|
La Società beta aveva proposto ricorso |
|
L' |
|
Il cd. rito semplificato è una forma del rito ordinario di cognizione, caratterizzata da termini per svolgere le difese ridotti rispetto a quelli previsti per la forma ordinaria del processo di cognizione. L'obiettivo perseguito è quello di rendere più agile l'ordinario “percorso” processuale nell'implicito presupposto che si sia in presenza di una controversia di natura “semplice”. Con il procedimento sommario di cognizione viene conferito al giudice il potere discrezionale di dettare i tempi del procedimento, individuando le forme più adatte alla causa. Con la riforma Cartabia, il procedimento in esame è stato ridenominato “procedimento semplificato di cognizione” (procedura in vigore dal 30 giugno 2023). |
|
La presente causa era stata introdotta con un atto denominato “atto di citazione in riassunzione”, il quale, pur riportando al suo interno il testo del ricorso originariamente proposto davanti al Tribunale, presentava tutti gli elementi ed i caratteri di un ordinario atto di citazione, come richiesti dagli |
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. La Società Azienda Pubblici Servizi S.p.a. (ASP spa) ¿ società a controllo pubblico il cui socio unico è il Comune di Aosta, derivante dalla trasformazione della precedente azienda speciale ai sensi degli artt. 115 e 118 TUEL, il cui oggetto sociale consiste nel “esercizio di attività di produzione di beni e servizi strettamente necessari per il perseguimento delle finalità istituzionali degli enti soci nell’ambito delle fattispecie di cui all’art. 4 comma 2 del D.lgs. n. 175/2016” e, in particolare, nella gestione di diversi servizi di interesse generale ad essa affidati ¿ proponeva ricorso ex art. 702-bis c.p.c. dinnanzi al Tribunale di Aosta nei confronti di G.G., chiedendo che quest’ultimo venisse condannato a restituire quanto percepito a titolo di compenso, quale Presidente del CdA nel triennio 2015-2018, in eccesso rispetto ai limiti stabiliti dall’art. 4 del D.L. n. 95/2012, importo quantificato nella somma complessiva di € 10.763,00, oltre interessi.
Si costituiva in giudizio G.G., eccependo in primo luogo l’incompetenza del Tribunale adito, in favore della sezione specializzata in materia d’impresa del Tribunale di Torino; eccepiva inoltre l’inammissibilità del ricorso ex art. 702 bis e, nel merito e in via subordinata, chiedeva il rigetto delle domande avverse. Con Ordinanza n. 70/2021 del 17.6.21 il Tribunale di Aosta dichiarava la propria incompetenza per materia in favore del Tribunale di Torino, Sezione specializzata in materia di impresa, e ¿ precisato che “la declaratoria di incompetenza preclude, per il suo carattere pregiudiziale, ogni altra valutazione di rito (relativamente alla questione di inammissibilità del ricorso al procedimento sommario di cognizione) e di merito” ¿ assegnava alle parti il “termine di 2 (due) mesi dalla comunicazione della presente ordinanza per la riassunzione della causa davanti al giudice dichiarato competente”.
2. L’odierna attrice incardinava quindi il presente procedimento davanti alla Sezione specializzata tramite atto denominato “Atto di citazione in riassunzione” con cui, riportato il contenuto del ricorso davanti al Tribunale di Aosta, conveniva in giudizio il sig. G.G. domandando l’accoglimento delle conclusioni in epigrafe. In particolare, esponeva che: i) la società APS spa era gestita da un Consiglio di Amministrazione composto di tre membri ¿ il Presidente, il Vice Presidente e un Consigliere ¿ nominati per tre anni, oltre, sino all’esercizio 2015, a tre ulteriori membri individuati tra i dipendenti del Comune; ii) i compensi degli amministratori erano determinati dall’Assemblea, la quale aveva adottato un sistema basato su una componente fissa (indennità di funzione) ed una variabile (indennità di risultato); iii) la misura dell’indennità era prevista ogni anno dall’Assemblea e veniva poi riconosciuta, se ve ne erano i presupposti, dalla medesima Assemblea in sede di approvazione del bilancio; iv) il convenuto aveva ricoperto la carica di Presidente del CdA nel triennio 2013-2016 e nuovamente ¿ ed è il periodo che rileva ai fini della presente causa ¿ nel triennio 2015-2018 sino al 09.08.2018; v) nel 2020 il Collegio Sindacale rilevava scostamenti in merito ai compensi corrisposti ai membri del CdA negli anni 2015, 2016, 2017 e 2018 rispetto al limite di spesa previsto dall’art. 4, c.4, del d.l. 95/2012, richiamato dall’art. 