
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza impugnata, la Corte d''appello di Brescia ha confermato la condanna, resa dal Tribunale in sede, in data 24 dicembre 2019, nei confronti di K.Y., alla pena di anni uno, mesi undici di reclusione per il reato di cui all'art. 414, terzo e quarto comma cod. pen., con la concessione delle circostanze attenuanti generiche reputate equivalenti a quelle aggravanti, all'esito di rito abbreviato condizionato all'espletamento di perizia sul profilo facebook del ricorrente.
1.1. Le sentenze di merito indicano che l'imputato aveva effettuato, attraverso mezzi telematici, tramite il suo profilo sulla piattaforma facebook, nel corso di circa due anni, reiterata apologia di reati di natura terroristica (associazione terroristica ex art. 270-bis cod. pen. e delitti contro la persona con la finalità di terrorismo ex art. 270-sexies cod. pen.), collegati all'integralismo islamico, condotta acclarata attraverso plurime note informative della Digos della Questura di Brescia e del GICO della Guardia di finanza, analiticamente indicate.
La condotta si sarebbe sostanziata nella pubblicazione di una pluralità di immagini (elencate specificamente a pag. 1 e ss. della pronuncia impugnata che riporta integralmente il capo di imputazione) con la circostanza aggravante di aver utilizzato un mezzo informatico e della realizzazione della condotta in relazione a delitti di terrorismo.
2. Avverso il provvedimento descritto ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l'imputato, per il tramite del difensore, avv. F.V., denunciando vizio di motivazione indicata come apparente o mancante.
Con l'atto di appello era stato dedotto che il delitto ritenuto in sentenza ha natura di reato di pericolo che fonda, quanto all'idoneità di tale condotta, sull'analisi della qualità dell'agente.
Si era denunciato; quanto all'elemento oqgettivo, che dai vari post riferibili all'imputato questi non risultava in grado di dispensare insegnamenti o consigli tanto da poter fare opera di proselitismo in terna di integralismo islamico.
Né la sentenza di primo grado avrebbe, secondo l'appellante, svolto una valutazione della personalità del ricorrente, quanto all'idoneità della condotta a costituire pericolo concreto.
Neppure il riferimento al suicidio, in quanto veicolato attraverso immagini fumettistiche, poteva essere interpretato quali, esortazione al martirio jihadista.
Quanto all'elemento soggettivo, invece, era stato notato che manca il cd. dolo istigatorio, consistente nella coscienza e volontà di turbare l'ordine pubblico o la personalità dello Stato, non deducibile dalla cancellazione dei post dopo il rigetto della richiesta di protezione internazionale.
Infine, si era dedotto che le due immagini più significative (raffiguranti uomini a cavallo armati, con bandiere nere e scritte in arabo) erano state pubblicate prima dell'arrivo del ricorrente in Italia, quindi, sarebbero riferite a reato commesso all'estero improcedibile in assenza di richiesta del Ministro.
Da ultimo, la pubblicazione di una bandiera verde, ritenuta dagli investigatori estremamente indicativa dell'istigazione, in realtà riportava la frase contenuta nella bandiera dell'Arabia saudita e nel Corano.
2.1.A tali rilievi, secondo il ricorrente, la Corte d'appello non avrebbe dato alcuna risposta risultando la motivazione apparente, essendosi limitata a parafrasare il capo di imputazione, così rendendo un provvedimento inaccettabile dal punto di vista degli interessi costituzionali in gioco, quali la libertà di opinione, di manifestazione del pensiero e di professione religiosa.
3. L'Avvocato generale presso questa Corte, P. Gaeta, ha chiesto l'annullamento con rinvio.
La difesa ha depositato a mezzo p.e.c. conclusioni scritte con le quali ha chiesto l'accoglimento del ricorso e la liquidazione dei compensi per essere l'imputato ammesso al patrocinio a spese dello Stato.
Motivi della decisone
1. Il ricorso è fondato.
2. Va premesso che deve essere riconosciuto che il delitto contestato al ricorrente ha natura di reato di pericolo concreto.
Invero è noto, come già affermato nella giurisprudenza di legittimità in tema di reato di apologia riguardante delitti cli terrorismo, previsto dall'art. 414, comma terzo e quarto, cod. pen., che il pericolo concreto, derivante dalla condotta dell'agente di consumazione di altri reati lesivi di interessi omologhi a quelli offesi dal reato esaltato, può concernere non solo la commissione di specifici atti di terrorismo ma anche l'adesione di taluno ad un'associazione terroristica.
In tale prospettiva questa Corte ha ritenuto corretta la sussistenza del reato di apologia di cui all'art. 414, comma quarto, cod. pen. ravvisata in sede di merito, nella condotta di diffusione su internet di un documento che sollecitava l'adesione dei potenziali lettori allo Stato islamico, esaltandone la naturn combattente e la sua diffusione ed espansione, anche con l'uso delle armi (Sez. 1, n. 47489 del 06/10/2015, Halili, Rv. 265264).
