Svolgimento del processo
In data 15.2.2008 si verificò un incidente stradale in cui rimasero coinvolte l'autovettura Skoda di proprietà di E.G., condotta da S.S.e assicurata presso la A. Assicurazioni s.p.a. e l'autovettura Renault condotta dal proprietario R.M. e assicurata presso la M. Assicurazioni s.p.a.; a seguito del sinistro, G.R., tra portato a bardo della Renault, riportò lesioni che ne determinarono il decesso (avvenuto il 19.2.2008).
Agirono in giudizio per il risarcimento dei danni la moglie della vittima, M.D.M., anche in nome e per conto dei figli minori I., G. e D.R., nonché i genitori (I. R. e C.L.) e i fratelli del deceduto (A., A., M., G. e R. R.), assumendo la responsabilità di entrambi i conducenti e convenendo in giudizio la S., la G. e la A. Assicurazioni (oltre a tale M.B., trasportata a bordo della Skoda), nonché il M. e la M. Assicurazioni.
Il Tribunale ritenne che il sinistro si fosse verificato per la concorrente responsabilità della S. (che procedeva a velocità superiore a quella consentita di 70 Km/h e che, perdendo il controllo del proprio mezzo, aveva invaso l'opposta corsia di marcia) e del M. -che procedeva anch'egli a velocità eccessiva (104 Km/h)-, nelle rispettive misure del 70 e del 30 per cento, rigettò la domanda proposta nei confronti della A., per essere intervenuta tra le parti una transazione, e condannò il M. e la U. s.p.a. (subentrata alla M. Assicurazioni) al risarcimento dei danni.
Pronunciando sull'appello principale degli attori e su quelli incidentali proposti dalla U., dal M. e dalla A., la Corte di Appello ha accolto il gravame incidentale della U., rigettando le domande risarcitorie proposte nei confronti del M. e della sua assicuratrice e condannando gli attori alla restituzione degli importi riscossi in esecuzione della sentenza di primo grado, oltre interessi dal giorno del pagamento al saldo.
La Corte ha affermato, fra l'altro, che:
l'accordo intercorso fra gli attori e la A. non costituiva una transazione, ma una «remissione del debito solidale, con effetto immediatamente liberatorio anche nei confronti dei debitori in solido, ai sensi del disposto dell'art. 1301 c.c.», di talché risultava infondata la pretesa di ottenere ulteriori somme dalla S. e dalla G.;
risultava fondato l'appello della U., che aveva censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva attribuito un concorso di colpa nella determinazione dell'evento mortale; e ciò in quanto:
la sentenza di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. pronunciata nei confronti del M. costituiva un mero «argomento di prova quanto alla colpevolezza della parte»;
la prova liberatoria di cui all'art. 2054 c.c. «non deve essere necessariamente data in modo diretto, cioè dimostrando di avere tenuto un comportamento esente da colpa e perfettamente conforme alle regole del codice della strada, ma può risultare anche dall'accertamento che il comportamento dell'altro sia stato il fattore causale esclusivo dell'evento dannoso, comunque non evitabile»;
dalla consulenza espletata in sede di indagini preliminari era emerso che «la S., "in sbandata trasversale", sbarrava improvvisamente la corsia di marcia sulla quale viaggiava il M.» e che, «anche se il conducente della Renaul Clio avesse rispettato il limite di velocità di 70Km/h non avrebbe potuto evitare l'impatto»;
«inoltre, apodittica appare l'affermazione del primo giudice circa il fatto che la velocità dell'auto condotta dal M. abbia "certamente concorso all'aggravamento delle conseguenze dell'impatto", posto che non è dato in alcun modo sapere se il rispetto del limite di velocità da parte del M. avrebbe impedito il decesso di G.R.».
Hanno proposto ricorso per cassazione Crocefissa L. e A., A., M., G. e R. R., tutti in proprio e in qualità di eredi di I. R., affidandosi a tre motivi.
Un successivo ricorso (da considerare incidentale) è stato proposto da M.D.M. e I., G. e D.R., che si sono affidati a quattro motivi.
Ad entrambi hanno resistito la U. Assicurazioni e il M.; la S. ha resistito al ricorso della D.M. e dei figli.
Con ordinanza interlocutoria n. 18814/21, questa Corte ha disposto, a carico della L. e dei figli, l'integrazione del contraddittorio nei confronti della G. e della B.. Effettuata l'integrazione, le intimate non hanno svolto attività difensiva.
