indirizzo dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli risultante dai pubblici registri. Inoltre, esso era stato introdotto dalla sede centrale dell’Agenzia, e non dall’articolazione periferica che aveva emesso l’ordinanza impugnata, legittimata ai sensi dell’art. 23 della legge n. 689 del 1981.
Per la cassazione di detta decisione propone ricorso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, affidandosi a due motivi.
Resistono con controricorso C. M. e L. Sas di C. M. & C..
La parte controricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.
Motivi della decisione
Con il primo motivo, l’Agenzia ricorrente lamenta la violazione degli artt. 170 e 285 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto la notificazione della sentenza di primo grado, eseguita all’indirizzo PEC dell’Amministrazione, idonea a provocare la decorrenza del termine breve per impugnare. Ad avviso della ricorrente, a tale effetto la sentenza avrebbe dovuto essere notificata, invece, al funzionario delegato tramite cui l’Agenzia si era costituita in primo grado.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale seguito da questa Corte sino al 2013, “Allorchè l'amministrazione statale sia costituita in giudizio avvalendosi di un proprio dipendente, secondo la previsione di cui all'art. 417 bis cod. proc. civ., la notifica della sentenza di primo grado ai fini del decorso del termine di impugnazione va effettuata allo stesso dipendente; la citata norma, infatti, va interpretata nel senso che essa attribuisce al dipendente di cui l'amministrazione si sia avvalsa tutte le capacità connesse alla qualità di difensore in tale giudizio, ivi compresa quella di ricevere la notificazione della sentenza, ancorché tale atto si collochi necessariamente in un momento successivo alla conclusione del giudizio stesso”. (cfr. Cass., Sez. L, Sentenza n. 4690 del 22/02/2008, Rv. 602130; in senso conforme, cfr. Cass., Sez. L, Sentenza n. 12730 del 23/05/2013, Rv. 626482).
Tale interpretazione, tuttavia, è stata successivamente superata, sia nell’ipotesi in cui il funzionario costituito ometta di eleggere domicilio ai sensi dell’art. 82 del R.D. n. 37 del 1934 (nel qual caso si è ritenuto che “devono ritenersi valide le notifiche effettuate presso la cancelleria del giudice adito, anche ai fini della decorrenza del termine breve ex art. 326 c.p.c.”: cfr. Cass. Sez. L, Sentenza n. 12345 del 10/05/2021, Rv. 661216), sia, più in generale, nel caso in cui il giudizio di secondo grado abbia ad oggetto un provvedimento emesso successivamente alla data di entrata in vigore dell’art. 16 del D.L. n. 179 del 2012, convertito con modificazioni in L. n. 221 del 2012. Ai sensi di tale ultima disposizione (oggi integrata dall’art. 289, comma 1, lett. a), del D.L. n. 76 del 2020, convertito con modificazioni in L. n. 120 del 2020), le comunicazioni e notificazioni alle pubbliche amministrazioni che stanno in giudizio medianti propri dipendenti “… vanno eseguite esclusivamente per via telematica agli indirizzi di posta elettronica comunicati ai sensi del comma 12 dell’art. 16 citato, senza che, ove effettuate al funzionario delegato con altre modalità, possa operare la sanatoria per raggiungimento dello scopo, in quanto la necessità di interpretare restrittivamente le norme in materia di decadenza dall’impugnazione esclude la possibilità di individuare un momento di decorrenza del termine individuate dalla legge” (Cass. Sez. L, Sentenza n. 14195 del 24/05/2021, Rv. 661299). Il principio, che è stato affermato dal precedente appena richiamato in un giudizio vertente in materia di lavoro, è applicabile a tutti i giudizi civili, posto che ad essi si riferiscono, in particolare, il quarto ed il settimo comma dell’art. 16 del D.L. n. 179 del 2012, il primo dei quali relativo alle notificazioni e comunicazioni da eseguirsi a cura della cancelleria, ed il secondo invece concernente “… tutte le comunicazioni e le notificazioni alle pubbliche amministrazioni che stanno in giudizio avvalendosi di propri dipendenti …”, in relazione alle quali è previsto che “… sono effettuate esclusivamente agli indirizzi di posta elettronica comunicati a norma del comma 12” (cfr. ancora Cass. Sez. L, Sentenza n. 14195 del 24/05/2021, Rv. 661299, in motivazione, a pagg. 4 e 5). L’uso, nella disposizione da ultimo richiamata, della parola “esclusivamente” esprime la chiara intenzione del legislatore di ritenere valida soltanto la notificazione eseguita in forma telematica all’indirizzo comunicato ai sensi del comma 12 dell’art. 16 del D.L. n. 179 del 2012, con conseguente nullità di ogni altra forma di notificazione, ivi inclusa quella a mani del funzionario, in precedenza ritenuta necessaria dal diverso, ed ormai superato, indirizzo interpretative seguito da questa Corte.
Da quanto sopra deriva la ritualità della notificazione della sentenza di prime cure, eseguita dall’odierno controricorrente il 30.5.2019 all’indirizzo PEC dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli risultante dal Registro delle PP.AA. (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata) e la correttezza della statuizione di inammissibilità del gravame assunta dalla Corte distrettuale, posto che lo stesso era stato proposto con ricorso depositato il 20.9.2019, successivamente, dunque, alla scadenza del termine di 30 giorni dalla notificazione della decisione di primo grado, previsto dall’art. 325 c.p.c.
Il rigetto del primo motive implica l’assorbimento del secondo, con il quale l’Agenzia ricorrente lamenta la violazione degli art. 81 c.p.c. e 23 della Legge n. 689 del 1981, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c. Ad avviso della ricorrente, infatti, la Corte di Appello avrebbe erroneamente affermato che la legittimazione ad impugnare la decisione di prima istanza spettava all’articolazione territoriale che aveva emesso l’ordinanza impugnata dal C., poiché la riforma del Ministero delle Finanze e dell’Amministrazione fiscal operata con D. Lgs. n. 300 del 2019 aveva previsto che solo le Agenzie sono dotate di personalità giuridica di diritto pubblico, mentre le loro articolazioni territoriali non hanno soggettività giuridica nè autonomia funzionale.
Una volta, invero, confermata la statuizione di inammissibilità dell’appello contenuta nella sentenza impugnata, ogni questione relativa alla legittimazione del soggetto che, in concreto, aveva proposto il gravame diviene del tutto ininfluente ai fini della decisione.
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto –ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002– della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 3.200, di cui € 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali, nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.