
La Cassazione afferma che il terzo resta estraneo alla posizione debitoria ed è assistito da peculiari strumenti per la liberazione del bene.
Nell'ambito di un giudizio di opposizione all'esecuzione, il Tribunale di Foggia rigettava le domande degli attori in quanto il mancato frazionamento del mutuo e dell'ipoteca costituiva manifestazione di una facoltà compresa nel diritto del creditore ipotecario e il diritto alla suddivisione in quote del finanziamento concesso poteva affermarsi solo in relazione ai...
Svolgimento del processo
1. La Corte d’appello di Bari, in accoglimento del gravame, proposto da L. B. e M. T. nel contraddittorio anche con V.L., avverso la sentenza del Tribunale di Foggia n. 304 del 2015 ha dichiarato la nullità dell’atto di pignoramento immobiliare in danno dei predetti e ha condannato I. spa procuratrice della s.r.l. A. S. al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separato giudizio e al pagamento delle spese processuali del doppio grado.
2. Il Tribunale di Foggia, nel giudizio di opposizione all’esecuzione, aveva rigettato le domande avanzate dagli attori poiché il mancato frazionamento del mutuo e dell’ipoteca costituiva manifestazione di una facoltà ricompresa nel diritto del creditore ipotecario e il diritto alla suddivisione in quote del finanziamento concesso al debitore originario poteva solo affermarsi per i contratti stipulati in epoca successiva all’entrata in vigore della nuova legge bancaria.
3. Per quanto ancora qui rileva, la Corte territoriale, dopo aver accertato che, a fronte delle molteplici offerte avanzate dagli appellanti erano seguiti ripetuti immotivati rifiuti e mancanza di collaborazione da parte della Banca, ha confermato le conclusioni a cui era pervenuto il Tribunale circa l’esclusione del diritto del terzo acquirente ad ottenere il frazionamento del mutuo, e tuttavia ha affermato che, benché la Banca non fosse obbligata ad effettuare il frazionamento del mutuo, la stessa comunque non avrebbe dovuto esimersi dall’agire secondo correttezza e buona fede per la mancata cooperazione con gli appellanti debitori al fine di consentite agli stessi di estinguere la loro quota di debito.
4. Avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari, I. S.p.A., nella sua qualità di mandataria di A. S. s.r.l., ha proposto ricorso per cassazione articolato in dodici motivi.
Hanno resistito L. B. e M.T. con controricorso, mentre V. L. è restato intimato.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.
Né il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte, né le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo, I. lamenta la “nullità della sentenza e dell’intero giudizio per violazione e falsa applicazione degli artt. 102, 602 e ss., 615 e 619 c.p.c., in relazione all’art. 360, c.1, n. 4 c.p.c.” poiché nel procedimento di opposizione all’esecuzione, promosso dagli odierni controricorrenti, si sarebbe violato il principio del contraddittorio in quanto l’integrazione del contradditorio nei confronti del debitore principale non sarebbe avvenuta nella fase sommaria del procedimento di opposizione all’esecuzione, sebbene lo stesso abbia una indefettibile natura bifasica.
2. Con il secondo motivo, denuncia la “violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1375, 2808, 2858 e ss., 2889 e ss. c.c., nonché art. 20 R.D. 646/1905, art. 3 D.P.R. n. 7/1976 e art. 161 D. lgs. n. 385/1993” in relazione all’art. 360, c.1, n. 3 c.p.c.; in particolare sostiene che la controversia dovrebbe ricadere nella disciplina anteriore all’entrata in vigore della normativa di cui alla rubrica, per la quale il frazionamento configura una rinuncia facoltativa del creditore ipotecario all’indivisibilità dell’ipoteca; di conseguenza, avrebbe errato la Corte territoriale nel riconoscere, in capo al terzo acquirente, il diritto soggettivo ad ottenere la suddivisione del mutuo in quote ed il frazionamento dell’ipoteca a garanzia dello stesso, che era esclusivamente consentito su richiesta del mutuatario.
