Nel caso in esame, la vittima non aveva espressamente riferito dei plurimi atti di violenza sessuale commessi dal marito in sede di denuncia-querela sporta nei confronti dello stesso per maltrattamenti.
Svolgimento del processo
Con sentenza del 16/09/2021, la Corte d'appello di Ancona ha confermato la decisione del 17/06/2019 con la quale il Tribunale di Macerata ha dichiarato A. S. colpevole dei reati di cui agli artt. 81 e 609-bis cod. pen. condannandolo alla pena di anni quattro di reclusione, alle pene accessorie di cui agli artt. 29 e 609-nonies cod. pen., e al risarcimento danni.
1. Avverso tale provvedimento il ricorrente propone ricorso in cassazione articolato nei seguenti motivi.
Nel primo motivo lamenta la violazione di legge in relazione alla notifica del decreto di citazione a giudizio effettuata presso il difensore di fiducia S. T. nonostante la stessa avesse manifestato la volontà di non ricevere notificazioni per conto del suo assistito.
L'omessa notifica al domicilio dell'imputato, e l'errata notifica al difensore rifiutante, avrebbero, ad avviso della difesa, comportato la nullità dell'atto notificato e la conseguente nullità della sentenza emanata.
2. Nel secondo motivo di ricorso lamenta il vizio di motivazione in ordine alla valutazione dei mezzi istruttori ed in particolare in relazione alle dichiarazioni rese dalla persona offesa.
Sul punto si duole dell'assenza di riscontri a quanto narrato dalla donna, tra l'altro costituitasi parte civile, circostanza che avrebbe dovuto imporre un più approfondito vaglio di attendibilità.
3. Nel terzo motivo di ricorso censura il travisamento dei fatti in cui sarebbe incorsa la Corte d'appello nella valutazione delle dichiarazioni rese dall'imputato in sede di interrogatorio ritenendole non genuine e dettate da una forte spinta autodifensiva.
4. Nel quarto motivo di ricorso censura la violazione di legge in relazione all'omesso riconoscimento del concorso apparente di norme tra gli art. 572 e 609-bis, cod. pen., in relazione all'art. 609-septies n. 4, cod. pen., ed in relazione alla condizione di procedibilità ex art. 606 lett. b) e c).
S.Nel quinto motivo di ricorso contesta il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità per il reato di cui all'art. 609-bis, cod. pen.
6. Nel sesto motivo di ricorso deduce la violazione dell'art. 133 cod. pen., per aver i giudici d'appello omesso di motivare l'esercizio del potere discrezionale in ordine alla commisurazione della pena.
7. Nell'ultimo motivo di ricorso deduce la violazione di legge e l'omessa motivazione in ordine al disposto risarcimento dei danni.
Motivi della decisione
1.11 primo motivo di ricorso relativo alla omessa notifica al domicilio eletto è inammissibile in quanto, in violazione del principio dell'autosufficienza, il ricorrente non ha allegato la documentazione dalla quale poter desumere quanto da lui rappresentato.
2. il secondo motivo di ricorso, relativo alla attendibilità della persona offesa, è da considerarsi inammissibile, risolvendosi in una rilettura dei fatti non consentita in sede di legittimità.
In esso, infatti, non si contesta l'illogicità della motivazione ma si prospetta una valutazione delle emergenze processuali differente da quella effettuata nel provvedimento impugnato, con profili afferenti il merito inammissibili in Questa sede.
Tra l'altro sulle medesime doglienze la Corte d'appello si è pronunciata con ragionamento immune dai vizi lamentati definendo le deposizioni della vittima lineari coerenti e concordanti, e pertanto attendibili intrinsecamente anche alla luce della genesi della rivelazione degli abusi sessuali subiti emersi casualmente nel corso della deposizione resa dalla donna in un altro processo penale celebratosi nei confronti dell'odierno ricorrente per maltrattamenti a carico della medesima vittima.
Con ragionamento logico la Corte d'appello ha individuato le cause della mancata propalazione da parte della vittima delle violenze sessuali subite affermando che "la circostanza che la parte lesa non abbia riferito degli episodi sub iudice in sede di denuncia querela sporta nei confronti del marito per maltrattamenti se da un lato dimostra che l'azione della medesima non era animata da alcuna volontà gratuitamente accusatoria, ovvero opportunistica (nella prospettiva dell'azione civile da intraprendere nel processo penale) trova, dall'altro, persuasiva spiegazione in una più che comprensibile ritrosia a disvelare aspetti così intimi della propria vita coniugale che, del tutto verosimilmente, non erano soggettivamente ritenuti neppure di valenza più grave rispetto agli ulteriori comportamenti maltrattanti".
