L'uso della locuzione di "nocumento" consente di superare i confini di un danno di natura strettamente patrimoniale, includendo così anche pregiudizi differenti che conseguano comunque alla lesione di beni suscettibili sì di valutazione economica ma non immediata.
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza impugnata del 14.04.2021, la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della pronuncia emessa dal Tribunale della medesima città in data 18.03.2019, ritenuto di contenere la pena in una misura prossima ai minimi edittali e di non ascrivere all'imputato la fattispecie di cui al!'art. 616, comma 2, cod. pen. riqualificata ai sensi del comma 1 in assenza della prova del nocumento, ha ridotto la pena inflitta a C.F. rideterminandola in mesi otto di reclusione e ha revocato la provvisionale di euro 7.000,00 disposta in favore della parte civile, G.F. in proprio e nella qualità di legale rappresentante della OMISSIS S.r.l.; ha confermato nel resto il provvedimento di primo grado.
1.1. In particolare, oggetto di giudizio erano i reati di accesso abusivo a sistema informatico (di cui al capo 1) e violazione e sottrazione di corrispondenza (capo 2 dell'imputazione) - di cui, rispettivamente, agli artt.. 61 n. 2 e 615-t,2r, commi 1 e 2, e 61 n. 11) e 616, commi 1, 2 e 4 cod. pen. - contestati a C. per essersi egli, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in qualità di tecnico addetto allo sviluppo hardware e software della OMISSIS S.r.l., con abuso della propria qualità, introdotto nel sistema informatico della società e ivi mantenuto illegittimamente monitorando continuamente e in tempo reale la casella di posta dell'amministratore delegato della OMISSIS S.r.l., G.F.; e per avere altresì rivelato a M.C.- ex dipendente della società Omissis licenziata per motivi disciplinari - il contenuto di numerose e-mail intercorse tra G. e terzi tra i quali il legale della medesima società.
2. Avverso la predetta sentenza, a mezzo del proprio difensore e procuratore speciale, ricorrono per cassazione ai soli fini civili G.F. e OMISSIS S.r.l., prospettando due motivi.
2.1. Il primo motivo deduce inosservanza della legge penale, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b) del codice di rito, in riferimento all'art. 616, comma 2, cod. pen. nella parte in cui la sentenza non ha ritenuto integrato il nocumento nel caso concreto.
Le argomentazioni espresse dalla Corte di Appello si fondano sull'errata considerazione che la pronunzia di primo grado e il capo di imputazione identifichino il nocumento esclusivamente nella "generica compromissione della strategia processuale" attutata dalla Omissis S.r.l. nei confronti di M. durante la fase della contestazione disciplinare e nella successiva del licenziamento disciplinare.
Tuttavia, si rileva in proposito che nella ricostruzione del giudice di primo grado la compromissione in questione costituisce solo uno fra gli elementi significativi del nocumento poiché questo, alla stregua della giurisprudenza di legittimità, espressa anche con riferimento al reato di cui all'art. 621 coa. pen., deve ritenersi consìscente in un qualunque pregiudizio rilevante giuridicamente, morale o materiale, cagionato al soggetto passivo ossia al titolare del diritto alla segretezza; laddove nel caso di specie la parte civile - società e persona fisica - ha subito un danno di natura patrimoniale consistito nel ripristino di un nuovo sistema informatico ma anche un danno di natura morale consistente nel grave pregiudizio per la sua attività imprenditoriale e per la divulgazione di dati e notizie riservate, pregiudizi e timori che la costringevano alla bonifica del sistema degli uffici e dei telefoni. Inoltre ulteriori danni sono derivati nella controversia giuslavoristica contro M., che grazie alle rivelazioni di C. ha potuto conoscere in anteprima quella che sarebbe stata la posizione del suo ex datore di lavoro in giudizio.
Anche il capo 2) dell'imputazione non identifica il nocumento subìto solo nella compromissione della strategia processuale messa a punto dalla omissis, contestando esso a C. di avere inviato - come accertato dal consulente tecnico - alla M. una serie di messaggi (alcuni riprodotti in ricorso) inerenti al contenuto della corrispondenza intercorsa tra G. e terzi soggetti a partire dal 12.05.2015, data in cui nessuna azione disciplinare era ancora stata formalmente decisa né dal ricorrente nè dalla società.
Il nocumento in concreto subito dalle parti civili è dunque consistito nella violazione del carattere segreto delle informazioni, nella comunicazione alla M. di informazioni inerenti la sua futura contestazione disciplinare, nel necessario controllo del sistema di posta elettronica aziendale eseguito da appositi tecnici nominati al fine di verificare i contorni della condotta di rivelazione, con conseguente, relativo, costo sostenuto dalla società.
