La Corte d'Appello di Venezia riformava la sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda dell'attuale ricorrente nei confronti del coniuge divorziato avente ad oggetto la condanna di quest'ultima a corrispondere all'attore il valore corrispondente alla metà dell'immobile di proprietà della convenuta, facente parte della comunione de...
Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Venezia, con sentenza n. 2317/2019, pubblicata il 4/6/2020, ha riformato la decisione di primo grado, che aveva accolto la domanda di B.L., con citazione del marzo 2012, nei confronti della I.M.T. (coniuge divorziato), di condanna della convenuta alla corresponsione all’attore del valore corrispondente alla metà dell’immobile di proprietà della I. (un terreno e dei fabbricati sullo stesso costruiti), facente parte della comunione de residuo al momento della separazione dei coniugi, nel giugno 1998, quando era venuto meno il regime di comunione legale che i coniugi avevano scelto, non essendo intervenuta prescrizione del diritto di credito del B., decorrendo la stessa non dall’omologa della separazione (il 9/6/1998) ma dalla cessazione degli effetti civili del matrimonio (12/7/2006), con applicabilità della sospensione del termine di prescrizione, in pendenza di separazione e fino alla sentenza di divorzio.
In particolare, i giudici d’appello, in accoglimento del gravame della Indizio, nel respingere tutte le domande avanzate dal B.L., hanno sostenuto che erano fondati sia il primo motivo, attinente all’eccezione di intervenuto giudicato formatosi nel giudizio di primo grado, per effetto della reiezione, con sentenza n. 159/009 del Tribunale d Verona, Sez.dist. di Soave, della domanda di divisione in natura del compendio immobiliare sito in (omissis) Via (omissis), con acquiescenza formulata dal B. rispetto a tale sentenza, atteso che il diritto di credito azionato dal medesimo nel presente giudizio era «conseguente della divisione dell’immobile, essendo relativo alla quota corrispondente alla metà del valore degli immobili di proprietà della moglie», sia il terzo motivo, dovendosi escludere l’applicabilità della sospensione della prescrizione nella presente fattispecie, in conformità a quanto statuito dal giudice di legittimità nelle sentenze nn. 7981 e 18078 del 2014, in ordine all’interpretazione restrittiva dell’art.2941 c.c., come riferita al solo vincolo coniugale pienamente inteso, con esclusione del regime della separazione personale, cosicché l’azione del B., decorrendo il termine di prescrizione dall’omologa della separazione (non potendo ravvisarsi alcuna riluttanza del B. a convenire in giudizio il coniuge già separato), doveva dichiararsi prescritta.
Avverso la suddetta pronuncia, B.L. propone ricorso per cassazione, notificato il 7/1/2020, affidato a tre motivi, nei confronti di I.M.T. (che resiste con controricorso, notificato il 14/2/2020).
Motivi della decisione
1. Il ricorrente lamenta: a) con il primo motivo, la violazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., degli artt.2909 c.c. e 324 c.p.c., in quanto la sentenza del Tribunale di Soave, n. 150/2009, non aveva avuto ad oggetto il diritto di credito pari al valore della metà degli immobili di proprietà della I. ma la divisione vera e propria della proprietà della ex moglie ed il Tribunale anzi aveva chiarito che non poteva essere accolta la domanda di divisione proposta «non creando la comunione de residuo una contitolarità dei beni in essa ricompresi ma…solo il sorgere di un credito a favore del coniuge non titolare» ;
b) con il secondo motivo, la violazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., dell’art.2941 c.c., dovendosi ritenere applicabile ai coniugi separati la sospensione della prescrizione, atteso che il vincolo coniugale, pur attenuato durante la separazione personale, cessa solo con il divorzio;
c) con il terzo motivo, la violazione, sempre ex art.360 n. 3 c.p.c., degli artt.153 e 294 c.p.c., in quanto l’interpretazione dell’art.2941 c.c., in senso restrittivo, è mutata solo nel 2014, dopo che nell’anno 1998 era avvenuta la separazione consensuale tra i coniugi e dopo che nell’anno 2013 era iniziata la causa di primo grado, in applicazione del principio dell’overruling.
