
Svolgimento del processo
1.- La Corte di appello di Venezia, con la sentenza n. 1973/2018 pubblicata il 10/07/2018, respinta l’eccezione sollevata dalle appellanti G. S.P.A. e G. S.P.A. e ritenuta la validità della procura alle liti rilasciata dalle società T. S.R.L. e D. G. S.R.L. ai difensori nominati in fase cautelare e la sussistenza del corrispondete ius postulandi, nonché la regolarità della notifica della sentenza di primo grado, ha dichiarato inammissibili entrambi gli atti di appello perché proposti tardivamente.
2.- G. S.P.A. propone ricorso per cassazione con tre mezzi, avverso la anzidetta sentenza, nei confronti di T. SRL, D. G. S.R.L. e G. 2001 S.R.L.. T. S.R.L. e D. G. S.R.L. hanno replicato con un unico controricorso, seguito da memoria. G. 2001 S.R.L. è rimasta intimata.
3.- G. 2001 S.R.L., a sua volta, ha proposto separato ricorso per cassazione, che assume la veste di ricorso incidentale essendo stato depositato immediatamente dopo il ricorso di G. S.P.A., con quattro mezzi corroborati da memoria, avverso la medesima sentenza, nei confronti di T. s.r.l., D. G. s.r.l. e G. S.P.A. T. S.R.L. e D. G. s.r.l. hanno replicato con un unico controricorso, seguito da memoria. G. S.P.A. è rimasta intimata.
Motivi della decisione
4.- Ricorso Principale di G. s.p.a..
4.1. - Con il primo motivo si deduce la violazione degli artt. 3 bis e 11 della legge n.53/1994, degli artt. 16, 16 undecies del d.l. n.179/2012 e 19 ter del c.d. DGSIA (Decreto del 28 dicembre 2015 del Direttore generale dei Sistemi Informativi Autorizzati, pubblicato su GU del 7 gennaio 2016), per vizi dell’attestazione di conformità nella relata di notifica della sentenza di primo grado notificata via pec, nonché violazione degli artt. 156, terzo comma, 325, 326, 327 cod.proc.civ.
La censura segue le deduzioni sollevate in sede di gravame dalla ricorrente circa la invalidità della notifica telematica della sentenza di primo grado e, così, circa la sua inidoneità a far decorrere il termine breve per appellare e, conseguentemente, attinge la statuizione assunta in merito dalla Corte di appello di Venezia con la sentenza gravata, ove ha ritenuto che le contestazioni mosse alla modalità di notifica della sentenza di primo grado sarebbero state “mere irregolarità” della notifica - non riconducibili alle nullità previste dalle norme tecniche di riferimento per le notifiche telematiche- e che, anche se i vizi contestati avessero potuto rientrare nelle ipotesi di nullità della notifica, l’applicazione del principio della sanatoria delle nullità processuali per raggiungimento dello scopo dell’atto (art.156, ultimo cpv., cod.proc.civ.) avrebbe reso inutile ogni contestazione.
La ricorrente deduce la ricorrenza di vizi inerenti all’attestazione di conformità contenuta nella relata di notifica della sentenza di primo grado, che riproduce (fol. 14 del ric.), e sostiene che questa:
i) è formulata in maniera non più compatibile con quanto disposto dall’art.19 ter del c.d. DGSIA che ha eliminato l’impronta HASH; ii) non contiene la dicitura esatta del file di cui si attesta la conformità perché nell’attestazione è ripotato il nome del file in maniera incompleta perché priva dell’indicazione dell’estensione “pdf”. Da ciò desume che tali violazioni abbiano determinato la nullità della notifica prevista dall’art.11 della legge n.53/1994 e sostiene che queste mancanze si riflettono sull’autenticità del file informatico allegato alla relata stessa. Si duole, inoltre, che il file informatico della sentenza, allegato, era anche privo della firma digitale del procuratore notificante, circostanza che avrebbe potuto far superare l’eccezione sull’autenticità del file.
Ritiene che il vizio costituito dalla indicazione in modo errato del nome del file della sentenza, comporti un vizio dell’attestazione di conformità che si riflette sulla validità della notifica e sulla sua idoneità a far decorre il termine breve per l’impugnazione e ne deduce la nullità della notifica.