3. Con il terzo motivo, lamenta la “violazione e falsa applicazione degli artt. 2858 e ss. c.c., art. 602 e ss. e 792 c.p.c., in relazione all’art. 360, c.1, n. 3 c.p.c. e violazione e falsa applicazione degli artt. 100, 604, 615, 619 e 792 c.p.c.” in relazione all’art. 360, c.1, n. 4 c.p.c.; la banca ricorrente si duole del fatto che la Corte territoriale avrebbe “travisato, obliterandola, la figura del terzo acquirente di immobile ipotecato”, il quale non assumerebbe nessuna obbligazione nei confronti del creditore garantito dall’ipoteca, rimanendo assoggettato al procedimento espropriativo esclusivamente per un debito altrui; denuncia nello specifico tre distinte violazioni di legge; in primo luogo, censura l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha accertato, in capo all’odierna ricorrente, la violazione dei generali canoni di correttezza e buona fede e la “Violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., nonché degli artt. 2858 e ss. c.c., 604, c.1 e 579 c.p.c.”; in secondo luogo, contesta che il terzo acquirente di immobile ipotecato possa proporre opposizione all’esecuzione, potendo azionare altri rimedi secondo le norme sostanziali e processuali e denuncia “ex art. 360, c.1, n. 4 c.p.c.” la violazione e falsa applicazione degli artt. 615-619 c.p.c.”; infine, lamenta che la Corte territoriale avrebbe travalicato il novero delle vicende estintive dell’obbligazione “dando vita ad una nuova e del tutto immaginaria fattispecie purgativa dell’ipoteca” dolendosi ancora “ex art. 360, c.1, n. 4 c.p.c.” della “violazione e falsa applicazione degli artt. 100, 615, 604 e 579, c.1 c.p.c.”.
4. Con il quarto motivo, lamenta la “violazione e falsa applicazione degli artt. 2878 c.c., art. 3, c.5 D.P.R. n. 7/1976 e art. 39 D.lgs. n. 385/1993 in relazione all’art. 360, c.1, n. 3 c.p.c.” e la circostanza per cui la Corte territoriale avrebbe “creato” una nuova fattispecie, inesistente nel panorama giuridico, di estinzione dell’ipoteca per mancato frazionamento.
5. Con il quinto motivo, denuncia la “violazione e falsa applicazione degli artt. 1260 e ss. c.c. e L. n. 130/1999 in relazione all’art. 360, c.1, n. 3 c.p.c.” e in particolare censura quanto statuito dalla Corte territoriale circa le questioni relative il frazionamento del mutuo fondiario.
6. Con il sesto motivo, lamenta la “violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1181, 1375 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360, c.1, n. 3 c.p.c.” e insiste sull’erroneità della sentenza nella parte in cui avrebbe accertato, in capo alla banca, la violazione del dovere di correttezza e di buona fede consistito nell’aver rifiutato le richieste di transazione da parte degli odierni controricorrenti.
7. Con il settimo motivo, denuncia la “violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c. in relazione all’art. 360, c.1, n. 3 c.p.c.” e ribadisce quanto illustrato nei motivi precedenti in relazione alla violazione dei doveri di correttezza e buona fede da cui conseguirebbe, non solo il risarcimento, ma anche l’inefficacia e l’invalidità della procedura esecutiva.
8. Con l’ottavo motivo denuncia la “violazione e falsa applicazione degli artt. 1207 e ss., 1220 e 2899 e ss. c.c. in relazione all’art. 360, c.1, n. 3 c.p.c.” e lamenta l’erroneità della sentenza impugnata laddove la Corte territoriale avrebbe mal applicato le norme relative all’offerta formale di pagamento; a seguito della stessa, infatti, non potrebbe pervenirsi alla liberazione del debitore.
9. Con il nono motivo lamenta la “violazione e falsa applicazione degli artt. 1478 c.c., art. 3, c.5 D.P.R. n. 7/1976 e art. 39 D.lgs. n. 385/1993 in relazione all’art. 360, c.1, n. 3 c.p.c.”, sostenendo che in seno alla procedura esecutiva non era possibile alcun frazionamento in quote del mutuo poiché quest’ultimo era stato risolto mediante pagamento da parte del mutuante.
10. Con il decimo motivo, denuncia la “violazione e falsa applicazione dell’art. 96 c.p.c. in relazione all’art. 360, c.1, n. 4 c.p.c.” nella parte in cui la Corte territoriale ha rimesso erroneamente l’accertamento della misura del danno risarcibile ad un separato giudizio.
