…in regola, sin dal momento in cui viene emesso, con l'imposta di bollo. Irrilevante, invece, la circostanza che il titolo sia stato presentato per l'incasso dopo la scadenza della data in esso formalmente indicata.
L'attuale ricorrente proponeva opposizione avverso l'esecuzione forzata iniziata nei suoi confronti dall'attrice, la quale si avvalsa di un assegno bancario come titolo esecutivo. A fondamento della sua opposizione, la ricorrente deduceva che l'assegno in questione era stato emesso a titolo di garanzia dell'adempimento di...
Svolgimento del processo
1. Nel 2011 R.M. iniziò l'esecuzione forzata nei confronti di J.V.O., avvalendosi come titolo esecutivo d'un assegno bancario.
J.V.O. propose opposizione all’esecuzione ex articolo 615 c.p.c. dinanzi al Tribunale di Macerata.
Per quanto in questa sede ancora rileva, a fondamento dell'opposizione dedusse che l'assegno invocato quale titolo esecutivo era stato emesso a titolo di garanzia dell'adempimento di una obbligazione preesistente, e con l'indicazione di una data successiva a quella di emissione.
2. Con sentenza 2 dicembre 2015 n. 1086 il Tribunale di Macerata rigettò l'opposizione. Il Tribunale ritenne che l'assegno fosse un valido titolo esecutivo, in quanto recante quale data di emissione il 31 ottobre 2010, e presentato per l'incasso il 2 novembre 2010. Aggiunse che, quando un assegno bancario sia presentato per l'incasso in data successiva a quella risultante dal titolo, è irrilevante che quest'ultima sia successiva a quella di effettiva emissione del titolo.
La sentenza venne appellata dalla parte soccombente.
3. Con sentenza 24 febbraio 2020 n. 189 la Corte d'appello d'Ancona rigettò il gravame.
La Corte d'appello confermò che anche un assegno postdatato costituisca un valido titolo esecutivo, quando sia stato presentato all'incasso in data successiva a quella posta sul titolo.
4. La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione da J.V.O. con ricorso fondato su due motivi ed illustrato da memoria.
R.M. non si è difesa.
Motivi della decisione
1. Il Collegio rileva preliminarmente che, al contrario di quanto prospettato dalla proposta formulata dal consigliere relatore ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c., il ricorso è tempestivo.
Infatti l'art. 83, primo comma, del d.l. 17.3.2020 n. 18, ha disposto la sospensione dei termini processuali "dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020''.
La chiara lettera della legge non consente di dubitare che il primo giorno di sospensione fu il 9 marzo, e l'ultimo il 15 aprile: e dunque che la sospensione si protrasse per 64 giorni.
Dinanzi ad un testo normativo di tale tenore, non può quindi trovare applicazione la regola di cui all'art. 155, primo comma, c.p.c., secondo cui "nel computo dei termini a giorni o ad ore, si escludono il giorno o l'ora iniziali”.
Il giorno iniziale della sospensione dunque va conteggiato, perché l'art. 83 d.l. 18/20, cit., ha derogato alla regola generale dies a quo non computatur in termino, di cui ali'art. 155 c.p.c. (così già Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 23947 del 2.8.2022).
2. Col primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli articoli 1, 2 e 31 r.d. 21.12.1933 n. 1736. Nella illustrazione del motivo si sostiene che erroneamente la Corte d'appello ha ritenuto che un assegno postdatato possa costituire valido titolo esecutivo.
2.1. Il motivo è fondato.
Un assegno bancario non ha, sempre e comunque, l'efficacia di titolo esecutivo: può averla solo se "regolarmente bollato sin dall'origine": così stabilisce l'art. 20, primo comma, d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 642 (il cui terzo comma soggiunge che l'inefficacia dell'assegno come titolo esecutivo deve essere rilevata anche d'ufficio).
La "bollatura regolare" è, ovviamente, quella conforme alla tariffa allegata al d.p.r. 642/72, cit..
2.2 Un assegno bancario recante una data di emissione successiva a quella effettiva (c.d. assegno postdatato) è privo d'uno dei requisiti essenziali richiesti dalla legge per questo tipo di titolo di credito (art. 1, n. 5, r.d. 21.12.1933 n. 1736).
Come negozio giuridico, tuttavia, l'assegno postdatato costituisce una promessa di pagamento: e dunque assolve la medesima funzione del vaglia cambiario, di cui all'art. 100 r.d. 14.12.1933 n. 1669.
Anche il vaglia cambiario, come l'assegno, può costituire titolo esecutivo solo se in regola "sin dall'origine" con l'imposta di bollo.