2. La seconda censura, attinente alla seconda autonoma ratio decidendi che sorregge la decisione, è infondata.
Questa Corte (Cass. 4502/1985; Cass. 7533/2014) ha inizialmente affermato che «la regola della sospensione del decorso della prescrizione dei diritti tra i coniugi, prevista dall'art. 2941, primo comma, n. 1, cod. civ., deve ritenersi operante sia nel caso che essi abbiano comunanza di vita, sia ove si trovino in stato di separazione personale, implicando questa solo un'attenuazione del vincolo». Nella sentenza del 2014 si è valorizzato la finalità dell'istituto della prescrizione di fare venir meno il diritto non esercitato per un determinato periodo di tempo, così garantendo certezza dei rapporti giuridici, e in tale prospettiva la connessa tassatività dei casi di sospensione legislativamente previsti.
La tradizionale interpretazione, sostanzialmente fondata sul tenore letterale della norma di cui all'art. 2941 c.c., n. 1 e sul rilievo che il regime di separazione dei coniugi comporta una mera attenuazione e non l'elisione del vincolo scaturente dal matrimonio, è stato modificato con la sentenza n. 7981/2014, secondo cui «La sospensione della prescrizione tra coniugi di cui all'art. 2941, n. 1, cod. civ. non trova applicazione al credito dovuto per l'assegno di mantenimento previsto nel caso di separazione personale, dovendo prevalere sul criterio ermeneutico letterale un'interpretazione conforme alla "ratio legis", da individuarsi tenuto conto dell'evoluzione della normativa e della coscienza sociale e, quindi, della valorizzazione delle posizioni individuali dei membri della famiglia rispetto alla conservazione dell'unità familiare e della tendenziale equiparazione del regime di prescrizione dei diritti post-matrimoniali e delle azioni esercitate tra coniugi separati. Nel regime di separazione, infatti, non può ritenersi sussistente la riluttanza a convenire in giudizio il coniuge, collegata al timore di turbare l'armonia familiare, poiché è già subentrata una crisi conclamata e sono già state esperite le relative azioni giudiziarie, con la conseguente cessazione della convivenza, il venir meno della presunzione di paternità di cui all'art. 232 cod. civ. e la sospensione degli obblighi di fedeltà e collaborazione».
Il già ricordato principio di tassatività delle cause di sospensione della prescrizione ha condotto questa Corte nella pronuncia n. 7981/2014 ad una interpretazione restrittiva dell'art. 2941 c.c., n. 1 che ne esalta il nucleo valoriale autentico, escludendo l'applicabilità della sospensione della prescrizione ai rapporti tra coniugi non più in comunione di vita, e non ne postula l'applicazione a fattispecie o rapporti diversi da quello considerato dalla norma. Questa Corte ha valorizzato la sostanziale esautorazione dei principali effetti del vincolo coniugale presente sia nella fase della separazione sia in quella del divorzio, indicando a titolo di esempio la cessazione della convivenza, il venir meno della presunzione di paternità ex art. 232 c.c., la sospensione degli obblighi di collaborazione e fedeltà.
L’orientamento è stato successivamente confermato (Cass. 18078/2014; Cass. 8987/2016).