11, c.7, del d.lgs. 175/2016; vi) in particolare, il Collegio Sindacale evidenziava errori nell’individuazione del valore da prendere a riferimento per il calcolo del tetto di spesa ¿ corrispondente all’80% del costo complessivamente sostenuto per compensi nell’anno 2013, come previsto dalla normativa richiamata ¿ che doveva essere rideterminato nella somma di € 91.812,74 per indennità ed oneri sociali a carico dell’azienda, il cui 80% ammontava dunque ad € 73.450,19; vii) il Collegio Sindacale comunicava il verbale contenente i suddetti rilievi al Presidente del CdA, con l'invito a convocare senza indugio un consiglio di amministrazione per prendere i provvedimenti del caso, nonché al Comune di Aosta quale socio unico; viii) il Comune di Aosta in qualità di socio unico, con pec del 14.05.20, invitava il CdA di APS spa a prendere i provvedimenti conseguenti alla ricostruzione effettuata dal Collegio Sindacale ed, in particolare, ad “attivarsi ai fini della ripetizione delle somme indebitamente corrisposte a titolo di compensi per gli anni 2015/2019”, dichiarandosi disponibile a riconoscere la quota di ripetizione da soddisfarsi a carico del Comune in relazione ai compensi percepiti dai propri dipendenti per l’anno 2015; ix) il CdA con delibera del 04.06.20 stabiliva di richiedere ai componenti del CdA precedente la restituzione pro quota di quanto percepito oltre i limiti di legge; x) quantificato l’importo, la società provvedeva alle richieste e, in particolare, con raccomandata del 22.07.20 richiedeva al signor G. di restituire la somma di € 10.763,00 quale eccedenza risultante dai prospetti redatti, al netto degli oneri contributivi il cui rimborso sarebbe stato richiesto all'istituto previdenziale; xi) seguiva una corrispondenza con l’interessato, il quale mezzo del suo legale comunicava in data 29.09.20 “il definitivo rigetto della richiesta di restituzione”;
xii) in data 03.02.21 veniva comunicato al sig. G. un invito formale a stipulare un accordo di negoziazione assistita, ma l’invito veniva respinto dall’interessato; xiii) al momento della presentazione del ricorso ex art. 702 bis cpc il sig. G. era l’unico degli ex amministratori a non aver restituito gli importi percepiti in eccesso.
La società attrice precisava ulteriormente che il superamento del tetto massimo di spesa era dipeso essenzialmente dall’erogazione agli amministratori delle indennità di risultato, non essendo pacifico in sede di prima applicazione dell’art. 4, c. 4, d.l. 95/12 se tali indennità dovessero essere o meno conteggiate; a tal proposito, nella delibera assembleare del 17.12.2015, dopo la determinazione dei compensi spettanti ai membri del CdA, era indicato che “il Sindaco visto che la normativa inerente le società partecipate è in continua evoluzione, dà atto che la presente determinazione potrà essere soggetta a modifiche nell'eventualità di chiarimenti interpretativi del legislatore e/o di significativi arresti giurisprudenziali”.
In virtù di quanto esposto, la società agiva per la restituzione dei compensi corrisposti al sig. G. in eccedenza rispetto ai limiti di legge ¿ dettagliati in atti anno per anno ¿ per un ammontare complessivo pari ad € 10.763,00, oltre interessi.
3. Si costituiva il convenuto eccependo in via preliminare l’inammissibilità del ricorso ex art. 702 bis c.p.c. Nel merito, rilevava che i compensi percepiti erano stati approvati dall’Assemblea e che le relative delibere ¿ anche a volerne ipotizzare una nullità per illiceità dell’oggetto ¿ non erano state tempestivamente impugnate, né la loro validità era stata espressamente contestata da APS spa. Contestava, inoltre, che la riserva fatta dall’azionista potesse essere invocata dalla Società per superare il sistema di decadenze stabilito dal legislatore, considerando altresì che le deliberazioni non erano mai state successivamente modificate o sostituite dall’organo assembleare, nemmeno a seguito delle verifiche condotte nel 2022 dal Collegio del Sindaci. Contestava, infine, che i compensi corrisposti fossero eccedenti rispetto alle soglie di legge, essendo i criteri e le scelte operate dall’Assemblea coerenti con le deliberazioni dell’Ente Comunale e con il quadro normativo dell’epoca, che legittimava l’interpretazione secondo cui calcolo dei compensi in relazione al tetto di spesa andava effettuato per cassa ed esclusi gli oneri. Chiedeva, pertanto, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e, in subordine, il rigetto delle domande avversarie.
