Tale adempimento non può essere sostituito da informazioni disponibili provenienti da altri e precedenti rapporti contrattuali, salvo il caso in cui l'investitore stesso si sia rifiutato di fornire le notizie richieste e tale rifiuto risulti dal contratto quadro ovvero da apposita dichiarazione scritta.
La Corte territoriale di Roma condannava l'attuale ricorrente al pagamento in favore dell'appellante di una somma a titolo di risarcimento dei danni da responsabilità contrattuale per inosservanza degli obblighi informativi prescritti a carico dell'intermediario, in relazione all'esecuzione di acquisto di obbligazioni emesse...
Svolgimento del processo
- la C.E. s.p.a. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, depositata il 19 luglio 2017, che, in accoglimento dell’appello di G.A., la aveva condannata al pagamento in favore di quest’ultimo della somma di euro 249.482,28, oltre interessi legali, a titolo di risarcimento dai danni da responsabilità contrattuale per inosservanza degli obblighi informativi prescritti a carico dell’intermediario, in relazione all’esecuzione di acquisto di obbligazioni emesse dalla Repubblica argentina;
- la Corte di appello ha evidenziato, in particolare, che l’intermediario avrebbe dovuto valutare l’operazione come inadeguata e, dunque, procedere all’esecuzione della stessa solo dopo aver avvisato il cliente e da questi acquisito il relativo ordine scritto;
- ha, inoltre, ritenuto che sussistesse il nesso di causalità tra la condotta inadempiente della banca e il danno lamentato, che ha provveduto a quantificare detraendo dall’importo investito la somma ricavata dalla vendita del titolo e quella delle cedole riscosse;
- il ricorso è affidato a quattro motivi;
- resiste con controricorso G.A.;
- la ricorrente deposita memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.;
Motivi della decisione
- con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 21, d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, 28 e 29, Reg. Consob 1° luglio 1998, n. 11522, e 12, disp. prel., c.c., per aver la Corte di appello escluso che l’intermediario, nella raccolta delle informazioni relative ad operazioni di acquisto di titoli richieste dal cliente, potesse tenere conto esclusivamente delle dichiarazioni da questi già rese al medesimo intermediario con riferimento ad altri, precedenti, rapporti contrattuali e ritenuto che tali informazioni potessero essere utilizzate solo in via integrativa e sussidiaria rispetto a quelle fornite, ai sensi del menzionato art. 28, al momento della stipula del contratto quadro;
- con la medesima doglianza censura, inoltre, la sentenza impugnata per aver ritenuto che, nel caso in cui l’intermediario non richieda al cliente le informazioni di cui al predetto art. 28, sia tenuto ad assegnare a quest’ultimo un basso profilo di rischio;
- il motivo è infondato;
- come noto, l’art. 21, d.lgs. n. 58 del 1998, stabilisce, al primo comma, che nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e accessori i soggetti abilitati devono comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati (lett. a) e acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati (lett. b);
- in attuazione di tale disposizione il Reg. Consob n. 11522 del 1998, applicabile ratione temporis al caso in esame, pone a carico dell’intermediario, obblighi informativi, attivi e passivi, preordinati al riequilibrio dell'asimmetria del patrimonio conoscitivo-informativo delle parti in favore dell'investitore, al fine di consentirgli una scelta realmente consapevole (cfr., in tema, Cass., ord., 11 novembre 2021, n. 33596; Cass., ord., 28 luglio 2020, n. 16126; Cass. 17 luglio 2020, n. 7905);
- in particolare, è previsto che, al momento della conclusione del contratto quadro, l’intermediario autorizzato chieda all'investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al rischio (art. 28, primo comma, lett. a) e consegni all’investitore il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari (art. 28, primo comma, lett. b);
- inoltre, prima dell’esecuzione della specifica operazione, deve fornire all'investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni di tale operazione, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento (art. 28, secondo comma);
- infine, in presenza di una disposizione relativa a un’operazione non adeguata per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione, è tenuto ad astenersi dall’esecuzione della stessa, a meno che, dopo aver informato l’investitore di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione, abbia successivamente ricevuto relativo ordine scritto ovvero, nel caso di ordini telefonici, registrato su nastro magnetico o su altro supporto equivalente, in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute (art. 29);
- l’obbligo di informazione passiva previsto dall’art. 28, primo comma, lett. a), risponde alla know your customer rule, consistendo nell’acquisizione delle informazioni necessarie per l’apprezzamento del profilo di rischio proprio dell’investitore e la conseguente individuazione degli strumenti finanziari appropriati per tale investitore (cd. profilatura dell’investitore), ed è funzionale alla valutazione di adeguatezza delle singole operazioni che l’investitore intenderà porre in essere;