4.2.- Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 156, terzo comma, 160 e 285 cod.proc.civ. e l’inapplicabilità dell’art.156 cod.proc.civ. a qualsivoglia vizio o irregolarità determinata dal mancato rispetto delle norme sulla notifica telematica della sentenza da parte del difensore della controparte.
4.3.- Con il terzo motivo si deduce la violazione degli artt. 325, 326, 327, 350 e 352 cod.proc.civ., nonché dell’art.2697 cod.civ., ai sensi dell’art.360, primo comma, n.4, cod.proc.civ.
La censura concerne la statuizione di appello con cui è stata esclusa la rilevanza dell’eccezione di tardività ed insufficienza della produzione avversaria in relazione alla notifica della sentenza di primo grado n.2426/2016, in corso del giudizio di appello, sulla considerazione che le parti appellanti non avevano mai negato di avere ricevuto la notificazione.
5. - Ricorso Incidentale di G. 2001 s.r.l..
5.1.- Con il primo motivo del ricorso incidentale G. 2001 S.R.L. deduce la violazione degli art. 83, 84, 325, 326 e 327 cod.proc.civ. e la falsa applicazione dell’orientamento giurisprudenziale in tema di poteri comunque spettanti al difensore anche se non espressamente menzionati in procura (da ultima Cass. Sez. U. n.4909/2016); nel criticare la statuizione della Corte di merito con cui è stato escluso il dedotto difetto di ius postulandi dei difensori di T. S.R.L. e D. G. S.R.L. nei confronti di G. 2001 S.R.L., sostiene che tra tali poteri non può farsi rientrare quello di proporre, in via di cumulo semplice, domanda di condanna nei confronti di un preteso responsabile solidale non destinatario dell’atto cui la procura accede, rilasciata per il promovimento del procedimento cautelare ante causam, seguito poi dal giudizio di merito.
5.2.- Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art.1362 cod.civ. (in particolare, del criterio di interpretazione letterale), nonché degli artt. 36, 183, quinto comma, e 106 cod.proc.civ.; a parere della ricorrente, va ravvisata l’errata interpretazione delle procure alle liti, il cui tenore letterale esclude la conclusione raggiunta dalla Corte lagunare circa il conferimento del potere di instaurare il giudizio di merito e proporre, così, domanda di condanna anche nei confronti di altro preteso responsabile solidale (G. 2001 S.R.L.) diverso dal destinatario dell’atto cui le procure accedevano (G. S.P.A.).
La ricorrente, quindi, assume che, una volti accolti uno o entrambi i primi due motivi di ricorso, ravvisando l’inesistenza della procura dei difensori di D. G. S.R.L. e di T. SRL, ovvero la mancanza assoluta di procura per l’instaurazione del giudizio di merito nei confronti di G. 2001 S.R.L., la sentenza di appello dovrà essere cassata senza rinvio, per ragioni di rito ex art.382, terzo comma, ultima parte, cod.proc.civ., ed illustra i propri argomenti a sostegno.
5.3.- Con il terzo motivo (analogo al primo motivo svolto da G. S.P.A.) si deduce la violazione degli artt. 3 bis e 11 della legge n.53/1994, degli artt. 16, 16 undecies del d.l. n.179/2012 e 19 ter del c.d. DGSIA, per vizi dell’attestazione di conformità nella relata di notifica della sentenza di primo grado notificata via pec nonché la violazione degli artt. 156, terzo comma, 325, 326, 327 cod.proc.civ, motivo proposto ai sensi ell’art.360, primo coma, n.4, cod.proc.civ.
5.4.- Con il quarto motivo (analogo al terzo motivo svolto da G. S.P.A.) si deduce la violazione degli artt. 325, 326, 327, 350 e 352 cod.proc.civ. nonché dell’art.2697 cod.civ., ai sensi dell’art.360, primo comma, n.4, cod.proc.civ.
- I primi due motivi del ricorso incidentale (G. 2001 S.R.L.) vanno esaminati con priorità perché attengono alla validità/esistenza della procura rilasciata dalle attuali società resistenti sin dalla fase cautelare per l’instaurazione del giudizio di merito anche nei confronti di un soggetto rimasto estraneo alla fase cautelare.
