
Nel caso di specie, non costituivano prova del credito né il verbale di passaggio di consegne all'amministratore subentrante, né la deliberazione assembleare di approvazione del rendiconto consuntivo.
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
C.F. ha presentato ricorso articolato in plurimi motivi avverso la sentenza del Tribunale di Vicenza n. 1301/2021, pubblicata il 22 giugno 2021.
Il Condominio Omissis di via Omissis, Omissis resiste con controricorso.
Con decreto ingiuntivo del 26 gennaio 2018 del Giudice di pace di Omissis, C.F., ex amministratore del Condominio Omissis di via Omissis, Omissis, intimò al Condominio il pagamento della somma di € 3.913,07, esponendo di esserne creditore a titolo di compensi professionali e di rimborso di spese anticipate per la gestione condominiale fino alla cessazione dell’incarico, avvenuta il 16 marzo 2015. Espletata CTU, il Giudice di pace accolse l’opposizione proposta dal Condominio e revocò il decreto ingiuntivo.
Il Tribunale di Vicenza ha poi respinto l’appello avanzato dal F., osservando che non dovesse tributarsi valore di riconoscimento di debito alla firma del nuovo amministratore sulla documentazione relativa al “passaggio di consegne” e che la deliberazione assembleare di approvazione del rendiconto consuntivo, il quale pur evidenzi un disavanzo tra le entrate e le uscite, non consente di ritenere dimostrato che la differenza sia stata versata dall'amministratore con denaro proprio. Il giudice di appello ha poi reputato infondate le critiche rivolte alla CTU dal F., avendo l’ausiliare applicato un corretto criterio contabile civilistico nel procedere alla verifica dell’operato dell’amministratore. Secondo il Tribunale, la semplice lettura della contabilità rendeva evidente la mancanza di una regolare tenuta, generando confusione contabile la pretesa dell’ex amministratore di tenere il libro cassa con un criterio misto. Esaminando i documenti prodotti, la sentenza impugnata ha rilevato che: “nel consuntivo al 31.12.2014 risulta alla voce anticipazioni fatte da F. l’importo di € 0, quindi, a rigor di logica, al termine di tale esercizio nulla doveva avanzare dal Condominio l’amministratore a titolo di anticipazioni, mentre risultava ancora da addebitare all’appellato, secondo tale bilancio, l’importo di € 2.383,18 senza alcuna indicazione del titolo da cui derivava l’importo che oltretutto non corrisponde nemmeno all’importo di quanto dovuto per onorari e rimborso cancelleria al F. che era pari ad € 2.209,59. Ove si trattassero di anticipazioni di anni precedenti le stesse sarebbero dovute risultare dai bilanci anteriori, e riportate di anno in anno al nuovo esercizio, mentre nel consuntivo al 31.12.2013 non vi è traccia di anticipazioni dell’amministratore. In realtà dal libro cassa del 2014 si evidenziano due pagamenti al F. il primo per € 1.600 come acconto per rimborso anticipazione e il secondo da € 2.368,68 in data 03.05.2014 come saldo per anticipazioni dell’amministratore, così come appaiono saldate anche le rate del compenso dell’amministratore per l’annualità 2014, così fornendo fondatezza alla circostanza che al 31.12.2004 il F. avesse riscosso tutti gli importi dallo stesso anticipati”. Ed ancora: “come poi correttamente rilevato dal CTU partendo da una cassa negativa al 01.01.2015 per € 5.702,26 è del tutto incomprensibile come il F. possa arrivare ad un saldo finale di cassa di € 3.913,07 e pretendere che tale saldo sia identificabile come anticipazioni dallo stesso effettuate”.
Dalla rimarcata irregolare tenuta delle scritture contabili del condominio, il Tribunale ha quindi tratto la conclusione che non risultasse provato il credito del F..
