Quando le stesse pretese sono anche inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato, le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se il creditore ha un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata.
Svolgimento del processo
- il Tribunale di Napoli ha confermato la sentenza del giudice di pace della stessa città, che aveva dichiarato improponibile la domanda proposta da M.G. nei confronti di G. Assicurazioni S.p.A., riscontrando una ipotesi di abusivo frazionamento del credito;
- il M. aveva agito in giudizio per ottenere il pagamento del compenso dovuto per l’attività di perito liquidatore svolta in relazione a un sinistro stradale, al netto dell’anticipo di € 32,43 già corrisposto;
- a sostegno della pretesa ha dedotto di avere diritto a una somma ulteriore in applicazione del sistema delle tariffe a vacazione previste per i periti industriali, che assumeva applicabili analogicamente;
- il Tribunale ha condiviso la valutazione del primo giudice sull’abusivo frazionamento del credito;
- esso ha posto l’accento sull’esistenza di accordi che regolavano il rapporto in modo unitario;
- secondo il Tribunale l’unitarietà del rapporto giustificava l’esercizio di un’azione unica, riferita al complesso dei sinistri per i quali si richiedeva un compenso maggiore rispetto a quello percepito, laddove il M. aveva proposto separate azioni per ciascun sinistro;
- in via preliminare rispetto a tale valutazione, il Tribunale ha giudicato inefficace il disconoscimento di conformità operato dall’attore in relazione alle scritture che documentavano i suddetti accordi;
- in particolare, il giudice d’appello ha evidenziato la genericità del disconoscimento, in quanto operato in relazione al complesso dei documenti prodotti, in contrasto con i principi di giurisprudenza che impongono invece che il disconoscimento sia operato tramite l’indicazione specifica del documento impugnato;
- per la cassazione della decisione il M. ha proposto ricorso affidato a quattro motivi;
- la Groupama ha resistito con controricorso e ha poi depositato memoria in prossimità dell’udienza.
Motivi della decisione
- è prioritario l’esame del terzo e del quarto motivo, che investono, sotto diverso profilo, le statuizioni della sentenza riguardanti i documenti prodotti dalla Compagnia;
- infatti, l’ipotesi dell’abusivo frazionamento del credito è stata riscontrata in base al fatto che la pluralità delle pretese, separatamente azionate dal M., derivavano, secondo la valutazione del Tribunale, da un rapporto unico;
- a sua volta, l’unicità del rapporto è desunta dalle scritture che documentavano il relativo accordo fra le parti, che «poneva una disciplina concernente tutte le modalità di svolgimento dell’attività di perizia e liquidazione eventuale del danno relativo ai singoli sinistri per i quali il M. doveva svolgere la propria opera professionale, oltre che la misura del compenso»;
- nella sentenza sono menzionati, in particolare, due documenti: la scrittura in data 18 settembre 2006 e la scrittura in data 18 ottobre 2010;
- il Tribunale ha ritenuto inefficace il disconoscimento di conformità tali documenti, in quanto operato genericamente, e la relativa statuizione è censurata con il terzo motivo di ricorso;
- il motivo è inammissibile;
- il giudice d’appello ha riconosciuto generico il disconoscimento di conformità dei documenti agli originali e ha motivato tale convincimento tramite la trascrizione delle relative deduzioni di parte;
- il ricorrente si duole di tale decisione, ma neanche oppone che il disconoscimento di conformità fu fatto secondo modalità diverse, tali da smentire la valutazione di genericità compiuta dal Tribunale, che è in linea di principio è del tutto coerente con i principi stabiliti in materia dalla giurisprudenza di legittimità, che esigono che il disconoscimento di conformità sia operato in modo specifico (Cass. n. 16557/2019; n. 40750/2021);
- invero la censura, posto che non si confronta con tale ratio decidendi, finisce per tradursi nella petizione di principio che i documenti, oggetto di disconoscimento di conformità, erano privi di efficacia probatoria;
- con il quarto motivo il ricorrente sostiene che il documento del 2006 fu disconosciuto e che il secondo del 2010, in quanto successivo ai fatti, era irrilevante;
- sostiene ancora che la lite non riguarda gli importi a forfait cui si riferivano le scritture, ma le attività aggiuntive, che avrebbero dovuto essere liquidate separatamente tramite applicazione analogica della tariffa riconosciuta per i periti industriali;
- il motivo è inammissibile;
- quanto al supposto disconoscimento di uno dei documenti, il medesimo disconoscimento è stato ritenuto dal Tribunale irrituale e la relativa statuizione, oggetto del terzo motivo di ricorso, è esente dalle critiche mosse dal ricorrente;