La trattazione dei ricorsi è stata fissata ai sensi dell'art. 380 bis.1. c.p.c..
Hanno depositato memorie i ricorrenti principali, la U. e la S..
Motivi della decisone
I motivi del ricorso (principale) della l. E dei figli
1. primo motivi denuncia la violazione degli artt. 2054 , 1667 (rectius: 2697) c.c. e 140 e 141 C.d.S. per avere la Corte escluso la concorrente responsabilità del M. per la morte del R. «per il solo fatto che fosse provata l'inevitabilità dell'impatto tra i due veicoli (da ascriversi a esclusiva responsabilità della [...] S.), ancorché il M. viaggia[sse] a velocità eccedente i limiti consentiti e fosse residuato il dubbio (espress[o] dalla stessa sentenza impugnata) sulle diverse (e minori) conseguenze dannose che l'impatto tra i veicoli avrebbe avuto se il M. avesse rispettato i limiti di velocità»; richiamato il contenuto dell'art. 2054, 1° co. c.c., i ricorrenti assumono che «è il conducente danneggiante che, in caso di danni causati dalla circolazione, deve fornire prova liberatoria della propria responsabilità, dimostrando di aver fatto tutto il possibile per evitare (o ridurre) il danno. In difetto, laddove residuino dubbi in proposito, occorre affermare -e non escludere, come ha fatto l'impugnata sentenza- la responsabilità del conducente» e «ciò, a maggior ragione, laddove vi sia stata prova in positivo che il conducente/danneggiante non abbia tenuto una condotta conforme alle prescrizioni del codice della strada»; sostengono pertanto che, per escludere la presunzione di cui all'art. 2054, co. 1 c.c., «non era sufficiente dimostrare che l'impatto era dipeso da colpa esclusiva dell'altro conducente, ma occorreva anche provare che l'impatto avrebbe causato la morte del [...] R. anche se il [ ...] M. avesse rispettato il limite di velocità nella guida del proprio veicolo. Il mancato assolvimento dell'onere della prova sul punto non poteva andare a discapito degli esponenti/danneggiati, ma doveva essere posto a carico dei conducenti/danneggianti».
2. Col secondo motivo, viene dedotto l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio «per avere la Corte territoriale ritenuto non provato che la velocità dell'auto condotta dal M. abbia certamente concorso nell'aggravare le conseguenze dell'impatto con la vettura guidata dalla [ .. ] S., omettendo di considerare che tale prova emergeva pacificamente dalla CTU svolta nel giudizio penale», in cui era stato affermato che, «ove il conducente dell'autovettura Renault Clio avesse ridotto sensibilmente la velocità, vigile delle possibili condizioni di pericolo proprio della strada bagnata, in quel momento, anche se non avesse potuto evitare l'incidente ne avrebbe ridotto le gravi conseguenze».
3. terzo motivo deduce la violazione dell'art. 2054, 2° co. c.c. e degli artt. 140 e 141 C.d.S. «per avere la Corte territoriale escluso la presunzione di eguale responsabilità del [...] M. e della [ ...] S. nella causazione della morte del [...] R. conseguita alla collisione delle autovetture condotte dai primi due per il solo fatto [della] invasione di corsia da parte dell'autovettura guidata dalla [...] S., pur essendo rimasto il dubbio che (nonostante l'impatto inevitabile) l'evento dannoso (morte del [...] R.) avrebbe potuto non verificarsi se il M. avesse (diversamente da quanto fatto), rispettato i limiti di velocità»; i ricorrenti evidenziano che il dubbio sul fatto che il rispetto del limite da parte del M. potesse impedire il decesso, «lungi dal giustificare il superamento della presunzione di uguale responsabilità ex art. 2054, c. 2 c.c. ne imponeva l'applicazione, atteso che quella presunzione poteva essere superata solo accertando in positivo (e non lasciando nel dubbio) il diverso peso percentuale delle due condotte nella causa dell'evento dannoso morte del [...] R.».
I motivi del ricorso (incidentale) della d.m. e dei figli
4. primo motivo, denuncia la violazione degli artt. 1236, 1362, 1363 e 1965 c.c. e censura la sentenza per aver ritenuto che l'accordo intercorso fra i ricorrenti e l'A. non integrasse una transazione, ma fosse riconducibile alla fattispecie della remissione del debito solidale.
Assumono i ricorrenti che, alla luce del tenore letterale delle quietanze e della natura dell'operazione ad esse sottostante, «la qualificazione giuridica di detti accordi non può che essere ricompresa nella nozione di transazione di cui all'art. 1965 c.c.».