2.2. Il secondo motivo deduce la mancanza e contraddittorietà della motivazione, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., nella parte in cui la pronunzia ha confermato la condanna di C. in ordine al delitto di cui all'art. 615-ter, comma 2, cod. pen., ma ha revocato la provvisionale immediatamente esecutiva, che era stata riconosciuta non solo con riferimento al delitto di rivelazione e sottrazione di corrispondenza, ma anche e soprattutto al delitto di cui al capo 1), e ciò senza neppure fornire alcuna motivazione al riguardo; laddove peraltro per entrambi i reati è stata confermata da parte della Corte di Appello la condanna generica al risarcimento del danno.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato e merita pertanto l'accoglimento.
1. Preliminarmente si osserva che è ravvisabile, nel caso di specie, l'interesse della parte civile ad impugnare ai fini civili, che sussiste, secondo consolidato orientamento di questa Corte, allorquando dalla sentenza dì condanna che dia al fatto una diversa qualificazione giuridica possa - come nel caso di specie - derivare una differente quantificazione del danno da risarcire (Sez. 5, n. 25597 del 14/05/2019, Rv. 277311 - 01), essendo palese tale profilo nell'impugnazione in esame che fonda la diversa qualificazione del fatto su un fattore, la sussistenza di un nocumento nei confronti del ricorrente, idoneo ad incidere sulla determinazione del danno; sicchè rilevando ai fini della individuazione dell'interesse ad impugnare la non peregrina prospettazione che ne fa il ricorrente in ricorso, deve ritersi certamente ammissibile il gravame in scrutinio; e ciò senza considerare che il ricorso lamenta, altresì, la intervenuta revoca in toto della provvisionale che era stata concessa anche con riferimento al reato di cui al capo A per il quale non è intervenuta riforma.
1.1. Quanto poi alla sussistenza del nocumento di cui si discute, questo Collegio ritiene di condividere il principio già affermato nella sentenza di questa Corte, Sez. 5, Sentenza n. 36199 del 24/05/2022 Ud. (dep. 26/09/2022), non massimata (emessa su ricorso della medesima parte civile, OMISSIS S.r.l., che aveva impugnato la sentenza nei confronti di M. C.), secondo cui deve essere considerato nocumento - ai fini della speculare fattispecie di cui all'art. 618 cod. pen. - qualsiasi pregiudizio o pericolo di pregiudizio anche non patrimoniale ma giuridicamente apprezzabile (Sez. 5, n. 51089 del 12/05/2014, Fedi, Rv. 261726 - 01); principio affermato mutuando anche da quanto osservato da questa Corte in tema di patrocinio infedele ex art 380 cod. pen., che fa parimenti riferimento al nocumento, nella pronuncia Sez. 6, n. 8617 del 30/01/2020 secondo la quale << si possono individuare eventi pregiudizievoli per la parte assistita anche indipendenti dall'esito favorevole o sfavorevole del giudizio > >, oltre che da quella giurisprudenza che, in relazione all'art. 621 cod. pen., ipotesi delittuosa pure posta a tutela dell'inviolabilità dei segreti e che prevede ugualmente il nocumento, si è espressa nel senso che questo deve essere «inteso come pregiudizio giuridicamente rilevante di qualsiasi natura [... ] al titolare del diritto alla segretezza ,. che «non è circoscritto al mero danno patrimoniale» (cfr. Sez. 5, n. 51089 del 12/0S/2014, cit.; Sez 5 n. 17744/2009, rv. 243601; cfr. pure Sez. 5, n. 34913/2016, Rv. 267833, la quale ha indicato la medesima nozione di nocumento in relazione al delitto di rivelazione di segreto professionale ex art. 622 cod. pen., fattispecie che anticipa la punibilità al verificairsi della condizione del «pericolo di nocumento»).
Più in generale deve ritenersi ormai acclarata la distinzione di significato tra i termini "danno" e "nocumento". Invero, come dimostrato dalla giurisprudenza di questa Corte su altro tema, "considerato che, per "danno" (anche in senso lessicale), si deve intendere ogni fatto circostanza o azione che "nuoce", sia materialmente che moralmente, e che la parola "nocumento" altro non significa (nella lingua italiana, con chiara derivazione latina) che "atto, o effetto, del nuocere", la quasi sovrapponibilità dei significati di tali parole deve indurre a cercare il senso retrostante della parola in esame nella ratio posta alla base del suo inserimento nella fattispecie criminosa di cui si discute.
In tale prospettiva, la soluzione è agevolmente rinvenibile una volta che si rifletta sul fatto che la previsione del "nocumento" sembra, piuttosto, in generale, finalizzata ad evitare che la disposizione trovi un'applicazione eccessivamente formale" (cfr., sia pure con riferimento alla diversa ipotesi di reato di trattamento illecito di dati personali, in motivazione, Sez. 3, n. 23798 del 24/05/2012, Casalini e altro, Rv. 253632).