- quanto all’ulteriore censura, con cui si deduce l’irrilevanza della scrittura del 18 ottobre 2010, si fa riferimento a un fatto del quale il ricorrente non illustra la decisività;
- il tribunale, infatti, ha richiamato ambedue i documenti in posizione paritaria, che sono richiamati per l’identità del contenuto, salva la diversità dei soggetti con cui furono stipulati (il primo dalla T., società che svolgeva attività di liquidazione dei sinistri per la N. S.p.A. oggi G., e il secondo direttamente dalla G.);
- se ne deve desumere che la scrittura del 2006 è stata ritenuta sufficiente a suffragare la unitarietà del rapporto e che il richiamo dell’ulteriore documenti valga solo a rafforzare la conclusione, circa la prosecuzione del rapporto con l’attuale controricorrente secondo le medesime caratteristiche;
- quindi, il rilievo, proposto con il motivo di ricorso, che la seconda scrittura è successiva all’epoca cui si riferisce la pluralità delle pretese, di per sé, non incrina il fondamento del ragionamento proposto dal giudice d’appello;
- le restanti censure di cui al motivo in esame investono in via diretta il merito della causa, sostenendosi che l’accordo non copriva le prestazioni ulteriori;
- in questo senso, però, il ricorrente oppone una propria considerazione della vicenda diversa da quella fatta propria dal giudice d’appello, che ha ritenuto l’accordo onnicomprensivo;
- non è tuttavia indicato l’errore, giuridico e logico, commesso dal giudice d’appello nell’identificazione della portata dell’accordo, il cui contenuto non è neanche richiamato in sintesi, per cui il motivo difetta anche della necessaria specificità;
- i primi due motivi di ricorso investono la statuizione di improponibilità della domanda per abusivo frazionamento del credito;
- i motivi sono infondati;
- si richiama in proposito Cass. n. 25496 del 2021: «Questa Corte con numerosissime pronunce si è già occupata della medesima questione sollevata da Gennaro M. con altrettanti ricorsi proposti avverso sentenze del Tribunale di Napoli con controricorrente la Groupama Assicurazioni spa, (n. 1409 del 2021, n. 10763 del 2020, n. 10670 del 2020, n. 10365 del 2020, n. 10364 del 2020, n. 31872 del 2019, n. 30887 del 2019, n. 27881 del 2019, n. 27428 del 2019, n. 27264 del 2019, n. 24989 del 2019, n. 24924 del 2019 n. 15398 del 2019, n. 3677 del 2019). In tutte le citate pronunce questa Corte ha fatto applicazione del costante e uniforme orientamento secondo cui: «le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benché relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, ma, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, - sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell'identica vicenda sostanziale - le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata» (principio affermato dalle sezioni unite con la sentenza n. 4090 del 16/02/2017 e poi richiamato in una serie di ordinanze emesse in una analoga vicenda di pretese avanzate da perito assicurativo: solo per citarne alcune, Sez. 2, n. 31012 del 28/12/2017; Sez. 2, n. 31013 del 2017; Sez. 2, n. 31014 del 2017; Sez. 2, n. 1356 del 2018; Sez. 2, n. 1355 del 2018; Sez. 2, n. 22449 del 2018).
Si è ripetutamente affermato che il Tribunale ha correttamente escluso la sussistenza di un interesse concreto oggettivamente valutabile del M. alla tutela frazionata. Anche nel caso in esame il Tribunale ha accertato che il M. ha svolto attività continuativa, quale perito della società assicurativa, per oltre venticinque anni ed è stato remunerato in maniera uniforme e costante, indipendentemente dal contenuto concreto della prestazione. Detta circostanza è indice dell'accettazione di uno schema negoziale concordato, sicché tutte le pretese azionate trovano applicazione nella medesima fonte, ovvero nell'accordo quadro. Non emerge alcun elemento a sostegno della tesi del ricorrente che giustifichi la sua pretesa di diversificare le prestazioni, il generico interesse ad ottenere un sollecito accertamento di ciascuna pretesa, non può giustificare il frazionamento senza che siano evidenziate le specificità dei singoli casi, specie considerando che le singole pretese sono fondate su presupposti comuni, quindi suscettibili di esser trattati ed istruiti in un unico processo senza alcun oggettivo aggravio della posizione processuale del ricorrente»;
- non ci sono ragioni per discostarsi da tale precedente, intervenuto sulla medesima questione;
- il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, con addebito di spese;
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in € 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.