- infatti, poiché ciascuna operazione di negoziazione può essere inadeguata tanto per tipologia ed oggetto, quanto per frequenza o dimensione, la valutazione di adeguatezza di un’operazione da parte dell’intermediario richiede necessariamente la preventiva acquisizione delle informazioni concernenti la situazione finanziaria dell’investitore e gli obiettivi che questi si prefigge con il ricorso agli strumenti finanziari;
- a conferma dell’esistenza del collegamento funzionale tra la profilatura dell’investitore e la valutazione di adeguatezza delle singole operazioni, l’art. 29, secondo comma, stabilisce che tale valutazione di adeguatezza è condotta dall’intermediario tenendo conto «delle informazioni di cui all'articolo 28 e di ogni altra informazione disponibile in relazione ai servizi prestati»;
- diversamente, ma tendente al medesimo scopo di rendere l’investitore consapevole dell’oggetto, degli effetti e dei rischi insiti nella specifica operazione che intende porre in essere, gli obblighi di informazione attiva intendono offrire all’investitore medesimo i necessari elementi di informazione in ordine alle caratteristiche oggettive dello strumento finanziario individuato, al fine di permetterne una sua più informata valutazione in ordine all’opportunità di disporre una determinata operazione (sia mediante l’informazione generica contenuta nel documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari, sia mediante l’indicazione della natura, dei rischi e delle implicazioni della specifica operazione), e, quindi, di dare seguito o meno all’operazione medesima una volta ricevuta la eventuale motivata segnalazione di inadeguatezza dall’intermediario;
- l’osservanza dell’obbligo di informazione passiva costituisce, dunque, un adempimento che deve necessariamente precedere l’esecuzione delle singole disposizioni dell’investitore, in quanto strumentale alla realizzazione dell’obiettivo regolatorio perseguito di segnalare all'investitore, in relazione alla sua accertata propensione al rischio, la non adeguatezza delle operazioni di investimento che si accinge a compiere e, in tal modo, di rendere effettivo il suo diritto ad una consapevole scelta di investimento;
- la centralità di un siffatto obbligo è resa palese anche dal contenuto del secondo periodo dell’art. 28, primo comma, lett. a), il quale dispone che l’eventuale rifiuto di fornire le notizie richieste deve risultare dal singolo contratto di investimento ovvero da apposita dichiarazione sottoscritta dall'investitore;
- da tali assunti consegue che, come osservato dalla Corte di appello, il mancato adempimento dell’obbligo di richiesta di informazioni, al momento della conclusione del contratto quadro, in ordine alla esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari del cliente, alla sua situazione finanziaria, ai suoi obiettivi di investimento e alla sua propensione al rischio non può essere ovviato con l’acquisizione di tali informazioni mediante altri mezzi o, come invoca la ricorrente, in occasione della conclusione di contratti relativi ad altri servizi di investimento;
- ciò in quanto, indipendentemente da ogni considerazione all’idoneità allo scopo delle informazioni così acquisite, in relazione alla diversa epoca in cui le stesse vengono rese, la mancata acquisizione di informazioni dirette dall’investitore al momento della conclusione del contratto quadro si presenta potenzialmente idonea a dare luogo ad un deficit informativo rilevante ai fini della successiva corretta valutazione dell’adeguatezza della singola operazione disposta dal cliente, avuto riguardo al possibile minor grado di accuratezza delle altre informazioni disponibili, in relazione alla fonte e accuratezza delle stesse sotto il profilo contenutistico e temporale;
- a tali fini, le «altre informazioni disponibili» acquisite dall’intermediario possono essere utilizzate solo in via integrativa e, dunque, non possono da sole essere poste a base della individuazione del profilo dell’investitore e, conseguentemente, elevate a parametro esclusivo della valutazione di adeguatezza dell’operazione;
- unica eccezione a tale principio deve ravvisarsi nel caso – non ricorrente nella specie – di rifiuto dell’investitore di fornire le informazioni richieste sui propri obiettivi di investimento e sulla propria propensione al rischio, atteso che, anche in tale evenienza, l'intermediario non è esonerato dall'obbligo di valutare l'adeguatezza dell'operazione di investimento, dovendo compiere quella valutazione in base ai principi generali di correttezza e trasparenza, tenendo conto di tutte le notizie di cui egli sia in possesso (cfr. Cass. 16 marzo 2016, n. 5250; Cass. 19 ottobre 2012, n. 18039);
- può, dunque, formularsi il seguente principio di diritto: «L’obbligo di acquisizione da parte dell’intermediario delle informazioni richieste dall’art. 28 Reg. Consob n. 11522 del 1998 al fine di determinare la profilatura di rischio dell’investitore e la valutazione di adeguatezza delle singole operazioni deve essere adempiuto al momento della conclusione del contratto quadro, non potendo essere sostituito da informazioni disponibili provenienti da altri rapporti contrattuali salvo il caso in cui l’investitore stesso si sia rifiutato di fornire le notizie richieste e tale rifiuto risulti dal contratto quadro ovvero da apposita dichiarazione scritta»;