11. Con l’undicesimo motivo, “violazione e falsa applicazione degli artt. 100 c.p.c., art. 1260 e ss. c.c. e L. n. 130/1999 in relazione all’art. 360, c.1, n. 4 c.p.c.”, la banca ricorrente, in quanto cessionaria del credito, lamenta la carenza di legittimazione passiva poiché trattasi di fatti giuridici verificatisi in epoca antecedente la cessione dei crediti mediante cui è divenuta titolare delle sole situazioni soggettive attive creditorie.
12. Con il dodicesimo motivo, la ricorrente insiste nella “violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1181, 1207 e ss., 1220, 1375, 2697 e 2899 c.c. in relazione all’art. 360, c.1, n. 3 c.p.c. già lamentata con i precedenti motivi quinto, sesto e settimo.
13. Il primo motivo è infondato e va disatteso.
Non giova alla parte ricorrente l’indirizzo richiamato a conforto della censura prospettata nel primo motivo e sopra sintetizzata, espresso dalla giurisprudenza di questa Corte (Sez. 3, 11/10/2018 n.25170; Cass. Sez. 3, 19/09/2019, n. 4763).
Con tale indirizzo è stata affermata la necessità e l’inderogabilità della preliminare fase sommaria delle opposizioni esecutive (successive all’inizio dell’esecuzione) davanti al giudice dell’esecuzione (ai sensi degli artt. 615, comma 2, 617, comma 2, e 618, nonché 619, c.p.c.), prevista a tutela degli interessi non solo delle parti del giudizio di opposizione ma anche di tutte le parti del processo esecutivo e, soprattutto, in funzione di esigenze pubblicistiche, di economia processuale, di efficienza e regolarità del processo esecutivo e di deflazione del contenzioso ordinario; con la conseguenza, che la sua omissione, come il suo irregolare svolgimento, laddove abbia impedito la regolare instaurazione del contraddittorio nell’ambito del processo esecutivo ed il preventivo esame dell’opposizione da parte del giudice dell’esecuzione - non solo in vista di eventuali richieste cautelari di parte, ma anche dell’eventuale esercizio dei suoi poteri officiosi diretti a regolare il corso dell’esecuzione - determina l’improponibilità della domanda di merito e l’improcedibilità del giudizio di opposizione a cognizione piena.
È stato ribadito, inoltre, che nel giudizio di opposizione all’esecuzione promosso contro il creditore procedente dal terzo assoggettato all’esecuzione, il debitore assieme al creditore assume la veste di legittimo e necessario contraddittore, quale soggetto nei cui confronti l’accertamento della ricorrenza o meno dell’azione esecutiva contro il terzo è destinato a produrre effetti immediati e diretti; ne consegue che le sentenze rese in un giudizio di opposizione all’esecuzione promossa nei confronti di beni del terzo in cui non sia stato evocato in causa anche il debitore [litisconsorte] necessario sono inutiliter data e tale nullità, ove non rilevata dai giudici di merito, deve essere rilevata d’ufficio dal giudice di legittimità con remissione della causa al giudice di primo grado.
Nella fattispecie in esame, non si è verificata alcuna omissione della fase endoprocedimentale che si è effettivamente svolta - come confermato dalla stessa parte ricorrente – e tanto non ha impedito, quindi, la regolare instaurazione del contraddittorio sull’opposizione.
Se infatti la fase sommaria del giudizio di opposizione all’esecuzione promossa nei confronti di beni del terzo è stata instaurata senza il coinvolgimento del debitore necessario, egli, però, è stato evocato nella fase a cognizione piena, sicché lo sviluppo del giudizio si è svolto nel rispetto del principio del litisconsorzio necessario, tanto da concludersi con una pronuncia di prime cure resa nei confronti di tutti i litisconsorti necessari in ossequio alla regola dell’integrità del contraddittorio.
14. Fondati, invece, sono i motivi secondo, terzo e settimo, che possono essere congiuntamente esaminati per ragioni di connessione, nei termini di seguito precisati.
La Corte di appello - dopo aver accertato che a fronte delle molteplici offerte avanzate dagli appellanti (i quali si erano attivati per ottenere il frazionamento del mutuo e la cancellazione dell’ipoteca, al fine di estinguere la loro quota) erano seguiti ripetuti immotivati rifiuti e mancanza di collaborazione da parte della Banca - ha confermato le conclusioni a cui era pervenuto il Tribunale circa l’esclusione del diritto del terzo acquirente ad ottenere il frazionamento del mutuo, ma ha affermato tuttavia che, benché la Banca non fosse obbligata ad effettuare il frazionamento del mutuo, la stessa comunque non avrebbe dovuto esimersi dall’agire secondo correttezza e buona fede per la mancata cooperazione con gli appellanti debitori al fine di consentite agli stessi di estinguere la loro quota di debito.
