Svolgimento del processo
1. La Corte di appello di Firenze, con la sentenza emessa il 21 maggio 2021, riformava parzialmente la sentenza del Tribunale di Pistoia, che aveva accertato la responsabilità penale di V.F., riqualificando la condotta di bancarotta fraudolenta documentale impropria in bancarotta semplice documentale ai sensi degli artt. 217, comma 2, e 224 legge fall. (capo A), confermando la sentenza di primo grado quanto al delitto di bancarotta societaria per effetto di operazioni dolose ai sensi dell'art. 223, comma 2, n. 2, legge fall., avendo così cagionato il fallimento della società (omissis) s.r.l. (capo D).
2. Il ricorso per cassazione proposto nell'interesse di V.F. consta di quattro motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3. Il primo motivo deduce violazione dell'art. 223, comma 2, Legge fall. e vizio di motivazione conseguente.
In relazione al capo D), lamenta il ricorrente che i Giudici di merito non abbiano valutato come decisiva la circostanza che F. fu nominato amministratore di diritto quando la società era già inattiva e che il fallimento si sarebbe comunque verificato, anche senza l'omissione nei pagamenti dei tributi pregressi del medesimo F., impossibilitato allo stesso.
Per altro la Corte territoriale non avrebbe accertato quale sia stato il contributo di F. al dissesto che procurò il fallimento.
4. Il secondo motivo deduce violazione degli artt. 223 e 217 legge fall. e vizio di motivazione conseguente.
Il ricorrente, sempre in relazione al capo D), non ha ritenuto riqualificabile la condotta in quella prevista dall'art. 217 legge fall., ben potendo configurarsi il delitto di bancarotta semplice per grave imprudenza, per operazioni manifestamente imprudenti, ovvero per aver aggravato il dissesto non avendo richiesto la dichiarazione di fallimento.
5. Il terzo motivo deduce vizio di motivazione in ordine alla ipotesi di bancarotta documentale semplice.
Il ricorrente lamenta che sia stata in modo contraddittorio ritenuta la assenza della documentazione contabile a fronte della affermazione che la stessa era nella disponibilità di altra procedura fallimentare e veniva considerata dalla Corte di appello come tenuta in modo irregolare, senza che il curatore ne avesse svolto un effettivo esame.
6. Il quarto motivo deduce violazione degli artt. 62-bis e 133 cod. pen. e conseguente vizio di motivazione.
Lamenta il ricorrente che la motivazione per negare le circostanze attenuanti generiche sia erroneamente fondata sulla pluralità delle condotte di bancarotta, non tenendo in conto le intervenute assoluzioni, come pure la personalità dell'imputato e la risalenza nel tempo delle condotte.
7. Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale, ha depositato requisitoria e conclusioni scritte in vista della udienza, con le quali ha chiesto l'annullamento con rinvio con riferimento al secondo motivo di ricorso.
8. La difesa ha depositato memoria e conclusioni datate 25 settembre 2022, insistendo per l'accoglimento di tutti i motivi di ricorso.
9. Il ricorso è stato trattato senza intervento delle parti, ai sensi dell'art. 23, comma 8, di. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell'art. 7, comma 1, d.l. n. 105 del 2021.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato nei termini che seguono.
2. Il primo e il secondo motivo, strettamente connessi in quanto relativi al capo D), vanno trattati unitariamente.
2.1. F. fu nominato amministratore unico della società il 29 luglio 2009 e ricoprì tale incarico fino alla dichiarazione di fallimento intervenuta il 22 novembre 2013.
La Corte di appello premette che effettivamente l'imputato ebbe ad acquisire l'incarico quando l'esposizione debitoria della società era già imponente e non vi era alcuna possibilità di risanamento.
A fronte di tale situazione la Corte territoriale in modo corretto rileva, in sintonia con l'orientamento consolidato di questa Corte, che le operazioni dolose di cui all'art. 223, comma 2, n. 2, legge fall. ben possono consistere nel sistematico inadempimento delle obbligazioni fiscali e previdenziali, frutto di una consapevole scelta gestionale da parte degli amministratori della società, da cui consegue il prevedibile aumento della sua esposizione debitoria nei confronti dell'erario e degli enti previdenziali (Sez. 5, n. 24752 del 19/02/2018, De Mattia, Rv. 273337 - 01; conf. n. 12426 del 2014 Rv. 259997 - 01, n. 29586 del 2014 Rv. 260492 - 01, n. 47621 del 2014 Rv. 261684 - 01, n. 15281 del 2017 Rv. 270046 - 01; nello stesso senso Sez. 5,. n. 22765 del 18/02/2021, Rossin, n.m.).