– Quanto alla vicenda processuale oggetto delle doglianze va rammentato che le originarie attrici T. S.R.L. E D. G. S.R.L. hanno agito in via cautelare per inibire a G. la produzione e la commercializzazione di due prodotti per edilizia denominati “N.” ed “E.”, deducendo che ciò era avvenuto in contraffazione di due brevetti di cui era titolare D. e con attività di concorrenza sleale, giudizio cautelare al quale è rimasta estranea G. 2001 S.R.L..
All'esito della fase cautelare T. S.R.L. e D. G. SRL, avvalendosi della procura speciale alle liti apposta in calce all'originario ricorso cautelare introdotto nei confronti della sola G. SRL, hanno agito anche nei confronti di G. 2001 S.R.L., estranea come detto al giudizio cautelare, che ha formulato eccezione di difetto di ius postulandi della difesa di parte attrice, in considerazione dell'esorbitanza della domanda proposta rispetto alla procura menzionata.
La Corte d'appello, dinanzi alla quale è stato proposto il motivo di gravame concernente l’assenza di ius postulandi in capo al procuratore di T. S.R.L. e D. G. S.R.L. lo ha rigettato.
– La Corte d'appello ha richiamato il principio secondo cui la procura alle liti conferita in termini ampi ed omnicomprensivi è idonea, in base ad un'interpretazione costituzionalmente orientata della normativa processuale attuativa dei principi di economia processuale, di tutela del diritto di azione nonché di difesa della parte ex artt. 24 e 111 Cost., ad attribuire al difensore il potere di esperire tutte le iniziative atte a tutelare l'interesse del proprio assistito, (Cass. Sez. U. n.4909 del 14/03/2016) in quanto i poteri processuali risultano attribuiti al difensore direttamente dalla legge, potendo assumere rilievo la volontà delle parti esclusivamente al fine della limitazione dei poteri del procuratore, mentre a questi sono preclusi solo gli atti che importano disposizione del diritto in contesa, se non espressamente conferiti. Ha affermato che la procura alle liti conferisce al difensore il potere di proporre tutte le domande che non eccedano l’ambito della lite originaria, tra cui la chiamata in causa del terzo in garanzia c.d. propria al fine di conseguire in un unico processo la decisione di tutte le pretese fondate sul medesimo titolo.
Ha, quindi, affermato che, nel caso di specie, la procura rilasciata in sede cautelare era sufficientemente ampia da poter legittimare il procuratore degli appellati a proporre la conseguente azione di merito e che la domanda poteva validamente essere estesa anche a terzi che non erano stati parte della procedura cautelare, in quanto detto potere era stato espressamente conferito con la procura e l’estensione non aveva comportato la proposizione di una nuova e distinta controversia eccedente l’ambito di quella originaria, per cui sarebbe necessario il rilascio di nuova procura.
6.4.- La questione proposta involge, quindi, il quesito se si sia al cospetto di una controversia nuova e distinta - quella instaurata nei confronti di G. 2001 S.R.L. -, estranea al giudizio cautelare precedentemente instaurato nei confronti di G. S.P.A., oppure no.
6.5.- I due motivi non sono fondati per le condivise ragioni già espresse da Cass. n.22380 del 05/08/2021, relativa ad altro contenzioso intercorso tra le stesse parti, non potendosi del resto trarre argomenti in contrario dalla lettera delle procura - in dis.p.a.rte i profili di inammissibilità del secondo motivo, avuto riguardo al principio secondo cui la parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un vizio di interpretazione di una clausola contrattuale, non può limitarsi a richiamare genericamente le regole di cui agli artt. 1362 e ss. cod.civ., avendo l'onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati ed il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato (Cass. n. 25728 del 15/11/2013) -, che non contiene elementi univocamente convergenti ad escludere il potere del difensore di chiamare l’ulteriore menzionata società.