Per una persona sottoposta a continui attacchi alla sua integrità psicofisica, aggiungono i giudici, il "dover patire anche forzature dal lato sessuale rappresentava quasi una situazione inevitabile, specie nella ancora assai diffusa cultura degli obblighi coniugali concepiti anche come doveri di cui si può pretendere il forzato adempimento".
Quanto al giudizio di credibilità estrinseca del narrato, esso si è coerentemente fondato sui riscontri di cui la Corte d'appello ha dato conto a pag. 5 della decisione impugnata.
Si menzionano le dichiarazioni rese dal teste "V." che ha affermato di aver ricevuto dalla persona offesa confidenze circa i subiti maltrattamenti e confermato la natura prevaricatrice e violenta dell'A. e lo stato di terrore in cui versava la persona offesa a causa delle vessazioni e minacce dello stesso per averne avuto diretta percezione.
In relazione a questa specifica testimonianza i giudici d'appello, con motivazione logica, condividendo quanto affermato nella sentenza di primo grado, hanno fornito una chiave di lettura per la parziale ambivalenza delle dichiarazioni del V. valorizzando la circostanza che questi aveva, nella sostanza, confermato di aver direttamente percepito comportamenti prevaricatori da parte del ricorrente nei confronti della persona offesa.
Inoltre, a supporto del giudizio di credibilità della vittima che, aveva riferito anche di un episodio di violenza sessuale consumato ai suoi danni mentre era priva di sensi, i giudici d'appello hanno evidenziato le dichiarazioni dei testi indicati a discarico dall'imputato che hanno confermato la circostanza che la persona offesa spesso soffriva di svenimenti.
3. Quanto al travisamento della prova costituita dalle dichiarazioni rese dall'imputato in sede di interrogatorio, il motivo va rigettato.
La Corte d'appello ha chiarito che lo stesso ha strenuamente negato anche la responsabilità per il reato di maltrattamenti per il quale è stato condannato, ritenendo, con ragionamento immune dai vizi lamentati, che abbia tenuto una condotta improntata a "massima onestà". come invece sostenuto dalla difesa.
4. Anche il motivo inerente la violazione di legge per erronea interpretazione del rapporto intercorrente tra gli artt. 572, cod. pen., e il reato di violenza sessuale, va rigettato.
La Corte, nel caso di specie ha escluso il concorso orma e di reati sottolineando che gli episodi di violenza sessuale sono stati altri e d1vers1 rispetto 1 comportamenti maltrattanti in relazione ai quali l'A. era già stato condannato con sentenza irrevocabile.
Così argomentando i giudici hanno fatto buon governo del principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità (cfr. da ultimo Sez. 3 del 23/09/2020, C., Rv. 280818 - 01) secondo cui la coincidenza tra le due fattispecie si verifica solo allorquando gli atti lesivi siano finalizzati esclusivamente alla realizzazione della violenza sessuale e siano strumentali alla stessa; mentre vi è concorso tra i due reati in caso di autonomia anche parziale della condotta comprendenti anche atti ripetuti di percosse gratuite ed ingiurie non circoscritte alla violenza o alla minaccia strumentale necessaria alla realizzazione della violenza.
5. Infondato è anche il motivo di ricorso relativo alla commisurazione della pena rilevato che la motivazione sul punto è immune dai vizi lamentati.
A pag. 8 della decisione si è illustrato che la pena è stata inflitta partendo dal minimo edittale e che i contenuti aumenti per la continuazione si giustificano per la pluralità e gravità delle singole condotte illecite e per i precedenti penali dell'imputato.
6. Anche l'ultimo motivo di ricorso relativo alla omessa motivazione dei criteri di quantificazione del risarcimento del danno è privo di pregio.
Anche su quest'aspetto la Corte, con motivazione stringata ma efficace, ha illustrato i criteri in base ai quali è pervenuta alla condanna dell'imputato al quantum di risarcimento di cui al dispositivo affermando che la cifra è stata commisurata al numero complessivo degli episodi criminosi, al turbamento psichico della donna e del bene giuridico violato.
7. Per queste ragioni il ricorso va rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalla parte civile.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato nella misura che sarà liquidata dalla Corte d'appello di Ancona con separato decreto di pagamento ai sensi dell'art. 82 e 83 D.P.R. 115/2002 disponendo il pagamento a favore dello Stato.