Nel caso di specie, il ricorrente aveva chiesto l'ammissione al gratuito patrocinio per un giudizio vertente sulla proposizione di una querela di falso incidentale contro una notifica di atto impositivo, che nulla aveva a che fare con il suo status di orfano di guerra.
L'odierno ricorrente impugnava dinanzi al Giudice di Pace un'iscrizione ipotecaria formulando in via incidentale querela di falso contro la relata di notifica dell'atto impugnato. La causa veniva riassunta dinanzi al Tribunale, al quale il ricorrente chiedeva di essere ammesso al gratuito patrocinio in quanto orfano di guerra. La richiesta...
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
E.I., avendo impugnato dinanzi al Giudice di Pace di Savona un’iscrizione ipotecaria, richiesta dall’Agenzia delle Entrate Riscossione di Savona, formulava in via incidentale querela di falso avverso la relata di notifica dell’atto impugnato, e la causa era riassunta dinanzi al Tribunale di Savona, al quale chiedeva di essere ammesso al gratuito patrocinio, ex art. 41 della legge n. 365/1958, in quanto orfano di guerra.
Depositata relativa documentazione, il Tribunale rigettava la richiesta in quanto non ricorrevano i presupposti di legge ed analogo rigetto era pronunciato anche in occasione della riproposizione dell’istanza.
Il secondo provvedimento era quindi oggetto di opposizione ed il Tribunale adito con ordinanza del 30.9.2021 la rigettava, osservando che il gratuito patrocinio ex art. 41 della legge n. 365/58 “…non si estende indistintamente ad ogni contenzioso giudiziario in cui sia parte un soggetto iscritto nell’elenco degli orfani di guerra. La norma richiama solo quelle azioni che determinati organi istituzionalmente a ciò preposti debbano esperire nell’interesse dell’orfano di guerra. La norma, quindi, non si riferisce ad azioni intraprese autonomamente di propria iniziativa dal soggetto che pur registrato tra gli orfani di guerra agisce per tutelare interessi estranei a quelli per i quali tale qualità personale è presa in considerazione della legge numero 365 del 1958”. Avverso tale ordinanza propone ricorso I.E. sulla base di due motivi.
Il Ministero della Giustizia non ha svolto difese in questa fase.
Preliminarmente occorre rilevare che il ricorso risulta essere stato notificato al Ministero della Giustizia presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Genova, anziché presso l’Avvocatura Generale dello Stato, come invece imposto per legge, il che determina la nullità della notificazione.
Tuttavia, occorre ribadire che il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo (derivante dall'art. 111 Cost., comma 2 e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti del l'uomo e delle libertà fondamentali) impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 cod. proc. civ.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano certamente quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, espresso dall'art. 101 cod. proc. civ., da sostanziali garanzie di difesa (art. 24 Cost.) e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità (art. 111 Cost., comma 2) dei soggetti nella cui sfera giuridica l'atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti ( Cass. 17 giugno 2013 n. 15106; Cass. 8 febbraio 2010 n. 2723; Cass., Sez. Un., 3 novembre 2008, n. 26373; Cass., Sez. 3, 7 luglio 2009, n. 15895; Cass., Sez. 3, 19 agosto 2009, n. 18410; Cass., Sez. 3, 23 dicembre 2009, n. 27129).
In applicazione di detto principio, essendo il presente ricorso (per le ragioni che andranno ad esporsi nel prosieguo) prima facie infondato, appare superflua la fissazione di un termine per la rinnovazione della notifica affetta da nullità nei confronti dell’intimato Ministero, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell'effettività dei diritti processuali delle parti.
Il primo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 41 della legge n. 365/58 e/o nullità dell’ordinanza per difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia e difetto di motivazione, ex art. 360. nn. 4 e 5.
Il rigetto dell’opposizione si fonda sul presupposto che il beneficio del gratuito patrocinio, di cui alla normativa invocata dal ricorrente, non si estende indistintamente ad ogni contenzioso giudiziario in cui sia parte un soggetto iscritto nell’elenco degli orfani di guerra, ma solo a quelle azioni che determinati organi istituzionalmente a ciò preposti debbano esperire nell’interesse dell’orfano di guerra. Poiché nella specie si è al cospetto di un’azione intrapresa autonomamente di propria iniziativa dal soggetto che, pur registrato tra gli orfani di guerra, intendeva tutelare interessi estranei a quelli per i quali tale qualità personale è presa in considerazione della legge numero 365 del 1958, il beneficio non poteva essere riconosciuto.
Sostiene lo I. che tale conclusione contrasti con il tenore dell’art. 41 della legge n. 365/58, e con i canoni ermeneutici delle norme di diritto.
Il motivo è però manifestamente destituito di fondamento. L’art. 41 della L. 365/58 dispone che “tutti gli atti relativi alla tutela degli orfani di guerra e quelli giudiziari e stragiudiziali che i comitati provinciali, i giudici tutelari e le istituzioni giuridicamente riconosciute debbano compiere nell'interesse degli orfani di guerra sono scritti in carta libera ed esenti da qualsiasi tassa” e che “per tutti i giudizi relativi alla suddetta tutela compete di diritto alla difesa dell'orfano il gratuito patrocinio. Il giudice tutelare destina il difensore d'ufficio ai sensi delle disposizioni contenute nel testo unico delle leggi sul gratuito patrocinio”.
Rileva la Corte che non è in discussione la qualità di orfano di guerra vantata dal ricorrente, ma piuttosto l’ambito di applicazione del beneficio del gratuito patrocinio, quale accordato dalla norma riportata, posto che lo stesso ricorrente pretende di estenderlo anche al giudizio presupposto che attiene, come ricordato, alla proposizione di una querela di falso incidentale avverso una notifica di atto impositivo, in relazione ad un giudizio nel quale lo stesso I. ha inteso impugnare un’iscrizione ipotecaria per crediti vantati dalla PA.