Come è stato già affermato «Ciò che accomuna le ipotesi … della riconvenzionale, dell'appello incidentale e della chiamata del terzo, anche in garanzia impropria, è che esse attengono alla posizione del convenuto, e, dunque, alla linea difensiva che il suo difensore intende perseguire al fine - per usare le parole di Cass., Sez. Un., 14 marzo 2016, n. 4909 - "di esperire tutte le adoni necessarie o utili per il conseguimento del risultato a tutela dell'interesse della parte assistita". In altri termini, le eterogenee ipotesi precedentemente menzionate … hanno un tratto comune, il quale consiste in ciò, che esse si collocano dal versante della definizione della strategia di difesa da parte del difensore del convenuto, difensore titolare, come tale, della più ampia discrezionalità tecnica nell'impostazione della lite, con conseguente facoltà di scelta, in relazione anche agli sviluppi della causa, della condotta processuale ritenuta più rispondente agli interessi del cliente, sebbene con il limite del divieto di compiere atti che importino disposizione del diritto in contesa, quali transazioni, rinunce o confessioni.
Esigere dal difensore che intenda proporre una domanda riconvenzionale o un appello incidentale, ovvero chiamare in causa un terzo, nelle ipotesi di cui si è detto, una ulteriore procura, in breve, per frapporre un limite all'esercizio del diritto di difesa tecnica, che al difensore compete amministrare.
Ma tale esigenza può essere evidentemente predicabile anche con riguardo all'attore, anzitutto laddove egli si trovi collocato in posizione sostanzialmente speculare rispetto a quella del convenuto: si intende far riferimento al caso considerato dall'art. 269, terzo comma, cod.proc.civ., della chiamata in causa del terzo indotta dalle difese svolte dal convenuto nella comparsa di risposta.
Non solo. Come questa Corte ha avuto recentemente modo di evidenziare: "E'... consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l'orientamento secondo cui, poiché il giudizio di merito è autonomo rispetto a quello cautelare, non solo nel primo possono essere formulate domande nuove rispetto a quanto dedotto nella fase cautelare, ma nemmeno vi è necessaria coincidenza soggettiva tra le parti del primo e quelle del secondo, con la conseguenza che nella fase di merito ben possono intervenire ulteriori parti, sia in via adesiva che autonoma, sia a seguito di chiamata in causa, a condizione che le loro pretese siano collegate al rapporto dedotto in giudizio (v., ad es., Cass. n. 22830/2010). Del resto la procura alle liti conferita in termini ampi ed onnicomprensivi è idonea, in base ad un'interpretazione costituzionalmente orientata della normativa processuale attuativi dei principi di economia processuale, di tutela del diritto di azione nonché di difesa della parte ex artt. 24 e 111 Cost., ad attribuire al difensore il potere di esperire tutte le iniziative atte a tutelare l'interesse del proprio assistito, ivi inclusa la chiamata del temo al quale ritenga comune la causa (Cass. SU n. 4909/2016). Deve, quindi, affermarsi il principio di diritto in base al quale la procura alle liti conferisce al difensore il potere di proporre tutte le domande che non eccedano l'ambito della lite originaria, sicché in essa rientra anche la facoltà di chiamare un terzo in causa, quale corresponsabile o responsabile esclusivo dell'evento dannoso ovvero di altra situazione collegata con la domanda originaria nel suo ambito oggettivo" (Cass. 10 dicembre 2020, n. 28197).
Non sono dunque domande con le quali si introduce una nuova e distinta controversia eccedente l'ambito della lite originaria quelle scaturenti da "altra situazione collegata con la domanda originaria nel suo ambito oggettivo"» (Cass. n.22380 del 05/08/2021).
In questa prospettiva si inserisce la decisione della Corte di Venezia, laddove ha condivisibilmente osservato che le attrici avevano citato in giudizio, insieme a G. S.P.A., anche G. 2002 SRL «la cui “interferenza” quale responsabile solidale dell’illecito concorrenziale era emersa in sede di esecuzione del sequestro…» (fol.31 sent. imp.) e, quindi, all’esito del procedimento cautelare.
6.6.- Ne consegue l’infondatezza dei motivi.
7.1.- Vanno ora esaminati i primi due motivi svolti nel ricorso principale, da trattarsi congiuntamente per connessione.
7.2.- Anch’essi sono infondati.