5. il secondo motivo deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1236, 1301 e 1965 c.c. e ribadisce la natura transattiva dell'accordo intercorso tra i ricorrenti e l'A. Assicurazioni, rilevando che lo stesso «ha avuto (e non poteva non avere) ad oggetto solo il massimale dovuto dalla compagnia assicuratrice»; da ciò conseguendo che risultava l'inapplicabile l'art. 1301 c.c. e che doveva escludersi che detti accordi avessero avuto effetti liberatori anche nei confronti della S. e della G..
6. Col terzo motivo, i ricorrenti denunciano la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 2054 e 2697 c.c. e 140, 141 e 142 Codice della Strada, «per avere la Corte territoriale escluso la responsabilità concorrente del [...] M. e della propria compagnia assicurativa, U. Assicurazioni s.p.a., con riferimento alla morte del[...] R.» e censurano la sentenza impugnata per avere ritenuto apodittica l'affermazione del primo giudice circa il concorso della condotta del M. nell'aggravamento delle conseguenze dell'impatto e per avere escluso la responsabilità del detto M. «nonostante non fosse emersa alcuna prova circa il fatto che lo stesso avesse tenuto una condotta osservante sia delle norme sulla circolazione stradale, sia dei normali precetti di prudenza».
7. il quarto motivo deduce, in relazione all'art. 360, n. 5 c.p.c., l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, «per avere la Corte territoriale ritenuto non provato che la velocità tenuta dall'autovettura condotta dal [ ...] M. abbia certamente concorso ad aggravare le conseguenze dell'impatto con la Skoda Felicia, [...] nonostante tale prova emergesse chiaramente dalla perizia svolta in sede penale».
I ricorrenti sostengono che l'affermazione del primo giudice circa il concorso del M. nell'aggravamento delle conseguenze dell'impatto non era affatto "apodittica", giacché dalla consulenza svolta in sede penale era emersa la rilevanza della velocità della Renault «per gli effetti distruttivi e quindi per le più gravi conseguenze» del sinistro.
Scrutinio del primo e del secondo motivo del ricorso incidentale
8. Il primo e il secondo motivo del ricorso della D.M. e dei figli - che possono essere esaminati congiuntamente per l'evidente connessione- sono inammissibili, in quanto:
non indicano specificamente i termini in cui le norme richiamate in rubrica sarebbero state violate o falsamente applicate, ma si limitano a sostenere assertiva mente l'applicabilità dell'una (art. 1965 c.c.) anziché dell'altra norma (art. 1236 c.c.), senza individuare errori nella ricostruzione astratta delle fattispecie normative e limitandosi ad una generica affermazione della riconducibilità dell'accordo nell'alveo della transazione;
il che vale anche in relazione alla deduzione della violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., dato che non risultano individuati specificamente i canoni ermeneutici che sarebbero stati violati o erroneamente applicati;
per di più, i ricorrenti non hanno ottemperato, se non in misura ridotta, all'onere -di cui all'art. 366, n. 6 c.p.c.- di trascrivere in modo adeguato il tenore dell'accordo intercorso con l'assicurazione (cfr. quanto riprodotto a pag. 16 del ricorso in raffronto al più ampio stralcio riportato alla quarta pag. del controricorso della S., da cui emerge la liberazione della medesima «da ogni obbligo e vincolo»), anche al fine di illustrare l'effettivo interesse a sostenere la qualificazione dell'accordo come transazione in funzione della pretesa di richiedere somme ulteriori alla S. e alla G..
Scrutinio degli altri motivi dei due ricorsi
9. I tre motivi del ricorso principale e i residui motivi terzo e quarto del ricorso incidentale possono essere esaminati congiuntamente, in quanto contestano l'esclusione della responsabilità del M. (e quella conseguente della sua assicuratrice) con censure che ruotano intorno alla prova dell'efficienza concausale della velocità eccessiva del predetto M. nel determinismo dell'evento mortale.
Va subito chiarito che è pacifico che il sinistro (inteso come scontro fra i due mezzi) si sarebbe verificato in ogni caso, anche ove il M. avesse proceduto rispettando il limite di velocità segnalato e quello consigliato dalle condizioni della strada (asfalto bagnato); si controverte, invece, sul concorso della condotta del M. a determinare, non lo scontro, ma la morte del R., sostenendosi dai ricorrenti -in linea con quanto già ritenuto dal giudice di primo grado che l'eccesso di velocità aggravò le conseguenze dell'impatto, rendendo più dirompente la forza d'urto ed assumendo un ruolo concausale rispetto al decesso.
