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Tizia con ricorso |
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L'opposizione all'esecuzione (615 c.p.c.) ha lo scopo di contestare il diritto del creditore a procedere all'esecuzione, l'inesistenza o la modificazione del diritto riconosciuto nel titolo esecutivo, oppure ancora l'ammissibilità giuridica della pretesa coattiva. L'opposizione all'esecuzione si differenzia dall'opposizione agli atti esecutivi in quanto, mentre la prima è finalizzata a contestare l'esistenza del diritto della parte istante a promuovere l'esecuzione (an dell'esecuzione), la seconda è lo strumento per contestare la regolarità formale del titolo, del precetto e dei singoli atti esecutivi (quomodo). Sono legittimati a proporre opposizione all'esecuzione coloro che hanno interesse a contestare il diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata. È pertanto legittimato all'opposizione il debitore esecutato e il terzo possessore o detentore del bene sottoposto ad esecuzione. L'opposizione può avere ad oggetto l'esistenza del titolo esecutivo, ma non può tornare sul merito del contenuto del provvedimento che si è ormai formato, per contestarne la fondatezza. |
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A seguito dell'istruttoria di causa, a parere del giudice, non risultava valutabile alcuna doglianza riguardante il merito dei crediti contributivi, assicurativi e previdenziali sottesi all'intimazione di pagamento impugnata, essendo abbondantemente decorso il termine di 40 giorni previsto a pena di decadenza dall' |
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Con ricorso depositato il 5 settembre 2022 M.C., come sopra rappresentata, conveniva in giudizio INPS, SCCI s.p.a. e AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE per sentire accogliere le conclusioni formulate in epigrafe, a tal fine esponendo di aver ricevuto in data 11.12.2021 la notifica dell’intimazione di pagamento n. omissis in forza della quale si mettevano in esecuzione gli avvisi di addebito indicati in epigrafe, relativi ad una posizione debitoria gravante sulla ricorrente, proponendo formale opposizione nelle forme di cui all’art. 615 c.p.c. e limitatamente agli avvisi di addebito afferenti tributi I.N.P.S., onde ottenere l’accertamento della intervenuta prescrizione.
Rammentava l’attrice che la prescrizione di cartelle di pagamento ed avvisi di addebito riferiti a debiti nei confronti dell’Inps era quinquennale (cfr. ordinanza Corte di Cassazione n. 1824/2020 nonché sentenza n. 1652/2020) e che la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 23397 del 17.11.2016 aveva stabilito che, nel caso in cui un contribuente abbia lasciato spirare il termine per l’opposizione alle cartelle esattoriali, tale situazione non determina la conversione della prescrizione da quinquennale a decennale sul presupposto che detti atti sono (e rimangono) atti amministrativi e, come tali, non soggetti alla disciplina di cui all’art. 2953 C.C..
Precisava la ricorrente che l’Agenzia delle Entrate Riscossione aveva dato impulso alla fase esecutiva sottoponendo a vincolo il rapporto di c/c OMISSIS in essere presso Banca Mediolanum agenzia di (omissis).
Si costituivano ritualmente in giudizio INPS, anche per conto di SCCI s.p.a., e Agenzia delle Entrate Riscossione, come sopra rappresentati, chiedendo il primo che fosse dichiarato il proprio difetto di legittimazione, e la seconda rassegnando le conclusioni in via preliminare e di merito indicate in epigrafe.
La causa veniva ritenuta sufficientemente documentata e all’odierna udienza veniva discussa mediante il deposito di note scritte, ai sensi dell’art. 221 comma 4 della l. n. 77/2020 e successive proroghe, per essere decisa come da dispositivo in calce, che veniva depositato sul PCT unitamente alla presente motivazione.
Deve preliminarmente rilevarsi l’infondatezza dell’eccezione di tardività dell’opposizione sollevata da Agenzia delle Entrate Riscossione, osservandosi che il termine di 40 giorni indicato in memoria è quello relativo all’impugnazione degli avvisi di addebito, come previsto dall’art. 24 comma 5 del D. Lgs. n. 46/99 e non già quello previsto dall’art. 615 c.p.c. ai sensi del quale l’opposizione è stata proposta.
