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21 novembre 2022
Riparazione per ingiusta detenzione: la falsa prospettazione di situazioni, fatti o condotte non può essere assimilabile al silenzio
Il silenzio serbato su elementi di indagine significativi non rileva quale comportamento ostativo all'insorgenza del diritto alla riparazione, ma il mendacio dell'indagato in sede di interrogatorio conserva rilievo per la verifica di un eventuale profilo di colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto.
La Redazione
La Corte d'Appello di Palermo rigettava la richiesta di riconoscimento di un indennizzo a titolo di riparazione per ingiusta detenzione presentata dall'interessato in relazione alla privazione della libertà patita nell'ambito di un procedimento nel quale era stato chiamato a rispondere del reato di omicidio volontario aggravato. In particolare, i fatti si...
Svolgimento del processo
1. La Corte d'appello di Palermo ha rigettato la richiesta di riconoscimento di un indennizzo a titolo di riparazione per ingiusta detenzione, presentata nell'interesse di T.M., in relazione alla privazione della libertà da costui subita nell'ambito di un procedimento nel quale era stato chiamato a rispondere del reato di omicidio volontario, aggravato dall'art. 3 legge n. 205/1993, commesso in acque internazionali, a bordo di un mercantile con 95 migranti, sul quale era scoppiata una rissa tra fazioni opposte, a seguito della quale alcuni passeggeri erano stati gettati a mare. Da tale reato egli era stato assolto in primo grado per insussistenza del fatto.
2. La difesa del T. ha proposto ricorso, formulando un motivo unico, con il quale ha dedotto i vizi di cui all'art. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione al ritenuto comportamento ostativo. In particolare, il deducente rileva che i tre elementi valorizzati dal giudici della riparazione sarebbero inidonei a configurare una condotta ostativa, quanto al primo (l'essersi il T. trovato a bordo del mercantile) assumendosene la irrilevanza, atteso che il drammatico evento non poteva in alcun essere previsto dall'istante, a bordo del natante solo perché intenzionato a fuggire dal proprio paese di origine; quanto al secondo (le dichiarazioni di terzi soggetti), non trattandosi di comportamenti addebitabili al T. ed essendo state dette dichiarazioni ritenute inattendibili dal giudice della cognizione; infine, quanto al terzo (le dichiarazioni del T.) essendo state le sue affermazioni avvalorate dal Tribunale del riesame.
3. Il Procuratore generale, in persona del sostituto G.D.L., ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata.
Motivi della decisione
1. Il ricorso va rigettato.
2. La Corte d'appello ha ritenuto che, nella specie, fosse ravvisabile un comportamento dell'istante ostativo all'insorgenza del diritto azionato, ravvisandolo: a) nella circostanza che costui era stato indicato da ben sei persone a bordo del mercantile come uno dei soggetti coinvolti nell'annegamento di alcuni passeggeri, dichiarazioni che, pur tenute in conto, erano state però ritenute generiche dalla Corte d'assise; b) nel fatto che egli si fosse trovato sul mercantile con a bordo 95 clandestini, soccorsi in acque territoriali; c) nelle stesse dichiarazioni del T., il quale aveva riferito che sulla nave era scoppiata una rissa tra soggetti di diversa nazionalità e che la caduta in mare era stata accidentale, essendo invece emerso, dalla istruttoria dibattimentale, che gli annegati erano stati volontariamente gettati in mare.
3. Le doglianze difensive sono infondate.
In linea generale, deve ricordarsi che il giudice della riparazione per l'ingiusta detenzione, per stabilire se chi l'ha patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di stabilire, con valutazione ex ante e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito - non se tale condotta integri gli estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell'autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale (sez. 4 n. 9212 del 13/11/2013, dep. 2014, Maltese, Rv. 259082).
In sede di verifica della sussistenza di tale comportamento ostativo, pertanto, non viene in rilievo la valutazione del compendio probatorio ai fini della responsabilità penale, ma solo la verifica dell'esistenza di un comportamento del ricorrente che abbia contribuito a configurare, pur nell'errore dell'autorità procedente, quel grave quadro indiziante un suo coinvolgimento negli illeciti oggetto d'indagine. Ai medesimi fini, il giudice deve apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito motivazione, che, se adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità (sez. 4 n. 27458 del 05/02/2019, H.H.B.H., Rv. 276458).
Quanto alla natura del comportamento ostativo, inoltre, il giudice di merito può rivalutare fatti emersi nel processo penale, ivi accertati e non esclusi dal giudice di merito, solo al fine di decidere sulla sussistenza del diritto alla riparazione (sez. 4 n. 3895 del 14/12/2017, dep. 2018, Rv. 271739).
4. Infine, quanto alle. dichiarazioni mendaci dell'interessato, deve operarsi una precisazione.
Questa Corte di legittimità ha già affermato, con riferimento alle facoltà difensive del soggetto arrestato, in pronunce successive alla intervenuta modifica dell'art. 314, cod. proc. pen., ad opera dell'art. 4, comma 1, lett. b), d.lgs. 8 novembre 2021, n. 188, che il silenzio serbato dall'indagato su elementi di indagine significativi, nell'esercizio della facoltà prevista dall'art. 64, comma 3, lett. b), cod. proc. pen., non rileva quale comportamento ostativo alla insorgenza del diritto alla riparazione (sez. 4, n. 8615 del 8/2/2022, Z., Rv. 283017; n. 8616 del 8/2/2022, n.m.; n. 19621 del 12/4/2022, L, Rv. 283241; n. 37200 del 14/6/2022, G., Rv. 283557).