A fondamento della propria decisione il giudice di appello ha richiamato un precedente di questa Corte (Cass. Sez. 1 14/10/2013 n. 23232) attinente ad una fattispecie in cui si discuteva del mancato frazionamento nel rapporto tra mutuante e mutuatario ed ove si era affermato che, pur costituendo il frazionamento del mutuo nel vigore della normativa precedente al d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, non già un obbligo, bensì una facoltà unilateralmente esercitabile dalla banca mutuante, integra la violazione dei doveri di solidarietà derivanti dal rispetto dei principi di correttezza e buona fede oggettiva, che debbono permeare l’intera esecuzione del contratto, il comportamento della banca che rifiuti ingiustificatamente il frazionamento del mutuo e delle relative ipoteche, richiesto dalla mutuataria a seguito della vendita a terzi delle unità immobiliari edificate, procrastinando immotivatamente tale rifiuto (nella specie, per oltre tre anni e nei confronti di una mutuataria in regola con il pagamento delle rate). Né all’osservanza del dovere di esecuzione del contratto secondo correttezza e buona fede la banca può sottrarsi adducendo il solo fatto che la concessione del richiesto frazionamento del mutuo comporti la rinuncia alla indivisibilità dell’ipoteca, quando non alleghi ulteriori eventuali circostanze che, nella concreta situazione di fatto del rapporto contrattuale in esame, possano giustificare il rifiuto di tale concessione.
Espressamente la Corte di appello ha mutuato il principio di diritto espresso in quella peculiare vicenda per affermare la violazione dei doveri di solidarietà anche in quella in esame.
Tale conclusione non può condividersi.
Il Collegio osserva che nella controversia in oggetto, la richiesta di frazionamento e liberazione dell’immobile proveniva dai terzi acquirenti e non dall’originario mutuatario e che, pertanto, il giudice di appello avrebbe dovuto considerare il principio di indifferenza che permea l’ordinamento particolare del credito fondiario, ai fini esecutivi, in caso di avvenuto trasferimento dell’immobile gravato da ipoteca per mutuo fondiario come previsto dall’art.161, comma 6, del d.lgs. 1 settembre 1993 n. 385 (T.U. delle leggi in materia bancaria e creditizia).
In base ad esso, i procedimenti esecutivi in corso alla entrata in vigore del decreto (1 gennaio 1994) restano regolati dalle norme anteriormente vigenti, tra le quali l’art. 20 del R.D. 16 luglio 1905 n. 646, che contiene un principio che opera esclusivamente sul piano processuale, poiché il successore è un soggetto estraneo al rapporto di debito dal quale nasce l’esecuzione e consente, in caso di comunicazione semplice dell’acquisto all’istituto mutuante, a quest’ultimo di agire esecutivamente congiuntamente contro il debitore sostanziale e contro il successore, senza che il terzo acquirente dell’immobile ipotecato possa vantare alcun diritto contrario, né alla suddivisione del mutuo, né al correlato frazionamento dell’ipoteca, stante la sua estraneità al contratto di finanziamento. (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 3228 del 15/04/1997; in senso conforme: Sez. 3, 25/05/2000 n. 6860; cfr. da ultimo Cass. Sez. 3, 04/08/2021 n. 22211, che estende ai presupposti sostanziali l’applicabilità della previgente disciplina).
Sul punto, inoltre, va richiamata la costante e consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’acquirente di un bene gravato di ipoteca non assume alcuna obbligazione nei confronti del creditore garantito dall’ipoteca, sicché non è ammissibile nei suoi confronti una condanna ad adempiere le obbligazioni nascenti dal rapporto con riferimento al quale è stata concessa l’ipoteca stessa (Cass. Sez. 2, 30/05/1995 n. 6052, ove nella specie era cassata la sentenza di merito che aveva condannato il terzo acquirente di un immobile ipotecato al pagamento degli interessi prodotti dal credito a garanzia del quale era stata concessa l’ipoteca).
