
… non può pretendere la restituzione di importi al lordo di ritenute fiscali mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente.
La società datrice otteneva decreto ingiuntivo per la restituzione della somma corrisposta ad un lavoratore in esecuzione della sentenza di primo grado parzialmente riformata dal Giudice d'Appello.
In accoglimento dell'opposizione proposta dal lavoratore, il Giudice di prime cure rideterminava la somma da questi dovuta nella misura corrispondente alle...
Svolgimento del processo
1. P. Italiane s.p.a. otteneva decreto ingiuntivo per la restituzione della somma corrisposta a C. D. in esecuzione di sentenza di primo grado parzialmente riformata dal giudice di appello;
2. il giudice di primo grado in accoglimento della opposizione del lavoratore rideterminava la somma da questi dovuta nella misura corrispondente alle retribuzioni percepite al netto, con esclusione quindi delle ritenute fiscali e previdenziali;
3. la Corte di appello di Roma ha confermato la decisione respingendo l'impugnazione della società P. Italiane;
4. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso P. Italiane s.p.a. sulla base di due motivi; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso;
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente denunzia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti. Premesso di avere contestato in seconde cure l'affermazione del primo giudice secondo la quale P. Italiane s.p.a. era legittimata, quale sostituto di imposta, ai sensi dell'art. 38 d. P.R. n. 602/1973, a chiedere all'Agenzia delle Entrate la restituzione delle somme versate e non dovute, sul rilievo che tale norma è applicabile alle sole ipotesi - non ricorrenti nello specifico- di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell'obbligo di versamento, si duole che il giudice di secondo grado avesse omesso di accertare che il caso in esame non rientrava tra le ipotesi di cui all'art. 38 cit.;
2. con il secondo motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 38 d. P.R. n. 602/1973 e dell'art. 10 comma 1 lettera d- bis d.P.R. n.917/1986; sostiene che in assenza dei presupposti legittimanti la richiesta da parte di P. Italiane s.p.a. di rimborso ai sensi dell'art. 38 d. P.R. n. 601/1973 cit. l'unico strumento che consentiva il recupero delle ritenute effettuate sulle somme corrisposte a titolo di retribuzioni, risultate non dovute, era costituito dalla deduzione fiscale ex art. 10 comma 1 lettera d- bis del d. P.R. n. 917/1986 cit., in relazione alla quale unico legittimato era il lavoratore;
3. i motivi, esaminati congiuntamente per connessione, devono essere respinti in continuità con la condivisibile giurisprudenza di questa Corte secondo la quale in caso di riforma, totale o parziale, della sentenza di condanna del datore di lavoro al pagamento di somme in favore del lavoratore, il datore di lavoro ha diritto a ripetere quanto il lavoratore abbia effettivamente percepito e non può pretendere la restituzione di importi al lordo di ritenute fiscali mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente; il caso del venir meno, con effetto ex tunc, dell'obbligo fiscale a seguito della riforma della sentenza da cui esso era sorto ricade, infatti, nel raggio di applicazione dell'art. 38, comma 1, d.P.R, n. 602 del 1973, secondo cui il diritto al rimborso fiscale nei confronti dell'Amministrazione finanziaria spetta in via principale a colui che ha eseguito il versamento non solo nelle ipotesi di errore materiale e duplicazione, ma anche in quelle di inesistenza totale o parziale dell'obbligo (Cass. n. 13530 del 2019, Cass. 8614 del 2019, Cass. n.19735 del 2018, Cass. n. 1464 del 2012). E' stato, in particolare puntualizzato che nella ipotesi - qui ricorrente - nella quale il datore di lavoro, ai sensi dell'art. 23 d.P.R. n. 600 del 1973, abbia operato la ritenuta d'acconto dell'imposta sui redditi delle persone fisiche su somme corrisposte al lavoratore, divenute, come nel caso di specie, non dovute per effetto della riforma della sentenza in forza delle quale le somme in questione erano state erogate, si ricade nell'ambito della inesistenza, totale o parziale, dell'obbligo fiscale, venuto meno secondo una fisiologica dinamica processuale, con effetto ex tunc (Cass. n. 990 del 2019, Cass. n. 19735 del 2018, Cass. n. 6072 del 2012, Cass. n. 8829 del 2007). In tal senso, del resto, Cass. n. 21699 del 2011 ha ben evidenziato che l'azione di restituzione e riduzione in pristino, che venga proposta a seguito della riforma o cassazione della sentenza contenente il titolo del pagamento, si collega ad un'esigenza di restaurazione della situazione patrimoniale anteriore a detta sentenza con riferimento a prestazioni eseguite e ricevute nella comune consapevolezza della rescindibilità del titolo e della provvisorietà dei suoi effetti, e quindi giuridicamente di un pagamento non dovuto; legittimati a richiedere alla Amministrazione finanziaria il rimborso delle somme non dovute e ad impugnare l'eventuale rifiuto dinanzi al giudice tributario sono sia il soggetto che ha effettuato il versamento -cd. "sostituto di imposta"-, sia il percipiente delle somme assoggettate a ritenuta - cd. "sostituito" (cfr., tra le altre, Cass. n. 517 del 2019, Cass. n. 19735 /2018 cit., Cass. n. 16105 del 2015, Cass. n. 14911 del 2015, Cass.5653 del 2014);
3.1. in caso di concreta inutilizzabilità da parte del datore di lavoro del rimedio previsto dall'art. 38, comma 1, d. P.R. n. 602 del 1973, per decorso del termine di presentazione dell'istanza di rimborso, ivi stabilito a pena di decadenza in quarantotto mesi dalla data del "versamento", trova applicazione l'art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546/ 1992, avente carattere residuale e di chiusura del sistema, secondo il quale l'istanza di rimborso può essere presentata entro due anni dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione (Cass. n. 12919 del 2019, Cass. n. 82 del 2014);
3.2. quanto ora osservato rende ininfluente, al fine dell'accoglimento della tesi della restituzione al lordo e non al netto delle ritenute fiscali, il riferimento alla possibilità per il sostituito di recuperare le ritenute fiscali, divenute non dovute, attraverso il meccanismo della deducibilità ex art. 10, comma 1, lettera d) bis, d. P.R n. 917 del 1986, configurandosi tale possibilità come non escludente la facoltà di diretto recupero da parte del datore di lavoro; quale soggetto che ha effettuato il versamento;
4. in base alle considerazioni che precedono il ricorso deve essere respinto e la società P. Italiane condannata alla rifusione delle spese di lite secondo soccombenza;
5. sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente P. Italiane s.p.a. dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dell' art.13 d. P.R. n. 115/2002 ( Cass. Sez. Un. n. 23535 del 2019).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 2.500,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.