Infatti, considerato il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità che, in passato, aveva attribuito, sia pure a determinate condizioni, rilievo causale ostativo a tale opzione difensiva, l'intervento legislativo sulla norma in esame pone immediatamente l'interprete di fronte al problema della perdurante coerenza di tale lettura con la ratio della novella e con lo strumento sovranazionale al quale il legislatore ha inteso adeguare l'istituto in esame. A fronte di una norma originariamente silente sui connotati del comportamento ostativo, infatti, il legislatore è intervenuto eliminando dall'alveo del rilevante proprio il silenzio serbato dall'imputato che la giurisprudenza aveva valorizzato, sia pur a certe condizioni. La categoria della colpa rilevante, dunque, è rimasta profondamente incisa dall'intervento legislativo, con il quale il legislatore ha inteso adeguare la normativa nazionale alle disposizioni della Direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali (considerato n. 10 e n. 24 della Direttiva). Di qui, la necessità di riconsiderare il precedente orientamento ermeneutico, sì da renderlo coerente con la ratio ispiratrice dello strumento sovranazionale recepito dalla modifica legislativa.
Fatta tale premessa, deve tuttavia rilevarsi che, pur nella consapevolezza di tale revirement giurisprudenziale, il mendacio dell'indagato in sede di interrogatorio, ove causalmente rilevante sulla determinazione cautelare, continua a conservare rilievo ai fini della verifica dell'eventuale colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione posto che la falsa prospettazione di situazioni, fatti o comportamenti non è condotta assimilabile al silenzio serbato nell'esercizio della facoltà difensiva prevista dall'art. 64, comma 3, lett. b) cod. proc. pen. (sez. 4, n. 3755 del 20/1/2022,
Pacifico, Rv. 282581; n. 51333 del 21/9/2018, C., Rv. 274005).
5. Tale essendo, dunque, la cornice di diritto nella quale va esaminato il caso di specie, il provvedimento impugnato risulta coerente con essa, rilevandosi altresì che il percorso argomentativo seguito dalla Corte di merito per giustificare le proprie conclusioni è congruo e non evidenzia contraddittorietà, nè manifeste illogicità, avendo i giudici della riparazione operato correttamente il raffronto tra la condotta dell'indagato e le ragioni della cautela rivelatasi ingiusta (sul punto, anche sez. 3, n. 36336 del 19/6/2019, W., RV. 277662). Infatti, non pare ultroneo richiamare il diritto vivente per ribadire che la valutazione che il giudice di merito conduce ai sensi dell'art. 314, cod. proc. pen., per scrutinare la condizione negativa di cui si discute, costituisce un apprezzamento di merito, rispetto al quale egli è chiamato a fornire idonea motivazione che, se adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità. (sez. U, n. 34559 del 26/6/2002, D.B., Rv. 222263, in cui si è precisato che il giudice deve fondare la deliberazione conclusiva su fatti concreti e precisi e non su mere supposizioni, esaminando la condotta tenuta dal richiedente sia prima, sia dopo la perdita della libertà personale, indipendentemente dall'eventuale conoscenza, che quest'ultimo abbia avuto, dell'inizio dell'attività di indagine, al fine di stabilire, con valutazione "ex ante", non se tale condotta integri estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell'autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di causa ad effetto).
Infine, considerato il tenore delle argomentazioni difensive formulate con il ricorso, deve confermarsi l'ulteriore principio anche di recente affermato da questa stessa Sezione, secondo il quale, ai fini qui d'interesse, il giudice può valutare i comportamenti del richiedente, la cui dimostrazione sia tratta da una prova dichiarativa assunta nel giudizio di merito, purchè verifichi che tale prova abbia positivamente superato il vaglio del giudizio di cognizione o, comunque, motivi sull'accertata riferibilità della condotta ostativa al richiedente, o, ancora, verifichi che quanto dichiarato non sia stato escluso dalla sentenza di assoluzione (sez. 4, n. 2202 del 12/1/2022, S., Rv. 282570, in fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza di rigetto dell'istanza di riparazione in quanto fondata su comportamenti dell'istante riportati da testimoni, senza alcun riferimento alla valutazione che di quelle prove dichiarative era stata data nella sentenza di merito).
6. Nel caso all'esame, nell'ordinanza impugnata si è chiarito che le dichiarazioni incriminanti non erano state smentite del tutto, ma giudicate inidonee, stante la genericità delle accuse, a fondare un'affermazione di responsabilità penale; si è dato atto della falsità dell'affermazione per la quale le vittime sarebbero cadute in mare accidentalmente a seguito della rissa, essendo rimasto provato che le stesse erano state volontariamente gettate in mare e, quindi, assassinate; infine, che una rissa aveva avuto luogo sul mercantile, come dallo stesso interessato riconosciuto in sede di interrogatorio.
7. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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