Superata tale soglia scatta la valutazione discrezionale del giudice di merito.
Svolgimento del processo
1. La Corte di appello di Lecce ha confermato la condanna di FF
alla pena di anni quattro di reclusione e euro 18.000,00 di multa per il reato di cui all'art. 73, comma 1, d.P.R. 309/1990, applicandogli, con giudizio di equivalenza alla recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale, le circostanze attenuanti generiche.
2. Con i motivi di ricorso, di seguito sintetizzati ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione, il ricorrente chiede l'annullamento della sentenza impugnata denunciando vizio di violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata qualificazione del fatto ai sensi dell'art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990. Evidenzia che la Corte di merito, pur riconoscendo che l'imputato era tossicodipendente, ha valorizzato, escludendo che lo stupefacente fosse detenuto ad esclusivo personale, il mero dato ponderale che non è di rilievo tale da poter giustificare un giudizio di maggiore offensività, e, con ragionamento circolare, le circostanze del fatto idonee a configurare solo la destinazione alla cessione e spaccio dello stupefacente detenuto, ma non la oggettiva gravità della condotta.
3. Il ricorso è stato trattato con procedura scritta, ai sensi dell'art. 23, comma 8, d.l. 137 del 28 ottobre 2020 convertito in legge n. 176 del 18 dicembre 2020 e i cui effetti sono stati prorogati fino al 31 dicembre 2022 per effetto dell'art. 16, comma 1, del d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, convertito con modificazioni dalla legge n. 15 del 25 febbraio 2022 e il difensore del ricorrente, avvocato L.B.T., ha depositato conclusioni scritte insistendo per l'accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione
1. II ricorso è fondato e la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio.
La Corte di merito non ha fatto buon governo dei principi di questa Corte sia ai fini della prova della destinazione alla cessione che ai fini della qualificazione giuridica della condotta.
Deve rilevarsi, ih fatto, che il 3 marzo 2020, a seguito di una perquisizione domiciliare, FF veniva trovato in possesso di sostanza stupefacente tipo eroina, frazionata in sei buste di cellophane e risultata, alla successiva perizia, del peso di gr. 29,753 con un principio attivo pari a 2.487,244 mg da cui erano ricavabili poco meno di 100 dosi medie, secondo i criteri di cui al d.m. 11 aprile 2006. L'imputato ammetteva che la droga era di sua proprietà e sosteneva di averla acquistata, pagandola 300 euro, il giorno precedente e che era destinata al suo consumo personale essendo egli da lungo tempo tossicodipendente ed avendo ripreso a farne uso.
La sentenza impugnata, pur dando atto della condizione di tossicodipendenza dell'imputato, ha escluso che la condotta potesse essere qualificata ai sensi dell'art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990 evidenziando che il dato quantitativo e le ulteriori circostanze accertate - l'imputato deteneva in cucina un rotolo di buste, un bilancino di precisione, altro bilancino nella camera da letto ove veniva trovato anche un coltello con la lama sporca di sostanza - denotavano la destinazione alla cessione dello stupefacente, comprovata anche dalle modalità di detenzione poiché la droga veniva custodita fuori dall'abitazione ma in una zona controllata anche dalla presenza di un sistema di videosorveglianza che gli avrebbe consentito di agire, per la cessione, in tutta tranquillità. La Corte di appello ha evidenziato, altresì, che il dato quantitativo e la mancanza di una stabile attività lavorativa deponevano per un perdurante contatto del ricorrente con canali di fornitura idonei ad alimentare una importante attività di spaccio, non relegabile nella forma attenuata richiesta dalla difesa.
2. Come anticipato, le conclusioni della Corte d'appello risultano parziali e contraddittorie.
2.1. Per consolidata giurisprudenza, il reato di i all'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990 può essere riconosciuto in ipotesi di minima offensività della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell'azione), con la conseguenza che, ove uno degli Indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di Incidenza sul giudizio (cfr. Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 247911).
L'accertamento della lieve entità del fatto implica, dunque, una valutazione complessiva di tutti elementi de la fattispecie concreta, In relazione ai diversi criteri enunciati dalla disposizione. La necessità di effettuare una valutazione complessiva e globale di tutti gli aspetti della condotta è stata di recente confermata dalle Sezioni unite Muralo (cfr. Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, Murolo, Rv. 274076).
Inoltre, non ostativo alla sussunzione del fatto nell'ipotesi di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990 lo svolgimento di attività di spaccio di stupefacenti non occasionale, ma inserita in un'attività criminale organizzata o professionale (cfr. Sez. 6, h. 28251 del 09/02/2017, Mascali, Rv. 270397).