7.3.- Attraverso una complessa ricostruzione normativa in tema di notificazioni a mezzo PEC, la ricorrente sostiene che l’erronea indicazione del nome del file identificante la sentenza di primo grado riportata nell’attestazione di conformità rilasciata dal difensore dell’attrice vittoriosa in primo grado, all’interno della relata di notifica diretta ad accompagnare la notificazione a mezzo PEC della medesima sentenza - notificazione rilevante ai fini del computo del termine breve per l’impugnazione -, darebbe luogo ad un vizio tale da inficiare di nullità insanabile la notificazione ed impedire il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, rilevato dalla Corte di appello, come causa di inammissibilità dell’appello.
Tale conclusione non può essere condivisa.
7.4.- Va premesso il quadro normativo di riferimento:
- L’art.3 bis della legge n.53/1994 (Facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali) prevede al comma 5 che, in caso di notifica con modalità telematica «5. L'avvocato redige la relazione di notificazione su documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale ed allegato al messaggio di posta elettronica certificata. La relazione deve contenere:
a) il nome, cognome ed il codice fiscale dell'avvocato notificante;
b) ….
c) il nome e cognome o la denominazione e ragione sociale ed il codice fiscale della parte che ha conferito la procura alle liti;
d) il nome e cognome o la denominazione e ragione sociale del destinatario;
e) l'indirizzo di posta elettronica certificata a cui l'atto viene notificato;
f) l'indicazione dell'elenco da cui il predetto indirizzo è stato estratto;
g) l'attestazione di conformità di cui al comma 2.» (attestazione, quest’ultima, relativa alla notifica di un atto che non consiste in un documento informatico, n.d.r.).
- L’art.11 della legge n.53/1994 prevede che «Le notificazioni di cui alla presente legge sono nulle e la nullità è rilevabile d'ufficio, se mancano i requisiti soggettivi ed oggettivi ivi previsti, se non sono osservate le disposizioni di cui agli articoli precedenti e, comunque, se vi è incertezza sulla persona cui è stata consegnata la copia dell'atto o sulla data della notifica».
- L’art. 16-undecies del D.L. n. 179/2012 (convertito con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221), che detta le modalità dell'attestazione di conformità, ai commi 2, 3 e 3bis, prevede «2. Quando l'attestazione di conformità si riferisce ad una copia informatica, l'attestazione stessa è apposta nel medesimo documento informatico. 3. Nel caso previsto dal comma 2, l'attestazione di conformità può alternativamente essere apposta su un documento informatico separato e l'individuazione della copia cui si riferisce ha luogo esclusivamente secondo le modalità stabilite nelle specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia. Se la copia informatica è destinata alla notifica, l'attestazione di conformità è inserita nella relazione di notificazione. 3-bis. I soggetti di cui all'articolo 16-decies, comma 1, che compiono le attestazioni di conformità previste dalle disposizioni della presente sezione, dal codice di procedura civile e dalla legge 21 gennaio 1994, n. 53, sono considerati pubblici ufficiali ad ogni effetto.»
- L’art. 19 ter del c.d. DGSIA (Decreto del 28 dicembre 2015 del Direttore generale dei Sistemi Informativi Autorizzati, pubblicato su GU del 7 gennaio 2016), che disciplina le “Modalità dell'attestazione di conformità apposta su un documento informatico separato), prevede «1. Quando si deve procedere ad attestare la conformità di una copia informatica, anche per immagine, ai sensi del terzo comma dell'art. 16-undecies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 (5), l'attestazione è inserita in un documento informatico in formato PDF e contiene una sintetica descrizione del documento di cui si sta attestando la conformità nonché il relativo nome del file. Il documento informatico contenente l'attestazione è sottoscritto dal soggetto che compie l'attestazione con firma digitale o firma elettronica qualificata secondo quanto previsto all'art. 12, comma 2. (…) 3. Se la copia informatica è destinata ad essere notificata ai sensi dell'art. 3-bis della legge 21 gennaio 1994, n. 53, gli elementi indicati al primo comma, sono inseriti nella relazione di notificazione.»
