Ne consegue l'inammissibilità sia dell'attività del beneficiario volta a porlo in attuazione nelle forme previste per l'esecuzione, consistente nell'intimazione di un precetto non previsto dalla legge o dal giudice, sia del dispiegamento di contestazioni mediante opposizione a quest'ultimo.
Il Tribunale di Trento accoglieva la richiesta formulata ex
Svolgimento del processo
1. In accoglimento di richiesta formulata ai sensi degli artt. 1168 e 1170 cod. civ. da L.B. ed A.R., il Tribunale di Trento, con provvedimento del 12 luglio 2013, ordinò ad A.B. di eliminare alcune opere (pavimentazione, stanga elettrica ed elementi di supporto verticali) illegittimamente realizzate.
Assumendo la soltanto parziale ottemperanza alla condanna, L.B. ed A.R. promossero esecuzione forzata nelle forme di cui all’art. 612 cod. proc. civ. per la determinazione delle modalità dell’obbligo di fare asseritamente rimasto inadempiuto.
2. Avverso detta procedura esecutiva A.B. spiegò opposizione ex art. 615 cod. proc. civ., deducendo di aver integralmente osservato il comando del provvedimento possessorio.
All’esito del giudizio di prime cure, il Tribunale di Trento dichiarò la cessazione della materia del contendere sull’opposizione e condannò l’opponente per responsabilità processuale aggravata.
3. In parziale accoglimento dell’appello interposto da A.B., la decisione impugnata ha annullato la condanna ex art. 96 cod. proc. civ., confermando per il resto la sentenza gravata.
4. Ricorre per cassazione A.B., affidandosi a due motivi; resistono, con controricorso, L.B. ed A.R..
5. Parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Motivi della decisione
1. Va in primo luogo dichiarata l’inammissibilità per tardività del controricorso, siccome notificato (a mezzo PEC in data 1° settembre 2020 a fronte della notifica del ricorso perfezionata il 29 giugno 2020) elasso il termine all’uopo fissato dall’art. 370 del codice di rito, non trovando applicazione per le opposizioni esecutive la regola della sospensione feriale dei termini (tra le innumerevoli, si vedano Cass. 14/01/2022, n. 1127; Cass. 13/02/2020, n. 3542; Cass. 18/12/2019, n. 33728; circa la non sospensione dei termini relativi al giudizio di cassazione, cfr. Cass. 28/02/2020, n. 5475; Cass. 11/04/2019, n. 10212; Cass. 10/04/2017, n. 9234; Cass. 27/01/2017, n. 2179).
2. Il primo motivo lamenta, per violazione o falsa applicazione dell’art. 612 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., il mancato accoglimento della eccezione attinente all’erronea scelta processuale della controparte: ad avviso del ricorrente l’inadempimento dell’ordinanza possessoria legittimava l’esperimento di un’ordinaria azione di accertamento in sede cognitiva, non già il procedimento di cui all’art. 612 del codice di rito.
3. Il secondo motivo denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 615, secondo comma, 487 e 176 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ..
Si deduce, al riguardo, che il giudice della esecuzione ex art. 612 cod. proc. civ. aveva, con ordinanza del 17 luglio 2015, dichiarato estinto il procedimento (prendendo atto dell’integrale adempimento dell’obbligo di fare), con non luogo a provvedere sulle relative spese: tale circostanza determinava la inammissibilità della opposizione all’esecuzione, all’epoca già instaurata in fase di merito.
4. Rispetto alla disamina delle così sollevate censure riveste carattere preliminare e dirimente il rilievo, possibile in via officiosa, della inammissibilità ab origine dell’opposizione per cui è causa.
