Nel caso di specie, l'affermazione di responsabilità dell'avvocato implica una valutazione prognostica circa il positivo accoglimento dell'appello ove esso fosse stato tempestivamente proposto, e non anche circa la possibilità di accesso al condono, il quale costituisce un evento futuro ed incerto, la cui fonte normativa non era nella disponibilità del legale poter prevedere.
Gli attori convenivano in giudizio l'avvocato chiedendone la condanna al risarcimento dei danni dovuti alla violazione dei suoi doveri professionali nell'ambito dell'incarico conferitogli. Nello specifico, era accaduto che il legale aveva rappresentato le parti in sede di impugnazione di un avviso di accertamento ricevuto dal Fisco, ma gli attori riferivano di aver avuto...
Svolgimento del processo
L.D.S. e il figlio G.M. convennero davanti al Tribunale di Napoli, l'avvocato G.L., chiedendo la condanna del medesimo al risarcimento dei danni, conseguenti alla violazione dei
suoi doveri professionali nell'ambito di un incarico da loro conferito; rappresentarono di aver chiesto al legale di impugnare l'avviso di accertamento ricevuto dall'Agenzia delle Entrate e relativo al contestato maggior valore di beni da essi ricevuti in successione; di aver avuto notizia del rigetto dell'impugnazione solo a seguito del passaggio in giudicato della relativa sentenza a causa dell'omessa comunicazione, da parte del legale, alla cancelleria della Commissione Tributaria di primo grado, del proprio cambio di domicilio;
la pronuncia della Commissione Tributaria, passando in giudicato, avrebbe reso impossibile per gli assistiti sia la proposizione dell'appello sia la sussistenza della "pendenza della lite" quale presupposto per l'accesso alle agevolazioni fiscali di cui al condono previsto dalla l. n. 289 del 2002, entrata in vigore successivamente al passaggio in giudicato della pronuncia a loro sfavorevole: da ciò deriverebbe il loro diritto ad essere risarciti dall'avvocato A. di quanto conseguito alla impossibilità di fruire del condono, e dunque della maggior somma versata all'erario a titolo di imposte tasse e soprattasse; chiesero inoltre la restituzione dell'acconto ricevuto ed il risarcimento del maggior danno;
a seguito di costituzione in giudizio dell'avvocato L. e della Allianz SpA, compagnia di assicurazione per la responsabilità professionale, il Tribunale adito, pur ritenendo provata la negligenza del legale, ritenne che il danno lamentato dagli attori non fosse causalmente collegato all'inadeguata prestazione professionale del L., potendosi allo stesso addebitare le conseguenze negative dell'esito infruttuoso dei ricorsi solo se si fosse dimostrato che, attraverso una diligente attività difensiva, i ricorsi avrebbero trovato accoglimento; il Tribunale ritenne che il mancato accesso al condono non potesse essere considerata conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento del M. in quanto la relativa disciplina era entrata in vigore in data successiva alla definizione dei procedimenti di impugnazione dell'avviso di accertamento; per l'effetto rigettò la domanda negando che il legale potesse essere considerato responsabile delle conseguenze della mancata ammissione alle agevolazioni fiscali;
la Corte d'Appello di Napoli, con sentenza del 12/9/2019, ha confermato la sentenza di primo grado ribadendo la non configurabilità di un danno corrispondente al mancato accesso al condono, non essendovi prova che, qualora il legale avesse operato con diligenza, l'accesso al condono sarebbe stata certa, sì da poter configurare una perdita di chance; la possibilità di accesso al condono era evento imprevedibile e non conoscibile e l'unico elemento presuntivo fornito dagli appellanti era rappresentato dalla sola e diversa probabilità che, all'esito della decisione di primo grado, essi avrebbero proposto appello; la perdita della dedotta chance di accesso al condono non poteva, dunque, essere eziologicamente collegata, in via diretta ed immediata, alla condotta negligente del L.;
avverso la sentenza L.D.S. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo.
ha resistito l'avvocato G.L. con controricorso;
la causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ricorrendo i presupposti di cui all'art. 380 bis c.p.c.
