Il Tribunale di Foggia dichiarava illegittimo il provvedimento del medesimo ufficio con il quale, all'esito del procedimento di accertamento tecnico preventivo promosso dall'attuale ricorrente, era stato posto a carico di tutte le parti, in solido, l'obbligo di saldare le competenze del CT designato dal...
Svolgimento del processo
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Foggia ha dichiarato illegittimo il provvedimento del medesimo ufficio con il quale, all’esito del procedimento di accertamento tecnico preventivo promosso da N.G.M. nei confronti di B. S.c.r.l. e di D.G., erano stato posto a carico di tutte le parti, in solido, l’obbligo di saldare le competenze del consulente tecnico designato dal Tribunale.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione N.G.M., affidandosi ad un unico motivo. Resistono con separati controricorsi B. S.c.r.l. e D.G..R.M., intimato, non ha invece svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
Tutte le parti costituite hanno depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.
Motivi della decisione
Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.: “PROPOSTA DI DEFINIZIONE EX ART.380-BIS COD. PROC. CIV.
RIGETTO del ricorso.
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Foggia ha dichiarato illegittimo il provvedimento del medesimo ufficio con il quale, all’esito del procedimento di accertamento tecnico preventivo promosso da N.G.M. nei confronti di B. S.c.r.l. e di D.G., erano stato posto a carico di tutte le parti, in solido, l’obbligo di saldare le competenze del consulente tecnico designato dal Tribunale.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione M.G.M., affidandosi ad un unico motivo. Resistono con separati controricorsi B. S.c.r.l. e D.G..
Con l’unico motivo, il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 696, 696 bis, 91 e 92 c.p.c., perché il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l’opposizione al decreto di liquidazione delle spese. Ad avviso del ricorrente, il giudice di merito non avrebbe potuto sindacare la decisione di porre le spese del procedimento di A.T.P. a carico di tutte le parti, in solido tra loro, né condannare il M. alle spese della fase di opposizione.
La censura è infondata. Il Tribunale ha inquadrato l’opposizione proposta dagli odierni controricorrenti nell’ambito del rimedio previsto dall’art. 15 del D. Lgs. n. 150 del 2011 (opposizione a decreto di pagamento di spese di giustizia) e l’ha ritenuta fondata, sulla base della condivisibile osservazione che, alla luce della natura non contenziosa dei procedimenti di A.T.P., non è configurabile alcuna soccombenza. La regolazione delle relative spese, dunque, non può che avvenire unitamente al merito, all’esito del relativo giudizio. Di conseguenza, gli esborsi relativi alla procedura di acquisizione anticipata della prova restano a carico della parte richiedente e vanno qualificati come anticipazioni.
L’opposizione al decreto di liquidazione, invece, introduce un giudizio di natura contenziosa, onde al suo esito è necessaria una statuizione sulle relative spese, che –nella specie– è stata fondata sul criterio generale della soccombenza”.
Il Collegio osserva che il ricorso contrasta con l’orientamento di questa Corte, secondo cui “Le spese dell’accertamento tecnico preventivo ante causam devono essere poste, a conclusione della procedura, a carico della parte richiedente, in virtù dell’onere di anticipazione e del principio di causalità, e devono essere prese in considerazione, nell’eventuale successivo giudizio di merito, come spese giudiziali, da regolare in base agli ordinari criteri di cui agli art. 91 e 92 c.p.c.” (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 9735 del 26/05/2020, Rv. 658013). Di conseguenza, esso va dichiarato inammissibile.
La memoria depositata dal ricorrente in prossimità dell’adunanza camerale non offre elementi nuovi, essendo meramente riproduttiva dei motivi di ricorso. I precedenti richiamati a pag. 2, in particolare, non sono decisivi: essi infatti confermano, da un lato, che la regolamentazione delle spese processuali non va fatta all’esito del procedimento di A.T.P., ma dell’eventuale giudizio di merito successivamente introdotto; e, dall’altro lato, che il governo delle spese presuppone una valutazione di soccombenza estranea al procedimento ante causam di cui anzidetto, in considerazione della sua peculiare finalità e della sua natura non contenziosa.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza nei confronti delle parti controricorrenti. Nulla invece per quella rimasta intimata.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto –ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002– della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore di ciascuno dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 2.200, di cui € 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.