La notifica e il deposito degli atti processuali, dei documenti e dei provvedimenti giurisdizionali devono avvenire esclusivamente con modalità telematiche. A nulla rileva il raggiungimento dello scopo poiché la violazione delle norme sulla redazione dell'atto determina l'inesistenza e non la nullità dello stesso.
Un contribuente proponeva appello avverso la decisione della CTP con cui era stato dichiarato inammissibile il ricorso perché redatto in forma di documento analogico notificato a mezzo PEC. A fondamento del gravame, l'appellante sosteneva che il ricorso aveva raggiunto lo scopo perché si era ritualmente incardinato il contraddittorio.
Con sentenza n. 946/2 del 10 ottobre 2022, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte rigetta il ricorso.
I Giudici citano l'
Nel caso di specie il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado deve ritenersi inammissibile perché redatto in forma cartacea, sottoscritto manualmente, scannerizzato e notificato a mezzo PEC. Né può ritenersi che nella specie l'atto abbia raggiunto lo scopo
Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, sez. II, sentenza 10 ottobre 2022, n. 946/2
Svolgimento del processo
La B. S.p.A. proponeva ricorso avverso l'avviso di liquidazione emesso dall'Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale 1 di Torino n.2019 incardinando il giudizio n. /2021 R.G. avanti la Commissione Tributaria Provinciale di Torino. il contribuente deduceva l'errata applicazione dell'aliquota del 3% in luogo di quella fissa di euro 200,00 per la sentenza di condanna, trattandosi di provvedimento avente ad oggetto un credito derivante da operazioni soggette ad IVA; sosteneva poi la natura corrispettiva e non moratoria degli interessi quindi esenti e non soggetti ad imposta di registro.
L'Agenzia delle Entrate si costituiva chiedendo l'estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere ai sensi dell'art.46 del D.Lvo 546/92 stante l'integrale versamento degli importi richiesti da parte del soggetto coobbligato.
La CTP con sentenza depositata il 27 ottobre 2021 dichiarava inammissibile il ricorso perché redatto in forma di documento analogico notificato a mezzo PEC.
Ha proposto appello il deducendo:
a) il ricorso aveva raggiunto lo scopo perché si era ritualmente incardinato il contraddittorio. La nullità processuale dell'atto redatto in forma analogica non era dettata da alcuna norma di legge primaria. Le modalità di redazione del ricorso erano stabilite soltanto da alcune norme regolamentari, con la conseguenza che non poteva dichiararsi la nullità, prevista soltanto in ipotesi tassative.
b) nel merito la domanda proposta in primo grado era fondata. La sentenza n. 3603/2019 del Tribunale di Torino, oggetto della tassazione controversa, disponeva il pagamento di somme provenienti da due contratti di finanziamento e da un rapporto di conto corrente, a favore della soc. S. s.a.s. di B. S. & C., soggetto passivo dell'IVA poiché effettuava cessioni di beni e prestazioni di servizi (oggettivamente) soggette all'IVA nell'esercizio dell'attività di impresa. Tanto era dato incontrovertibile e si deduceva, ai sensi dell'art. 20 D.P.R., dalla lettura dell'atto giudiziario, unico documento al quale l'Ufficio poteva riferirsi per determinare l'imposta. A nulla rilevava che la condanna fosse a favore della banca o della società correntista.
L'adempimento reclamato era riconducibile nell'ambito di una fattispecie che implicava l'insorgenza dell'obbligo di pagare l'IVA; inoltre l'ente creditore era un soggetto IVA (cfr Cass. Civ. 1272/21). Si trattava di condanna ad un pagamento di somme che trovava la sua naturale fonte in rapporti bancari, tutti soggetti ad I.V.A. Pertanto, la norma di riferimento era la lettera b) del I comma dell'art. 8 con la precisazione che (ai sensi della Nota Il all'art. 8, TP1) l'imposta proporzionale non si applica "per la parte in cui" detti provvedimenti "dispongono il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti all'imposta sul valore aggiunto".
Sulla tassazione degli interessi doveva applicarsi l'art. 20 TUR che impedisce di tener conto di elementi non desumibili dal documento oggetto della tassazione, nella specie la sentenza del Tribunale di Torino nr. 3603/19. Poiché nulla la sentenza aveva detto in ordine alla natura degli interessi doveva ritenersi che si trattasse di interessi corrispettivi e non moratori, con conseguente esenzione dall'imposta di registro.
c) l'eccezione sollevata in primo grado dall'Ufficio secondo il quale l'appellante non aveva interesse ad impugnare perché la somma dovuta era stata pagata da altro condebitore solidale, non era fondata, perché la contribuente era comunque esposta all'azione di regresso del condebitore che aveva pagato. Né poteva configurarsi acquiescenza perché l'appellante non aveva avuto notizia alcuna del pagamento da parte del coobbligato né avrebbe potuto opporsi.
Si è costituita in giudizio l'Agenzia delle Entrate insistendo sull'inammissibilità dell'atto introduttivo del giudizio di primo grado, sottolineando che tale inammissibilità deriva dal disposto dell'art. 16 del D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, convertito in L. 17 dicembre 2018, n. 136, che, modificando l'art. 16 bis del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ha stabilito che, dal 1° luglio 2019, la notifica e il deposito degli atti processuali presso le segreterie delle Commissioni tributarie sono eseguiti esclusivamente in modalità telematica. In particolare, l'art. 5 del Decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze n. 163/2013 dispone che le notificazioni telematiche devono essere effettuate mediante l'utilizzo di documenti informatici nativi, in formato pdf/A la o pdf/A lb, e devono essere sottoscritti con firma digitale (art. 10 D.M. 4.8.2015).