4. All’esito dell’udienza del 17.01.22 venivano assegnati alle parti i termini di cui all’art. 183, c. 6, c.p.c.
Con la prima memoria ex art. 183 c. 6 c.p.c., la società APS spa chiariva che “il fondamento dell’odierna richiesta restitutoria dei compensi percepiti oltre il limite consentito dalla legge risiede, quindi, nelle delibere stesse, e in particolare nella loro clausola di riserva volta a contenere, in qualsiasi caso, il costo degli amministratori entro tale limite, e non certo dalla loro asserita invalidità”; in ogni caso, adduceva che qualora si volesse parlare di nullità si sarebbe trattato di una nullità parziale, ritenendosi operante il meccanismo della sostituzione automatica ex art 1419, ad opera dell’art. 4, c. 4, del d.l. 95/2012. Con la propria seconda memoria ex art. 183, c.6, c.p.c., il convenuto contestava l’applicabilità di siffatto meccanismo.
In assenza di richieste istruttorie, la causa era rinviata per la precisazione delle conclusioni e all’udienza figurata del 29.06.2022 il GI, preso atto delle note scritte con cui le parti precisavano le conclusioni in epigrafe, rimetteva la causa al Collegio per la decisione, previa assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.
5. Il Collegio ritiene di dover esaminare preliminarmente l’eccezione di inammissibilità sollevata dal convenuto. In via generale, è opportuno premettere l’art. 702-ter, c. 2, c.p.c. dispone che se “rileva che la domanda non rientra tra quelle indicate nell’articolo 702 bis, il giudice, con ordinanza non impugnabile, la dichiara inammissibile”. La possibilità di procedere alla conversione del rito prevista dal successivo comma 3 dell’articolo 702-ter risulta, dunque, limitata all’ipotesi in cui la causa, richiedente un’istruzione non sommaria, rientri tra quelle in cui il Tribunale giudica in composizione monocratica. Di modo che, “la trasformazione della causa da procedura a cognizione sommaria a procedura a cognizione piena […] presuppone pur sempre che la causa sia stata introdotta correttamente” (Tribunale di Torino, Ord. 26.10.2022).
Tanto premesso, si osserva che il caso di specie presenta caratteri affatto peculiari. La presente causa è stata introdotta con un atto denominato “atto di citazione in riassunzione”, il quale, pur riportando al suo interno il testo del ricorso originariamente proposto davanti al Tribunale di Aosta, presenta tutti gli elementi ed i caratteri di un ordinario atto di citazione, come richiesti dagli artt. 163 e ss c.p.c. L’unico elemento distonico in proposito è rappresentato dalla notifica che risulta effettuata al procuratore e non alla parte personalmente; tuttavia, tale vizio ¿ inquadrabile nell’ipotesi di nullità della notificazione ai sensi dell’art. 160 c.p.c. ¿ è stato sanato per raggiungimento dello scopo con la costituzione in giudizio del convenuto, il quale nulla ha eccepito in proposito. Inoltre, si rileva che il procedimento si è svolto, sin dalla sua introduzione dinnanzi al Tribunale di Torino, nelle forme del rito ordinario; di conseguenza, anche da un punto di vista sostanziale, nessuna compressione del diritto di difesa può essere fatta valere dal convenuto, il quale ha avuto modo di svolgere le sue difese nella maniera più ampia concessa dal codice di rito.
Alla luce di tali elementi, il Collegio ritiene che la causa sia stata correttamente introdotta e che il solo fatto che l’atto introduttivo si qualifichi come atto di citazione “in riassunzione” e che faccia riferimento alla pregressa vicenda processuale non sia sufficiente a giustificare una pronuncia di inammissibilità che ¿ oltre a non essere imposta dal codice di rito, per le ragioni sopra esposte ¿ si concretizzerebbe in un vuoto formalismo e si porrebbe in inevitabile contrasto con il principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo.
6. Passando all’esame nel merito delle domande proposte, si osserva in primo luogo che i conteggi effettuati da parte attrice alla luce dell’attuale interpretazione dell’art. 4, c.4 del d.l. 95/2012 non sono oggetto di contestazione specifica da parte dal convenuto. In secondo luogo, si rileva che parte attrice ¿ come si evince dalle conclusioni riportate in epigrafe e come ribadito nel corso del giudizio ¿ non ha inteso con la presente causa proporre impugnazione delle delibere assembleari che hanno liquidato, anno per anno, i compensi di cui si richiede la parziale restituzione. La materia del contendere si concentra dunque sull’esistenza o meno ¿ allo stato ¿ di un obbligo restitutorio da parte dell’ex Presidente del Consiglio di Amministrazione delle somme percepite in eccesso rispetto al limite di spesa stabilito dalla legge, come quantificate da parte attrice.