Quanto al profilo causale va richiamato il principio che la fattispecie di fallimento cagionato da operazioni dolose, prevista dall'art. 223, comma secondo, n. 2, legge fall., presuppone una modalità di pregiudizio patrimoniale discendente non già direttamente dall'azione dannosa del soggetto attivo, ma da un fatto di maggiore complessità strutturale, riscontrabile in qualsiasi iniziativa societaria implicante un procedimento o, comunque, una pluralità di atti coordinati all'esito divisato e si distingue dalle ipotesi generali di bancarotta fraudolenta patrimoniale, di cui al combinato disposto degli artt. 223, comma primo, e 216, comma primo, n. 1), legge fall. - in cui, invece, le disposizioni di beni societari (qualificabili in termini di distrazione, dissipazione, occultamento, distruzione) sono caratterizzate, secondo una valutazione "ex ante", da manifesta ed intrinseca fraudolenza, in assenza di qualsiasi interesse per la società amministrata (Sez. 5, n. 12945 del 25/02/2020, Mora, Rv. 279071 - 01; Sez. 5, n. 17690 del 18/02/2010, Cassa di Risparmio di Rieti, Rv. 247314 - 01).
Per altro, trattandosi di reato a forma libera, il delitto può essere integrato da condotta attiva o omissiva, costituente inosservanza dei doveri rispettivamente imposti ai soggetti indicati dalla legge (Sez. 5, n. 43562 del 11/06/2019, Vigna, Rv. 277125 - 01), nel quale il fallimento è evento di danno, e si ritiene che la fattispecie si realizza non solo quando la situazione di dissesto trovi la sua causa nelle condotte o operazioni dolose, ma anche quando esse abbiano aggravato la situazione di dissesto che costituisce il presupposto oggettivo della dichiarazione di fallimento (in tal senso, Sez. 5, n. 40998 del 20/05/2014, Concu, Rv.262188, secondo cui sussiste il delitto di bancarotta fraudolenta previsto dall'art. 223, comma secondo n. 2, I. fall. anche quando le operazioni dolose dalle quali deriva il fallimento della società non comportano una diminuzione algebrica dell'attivo patrimoniale, ma determinano comunque un depauperamento del patrimonio non giustificabile in termini di interesse per l'impresa).
Va altresì aggiunto che il delitto è integrato anche dall'omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto e dei contributi previdenziali e assistenziali che abbia causato il dissesto della società (Sez. 5, n. 30735 del 05/04/2019, Cassano, Rv. 276996 - 01), frutto di una consapevole scelta gestionale da parte degli amministratori della società, da cui consegue il prevedibile aumento della sua esposizione debitoria nei confronti dell'erario e degli enti previdenziali (Sez. 5, n. 24752 del 19/02/2018, De Mattia, Rv. 273337 - 01).
2.2. Tanto premesso, deve rilevare questa Corte come le censure siano fondate quanto al vizio di motivazione, in ordine a due profili.
In primo luogo, occorre che l'omissione consistente nell'inadempimento delle obbligazioni tributarie e previdenziali abbia carattere sistematico, esteso, e consistenza tale da causare il dissesto o determinarne l'aggravamento.
Come è stato già chiarito, in realtà, il termine "operazione" è termine semanticamente più ampio dell' "azione", intesa come mera condotta attiva, e ricomprende l'insieme delle condotte, attive od omissive, coordinate alla realizzazione di un piano; sicché, può ben essere integrata dalla violazione - deliberata, sistematica e protratta nel tempo - dei doveri degli amministratori concernenti il versamento degli obblighi contributivi e previdenziali, con prevedibile aumento dell'esposizione debitoria della società ( Sez. 5 n. 24752 del 01/06/2018, De Mattia, Rv. 273337). Infatti, le operazioni dolose di cui all'art. 223, comma secondo n. 2, I. fall., possono consistere nel compimento di qualunque atto intrinsecamente pericoloso per la salute economica e finanziaria della impresa e, quindi, anche in una condotta omissiva produttiva di un depauperamento non giustificabile in termini di interesse per l'impresa (Sez. 5, n. 29586 del 15/05/2014, Belleri, Rv. 260492, in una fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione impugnata che aveva qualificato come operazione dolosa il mancato versamento dei contributi previdenziali con carattere di sistematicità).
Nel caso in esame, però, nessuna delle sentenze di merito chiarisce quale sia il debito maturato nel periodo di amministrazione del F. a fronte del complessivo debito preesistente, perché già maturato, di otto milioni di euro per cartelle notificate fra il 2002 e il maggio 2016 (cfr. sent. Tribunale Pistoia fol. 2), tanto più che la società aveva cessato l'attività da «qualche tempo» rispetto alla nomina di F. (fol. 5 della sentenza impugnata), cosicchè l'inattività potrebbe aver escluso o ridotto il sorgere di ulteriori doveri previdenziali e tributari.
Conseguentemente, se anche il solo aggravamento del dissesto rileva penalmente, occorre però verificarne l'esistenza e la portata quanto al profilo causale, oltre che l'incidenza rispetto al complessivo dissesto, dovendosi indagare in concreto la sussistenza del nesso eziologico, anche per dare risposta - non intervenuta con la sentenza impugnata - alla censura proposta con il secondo motivo di appello in ordine alla assenza di incidenza, sull'entità del debito tributario, delle condotte di F..