Anche in relazione a credito diverso dall’assegno di mantenimento, l’indirizzo sull’interpretazione restrittiva della disposizione in esame è stato di recente ribadito da Cass. 24160/2018: «Al credito vantato da un coniuge separato nei confronti dell'altro per la restituzione di somme pagate per spese relative ad un immobile in comproprietà con l'altro coniuge, non si applica la sospensione della prescrizione ex art. 2941, n. 1 c.c., dovendo prevalere sul criterio ermeneutico letterale un'interpretazione conforme alla "ratio legis", da individuarsi, tenuto conto dell'evoluzione della normativa e della coscienza sociale e, quindi, della valorizzazione delle posizioni individuali dei membri della famiglia rispetto alla conservazione dell'unità familiare e della tendenziale equiparazione del regime di prescrizione dei diritti post- matrimoniali e delle azioni esercitate tra coniugi separati. Nel regime di separazione, infatti, non può ritenersi sussistente la riluttanza a convenire in giudizio il coniuge, collegata al timore di turbare l'armonia familiare, poiché è già subentrata una crisi conclamata e sono già state esperite le relative azioni giudiziarie, con la conseguente cessazione della convivenza».
Tale orientamento va condiviso dal collegio e risulta pienamente applicabile alla controversia, attinente a domanda relativa a comunione de residuo, con conseguente correttezza del principio di diritto applicato dalla corte territoriale.
In merito alla questione della prescrizione del diritto dell’ex coniuge sulla quota divisionale di spettanza sul patrimonio della comunione de residuo, costituito dai proventi della attività separata dell’ex coniuge non consumati alla data dello scioglimento della comunione, giova richiamare la l.55/2015, con la quale è stato modificato il regime del momento di insorgenza della cessazione della comunione dei beni tra i coniugi. L’art.2 delle l. 6/5/2015 n. 55 (contenente disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché di comunione legale tra coniugi, tra cui il c.d.
«divorzio breve», in quanto con la nuova legge sono stati ridotti i tempi di separazione necessari per giungere allo scioglimento definitivo del vincolo), entrata in vigore il 26/5/2015, ha aggiunto, all'art. 191 c.c., il seguente comma: «Nel caso di separazione personale, la comunione tra i coniugi si scioglie nel momento in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, ovvero alla data di sottoscrizione del verbale di separazione consensuale dei coniugi dinanzi al presidente, purché omologato». Con la Novella si è accresciuto quel processo di avvicinamento, quanto ai rapporti patrimoniali, tra coniugi separati e tra coniugi divorziati, pur essendo rimasta ferma (seppure nell’abbreviazione del termine per il divorzio) la distinzione sostanziale e formale tra i due procedimenti di separazione e di divorzio.
In definitiva, la ratio della sospensione della prescrizione, evitare il turbamento della armonia familiare tra coniugi conviventi, non può infatti più operare allorché la crisi coniugale ha ormai trovato un riscontro formale nella separazione, e la convivenza è cessata (essendo la riconciliazione ipotesi ormai rarissima).
3. Il terzo motivo è inammissibile, in quanto, come già chiarito da questa Corte il "prospective overruling" garantisce alla parte il diritto di azione e di difesa, neutralizzando i mutamenti imprevedibili della giurisprudenza di legittimità su norme regolatrici del processo, imponendo di ritenere produttivo di effetti l'atto di parte posto in essere con modalità e forme ossequiose dell'orientamento dominante al momento del compimento dell'atto stesso, ma poi ripudiato e non è invocabile, quindi, per il caso di mutamenti giurisprudenziali che riguardino norme sostanziali, perché in detta ipotesi non è precluso alla parte il diritto di azione ed al giudice il potere di dirimere la controversia (da ultimo Cass. 552/2021).
4. Il primo motivo, attinente ad altra autonoma ratio decidendi, diventa di conseguenza inammissibile, in quanto l'infondatezza del motivo di ricorso attinente alla prima ratio rende irrilevante, per sopravvenuto difetto di interesse, l'esame dei motivi riferiti all'altra, i quali non risulterebbero in nessun caso idonei a determinare l'annullamento della sentenza impugnata, risultando comunque consolidata l'autonoma motivazione oggetto della censura respinta (Cass. 2108/2012).
5. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso; condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 5.000,00, a titolo di compensi, oltre € 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.