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18 novembre 2022
Quando le condotte criminose possono inquadrarsi nella fattispecie di truffa a consumazione prolungata?

La Cassazione afferma che necessaria è la presenza di un rapporto di causalità con il verificarsi del danno e dell'ingiusto profitto.

La Redazione

La Corte d'Appello di Napoli riformava la decisione del Giudice di primo grado, dichiarando estinto per maturata prescrizione il delitto di truffa ascritto agli imputati e confermando le statuizioni civili in favore della parte civile costituita.
Contro tale decisione, il difensore degli imputati propone ricorso per cassazione denunciando l'erronea applicazione della legge penale con riferimento al mancato riconoscimento della maturazione della prescrizione in epoca anteriore alla pronuncia della sentenza di primo grado. Il difensore sostiene, infatti, che le condotte successive al conseguimento del profitto siano del tutto irrilevanti per il perfezionamento del reato e per la decorrenza del termine di prescrizione, dovendo di conseguenza ritenere che la causa estintiva sia maturata prima dell'emissione della sentenza di primo grado.

Con la sentenza n. 43900 del 18 novembre 2022 la Corte di Cassazione dichiara il ricorso fondato nei limiti che seguono.
In relazione all'individuazione della data di consumazione del reato, nonché alla decorrenza del termine di prescrizione, la Cassazione rileva che l'inquadramento della fattispecie nella truffa a consumazione prolungata non è giuridicamente sostenibile. Come ha già avuto modo di affermare la giurisprudenza, infatti, «la configurabilità del delitto di truffa in relazione ai contratti sottoposti a condizione, ad esecuzione differita o che non si esauriscono in un'unica prestazione, nel caso in cui gli artifici e raggiri siano posti in essere anche dopo la stipula del contratto e durante la fase di esecuzione di esso, al fine di conseguire una prestazione altrimenti non dovuta o di far apparire verificata la condizione richiede che quando il comportamento diretto a ingenerare errore si manifesta nel corso dell'esecuzione contrattuale si ponga, comunque e necessariamente, in rapporto di causalità con il verificarsi del danno e dell'ingiusto profitto».
Con riferimento al caso concreto, gli Ermellini affermano che le condotte successive a quella originaria non appaiono espressive di una capacità decettiva autonoma ovvero idonee ad aggravare il danno patrimoniale derivante dalla prima pattuizione fraudolenta, bensì volte ad allontanare il disvelamento della natura effettiva dell'operazione mediante rassicurazioni che non hanno inciso sulle caratteristiche originarie della condotta.
Alla luce di ciò, la Corte esclude la possibilità di ravvisare nel caso di specie un caso di truffa a consumazione prolungata, affermando che il reato si era già estinto per maturata prescrizione al momento della decisione di primo grado.
Per questa ragione si impone, dunque, la retrodatazione della dichiarazione di estinzione e la revoca delle statuizioni civili.
Segue l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.