Del pari, si è ritenuto (Sez. 1, n. 51654 del 09/10/201E:, Rv. 274985) che integra il reato di apologia riguardante delitti di terrorismo la condotta di chi condivide su socia/ network, link relativi a materiale jihadista di propaganda, riconoscendo che, potenziando la diffusione dii detto materiale, viene accresciuto
il pericolo, non solo di emulazione di atti di violenza, ma anche di adesione, in forme aperte e fluide, all'associazione terroristica che li propuçina.
Dunque, per la sussistenza del delitto contestato nececessita l'acclarato travalicamento dei confini della mera adesione interiore e ideologica per giungere ad un'attivazione fattiva in favore della 'causa jihadista' (Sez. 5, n. 1970 del 26/09/2018, dep. 2019, Rv. 276453, in motivazione), attraverso un'opera di propaganda, diffondendo teorie atte a giustificare la direzione degli atti terroristici contro i cittadini degli Stati ritenuti nemici dell'IS, svolgendo opera di proselitismo nei confronti di altri soggetti, attivando pagine con detta finalit i di propaganda sui socia/ network inneggianti al martirio jihadista e agli attentati terroristici commessi in Europa (come genericamente indicato c:lai giudici di secondo grado, nel richiamare il precedente di legittimità, Sez. 5, n. 1970 del 2019, Rv. cit.).
2.1. Ciò posto si rileva che, effettivamente, come dedotto, la brevissima motivazione resa dal giudice di secondo grado, a fronte di una pluralità di condotte, analiticamente contestate nell'imputazione, oggetto in parte di specifica critica con l'atto di appello, si appalesa apparente.
Tanto, anche a fronte di quel punto della motivazione in cui la Corte territoriale sottolinea la contestualità di alcuni dei post pubblicati sul socia/ network (senza la specificazione di quali tra i numerosissimi contestati), con attentati terroristici verificatisi in Europa, a Barcellona e a New York, senza però illustrarne il contenuto, la data e la intrinseca riferibilità perché inneggianti a detti attentati.
Invero, la sentenza impugnata si limita a richiamare la condotta posta in essere, descritta come diretta a diffondere per via telematica, a un numero imprecisato di persone, immagini, frasi e fotografie di armi e di persone impegnate nell'uso violento di dette armi, collegandole ad opposizione, di natura violenta, ai principi di fondo della comunità occidentale, rimandando alla lettura degli atti quanto alla descrizione e alla consistenza di dette immagini (cfr. pag. 6).
Si riporta, inoltre, nella parte iniziale della sentenza, l'ellenco degli estremi di tutte le informative della Digos della Questura di Brescia e del Gico della Guardia di finanza di Brescia, con atti e documenti allegati, relative all'anno 2017, che sono state utilizzate dal Giudice del Tribunale di Brescia per giungere all'affermazione di responsabilità dell'imputato, all'esito del celebrato rito abbreviato.
Tuttavia, come sottolineato dal ricorrente e dalla parte pubblica, nella requisitoria scritta, la sentenza impugnata si è limitata a svolgere argomentazioni generiche ed assertive, quanto all'attività propagandistica ascritta all'odierno ricorrente.
Ciò in assenza di confronto specifico rispetto alle censure devolute con l'atto di appello, in relazione ai contenuti di alcuni dei post pubblicati sul socia/ network, allo specifico messaggio diretto alla istigazione dei post pubblicati, dunque all'aspetto dedotto quanto all'espressione, da parte del ricorrente, di una mera adesione o commento dei fatti rappresentati nei messaggi.
Inoltre, si osserva che alcuna argomentazione è stata spesa dalla Corte territoriale quanto all'elemento soggettivo del reato del pari attinto da specifici argomenti di impugnazione, come risulta dalla incontestata sintesi dei motivi di appello svolta a pag. 4 e 5 della sentenza impugnata, ove, sotto tale profilo, si segnalavano contingenti stati emotivi di natura adolescenziale dell'imputato
(all'epoca dei fatti contestati come commessi dal 2016 al 2018, di età tra i 18 e i '20 anni).
Si tratta, dunque, di motivazione di secondo grado che, nelle sintetiche argomentazioni spese, non risponde a specifici motivi di impugnazione.
3. Si impone, pertanto, l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, perché, nella piena autonomia quanto all'esito del giudizio di merito da svolgersi ex art. 627 cod. proc. pen. sia colmato il rilevato vizio di mancanza assoluta di motivazione.
Alcun provvedimento deve essere adottato da questo Collegio sulla richiesta di liquidazione di onorari, depositata dal difensore dell'imputato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, dovendo all'uopo provvedere il giudice di merito, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Brescia.