Il ricorso di C.F. deduce in sequenza, con paragrafi non numerati, le seguenti censure:
- nullità della sentenza per irriducibile contraddittorietà e/o illogicità – motivazione insanabilmente incoerente e/o apparente – vizio rinvenibile direttamente dal testo della sentenza impugnata:
1) affermazione di intervenuto saldo competenze relative all’anno 2014 (pag. 7 secondo cpv.);
2) affermazione della “non regolare tenuta della contabilità” come presupposto della mancata prova del credito (pag. 9, primo cpv.);
3) affermazione secondo la quale “l’appellante vorrebbe applicare un presunto criterio derivante dalla prassi condominiale diverso da quello civilistico”;
- nullità della CTU; tale nullità concernerebbe “il metodo, oltre che il merito delle operazioni peritali”, ovvero “il grave pregiudizio del diritto di difesa messo in atto dal Consulente d’Ufficio nelle modalità di espletamento delle operazioni peritali, per non essere state, le parti, poste in grado di intervenire alle operazioni”; la relazione peritale sarebbe “stata redatta in totale autonomia, senza minimamente convocare o consultare la parte opposta, Geom. F., né il suo legale; la totale mancanza del verbale delle operazioni, che è buona regola allegare, impedisce, soprattutto, di sapere se il CTU abbia consultato il CT di parte opponente, così compromettendo il diritto di difesa di una delle parti ed inficiando di nullità tutte le operazioni”;
- nullità della sentenza conseguente alla nullità della CTU; il giudice d’appello avrebbe “sposato acriticamente le conclusioni del CTU, salvo poi stravolgerne le conclusioni ai fini di una motivazione contraddittoria, incoerente e meramente apparente”; le sentenze di primo e di secondo grado sarebbero, peraltro, “totalmente difformi”, giacché “l’una basata su dati aritmetici, l’altra sul non aver, l’appellante, assolto all’onere della prova che su di lui incombeva”;
- omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in ordine alla asserita mancata prova del credito azionato, come affermata nella sentenza impugnata: estratti conto corrente condominiale documento 7) allegato alla memoria ex art. 320 c.p.c. giudizio di primo grado;
- omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio: documenti contenenti tutti gli elementi richiesti dalla legge per la completezza del bilancio – regolarità della contabilità – Docc. da 1 a 6 allegati alla comparsa di risposta giudizio di primo grado;
- omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio: approva zione bilancio all’unanimità.
Tali fatti decisivi emergerebbero da documenti, non apprezzati, che invece conterrebbero la dimostrazione della sussistenza e della prova del credito.
Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all'art. 380-bis c.p.c., in relazione all'art. 375, comma 1, n. 1), c.p.c., il presidente ha fissato l'adunanza della camera di consiglio.
Il controricorrente ha presentato memoria.
I molteplici motivi di ricorso, per la loro connessione, vanno esaminati congiuntamente e si rivelano inammissibili.
La sentenza impugnata contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione.
Il Tribunale di Vicenza ha ritenuto, con apprezzamento di fatto che costituisce prerogativa del giudice di merito, che non fosse stata raggiunta la prova del credito relativo al compenso ed alle anticipazioni vantato dall’ex amministratore del Condominio. Secondo la sentenza impugnata, non assurge a prova di tale credito né il verbale di passaggio di consegne all’amministratore subentrante, né la deliberazione assembleare di approvazione del rendiconto consuntivo, essendo le scritture contabili condominiali tenute non regolarmente.
Il Tribunale di Vicenza ha così deciso la questione di diritto in modo conforme al consolidato orientamento di questa Corte e le censure proposte dal ricorrente non superano lo scrutinio di cui all’art. 360 bis n. 1 c.p.c. (cfr., ex multis, Cass. Sez. 6 2, 25/02/2020, n. 5062; Cass. Sez. 2, 14/02/2017, n. 3892).
Il ricorso intende sollecitare questa Corte a rivalutare la sussistenza della prova, nella contabilità condominiale, degli esborsi effettuati e delle attività espletate da C.F., ma tali valutazioni e calcoli costituiscono accertamenti di fatto demandati al giudice di merito e sono incensurabili in cassazione se non sotto il profilo dell'omesso esame di un fatto decisivo, ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.