Reputa la Corte che la soluzione ermeneutica alla quale è giunta la decisione gravata sia incensurabile.
Invero l’utilizzo del termine “tutti” risulta immediatamente oggetto di specificazione ad opera del testo normativo, essendo lo stesso chiaramente correlato ai soli giudizi aventi ad oggetto la tutela degli orfani di guerra in quanto compiuti nell’interesse di questi da parte dei comitati provinciali, dei giudici tutelari e delle istituzioni giuridicamente riconosciute, sicché è proprio in base all’interpretazione letterale della norma che l’apparente portata onnicomprensiva del termine utilizzato trova un’immediata limitazione quanto all’oggetto delle controversie per le quali il beneficio è legalmente accordato, non apparendo in alcun modo condivisibile la diversa lettura, in senso ampliativo, invece sostenuta dalla difesa del ricorrente, lettura che contrasta apertamente con le espressioni contenute nel testo normativo.
Quanto all’argomento che valorizza i lavori preparatori, in disparte la riferibilità dei passaggi riportati in ricorso al diverso beneficio della pensione e la loro attinenza a fonti normative diverse da quella qui in esame, è però indubbio che anche in tali limitati termini, trattasi di beneficio che intende dare riconoscimento al sacrificio per la patria dei genitori dei soggetti ai quali viene accordato il gratuito patrocinio, ma pur sempre nei limiti contrassegnati dalla scelta della legge.
E’ peraltro del tutto razionale che il beneficio sia riconosciuto per le sole azioni direttamente correlate allo status di orfano di guerra e che si sia voluto escluderlo per quelle azioni che non abbiano un legame causale con la peculiare condizione dell’orfano di guerra, come ad esempio tutte le azioni successivamente intraprese da tali soggetti, ma senza alcun nesso con la situazione soggettiva che ha indotto ad attribuire il beneficio.
Così come pure non è conferente il richiamo alla tutela del patrimonio dell’orfano che porterebbe a dover accordare il beneficio ad ogni causa che, senza limitazioni di ordine cronologico, sia lato sensu volta a preservare il patrimonio di chi rivesta tale qualità, in quanto proprio il co. 1 dell’art. 41 della legge in esame, chiarisce come la vigilanza del Comitato provinciale e del giudice tutelare operino per il periodo in cui l’orfano sia privo di autonoma capacità di agire, e che tale limitazione valga anche per individuare le controversie per le quali è dato il beneficio del gratuito patrocinio.
Né vale ad indurre a diverse conclusioni l’argomento di carattere storico, correlato al fatto che oggi la norma invocata, tenuto conto della data di cessazione del secondo conflitto mondale, non avrebbe più ragione di trovare applicazione, dovendosi obiettare (non senza considerare che la norma per la sua formulazione potrebbe essere utilizzata per l’ipotesi, certamente non auspicabile, di un nuovo conflitto che possa portare a dover riconoscere ex novo lo status di orfani di guerra) che, avuto riguardo alla data di entrata in vigore della norma, la stessa aveva una sua più che plausibile possibilità di applicazione, per tutti gli orfani di guerra che a quella data non avessero ancora raggiunto la maggiore età.
Di alcun ausilio alla tesi del ricorrente è poi il richiamo all’argomento dell’analogia, essendo il riferimento all’art. 126 del DPR n. 115/2002 reso vano dal tenore letterale della norma ed alla espressa limitazione che l’art. 41 della legge n. 365/1958 pone alla sua applicazione, in relazione alla natura delle controversie per le quali il beneficio è suscettibile di trovare applicazione.
Il secondo motivo lamenta la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 92 del c.p.c. e/o nullità dell’ordinanza per difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia e difetto di motivazione, ex art. 360. nn. 4 e 5.
Si denuncia che l’ordinanza impugnata abbia altresì condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali, quantificate in € 1.617,00 per compensi, oltre oneri fiscali e previdenziali previsti ex lege e spese generali nella misura del 15%.
Si deduce che la totale novità della questione, nonché la circostanza secondo cui altri Tribunali hanno ritenuto di ammettere il ricorrente ex art. 41 al gratuito patrocinio avrebbero dovuto indurre a compensare le spese ex art. 92 c.p.c.
Il motivo è inammissibile.
Vale ricordare che secondo la costante giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 23 febbraio 2012 n. 2730) in tema di spese processuali, solo la compensazione dev'essere sorretta da motivazione, e non già l'applicazione della regola della soccombenza cui il giudice si sia uniformato, atteso che il vizio motivazionale ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., ove ipotizzato, sarebbe relativo a circostanze discrezionalmente valutabili e, perciò, non costituenti punti decisivi idonei a determinare una decisione diversa da quella assunta (conf. Cassazione civile sez. VI 28 aprile 2014 n. 9368).
Con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato della Corte di cassazione è pertanto limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, sia la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell’ipotesi di soccombenza reciproca, quanto nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi, sia provvedere alla loro quantificazione, senza eccedere i limiti (minimi, ove previsti e) massimi fissati dalle tabelle vigenti (Cass. n. n. 19613/2017).
Trattasi peraltro di conseguente applicazione del principio a suo tempo espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte, ed in relazione ad una formulazione dell’art. 92 c.p.c. che anzi offriva ben più ampi margini di discrezionalità al giudice di merito, rispetto a quella applicabile nella fattispecie, secondo cui in tema di spese processuali, la facoltà di disporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con un’espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l'eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (Cass. S.U. n. 14989/2005; conf. Cass. n. 7607/2006; Cass. n. 11329/2019).
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile. Nulla a disporre quanto alle spese, atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero.
Poiché il ricorso è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile;
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, l. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.