Nel caso di specie, il quantitativo di eroina detenuta, pari a 29,753 grammi lordi, non risulta di per sé negativamente assorbente rispetto agli altri criteri ai fini della qualificazione giuridica della condotta come di lieve entità. Si tratta, invero, di un quantitativo che risulta astrattamente compatibile tanto con la detenzione della sostanza stupefacente per uso personale quanto con la destinazione a terzi della stessa. Di conseguenza, assume rilevanza la valutazione degli ulteriori elementi della fattispecie concreta, alla luce dei diversi criteri enunciati dalla disposizione normativa. Gli elementi fattuali valorizzati dalla Corte d'appello al fine di escludere la qualificazione giuridica ai sensi del quinto comma risultano, tuttavia, inidonei a dimostrare che la condotta contestata al ricorrente presenti un'offensività tale da giustificare l'applicazione della fattispecie più grave di cui all'art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309/1990.
2.2. Il Collegio è consapevole della difficoltà di individuare parametri - possibilmente oggettivi - che possano fungere da linee guida per stabilire in quali casi si è in presenza della fattispecie autonoma di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, anche al fine di evitare un'eccessiva oscillazione giurisprudenziale rispetto a fattispecie similari. La nozione di lieve entità, stante la genericità dei criteri individuati dalla fattispecie incriminatrice, richiede un'applicazione giudiziale che si muova quanto più possibile su parametri improntati a criteri oggettivi e, quindi, prevedibili ex ante e verificabili ex post facto. Posto o e l'individuazione di parametri oggettivi rientra nella competenza del legislatore, la giurisprudenza può quanto meno tentare di compiere - sulla base di un numero significativo di pronunce - una verifica statistica in ordine alla rilevanza che viene conferita al dato quantitativo.
Trattasi di soluzione già sperimentata nella giurisprudenza di legittimità con riguardo alla nozione di "ingente quantità" di cui all'art. 80, comma 2, d.P.R. 309/1990. In particolare, va richiamato l'autorevole precedente costituito da Sez. U n. 36258 del 24/05/2012, Biondi, Rv. 253150 che, in motivazione, dà espressamente conto del dato statistico rilevato nella relazione dell'Ufficio del Massimario, nella quale erano state esaminate le sentenze emesse sull'aggravante dell'ingente quantità nell'arco di circa 2 anni, al fine di fornire un quadro dei quantitativi ritenuti ingenti nella giurisprudenza di legittimità. Le Sezioni unite sono giunte ad affermare che l'aggravante dell'ingente quantità non è di norma ravvisabile quando la quantità sia inferiore a 2.000 volte il valore massimo, in milligrammi valore-soglia), determinato per ogni sostanza nella tabella allegata al d.m. 11 aprile 2006, ferma restando la valutazione del giudice di merito, quando tale quantità sia superata.
Anche in relazione all'ipotesi lieve possono essere individuati valori dotati di particolare ricorrenza statistica, che possano fungere da parametri orientativi ai fini dell'inquadramento dei fatti di spaccio nella fattispecie autonoma di cui all'art. 73, comma 5. A tal fine, pare utile avvalersi dello studio recentemente predisposto dall'Ufficio per il Processo presso la Sesta sezione penale, intitolato "Il fatto di lieve entità ex art. 73, quinto comma, d.P.R. 309/1990: alla ricerca di un'interpretazione tassativizzante. Un'indagine empirica della giurisprudenza di legittimità nel triennio 2020-2022", richiamato da Sez. 6, n. 45061 del 3/11/2022, Restivo, non massimata. L'indagine, effettuando un'analisi di 398 decisioni di legittimità nel triennio 2020-2022, ha individuato delle soglie quantitative orientative ai fini della qualificazione giuridica del fatto lieve.
Le soglie sono state individuate a partire dai valori ponderali che delimitano nel massimo l'area di maggiore interferenza tra le decisioni che riconoscono e quelle che negano il comma 5, ovverosia l'area in cui si registra la maggiore oscillazione giurisprudenziale. A tali valori - espressi in termini di quantitativo lordo - è stata applicata la percentuale di purezza media del mercato italiano secondo i dati del Dipartimento per le politiche antidroga istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri aggiornati al 2022, ottenendo in questo modo delle soglie espresse in termini di principio attivo. I valori ponderali a partire dai quali le soglie sono state ricavate presentano una significativa valenza statistica, essendo relativi ad un rilevante numero di pronunce rese in un periodo temporale di tre anni. Le soglie quantitative possono, dunque, integrare un metro di giudizio utile a garantire la necessaria tassatività della norma incriminatrice, evitando eccessive oscillazioni interpretative. Per l'eroina a soglia quantitativa, così determinata, è pari a g 5,1 di principio attivo.
Alla luce delle evidenze statistiche emerse dal citato studio, la circostanza che un determinato quantitativo di sostanza sia stato tendenzialmente ricondotto all'Ipotesi di cui all'art. 73, comma 5, può assumere una valenza di per sé decisiva - specie nelle ipotesi in cui non vi sono specifici indici di una maggiore offensività del fatto ex art. 73, commi 1 e 4, - fermo restando che la qualificazione giuridica del fatto come di lieve entità dev essere svolta valorizzando anche tutti gli altri elementi della fattispecie (mezzi, modalità e circostanze dell'azione, nonché qualità della sostanza).