Tuttavia la tariffa prevista dalla legge sul bollo per il vaglia cambiario è differente da quella prevista per l'assegno bancario.
Quest'ultimo infatti, per valere quale titolo esecutivo, sconta una imposta fissa (art. 9 della Tariffa all.ta sub A al d.p.r. 647/72); il vaglia cambiario, invece, sconta un'imposta proporzionale al valore (art. 6 della Tariffa).
Ed infatti la Tariffa appena ricordata prevede espressamente che gli assegni postdatati siano soggetti alle imposte stabilite per le cambiali [art. 9, punto b)].
2.3. Se dunque l'assegno bancario può valere come titolo esecutivo solo se in regola "sin dall'origine" con l'imposta di bollo; e se l'assegno postdatato assolve la funzione del vaglia cambiario, la conclusione inevitabile è che l'assegno bancario postdatato può valere come titolo esecutivo solo se in regola, sin dal momento in cui venne emesso, con l'imposta di bollo cui sono soggetti i e.cl. "pagherò" cambiari.
2.4. Nel caso di specie la Corte d'appello, ritenendo che anche un assegno postdatato possa avere efficacia di titolo esecutivo, ha falsamente applicato le norme appena riassunte, sotto due profili.
In primo luogo ha trascurato di accertare il presupposto stesso dell'efficacia esecutiva dell'assegno bancario postdatato, e cioè la regolarità fiscale "sin dall'origine".
In secondo luogo ha ritenuto che un assegno postdatato costituisca un valido titolo esecutivo, se presentato per l'incasso in data successiva a quella risultante dal contesto letterale del titolo.
Così giudicando, però, la Corte d'appello ha confuso il problema della validità del negozio (che non necessariamente e esclusa dalla postdatazione) con quello della sua efficacia di titolo esecutivo, la quale è invece incompatibile con la postdatazione, se il titolo sia fiscalmente irregolare ab origine.
2.5. Resta solo da aggiungere che i princìpi sin qui esposti non sono contrastati dai due precedenti di questa Corte richiamati dalla Corte d'appello a fondamento della propria decisione.
Quanto al primo (Sez. 3, Sentenza n. 5069 del 03/03/2010), esso ha affermato un principio esattamente coincidente con quello richiamato sopra, al § 2.3; e comunque dalla motivazione di tale provvedimento non risulta affatto che, in quel caso, l'assegno fosse stato presentato all'incasso prima della data formalmente indicata su esso.
L'altro precedente (Sez. 1, Sentenza n. 10710 del 24/05/2016) non è invece pertinente, in quanto non aveva ad oggetto il problema della validità dell'assegno come titolo esecutivo, ma il diverso problema della validità del patto con cui il debitore consegna al creditore un assegno a titolo di garanzia.
2.6. La sentenza va dunque cassata sul punto, con rinvio alla Corte d'appello di Ancona, la quale nel riesaminare l'appello applicherà il seguente principio di diritto:
"l'assegno bancario postdatato può costituire titolo esecutivo solo se, sin dal momento dell'emissione, sia stata per esso assolta l'imposta di bollo, nella misura prevista per il vaglia cambiario dall'art. 6 della Tariffa allegata al d.p.r. 647 / 72"; è, invece, irrilevante la circostanza che il titolo sia stato presentato per l'incasso dopo la scadenza della data in esso formalmente indicata".
3. Col secondo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 360, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione degli articoli 1197 c.c. e 115 c.p.c..
Nella illustrazione del motivo sostiene che, unitamente all'opposizione all'esecuzione, aveva formulato domanda di accertamento dell'avvenuta estinzione della propria obbligazione ai sensi dell'articolo 1197 c.c., e che erroneamente la Corte d'appello ha ritenuto che di tale datio in solutum non vi fosse prova.
Sostiene al riguardo la ricorrente che la controparte non aveva mai contestato la sussistenza di una causa di estinzione dell'obbligazione, e che pertanto tale circostanza di fatto si doveva ritenere provata ai sensi dell'articolo 115 c.p.c..
3.1. Nella parte in cui lamenta la violazione dell'articolo 115 c.p.c., il motivo è inammissibile ai sensi dell'articolo 336, n. 6, c.p.c., in quanto la ricorrente né trascrive, né riassume, i termini in cui la controparte contestò, nel primo grado, l'eccezione di estinzione dell'obbligazione.
Nella parte restante il motivo è parimenti inammissibile, perché censura un tipico apprezzamento di fatto riservata al giudice di merito, quale è lo stabilire se vi sia o non vi sia prova di una datio in solutum.
4. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice di rinvio.
P.Q.M.
(-) accoglie il primo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'appello di Ancona, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità; (-) dichiara inammissibile il secondo motivo di ricorso.