la ricorrente ha depositato memoria;
Motivi della decisione
con l'unico motivo di ricorso - violazione e falsa applicazione, anche per vizio di sussunzione, del disposto degli artt. 1176, 1218, 1223, 1225, 2236, 2697 c.c., 40 e 41 c.p. e 115 c.p.c. (art. 360, primo co. n. 3 c.p.c.) Omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (art. 360, co. 1 n. 5 c.p.c.) -la ricorrente lamenta l'inesatta applicazione delle norme in tema di diligenza nell'adempimento (artt. 1176 e 2236 c.c.), di causalità (artt. 1223 c.c. e 40 e 41 c.p.c.) e di prevedibilità del danno (art. 1225 c.c.) nei giudizi per condotte omissive degli esercenti la professione legale, nonché la violazione delle norme che regolano l'onere della prova della colpa ex art. 1218 e 2697 c.c.;
la corte di merito avrebbe omesso di valutare la prospettazione di questioni di puro diritto ovvero se il professionista avesse violato l'obbligo di diligenza, se tale violazione avesse prodotto danni, se i danni fossero prevedibili e, quindi risarcibili;
in particolare avrebbe errato nel non rilevare come nelle cause di responsabilità professionale degli avvocati, la valutazione prognostica circa il probabile esito dell'impugnazione dichiarata inammissibile o improcedibile fosse censurabile in sede di legittimità per vizio di sussunzione delle norme che governano l'accertamento del nesso causale tra la condotta omissiva e il danno;
la corte di merito, come del resto prima il Tribunale, si sarebbe erroneamente astenuta dal verificare e graduare la colpa nella condotta omissiva del professionista; dall'individuare i danni cagionati dalla condotta e ciò indipendentemente dalla loro prevedibilità; dal quantificare i danni prevedibili;
la corte avrebbe dovuto rilevare la sussistenza della serie causale continua tra la condotta illegittima del legale ed il danno e ritenere irrilevanti, ai fini della valutazione della diligenza e della prudenza, le limitazioni previste dall'art. 2236 c.c.;
la sentenza, oltre ad incorrere nelle evidenziate violazioni di legge, avrebbe dato vita ad una motivazione meramente apparente omettendo di pronunciare sulla difficoltà della prestazione omessa, sul grado della diligenza richiesta e sul titolo di imputabilità della violazione;
le censure sono inammissibili e, comunque infondate, per le ragioni qui di seguito esposte; preliminarmente esse non attingono adeguatamente le due rationes decidendi dell'impugnata sentenza la quale ha ritenuto: a) che l'unico elemento presuntivo fornito dagli appellanti fosse costituito dalla probabilità che, in caso di conoscenza dell'esito negativo del ricorso alla Commissione di primo grado, la D.S. ed il figlio proponessero appello; b) che il condono non fosse prevedibile al momento in cui si verificò l'inadempimento del L. innescante la serie causale produttiva del danno; il ricorso non investe adeguatamente tali due profili, non dice, in altri termini perché dovrebbe presumersi che, se fosse stato proposto un tempestivo appello, il procedimento sarebbe stato ancora pendente al momento in cui sopraggiunse il condono, in modo da consentire alla odierna ricorrente di usufruirne; né riferisce perché il danno (da mancata possibilità di beneficiare del condono) fosse prevedibile al momento dell'inadempimento; in ogni caso il ricorso è da rigettare perché la sentenza di merito non nega che vi sia stata una condotta negligente del legale nel non comunicare tempestivamente l'esito del ricorso avverso l'accertamento tributario sì da consentire la proposizione dell'appello ma esclude, con ciò rispettando pienamente le disposizioni indicate in epigrafe, e la consolidata interpretazione che di esse ha dato questa Corte, che, in base ad una valutazione prognostica ex ante, potesse collegarsi a tale inadempimento altro che la sola chance di proposizione dell'appello, restando l'accesso alla procedura di condono, entrata in vigore solo successivamente ai fatti di cui è causa, del tutto estranea alla serie causale degli inadempimenti contestati;
la sentenza è, sul punto del nesso causale, del tutto conforme al consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale "la responsabilità del prestatore di opera intellettuale nei confronti del proprio cliente per negligente svolgimento dell'attività professionale presuppone la prova del danno e del nesso causale tra la condotta del professionista ed il pregiudizio del cliente e, in particolare, trattandosi dell'attività del difensore, l'affermazione della responsabilità per colpa professionale implica una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole dell'azione giudiziale che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente seguita" (Cass., 3, n. 10966 del 2004);
"La responsabilità dell'avvocato - nella specie per omessa proposizione di impugnazione - non può affermarsi per il solo fatto del suo non corretto adempimento dell'attività professionale, occorrendo verificare se l'evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla condotta del primo, se un danno vi sia stato effettivamente ed, infine, se, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando, altrimenti, la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva, ed il risultato derivatone" (Cass., 3, n. 2638 del 5/2/2013; in termini anche Cass., 3, n. 9917 del 26/4/2010; Cass., 3 n. 25112 del 24/10/2017; Cass. 3 n. 13873 del 6/7/2020);
in base a tale consolidato orientamento la serie causale che rileva, ai fini della configurazione della responsabilità del legale, si arresta, come correttamente ritenuto dai giudici del merito, alla valutazione prognostica circa il positivo accoglimento dell'appello, ove lo stesso fosse stato tempestivamente proposto e non anche alla possibilità di accesso al condono, evento futuro ed incerto, la cui fonte normativa non era nella disponibilità del legale poter prevedere; né può assumere rilevanza la circostanza che la pendenza della lite costituisse una condizione della domanda di condono al fine di radicare la responsabilità del legale per non aver precostituito tale condizione impugnando tempestivamente la pronuncia di rigetto del ricorso tributario, in quanto la valutazione della responsabilità deve essere svolta - ed è stata correttamente svolta - con un giudizio prognostico ex ante, con riguardo cioè alle conseguenze prevedibili al momento della condotta e non anche con un giudizio ex post con riguardo alle condizioni precostituite dal legislatore in tempi successivi all'adozione delle condotta medesima; conclusivamente il ricorso deve essere rigettato,
ln ragione della peculiarità della fattispecie, trattandosi di giudizio iniziato sotto la vigenza del previgente testo dell'art. 92 c.p.c., è d'uopo disporre la compensazione delle spese;
si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, di una somma a titolo di contributo unificato pari a quella versata per il ricorso, se dovuta.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, compensa le spese;
ai sensi dell'art. 13, co. 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.