Una volta scelta la modalità di notifica telematica - come nella presente vicenda -, il documento informatico da notificare rientra nell'ambito di applicazione di quanto disposto dall'art. 2, comma 1, del D.M. n.163/2013, che prevede che, per acquisire la natura di "documento informatico" processualmente rilevante, questo debba esser sottoscritto "con firma elettronica qualificata o firma digitale". Tale qualità (ossia che l'atto processuale, in quanto sottoscritto con firma digitale, si possa ritenere "documento informatico") rende applicabile l'art. 20, comma 1-bis, del CAD secondo il quale "li documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l'efficacia prevista dall'articolo 2702 del Codice civile quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato,
previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall'AglD ai sensi dell'articolo 71 con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all'autore".
Al pari di quanto previsto dall'art. 18 del D.Lgs. 546/1992, per i ricorsi "cartacei" non sottoscritti con firma autografa, anche il ricorso notificato in formato digitale mediante PEC è inammissibile se privo della sottoscrizione con firma digitale del ricorrente che lo ha inviato. In sostanza, senza la sottoscrizione con firma digitale, non solo non si realizza il requisito della forma scritta e l'efficacia prevista dall'art. 2702 c.c.,ma, soprattutto, non si può neanche ritenere che l'atto sia stato presentato nelle forme di "documento
informatico" validamente utilizzabile ai fini del processo tributario, secondo quanto sancito dall'art. 2, comma 1, del D.M. n. 163/2013.
All'udienza del 3 ottobre 2022 la causa è stata assunta a decisione.
Motivi della decisione
E' pacifico in atti che il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado è un ricorso redatto in forma cartacea, sottoscritto manualmente, scannerizzato e notificato a mezzo PEC.
L'art. 16, comma 3, del d.lgs. 546/92 stabilisce che "3. Le parti, i consulenti e gli organi tecnici indicati nell'articolo 7, comma 2, notificano e depositano gli atti processuali i documenti e i provvedimenti giurisdizionali esclusivamente con modalità telematiche, secondo le disposizioni contenute nel decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 23 dicembre 2013, n. 163, e nei successivi decreti di attuazione.
In casi eccezionali, il Presidente della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado o il Presidente di sezione, se il ricorso è già iscritto a ruolo, ovvero il collegio se la questione sorge in udienza, con provvedimento motivato possono autorizzare il deposito con modalità diverse da quelle telematiche".
L'art. 5 del Decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze n. 163/2013 dispone che le notificazioni telematiche devono essere effettuate mediante l'utilizzo di documenti informatici nativi, in formato pdf/A 1a o pdf/A 1b, e devono essere sottoscritti con firma digitale (art. 10 D.M. 4.8.2015).
Va poi ricordato l'art. 10, comma 1, D.M. Finanze 04 agosto 2015 precisa che: "Il ricorso e ogni altro atto processuale in forma di documento informatico rispettano i seguenti requisiti: a) sono in formato PDF/A-1a o PDF/A-1b; b) sono privi di elementi attivi, tra cui macro e campi variabili; e) sono redatti tramite l'utilizzo di appositi strumenti software senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la copia per immagine su supporto informatico di documento analogico; d) sono sottoscritti con firma elettronica qualificata o firma digitale, pertanto il file ha la seguente denominazione: < nome file libero >.pdf.p7m"
L'art. 2, comma 1, del D.M. n. 163/2013, prevede che, per acquisire la natura di "documento informatico" processualmente rilevante, questo debba esser sottoscritto "con firma elettronica qualificata o firma digitale".
Tale qualità (ossia che l'atto processuale, in quanto sottoscritto con firma digitale, si possa ritenere "documento informatico") va valutata alla luce dell'art. 20, comma 1-bis, del CAD secondo il quale "Il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l'efficacia prevista dall'articolo 2702 del Codice civile quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall'AglD ai sensi dell'articolo 71 con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all'autore".
Non si tratta di norme tecniche la cui violazione può determinare soltanto una mera irregolarità, perché non risulterebbe violata la norma primaria. E' proprio l'art. 16 bis del d.lgs. 546/92 a rinviare alle disposizioni regolamentari di carattere tecnico, il cui rispetto è essenziale per verificare se il precetto in tale norma primaria espresso è stato rispettato.
Ne deriva che, come ha sostanzialmente affermato la Suprema Corte nell'ambito del processo penale (Cass.25 gennaio 2022, n. 2874/22), la violazione delle regole tecniche relative alla formazione del documento informatico comporta come conseguenza che per l'assenza della firma digitale l'atto non può essere qualificato come atto scritto e non può produrre gli effetti previsti dall'art. 2702 c.c.. e quindi comporta che l'atto non è riferibile al soggetto che l'ha apparentemente sottoscritto.
Né può ritenersi che nella specie l'atto abbia raggiunto lo scopo ai sensi della generale previsione dell'art. 156 c.p.c. e che pertanto la nullità risulti sanata. Infatti la violazione delle norme sulla redazione dell'atto determina non la nullità dello stesso, ma l'inesistenza.
L'appello va pertanto respinto. Le spese seguono la soccombenza e vanno pertanto poste a carico dell'appellante liquidate in euro 2.000. Non sussistono le condizioni per la condanna dell'appellante per responsabilità processuale aggravata ai sensi dell'art. 96 c.p.c. posto che l'inammissibilità del ricorso introduttivo redatto in forma analogica non è condivisa da tutta la giurisprudenza.
P.Q.M.
- rigetta l'appello;
- condanna l'appellante alle spese che liquida in euro 2.000,00