7.5.- Orbene, nel caso di specie, la notificazione è stata eseguita in forma telematica dal difensore costituito (come previsto dall’art.3 bis della legge n.53/1994) e non ricorre alcuna delle nullità di cui all’art.11 della legge n.54/1998, considerato che non risulta dedotta la inosservanza delle prescrizioni di cui alle lettere da a) ad f) dell’art. 3 bis, comma 5; inoltre, l’attestazione di cui si parla alla lett. g) non afferisce alla presente fattispecie, in quanto riguarda l’attestazione di conformità di un documento analogico mente la sentenza a cui si riferisce l’attestazione è documento informatico, e, infine, non è stata mai dedotta incertezza sulla persona cui è stata consegnata la copia dell'atto o sulla data della notifica.
Quanto all’attestazione di conformità della sentenza di primo grado oggetto della notificazione, va osservato che l’attestazione di conformità da parte del procuratore legale ha riguardato un documento informatico (la sentenza di primo grado) ed è stata inserita nella relata di notifica, come previsto dall’art. 16-undecies del D.L. n. 179/2012.
La circostanza che sia stata indicata l’impronta HASH, non più richiesta, costituisce un quid pluris privo di qualsiasi valenza e, perciò, inidoneo ad incidere negativamente sull’attestazione di conformità e, conseguentemente, sulla notifica.
L’attestazione di conformità contenuta nella relata di notifica, a differenza di quanto sostenuto dalla ricorrente, è conforme alle specifiche tecniche precisate dall’art. 19 ter del c.d. DGSIA perché l’attestazione è stata inserita nella relazione di notifica costituita da un documento informatico in formato PDF, ha come contenuto una sintetica descrizione del documento di cui si sta attestando la conformità (sentenza di primo grado) nonché il relativo nome del file. Il documento informatico contenente l'attestazione è sottoscritto dal soggetto che compie l'attestazione con firma digitale o firma elettronica qualificata.
Tanto premesso va osservato che la circostanza che il nome del documento sia stato inserito nell’attestazione di conformità senza l’aggiunta dell’estensione “pdf” – che individua il formato del file, che, del resto, non è in contestazione che sia stato allegato proprio con detta estensione - non comporta una inosservanza dell’art.19 ter perché la mancanza non riguarda il nome del file - esattamente individuato “omissis -sentenza n.omissis”-, ma solo l’estensione del documento, del quale è stato illustrato sinteticamente il contenuto, come richiesto dalla disposizione in esame (sia pure ad altri fini, sulla non decisività della diversa estensione del file del documento informatico e sulla differenza tra nome ed estensione, v. Cass. civ. Sez. Unite n. 10266 del 27/4/2018).
Ne consegue che, limitandosi le censure a prospettare una violazione formale relativa all’indicazione del nome del file nell’attestazione di conformità, non ricorre alcuna violazione in merito alla redazione dell’attestazione, né, conseguentemente, alcuna nullità della notificazione, con l’effetto del passaggio in giudicato della sentenza di primo grado per tardività dell’impugnazione, come accertato dalla Corte di merito.
8. - Risulta inammissibile il terzo motivo del ricorso principale, non essendo in contestazione la ricezione della notificazione della sentenza di primo grado a cura degli appellati da parte degli appellanti, ma solo la regolarità e validità della stessa, in considerazione delle pretese violazioni formali, sulle quali è stato regolarmente esercitato il diritto di difesa e si è svolto il contraddittorio in sede di gravame.
9.- I motivi terzo e quarto del ricorso incidentale, aventi sostanzialmente, identico contenuto dei motivi esaminati sub 7.1. e ss., vanno respinti per le medesime ragioni.
10. In conclusione, entrambi i ricorsi vanno rigettati.
Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
Raddoppio del contributo unificato, ove dovuto (Cass. Sez. U. n. 23535 del 20/9/2019).
P.Q.M.
- Rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale;
- Condanna la ricorrente principale G. S.P.A. alla rifusione delle spese processuali in favore delle controricorrenti T. S.R.L. e D. G. SRL, che liquida in euro 5.000,00=, oltre euro 200,00= per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge;
- Condanna la ricorrente incidentale G. 2001 S.R.L. alla rifusione delle spese processuali in favore delle controricorrenti T. S.R.L. e D. G. SRL, che liquida in euro 5.000,00=, oltre euro 200,00= per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge;
- Dà atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d.P.R. del 30 maggio 2002, n.115, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti (principale e incidentale), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.