4.1. La conclusione si giustifica intendendo dare convinta continuità al principio di diritto recentemente affermato da questa Corte (Cass. 17/05/2021, n. 13175) eppure già ribadito (da Cass. 19/09/2022, n. 27392), secondo cui «poiché l’interdetto possessorio, a differenza della sentenza di condanna resa all’esito della successiva fase di merito, non è mai suscettibile di esecuzione, ma soltanto di attuazione ai sensi dell’art. 669 duodecies cod. proc. civ., richiamato dal capoverso dell’art. 703 cod. proc. civ., sono inammissibili sia l’attività del beneficiario volta a porlo in attuazione nelle forme previste per l’esecuzione e consistente nell’intimazione di un precetto non previsto dalla legge o dal giudice, sia il dispiegamento di contestazioni mediante opposizione a quest’ultimo, l’una e l’altra in violazione della competenza funzionale ed inderogabile del giudice che ha emanato il detto provvedimento possessorio, a questi dovendo rivolgersi il destinatario della notifica di quell’inammissibile precetto per contestare il diritto di conseguire l’attuazione del provvedimento interdittale».
4.2. In particolare, i citati precedenti hanno chiarito che l’attuazione forzosa del provvedimento di reintegra nel possesso va conseguita esclusivamente ai sensi dell’art. 669 duodecies cod. proc. civ., ovvero con forme diverse dall’esecuzione forzata: la concreta realizzazione del comando impartito dal provvedimento possessorio si deve, cioè, svolgere nell’àmbito dello stesso giudizio e con le sole forme stabilite dal giudice che lo ha emesso, onde salvaguardare le peculiari esigenze cautelari e conservative che l’hanno determinato e che sono state valutate appunto da quel giudice ed a lui e soltanto a lui sono riservate. Ed invero i provvedimenti interinali di reintegrazione hanno il carattere della esecutività, ma non danno luogo ad esecuzione forzata, atteso che, con essi, non si realizza un’alternativa tra adempimento spontaneo ed esecuzione forzata, ma un fenomeno intrinsecamente coattivo di realizzazione forzosa che si svolge ex officio iudicis (Cass. 20/10/1994, n. 8581; Cass. 15/01/2003, n. 481; Cass. 30/03/2007, n. 7922; Cass. 26/02/2008, n. 5010; Cass. 12/03/2008, n. 6621): la loro attuazione, pertanto, deve avvenire senza l’osservanza delle formalità dell’ordinario processo di esecuzione e, quindi, senza preventiva notificazione del precetto (con la conseguenza che le spese a questo relative, ove intimato, non sono neppure ripetibili: cfr., ex plurimis, Cass. 27/04/1979, n. 2460; Cass. 12/01/2006, n. 407).
La forzosa realizzazione del comando contenuto nel provvedimento d’urgenza in materia possessoria dà, così, luogo ad una ulteriore fase del procedimento possessorio, necessariamente devoluta, per imprescindibili esigenze di concentrazione ed effettività della peculiare tutela cautelare del caso ed in base ad inderogabile principio di ordine pubblico processuale, alla competenza dello stesso giudice che ha emesso il provvedimento e non già alla serie procedimentale della esecuzione forzata: è, dunque, non soltanto superflua, ma priva di fondamento normativo la notificazione del precetto ed è preclusa la proposizione del ricorso ex art. 612 cod. proc. civ., ferma restando la facoltà per il giudice del merito di qualificare detto ricorso come semplice istanza al giudice del merito possessorio, ove però ne ricorrano tutti i presupposti, fra cui l’identità dell’ufficio giudiziario cui l’uno e l’altro appartengono.
4.3. Ne segue che la legittimità dell’attuazione forzosa ex art. 669 duodecies cod. proc. civ. può essere contestata solo nell’àmbito dello stesso giudizio possessorio e non invece con l’opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi: tutte le deduzioni svolte da chi la subisce hanno la natura di eccezioni che, inserendosi nel giudizio di merito, sono idonee soltanto a sollecitare l’esercizio dei poteri di modifica e/o di integrazione o revoca del provvedimento impugnato, spettanti al giudice del merito possessorio e non ad altri.