Può aggiungersi, rispetto alle considerazioni già svolte, che la statuizione di nullità del pignoramento immobiliare affermata dalla Corte territoriale sulla base del preteso abuso del diritto (oggetto del settimo motivo di doglianza), oltre a non essere prevista normativamente dall’ordinamento, merita di essere cassata in quanto l’iter motivazionale seguito dalla Corte pugliese appare errato sul piano della logica in iure.
La Corte, infatti, ha dichiarato in modo improprio la nullità dell’atto di pignoramento quale conseguenza dell’accertato preteso abuso del diritto, erroneamente pronunciato - come già ritenuto - con riferimento ai motivi secondo e terzo.
La ragione è che la deducibilità da parte del terzo acquirente nel giudizio di opposizione della questione relativa alla violazione delle regole di correttezza e buona fede da parte del creditore procedente è estranea al thema decidendum dell’azione tipica che introduce quel giudizio, che concerne la negazione della titolarità in capo al creditore di procedere ad esecuzione forzata nei confronti del debitore e dello stesso terzo acquirente. Tale accertamento concerne i fatti giuridici costitutivi di detta situazione, cioè quelli da cui origina il credito, e, se introdotti in giudizio, i fatti giuridici estintivi, modificativi ed impeditivi dell’efficacia di quelli costitutivi. Poiché la questione della pretesa violazione delle regole di buona fede e correttezza da parte del creditore non rientra fra quei fatti, ma è invece un problema che riguarda la mancata cooperazione del creditore procedente, ben si comprende come la relativa questione non possa e non debba porre in discussione il diritto a procedere all’esecuzione.
Ne segue che, nel giudizio di opposizione, una difesa del terzo acquirente che prospetti la violazione delle regole di buona fede e correttezza, nella specie per non aver il creditore cooperato al fine di consentire il pagamento e la cancellazione dell’ipoteca ai terzi acquirenti - odierni ricorrenti, è priva di rilevanza ed estranea alla fattispecie oggetto del giudizio introdotto dall’opposizione e, quindi, del tutto irrilevante sul piano del diritto del creditore procedente a far valere la propria pretesa esecutiva (mutatis mutandis, cfr. Cass. Sez. 3, 20/05/2015, n. 10243).
Alla luce degli orientamenti ricordati, la sentenza impugnata tralascia erroneamente di considerare il disposto degli artt. 2858 cod. civ., 2889 c.c. e 792 cod. proc. civ. che garantisce al terzo acquirente assoggettato ad un procedimento espropriativo per debito altrui, la possibilità di liberare il bene acquistato dai gravami ipotecari ed in tale prospettiva, è oggettivamente da escludere la stessa astratta configurabilità di un abuso del diritto del creditore fondiario, se permane integro lo status dei terzi espropriati a tutela della loro peculiare posizione giuridica, non esposti alle vicende del debito garantito ed assistiti da peculiari procedimenti per liberare il bene dal vincolo; ne segue l’erroneità della pronuncia impugnata in tema di abuso del diritto.
Alla fattispecie in esame va, di conseguenza, applicato il seguente principio di diritto: non integra un abuso del diritto la condotta del creditore fondiario che non coopera con il terzo acquirente del bene per il frazionamento o la riduzione dell’iscrizione ipotecaria gravante su di esso, restando il terzo estraneo alla posizione debitoria ed assistito da peculiari strumenti per la liberazione del bene.
15. Il quarto e il quinto motivo di ricorso sono inammissibili.
Da un lato, è sufficiente notare che la sentenza impugnata dichiara la nullità del pignoramento nei confronti dei terzi acquirenti, ma non tange l’iscrizione ipotecaria de qua; dall’altro, che la sentenza impugnata afferma espressamente che gli attori non hanno «alcun diritto ad ottenere un frazionamento del mutuo…» (pag. 13 della sentenza impugnata).
16. Il sesto, l’ottavo, il nono, il decimo, l’undecimo e il dodicesimo motivo di ricorso sono assorbiti dall’accoglimento del secondo, terzo e settimo.
17. In conclusione, La Corte accoglie il ricorso in relazione ai motivi secondo, terzo e settimo, rigetta il primo, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, che provvederà secondo i principi sopra ricordati al riesame dell’atto di appello e anche alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie i motivi secondo, terzo e settimo del ricorso, rigetta il primo, inammissibili il quarto e quinto, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.