Parte ritiene che la riserva espressa dal socio unico nell’ambito della delibera assembleare del 17.12.2015 (“il Sindaco visto che la normativa inerente le società partecipate è in continua evoluzione, dà atto che la presente determinazione potrà essere soggetta a modifiche nell'eventualità di chiarimenti interpretativi del legislatore e/o di significativi arresti giurisprudenziali”) sia sufficiente ad assicurare la giusta elasticità alla determinazione del compenso degli amministratori, garantendo in ogni caso il rispetto dei limiti di legge, e a fondare perciò la richiesta di restituzione; non si tratterebbe perciò di superare il rigido sistema di decadenze previsto dal legislatore, quando piuttosto di riconoscere che il sig. G. ha accettato un incarico che prevedeva, con una clausola perfettamente valida ed efficace, un compenso mutabile in conformità delle prescrizioni normative in tema di società pubbliche.
La tesi esposta da parte attrice non può trovare accoglimento. Anche ammettendo che la clausola di salvaguardia sopra indicata renda la delibera assembleare del 17.12.2015 e le successive del tutto conformi alla legge, non si può non riconoscere che le conseguenze che parte attrice pretende di trarne travalicano ampiamente la sua portata letterale. Invero, il Sindaco si limita a fare presente la possibilità di future modifiche della “presente determinazione”. Non si tratta di un meccanismo di riduzione automatica e proporzionale dei compensi riconosciuti ai vari componenti del CdA, che non è espresso, né è ricavabile dalla legge, la quale si limita a esprimere un limite massimo e onnicomprensivo di spesa: le modifiche prospettate avrebbero infatti potuto consistere anche nella scelta di concentrare i compensi su alcuni membri del CdA, o comunque di rideterminare i compensi ridistribuendo diversamente le somme disponibili. Non si tratta nemmeno di una delega al CdA del potere di effettuare modifiche e riduzioni dei compensi liquidati. Come riconosciuto dalla stessa parte attrice, il potere di stabilire i compensi degli amministratori di ASP spa spetta per statuto all’Assemblea (atto di citazione p. 2). In mancanza di una delega espressa, tale potere ¿ incluso quello di apportare modifiche ai compensi già determinati ¿ rimane in capo all’Assemblea. Piuttosto, la riserva espressa dal Sindaco nella citata delibera preconizza l’eventualità di future modifiche degli importi liquidati da parte della stessa Assemblea; ciò è confermato dal tenore letterale dell’espressione “la presente determinazione potrà essere soggetta a modifiche”, le quali non potranno che derivare da analoga e successiva “determinazione” ad opera del medesimo organo.
Come evidenziato da parte convenuta ¿ e non contestato nemmeno in maniera generica da parte attrice ¿ le delibere che hanno riconosciuto e liquidato agli amministratori i compensi per le annualità oggetto di causa non sono state mai state successivamente modificate o sostituite dall’organo assembleare, neppure all’esito delle verifiche condotte dal Collegio Sindacale all’inizio del 2020. L’unica deliberazione cui si fa riferimento è quella adottata dal CdA in data 04.06.2020, “di richiedere ai componenti il precedente CDA, la restituzione pro quota di quanto percepito oltre i limiti previsti dal decreto Madia. Verrà indicato il Consulente del lavoro di elaborare i rispettivi cedolini a rettifica, al netto degli oneri contributivi, per i quali l’Azienda presenterà istanza di rimborso direttamente all’INPS”. Tale determinazione deve ritenersi inidonea, per le ragioni sopra indicate, ad integrare la riserva espressa nella delibera assembleare del 17.12.2015.
Da ultimo, si osserva che anche la tesi espressa da parte attrice circa gli effetti della nullità parziale ex art. 1419 c.c. non può essere seguita. Infatti ¿ premesso che tale ricostruzione, postulando un effetto automatico operante di diritto e rilevabile senza limiti di tempo sul contenuto delle delibere assembleari, mal si concilia con il sistema di impugnazioni e di decadenze stabilito dal legislatore a tutela della certezza e della stabilità di tali atti ¿ si è già osservato che la legge si limita a stabilire un tetto di spesa onnicomprensivo, senza stabilire come tale spesa debba essere suddivisa tra i diversi componenti dell’organo amministrativo e tra le diverse voci di compenso, oneri e contributi: ne deriva l’impossibilità, già sul piano logico, di operare l’invocata sostituzione.
In virtù delle ragioni esposte, le domande proposte da parte attrice devono essere rigettate.
7. Le spese del giudizio, liquidate nella misura di cui al dispositivo (D.M. 55/2014, scaglione da € 5.201 a € 26.000, valori minimi, fase istruttoria ridotta della metà stante l’assenza di prove costituende) seguono la soccombenza e vanno poste a carico di parte attrice.
P.Q.M.
Il Tribunale, ogni altra domanda, istanza o eccezione disattesa o assorbita, così provvede:
Rigetta le domande proposte da parte attrice.
Condanna parte attrice a rifondere a parte convenuta le spese del giudizio che liquida in € 2.120 per compensi, oltre al 15% per spese generali, CPA e IVA come per legge.