È consolidato in giurisprudenza il principio secondo cui, poiché il credito dell’amministratore per il recupero delle somme anticipate nell’interesse del Condominio si fonda sul contratto tipico di amministrazione che intercorre con i condomini, al quale, per quanto non disciplinato nell’art. 1129 c.c., si applicano le disposizioni di cui alla sezione I, capo IX, titolo III, libro V, del codice civile, è l’amministratore che, alla stregua dell’art. 1720 c.c., deve offrire la prova degli esborsi effettuati, mentre i condomini (e quindi il Condominio) – che sono tenuti, quali mandanti, a rimborsargli le anticipazioni da lui effettuate, con gli interessi legali dal giorno in cui sono state fatte, ed a pagargli il compenso oltre al risarcimento dell’eventuale danno – devono dimostrare di avere adempiuto all’obbligo di tenere indenne l’amministratore di ogni diminuzione patrimoniale in proposito subita (Cass. Sez. 2, 26/02/2019, n. 5611; Cass. Sez. 6 2, 17/08/2017, n. 20137; Cass. Sez. 2, 30/03/2006, n. 7498). Era dunque l’amministratore F. a dover fornire la dimostrazione dei fatti su cui fondare la propria pretesa di recupero delle spese sostenute. Spetta poi all’assemblea il potere di approvare, col conto consuntivo, gli incassi e le spese condominiali, ma solo una chiara e definitiva indicazione in bilancio dell’importo corrispondente al disavanzo tra le rispettive poste contabili può costituire idonea prova del debito dei condomini nei confronti del precedente amministratore (arg. da Cass. Sez. 2, 28/05/2012, n. 8498; Cass. Sez. 2, 14/02/2017, n. 3892).
D’altro canto, va altresì ribadito, a conferma del ragionamento seguito dal Tribunale, come l’accettazione da parte del nuovo amministratore della documentazione condominiale consegnatagli dal precedente e il verbale di consegna sottoscritto con riguardo alla situazione patrimoniale al momento del subentro gestorio non costituiscono prove idonee del debito nei confronti dell’ex amministratore da parte dei condomini per l'importo corrispondente al disavanzo tra le rispettive poste contabili, spettando pur sempre all'assemblea di approvare il conto consuntivo, onde confrontarlo con il preventivo ovvero valutare l'opportunità delle spese affrontate d'iniziativa dell'amministratore. La sottoscrizione del verbale di consegna della documentazione, apposta dal nuovo amministratore, non integra, pertanto, una ricognizione di debito fatta dal condominio in relazione alle anticipazioni di pagamenti ascritte al precedente amministratore e risultanti dalla situazione di cassa registrata (Cass. Sez. 2, 28/05/2012, n. 8498).
La sentenza impugnata ha comunque negato altresì la valenza probatoria della deliberazione assembleare di approvazione del rendiconto in ordine alle somme a carico del condominio da corrispondere all'amministratore cessato dall'incarico. Anche in proposito questa Corte ha già affermato che la deliberazione dell'assemblea di condominio, che procede all'approvazione del rendiconto consuntivo, pur ove evidenzi un disavanzo tra le entrate e le uscite, non consente di ritenere dimostrato, in via di prova deduttiva, che la differenza sia stata versata dall'amministratore con denaro proprio, in quanto la ricognizione di debito postula un atto di volizione da parte dell’organo collegiale in relazione a poste passive specificamente indicate (Cass. Sez. 2, 09/05/2011, n. 10153).
È altresì frutto di apprezzamento di fatto, non sindacabile in sede di legittimità, quello sulla tenuta irregolare, anche sotto l'aspetto sostanziale, della contabilità condominiale, tale da non poter fornire prova del credito vantato dall’ex amministratore.
Essendo l’amministratore che agisce in giudizio per la corresponsione del compenso ed il recupero delle spese sopportate per l'esecuzione dell'incarico a dover fornire la dimostrazione dei fatti che ne costituiscono il fondamento, e cioè dell'esecuzione del negozio gestorio e dell'esborso effettuato in occasione di esso, pur non trattandosi di accertare situazioni di fatto verificabili soltanto con il ricorso a specifiche cognizioni tecniche, i giudici del merito hanno non di meno disposto l’espletamento di una consulenza tecnica d'ufficio, che comunque non ha giovato al F. ai fini dell’adempimento dell'onere della prova su di lui gravante.