4.4. A diversa soluzione si giunge unicamente nel caso in cui oggetto di realizzazione forzosa del comando giudiziale sia la sentenza di merito, che abbia confermato, ma in realtà assorbito in una pronuncia a cognizione piena, il provvedimento di reintegrazione interinale, condannando il convenuto ad un obbligo di fare, non fare o rilasciare: in questa ipotesi l’esecuzione forzata è ammessa in forma ordinaria, ma purché in base alla sentenza e non più al precedente interdetto, poiché essa sarebbe allora fondata su di una sentenza resa all’esito della fase di merito di un ordinario giudizio di cognizione, che, in quanto tale, costituisce un titolo esecutivo ad ogni effetto e può essere azionata nelle relative forme, secondo il processo disciplinato dal libro terzo del codice di rito civile.
4.5. Né può ammettersi che l’attuazione forzosa nelle forme libere contemplate dall’art. art. 669 duodecies cod. proc. civ. costituisca una modalità cui la parte creditrice può rinunciare optando per il modello ordinario dell’esecuzione forzata: l’esigenza di riconduzione al giudizio possessorio è a tutela dell’effettività della tutela lato sensu cautelare (o, in ogni caso, interinale) disegnata dal legislatore come necessariamente concentrata in capo al giudice che ha emesso quel provvedimento ed esclude una disponibilità delle forme di tutela.
Tale indisponibilità delle forme dell’attuazione (o comunque delle forme come individuate in concreto dal giudice del possessorio) esclude la legittimità della condotta del beneficiario dell’interdetto il quale, attraverso la notificazione del precetto o l’adizione del giudice dell’esecuzione nei modi di cui all’art. 612 cod. proc. civ., volesse rendere operativa una modalità procedimentale alternativa a quella contemplata dall’art. 669 duodecies cod. proc. civ., modalità inidonea a legittimare, tra l’altro, anche l’esperibilità delle opposizioni esecutive. Ne deriva che i destinatari di - pur illegittime - iniziative esecutive (ricorso ex art. 612 cod. proc. civ.) o preesecutive (precetto) di tal fatta non possono reagire con i rimedi delle opposizioni esecutive di cui agli artt. 615 e 617 cod. proc. civ.: ogni eventuale contestazione formale o sostanziale dell’attuazione in loro danno compiuta (o solo minacciata) può e deve essere proposta esclusivamente al giudice della causa di
merito possessorio.
4.6. In definitiva e per riepilogare: (a) l’interdetto non si esegue, si attua: e tanto implica la devoluzione funzionale ed inderogabile di ogni relativa controversia al giudice della cautela e poi a quello del merito, secondo il principio consacrato nell’art. 669 duodecies cod. proc. civ.; (b) poiché non poteva essere incoata (nemmeno minacciata) una esecuzione forzata, neppure poteva essere proposta un’opposizione, perché tutte le questioni relative all’attuabilità andavano devolute al giudice che aveva emesso il provvedimento cautelare e poi a quello del relativo merito; (c) le opposizioni esecutive erano quindi inammissibili.
5. Tanto giustifica la cassazione senza rinvio della gravata sentenza - con travolgimento anche di quella appellata - e, non risultando necessari altri accertamenti, va ora per allora dichiarata inammissibile l’opposizione ex art. 615 cod. proc. civ. proposta da L.B. e A.R. avverso la procedura per esecuzione di obbligo di fare intrapresa in forza del summenzionato provvedimento possessorio.
6. La peculiarità della fattispecie, connotata dall’attivazione di un rimedio inammissibile avverso un atto del pari illegittimamente formato, rende di giustizia la compensazione totale delle spese dell’intero giudizio fra le parti.
7. Il tenore della pronuncia (cassazione senza rinvio) esclude l’applicabilità dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per cui si dà atto che non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.
P.Q.M.
Pronunciando sul ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’opposizione all’esecuzione proposta da L.B. e A.R.. Dichiara interamente compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.