Il punto nodale della controversia riguarda l'affermazione della Corte secondo cui «apodittica appare l'affermazione del primo giudice circa il fatto che la velocità dell'auto condotta dal M. abbia "certamente concorso nell'aggravare le conseguenze dell'impatto", posto che non è dato in alcun modo sapere se il rispetto del limite di velocità da parte del M. avrebbe impedito il decesso di G.R.»; al riguardo, deve valutarsi se detta affermazione sia sindacabile in sede di legittimità e, in caso affermativo, se sia corretta la scelta della Corte territoriale di far ricadere sui danneggiati il "dubbio" sull'efficienza causale della velocità eccessiva del M., nel senso di ritenere non provata la loro pretesa risarcitoria nei confronti del detto M. e della U..
Al primo quesito va data risposta affermativa, atteso che la censura non concerne propriamente un apprezzamento di merito circa la ricorrenza o meno del nesso causale fra la velocità eccessiva e imprudente del M. e la morte del R., ma investe piuttosto la scelta della Corte di far conseguire un esito "assolutorio" (in favore del M. e della sua assicuratrice) alla difficoltà di accertare l'incidenza causale dell'anzidetta velocità irregolare sulla gravità delle lesioni riportate dal deceduto. La doglianza prospetta quindi un errore di diritto che viene imputato alla Corte per aver fatto ricadere sui congiunti del R. le conseguenze del dubbio sul fatto che neppure una velocità inferiore potesse evitare il decesso.
Tanto premesso, ritiene il Collegio che i motivi siano fondati, nei termini che seguono.
Va considerato, infatti, che:
non è revocabile in dubbio che la velocità dal M. (doppiamente irregolare per il fatto di superare di ben 34 Km/h il limite previsto e di non essere stata ridotta, rispetto a tale limite, in considerazione delle condizioni del manto stradale bagnato) abbia aggravato la violenza dell'impatto fra le due vetture; tanto basta ad affermare l'incidenza causale della condotta colposa del M. sulle conseguenze dello scontro (salvo, ovviamente, accertarne la misura percentuale), ivi compresa quella più grave, ossia le lesioni mortali subite dal R., trattandosi di danno che deve evidentemente ritenersi "prodotto" (ai sensi dell'art. 2054 c.c.) anche da tale condotta; con ciò deve considerarsi assolto l'onere degli attori di provare il nesso causale fra la condotta colposa del M. e il danno di cui hanno richiesto il risarcimento (salvo, come detto, quantificarne l'incidenza); in una situazione siffatta incombeva dunque ai convenuti (il M. e la sua assicuratrice), in conformità al criterio generale sotteso alle previsioni dei commi 1° e 2° dell'art. 2054 c.c., l'onere di fornire la prova liberatoria della propria responsabilità risarcitoria, dimostrando che l'eccesso di velocità è stato ininfluente rispetto al decesso del R.; con la conseguenza che il mancato assolvimento di tale onere e il dubbio evidenziato dalla Corte di merito non possono ricadere sugli attori (che, per parte loro, hanno fornito la prova del nesso di causa), ma sui convenuti.
Deve dunque affermarsi che, laddove si accerti che la condotta colposa di un conducente (nel caso, per eccesso di velocità) ha aggravato le conseguenze del sinistro che si sarebbe in ogni caso verificato a seguito della manovra colposa del conducente del veicolo antagonista (nel caso, per avere invaso l'opposta corsia di marcia), risulta con ciò stesso assolto l'onere dei danneggiati (nel caso, i congiunti del trasportato deceduto nel sinistro) di provare il nesso di causa fra la condotta di entrambi i conducenti coinvolti nel sinistro e il danno patito (fatta salva la quantificazione, da parte del giudice, della misura dei distinti contributi causali), mentre incombe sul conducente che affermi che il danno si sarebbe egualmente verificato, a prescindere dalla propria condotta, l'onere di fornirne la prova.
I ricorsi vanno dunque accolti in relazione ai motivi sopra indicati, con cassazione e rinvio alla Corte territoriale, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte, dichiarati inammissibili il primo e il secondo motivo del ricorso incidentale, accoglie il ricorso principale e il terzo e il quarto motivo del ricorso incidentale; cassa in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte di Appello di Catania, in diversa composizione.