L’obbligo di acquisizione da parte dell’intermediario delle informazioni richieste dall’art. 28 Reg. Consob n. 11522 del 1998 al fine di determinare la profilatura di rischio dell’investitore e la valutazione di adeguatezza delle singole operazioni deve essere adempiuto al momento della conclusione del contratto quadro, non potendo essere sostituito da informazioni disponibili provenienti da altri rapporti contrattuali salvo il caso in cui l’investitore stesso si sia rifiutato di fornire le notizie richieste e tale rifiuto risulti dal contratto quadro ovvero da apposita dichiarazione scritta»;
- con il secondo motivo la ricorrente deduce l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso per il giudizio, nella parte in cui la Corte di appello ha escluso che la banca avesse informato effettivamente l’investitore in ordine alle caratteristiche dei titoli ordinati;
- il motivo è inammissibile, in quanto verte su una questione che non risulta essere stata oggetto di accertamento nella sentenza impugnata, la quale ha posto a fondamento della sua decisione circostanze fattuali diverse;
- con il terzo motivo la ricorrente si duole della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1223 e 2697 c.c., 23, d.lgs. n. 58 del 1998, e 28 e 29, Reg. Consob n. 11522 del 1998, per aver la Corte di appello ritenuto sussistente il nesso di causalità pur in assenza della relativa prova da parte dell’investitore e per il solo fatto dell’inadempimento da parte dell’intermediario agli obblighi informativi sullo stesso gravanti;
- evidenzia che, in ogni caso, il nesso di causalità sarebbe stato interrotto dal comportamento dell’investitore, il quale aveva venduto i titoli acquistati dopo quattro anni senza dimostrare che il prezzo di cessione fosse il migliore possibile o, comunque, coerente con quello di mercato;
- il motivo è infondato;
il giudice di appello, dopo aver rilevato la violazione da parte dell’intermediario dell’obbligo informativo passivo, ha affermato che quest’ultimo avrebbe dovuto prudenzialmente attribuire all’investitore un profilo di rischio basso e, in virtù di tale elemento, giudicare l’operazione in esame inadeguata;
- da ciò ha fatto discendere il riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni, previa valutazione della sussistenza del nesso di causalità;
- orbene, si osserva che se è vero che grava sull'investitore l'onere di provare il nesso causale tra l'inadempimento dell'obbligazione informativa specificamente allegata e il danno, nonché il pregiudizio patrimoniale dovuto all'investimento eseguito, dalla rammentata funzione sistematica assegnata all'obbligo informativo gravante sull'intermediario finanziario, preordinato al riequilibrio dell'asimmetria del patrimonio conoscitivo-informativo delle parti in favore dell'investitore, al fine di consentirgli una scelta realmente consapevole, scaturisce una presunzione legale di sussistenza del nesso causale fra inadempimento informativo e pregiudizio, pur suscettibile di prova contraria da parte dell'intermediario (cfr. Cass., ord., 11 novembre 2021, n. 33596; Cass., ord., 28 luglio 2020, n. 16126; Cass. 17 aprile 2020, n. 7905);
- tale prova, tuttavia, non può consistere nella dimostrazione di una generica propensione al rischio dell'investitore, desunta anche da scelte intrinsecamente rischiose pregresse, perché anche l'investitore speculativamente orientato e disponibile ad assumersi rischi deve poter valutare la sua scelta speculativa e rischiosa nell'ambito di tutte le opzioni dello stesso genere offerte dal mercato, alla luce dei fattori di rischio che gli sono stati segnalati;
- pertanto, deve ritenersi che la doglianza muove da un presupposto interpretativo errato, negando che la prova del nesso di causalità possa essere offerta dall’investitore, in via presuntiva, mediante la prova del mancato assolvimento degli obblighi informativi posti dalla legge a carico dell’intermediario;
- non concludenti, a tale fine, sono le circostanze, dedotte dalla ricorrente, della vendita dei titoli da parte dell’investitore e della mancata dimostrazione della coerenza del prezzo di vendita con il prezzo corrente di mercato, poiché prive di efficienza causale, attenendo alla fase successiva alla verificazione del danno;
- pertanto, la decisione impugnata risulta aver fatto corretta applicazione del richiamato principio di diritto e, per tale motivo, si sottrae alla critica formulata;
- con l’ultimo motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata per omesso esame di un fatto decisivo e controverso per il giudizio, nella parte in cui non ha considerato che l’investitore aveva dichiarato di prediligere investimenti ad alto rischio e aveva già acquisto e rivenduto titoli analoghi;
- il motivo è inammissibile, in quanto i fatti dedotti non sono concludenti rispetto al mancato assolvimento dell’obbligo di informazione passivo accertato dalla Corte di appello con statuizione che ha resistito all’impugnazione in esame;
- pertanto, per le suesposte considerazioni, il ricorso non può essere accolto;
- le spese processuali secondo il criterio della soccombenza che si liquidano come in dispositivo
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio di legittimità, e si liquidano in complessivi euro 5.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.