Va ancora precisato che nella presente controversia non risulta valutabile alcuna doglianza riguardante il merito dei crediti contributivi, assicurativi e previdenziali sottesi all’intimazione di pagamento impugnata, essendo abbondantemente decorso il termine di 40 giorni previsto a pena di decadenza dall’art. 24 comma 5 del D. Lgs. n. 46/99 rispetto alla notifica dei ruoli esattoriali indicati in epigrafe, avvenuta nelle date pure ivi indicate, sicché la presente opposizione deve ritenersi proposta esclusivamente ai sensi dell’art. 615 c.p.c., ovvero con riferimento alle doglianze riferite alla fase successiva alla notifica dei ricordati avvisi di addebito.
Quanto a tale fase, ADER ha documentato, con riguardo all’avviso di addebito n. omissis, notificato il 17.5.2012, di aver notificato intimazione di pagamento n. omissis in data 31.12.2013 (doc. 4 all. memoria), l’intimazione di pagamento n. omissis in data 01.10.2015 (doc. 5), l’intimazione di pagamento n. omissis in data 28.04.2016 (doc. 6) e d infine l’intimazione impugnata il 9 dicembre 2021 (doc. 3).
Quanto all’avviso di addebito n. omissis, notificato il 24.1.2013, all’avviso n. omissis, notificato il 16.4.2013, all’avviso n. omissis, notificato il 10 gennaio 2014, all’avviso n. omissis, notificato il 4.6.2014, ADER ha dimostrato di aver notificato all’opponente l’intimazione di pagamento n. omissis l’1.10.2015 (doc. 5), l’intimazione di pagamento n. omissis il 28.04.2016 (doc. 6) ed infine l’intimazione oggi impugnata il 9.12.2021, ed infine con riguardo all’avviso di addebito n. omissis, notificato in data 13.10.2014, ADER ha dimostrato di aver notificato all’opponente intimazione di pagamento n. omissis in data 28.04.2016 (doc. 6).
A motivo delle successive interruzioni, l’ultima delle quali risale appunto al 28.4.2016, e considerando che l’art. 37, comma 2, del DL 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 e l’art. 11 del DL 31 dicembre 2020, n. 183, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2021, n. 21, avevano previsto due periodi di sospensione della prescrizione: dal 23 febbraio 2020 al 30 giugno 2020 (129 giorni) e dal 31 dicembre 2020 al 30 giugno 2021 (182 giorni), deve ritenersi che alla data di notifica dell’impugnata intimazione (9.12.2021) non fossero ancora decorsi i termini della prescrizione quinquennale, decorrenti dalla data del 28.4.2016.
Conseguentemente per nessuno degli avvisi di addebito fondanti l’intimazione di pagamento opposta risulta decorsa l’eccepita prescrizione, sicché l’impugnazione va respinta ed il ricorso rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo che segue, sia a favore di INPS – SCCI s.p.a. che di Agenzia delle Entrate – Riscossione, secondo i compensi medi previsti dalla tabella 4 all. al DM 55/2014, come aggiornati dal decreto n. 147/2022, fasi di studio, introduttiva e decisoria, scaglione da € 5.200,01 ad € 26.000,00 (valore dichiarato € 15.923,45), che appaiono congrui all’impegno difensivo prestato ed al risultato ottenuto.
P.Q.M.
Il Tribunale di Rovigo, in composizione monocratica, in funzione di Giudice del Lavoro, definitivamente decidendo nella causa n. 603/2022 RG C.L., promossa da C. M. contro INPS e SCCI s.p.a. e contro AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, in
persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, ogni diversa domanda, eccezione o istanza disattesa e rigettata, così provvede:
1. Rigetta il ricorso;
2. Condanna l’opponente a rifondere ad INPS- SCCI s.p.a. e ad Agenzia delle Entrate – Riscossione - e per questa all’avv. A.S. che si è dichiarato antistatario - le spese di lite, che liquida per ciascuno di essi in € 3.727,00 per compenso di avvocato, oltre IVA e CPA come per legge per Agenzia delle Entrate Riscossione, e per entrambi spese generali al 15%.