Si ritiene dunque di poter affermare che, ai fini della valutazione della sussistenza del fatto lieve, il giudice può tenere conto del fatto che il dato ponderale oggetto di giudizio sia stato ritenuto, dalla giurisprudenza maggioritaria risultante dalla ricognizione statistica su un campione significativo di sentenze, come compatibile con l'art. 73, comma 5, e, al contempo, là dove sussistenti, deve valorizzare gli altri elementi della fattispecie in maniera coerente con il loro significato probante.
Va, pertanto, affermato il seguente principio di diritto: in tema di detenzione di sostanze stupefacenti è configurabile la fattispecie autonoma di cui all'art. 73, comma 5 d.P.R. 309/1990 quando la quantità di principio attivo tipo eroina sia inferiore a g 5,1, ferma restando la discrezionale valutazione del giudice di merito quando tale quantitativo sia superato.
Applicando tale principio al caso di specie, si evidenzia come il quantitativo (29,753 g lordi, pari a 2.487,244 mg di principio attivo) rientra pienamente nel valore-soglia che, dalla giurisprudenza prevalente di questa Corte, è stato ricondotto nell'ambito del fatto lieve.
A ciò si aggiunga che gli elementi probatori che la Corte d'appello ha valorizzato per qualificare il fatto ai sensi dell'art. 73, comma 1, non sono idonei a fondare un giudizio di maggiore offensività, potendo al più provare la generica destinazione a terzi della sostanza. Infatti, sotto il profilo del valore probatorio, il rinvenimento dei due bilancini e dell'altro materiale utile per il confezionamento (coltello, cellophane), così come la mancanza di una stabile attività lavorativa, sono elementi che possono provare l'attività di cessione ma non giustificano l'applicazione della fattispecie più grave in quanto non esprimono una maggiore offensività della condotta. Analogo discorso deve farsi per quanto riguarda l'occultamento della sostanza all'esterno dell'abitazione del ricorrente e il sistema di videosorveglianza da costui approntato. Del resto, è consolidato in giurisprudenza il principio secondo cui la lieve entità del fatto è compatibile con un'attività di spaccio organizzata (Sez. 6, n. 28251 del 09/02/2017, cit.). Di conseguenza, per poter ritenere integrato e provato il fatto più grave In luogo del fatto lieve, sono necessari elementi fattuali che esprimono una maggiore offensività della condotta.
Secondo l'indagine statistica, gli Indici maggiormente ricorrenti in questo senso sono Il collegamento tra il ricorrente e gruppi criminali organizzati, l'esistenza di un'articolata e radicata organizzazione, nonché la presenza di una collaudata rete di clienti.
Tuttavia, tali elementi non ricorrono nel caso di specie, rendendo vieppiù illogica la motivazione della sentenza d'appello in punto di qualifìcazione giuridica del fatto. In mancanza della prova diretta della cessione o dello spaccio e della sua modalità, l'errore di metodo in cui è incorso il giudice di merito consiste nell'operazione di individuare dapprima la destinazione alla cessione, un'operazione nella quale rileva sia il dato quantitativo descritto sulla scorta dei parametri del d.m. 11 aprile 2006, con riferimento alle cd. dosi medie che fanno riferimento alla persona di un ipotetico assuntore di droga, e le altre circostanze e modalità dell'azione, come la detenzione di materiale occorrente per il confezionamento in dosi e sulla base di queste inferirne, con un inammissibile automatismo, la qualificazione del fatto come incompatibile con la fattispecie di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. cit ..
La Corte di merito ha altresì trascurato di esaminare la rilevanza della condizione di tossicodipendenza pur ritenuta sussistente, una condizione personale, questa, che incide non solo sul dato quantitativo - poiché è verosimile che una parte della droga detenuta fosse destinata al consumo personale - ma anche sulla concreta portata del descritto contesto di cessione, potendo ricondursi la cessione a quella di uno spaccio allestito dal consumatore per lucrare, sulla droga ceduta, il necessario per alimentare il proprio consumo. In sintesi, la condizione di attuale tossicodipendenza rendeva altamente probabile se non l'esclusivo uso personale anche la destinazione ad uso personale.
3. Conclusivamente ritiene il Collegio che si impone al giudice del merito una ricostruzione in concreto della fattispecie, alla luce dei concorrenti parametri indicati dalla fattispecie legale e, dunque, un'operazione di ermeneusi nella quale, in presenza di un dato ponderale di per sé significativo in positivo, la qualificazione giuridica del fatto deve costituire il risultato di un apprezzamento di tutti i parametri che il disposto normativo richiama ovvero mezzi, modalità e circostanze dell'azione, l'uno apprezzato per mezzo dell'altro al fine di verificare se il fatto, in concreto, corrisponda ad una minore offensività della condotta, il che, appunto, corrisponde alla ratio della fattispecie incriminatrice di cui all'art. 73, comma 5 d.P.R. 309/1990 rispetto alle fattispecie recate dal comma 1 dell'art. 73, d.P.R. 309/1990.
Facendo applicazione di questi criteri la Corte di merito procederà alla qualificazione giuridica del fatto ed alla determinazione della pena da infliggere all'imputato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza Impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Lecce.