Quanto alla nullità della CTU per mancnza di contraddittorio, è lo stesso ricorrente che riferisce che vi fu “un primo incontro nel quale è stato dato avvio alle operazioni, ma a ciò non è seguita alcuna informazione sul progredire”, e che furono comunque depositate “osservazioni alla bozza”. È allora da considerare, per desumere l’inammissibilità della censura, come l’art. 194 c.p.c. stabilisce che il consulente tecnico può compiere le proprie indagini, secondo quanto dispone il giudice, anche “da sé solo”, potendo comunque le parti “intervenire alle operazioni in persona e a mezzo dei propri consulenti tecnici e dei difensori”, nonché “presentare al consulente, per iscritto o a voce, osservazioni e istanze”. A norma, poi, del terzo comma dell’art. 195 c.p.c., la relazione peritale deve essere trasmessa dal consulente alle parti costituite, le quali devono trasmettere al consulente le proprie osservazioni sulla relazione, che il consulente deve valutare nell’elaborato finale. In forza, tuttavia, dell’art. 90 disp. att. c.p.c., il consulente tecnico, autorizzato a compiere indagini senza che sia presente il giudice, deve dare comunicazione alle parti del giorno, ora e luogo di inizio delle operazioni. Non è invece previsto dalla legge un analogo obbligo per il consulente di dare comunicazione delle successive indagini peritali, incombendo, piuttosto, sulle parti l'onere di informarsi sul prosieguo di queste al fine di parteciparvi (Cass. Sez. 6 3, 16/10/2020, n. 22615; Cass. Sez. 3, 18/03/2014, n. 6195; Cass. Sez. 1, 07/07/2008, n. 18598).
Con i molteplici motivi di ricorso, si intende sollecitare questa Corte a rivalutare la sussistenza della prova, nella contabilità condominiale, degli esborsi effettuati dal F. a titolo di anticipazione, ovvero a ricalcolare ciò che ci fosse in cassa al momento della cessazione del suo mandato, ma tali valutazioni e calcoli costituiscono accertamenti di fatto demandati al giudice di merito, e sono incensurabili in cassazione se non sotto il profilo dell’omesso esame di un fatto decisivo, ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. Il ricorrente prospetta, invece, mere difformità tra la valutazione di determinate poste contabili operata dal consulente tecnico e la propria valutazione. Le censure, denunciando l’acritica adesione della sentenza impugnata alla CTU, indicano circostanze ed elementi che sono stati comunque presi in considerazione dal Tribunale e si sostanziano nella contestazione dell'esattezza delle conclusioni dell'espletata consulenza mediante la pura e semplice contrapposizione ad esse delle diverse valutazioni espresse dalla parte. D’altro canto, il giudice di merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi contenuti nelle note tecniche di parte, esaurisce l'obbligo della motivazione con l'indicazione delle fonti del suo convincimento, e non deve necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni delle parti, che, sebbene non espressamente confutate, restano implicitamente disattese. Le critiche di parte, che tendono al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive, che non obbligano il giudice ad un’espressa pronunzia al riguardo.
Il fatto storico rilevante in questo giudizio come fatto principale costitutivo ex art. 2697 c.c. attiene al titolo per le spese ed il compenso di cui all’art. 1720 c.c., mentre i fatti secondari (dedotti in funzione di prove determinante del credito azionato) attengono ai registri di contabilità, alle note di gestione ed ai rendiconti, ed essi sono stati esaminati dai giudici del merito, agli effetti dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
Così individuate le ragioni di fatto, principali e secondarie, oggetto di lite, non appare dubbio che operi, nella specie, altresì la previsione d'inammissibilità di cui all'art. 348 ter, comma 5, c.p.c., che esclude che possa essere impugnata ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. la sentenza di appello "che conferma la decisione di primo grado" e che risulti fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della sentenza di primo grado (cd. doppia conforme). Il rilievo che le scritture contabili non comprovino, attraverso un calcolo aritmetico, la fondatezza del credito dell’ex amministratore, come affermato dal giudice di pace, non costituisce ragione di fatto diversa dalla carenza di prova attestata dal giudice d’appello.
Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato a rimborsare al Condominio controricorrente le spese del giudizio di cassazione.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115
da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 2.500,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.