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2 novembre 2022
Quando il c.d. caregiver può ottenere l’esonero dai servizi notturni?

La compresenza di diverse dizioni a livello nazionale, comunitario e internazionale (persona non autosufficiente, portatore di handicap, invalido e inabile) non consente di operare una sovrapposizione in termini giuridici della nozione di disabile a quella di persona con handicap anche lieve di cui all'art. 3, comma 1, della L. n. 104 del 1992.

La Redazione

La vicenda trae origine dal ricorso proposto dinanzi al TAR da un sovrintendente capo della Polizia di Stato ai fini dell'annullamento dei provvedimenti dirigenziali con i quali gli era stata negata l'esenzione dal lavoro notturnoper assistere la moglie, riconosciuta portatrice di handicap ai sensi dell'art. 3, comma 1, L. n. 104/1992.
Il TAR accoglieva il ricorso sull'assunto che nel silenzio della disposizione non potesse essere introdotto surrettiziamente un requisito aggiuntivo, cioè la gravità della situazione di disabilità.
Contro tale decisione, il Ministero dell'Interno propone ricorso dinanzi al Consiglio di Stato.

Con la sentenza n. 8798 del 17 ottobre 2022, il Consiglio di Stato dichiara l'appello fondato, rilevando che l'intera vicenda ruota intorno all'esatta interpretazione dell'art. 53 D. Lgs. n. 151/2001 nella parte in cui consente l'esonero dal servizio notturno anche ai c.d. caregiver, cioè ai lavoratori che hanno a carico persone con disabilità ai sensi della L. n. 104/1992. Possono, infatti, cogliersi due letture opposte a seconda che si sposti il baricentro della norma nella parte in cui rinvia alla Legge 104 sulla definizione generica di disabilità oppure sul concetto di avere “a carico” il disabile.
A proposito dell'esonero dal servizio notturno, la legge individua specifiche categorie di lavoratori per le quali sussiste un inderogabile e generalizzato divieto di utilizzo, distinguendole da quelle per le quali non vige tale divieto, rientrando tra i primi le donne in stato di gravidanza e i minori, oltre alle madri fino al compimento del primo anno di età del bambino; rientrano nella seconda categoria, invece, le lavoratrici madri o, in alternativa, i padri di bambini di età inferiore a 3 anni, nonché i genitori adottivi o affidatari di minore nei primi 3 anni dall'ingresso dello stesso in famiglia e comunque non oltre il compimento del suo dodicesimo anno di età, ed i genitori unici affidatari di minori di anni 12. Ora, in tale categoria rientrano anche i «lavoratori che hanno a carico persone con disabilità ai sensi della legge 104/92», tenendo conto che con termine ormai desueto l'art. 3 della Legge 104 definisce handicappata la persona che «presenta una minorazione fisica, psichica e sensoriale, stabilizzata o progressiva, causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione» e che l'accertamento di tale stato deve avvenire a cura delle aziende sanitarie locali mediante apposita commissione medica.

Ciò posto, il Consiglio di Stato osserva che si è assistito nel tempo all'allargamento delle maglie di tale impostazione iniziale che ha portato al superamento dei requisiti originariamente previsti e all'ampliamento dei soggetti legittimati a fruire degli istituti.
Tuttavia, l'art. 53 D. Lgs. n. 151/2001 non può essere letto in manera avulsa dal contesto normativo in cui si inserisce, evidenziando che «La compresenza, con riferimento alla disabilità lato sensu intesa, di diverse dizioni a livello nazionale, comunitario e internazionale (persona non autosufficiente, portatore di handicap, invalido e inabile), astrattamente anche applicabili contemporaneamente al medesimo soggetto, non consente in alcun modo di limitare il richiamo alla l. n. 104 del 1992 alla sola generica definizione di disabile». Per questa ragione, «il regime dell'esonero dal servizio notturno del prestatore di assistenza, proprio in quanto replicato sia in sede di declinazione delle tutele genitoriali, sia in sede di disciplina dell'organizzazione dell'attività lavorativa, può essere fatto rientrare tra gli strumenti di tutela indiretta del disabile, al pari degli altri istituti più specificamente mirati allo scopo» ma solo laddove la richiesta del lavoratore sia funzionale alla necessità di assistenza declinata dalla Legge 104, conseguendone che ove manchi del tutto il nesso causale tra l'esenzione dai turni notturni e l'assistenza al disabile non può riconoscersi un uso del diritto coerente con la sua funzione, il che accade ogni volta che l'entità dell'handicap non sia tale da rendere il portatore sostanzialmente non autosufficiente.
Alla luce di tali argomentazioni, il Collegio afferma che «la dicitura «a proprio carico» riferita al soggetto disabile per l'assistenza al quale si chieda l'esonero dai turni notturni utilizzata nell'art. 53 del d.lgs. n. 151 del 2001, non può non essere intesa nell'accezione etimologica, prima ancora che giuridica, di “necessitante di cura e assistenza” al punto tale da essere, appunto, “a carico” di chi gliela presta», non rilevando a tal fine la “vivenza a carico”.
Segue l'accoglimento del ricorso.

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