In altri termini, il legislatore, con la valorizzazione del fattore "nocumento" ha inteso richiamare l'attenzione sulla concreta offensività della condotta. Ne consegue che "l'uso della locuzione di "nocumento", nella fattispecie astratta delineata dal legislatore all'art. 616 comma 2 cod. pen. consente di superare i confini di un danno di natura strettamente patrimoniale, per giungere così ad includere anche pregiudizi differenti che conseguano comunque alla lesione di beni suscettibili sì di valutazione economica ma non immediata, a differenza di quanto accade nei casi di diminuzione patrimoniale stricto sensu" (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 5818 del 13/11/2012, dep. Il 06/02/2013, Corallo, Rv. 254832, nonché Sez.5, n.15265 del 10/12/2021 Ud. (dep. 20/04/2022) Rv. 283076 - 01, che così si è espressa sia pure con riferimento alla diversa ipotesi del delitto di infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità di cui all'art. 2635 cod. civ.).
Ciò posto, nel caso di specie, secondo quanto esposto nella sentenza impugnata, conformemente a quanto già ritenuto dal Tribunale, C. rivelava a M. C., allora dipendente della Omissis, notizie estrapolate dalla corrispondenza di F.G., presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato della suindicata società, di cui era venuto abusivamente a conoscenza; corrispondenza relativa -tra l'altro - alle contestazioni disciplinari elevate e da elevare dei confronti della M., che quest'ultima, una volta venutane a conoscenza, ebbe poi a trasmettere al difensore che l'assisteva proprio in detta fase disciplinare (cui faceva seguito il licenziamento).
Ebbene, ritenere come ha fatto la Corte di appello, che veicolare a M. - e non quisque de papula - informazioni e dati relativi alle contestazioni disciplinari tratte dalla corrispondenza della controparte, anche in ragione dei quali impostare le proprie difese e le eventuali iniziative da intraprendere (così rendendole più efficaci), non costituisca un nocumento nei termini sopra indicati è palesemente in contrasto coi principi sopra enunciati; è invero innegabile che la diffusione di quelle notizie abbia non solo consentito alla destinataria di conoscere in anteprima quella che sarebbe stata la posizione del suo ex datore di lavoro, ma innanzitutto violato il loro carattere riservato, trattandosi di informazioni intrattenute, attraverso corrispondenza per posta elettronica, da G. con un interlocutore qualificato, quale era appunto in quella fase il proprio avvocato, arrecando pertanto, per ciò solo, un nocumento alla persona offesa.
Nocumento che per l'accezione, che esso ha e deve attribuirsi non è da valutare in relazione all'esito del probabile giudizio tra le parti - che si è nel caso di specie concluso a favore di G. - ma va considerato, alla luce della stessa ratio della disposizione incriminatrice di cui all'art. 616t comma 2 c.p. che lo richiede, nel fatto che vi sia stata la rivelazione di determinate notizie, destinate a rimanere riservate, proprio alla persona cui esse inerivano, e che, per il loro contenuto, in relazione al contesto in cui erano rivelate - che era appunto quello di una contesa in atto potenzialmente sfociabile, come avvenuto, in un vero e proprio giudizio civile tra quelle medesime parti - assumevano connotati giuridicamente rilevanti, suscettibili anche di valutazione economica, non solo, e non tanto, per le ripercussioni che avrebbero potuto avere sui procedimenti da intraprendere, involgenti interessi economici, ma anche e soprattutto per i riflessi che ebbero sulla sfera della segretezza/riservatezza dei rapporti intercorsi tra i protagonisti della corrispondenza, uno dei quali si identifica nella parte civile; tali rapporti 'epistolari' avevano infatti ad oggetto non già questioni dì dominio pubblico o comunque prive di valenza privata, quanto piuttosto aspetti afferenti alla sfera privata dei soggetti che li intrattenevano - dovendo ìn questa ricomprendersi anche le questioni riguardanti l'impresa dì uno dei due interlocutori.
S'impone pertanto un nuovo giudizio al riguardo, agli effetti civili, risultando alla luce dì quanto esposto immotivata la revoca della provvisionale, intervenuta per di più in toto in relazione all'intero danno, anche quello relativo alla fattispecie di cui all'art. 615 ter cod. pen., per la quale non era intervenuta riforma in appello.
A maggior ragione la decisione sul punto va rivalutata alla luce di quanto qui osservato con riferimento alla fattispecie dì cui all'art. 616 comma 2 cod. pen.
2. La sentenza impugnata deve, allora, essere annullata limitatamente agli effetti civili con rinvio per nuovo giudizio al Giudice civile competente per valore in grado di appello, cui sì rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di legittimità.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata agli effetti civili, con rinvio per nuovo giudizio al Giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di legittimità.