2.3. In tal senso il primo e anche il secondo motivo di ricorso sono fondati, come anche rilevato dal Procuratore generale, in considerazione della circostanza che dalla entità dell'aggravamento potranno trarsi elementi anche in ordine al dolo della condotta contestata al capo D), oltre a darsi risposta - non rinvenuta nella sentenza impugnata - in ordine al terzo motivo di appello, che sollecitava la riqualificazione della condotta in quella di bancarotta semplice.
Va altresì precisato che il dissesto, quanto al dolo, è certamente, nella fattispecie astratta in esame, solo l'effetto, dal punto di vista della causalità materiale, di una condotta volontaria avente ad oggetto l'operazione, e non è richiesta l'intenzionalità diretta a produrre il dissesto medesimo. Proprio questo è il discrimen fra le due fattispecie previste dall'art. 223, comma 2, n. 2): dal punto di vista oggettivo, non presentano sostanziali differenze, mentre, da quello soggettivo, vanno tenute distinte perché nella ipotesi di causazione dolosa del fallimento, questo è voluto specificamente, mentre nel fallimento conseguente ad operazioni dolose, esso è solo l'effetto di una condotta volontaria, ma non intenzionalmente diretta a produrre il dissesto fallimentare, anche se il soggetto attivo dell'operazione ha accettato il rischio della stessa.
La prima fattispecie è dunque a dolo specifico, mentre la seconda è a dolo generico. Non cade pertanto in contraddizione il giudice di merito che ritenga insussistente il dolo (specifico) diretto alla causazione del fallimento, ed, al contempo, ravvisi il dolo (generico) in relazione a singole operazioni distrattive, che hanno determinato il fallimento (Sez. 5, n. 11945 del 22/09/1999, De Rosa, Rv. 214856 - 01).
Dovrà la Corte territoriale anche valutare, nel corso del giudizio di rinvio, ferma restando la compatibilità in astratto, la coerenza logica fra la riqualificazione della condotta del capo A), bancarotta impropria documentale da fraudolenta in semplice, ai sensi degli artt. 217, comma 2, e 224 legge fall. per l'esclusione del dolo del recare pregiudizio ai creditori e del procurare a sé o ad altri ingiusto profitto, e il dolo richiesto per la condotta del capo D) come contestata.
Pertanto, la sentenza impugnata va annullata con rinvio in relazione al capo D), come conseguenza dell'accoglimento del primo e del secondo motivo di ricorso.
3. Quanto al terzo motivo, la Corte di appello, come anticipato, ha riqualificato la condotta di bancarotta documentale da fraudolenta in semplice.
Rappresenta il ricorrente che la sentenza sia da annullarsi in quanto illogica, nella parte in cui per un verso rende atto che la documentazione era esistente presso il locale in sequestro, per altro versa ne contesta l'inesistenza.
A ben vedere il motivo è infondato.
La Corte al fol. 4 ricostruisce i profili di fatto sulla scorta della dichiarazione del curatore fallimentare. Costui riferiva che F. non ebbe mai a consegnare le scritture contabili successive al 2006, in quanto il libro giornale non risultava più aggiornato, né si rinvennero le scritture della (omissis), anche all'esito della ispezione nel locale sottoposto a sequestro nella disponibilità di altra curatela, ove non vi era alcun documento esaminabile, né F. gli aveva consegnato o indicato ulteriore documentazione.
Quanto alla censura sulla circostanza che la testimonianza del curatore possa risultare esito di un esame sommario dallo stesso svolto, deve anche rilevarsi che in tema di prova testimoniale, il divieto di apprezzamenti personali non opera qualora il testimone sia persona particolarmente qualificata, che riferisce su fatti caduti sotto la sua diretta percezione sensoriale ed inerenti alla sua abituale e specifica attività, giacchè, in tal caso, l'apprezzamento diventa inscindibile dal fatto (Sez. 2, n. 4128 del 09/10/2019, dep. 2020, Cunsolo, Rv. 278086 - 01; Sez. 3, n. 29891 del 13/05/2015 - dep. 13/07/2015, Diouf, Rv. 26444401).
In tal senso la non esaminabilità e rilevanza, per la (omissis), della documentazione allocata nel locale sequestrato, giudizio espresso da parte del curatore, tecnico della materia, senza che per altro emergano elementi che smentiscano, da parte di F., l'esistenza specifica di scritture sottoposte a sequestro, non è sindacabile in questa sede di legittimità.
La censura, infatti, propone una rilettura della valutazione operata dalla Corte di appello della testimonianza del curatore, che però è esente da vizi logici e la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali» (Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, Scibè); principio poi ribadito sottolineando come «l'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione abbia un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato - per espressa volontà del legislatore - a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l'adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento o la loro rispondenza alle acquisizione processuali, se non, in quest'ultimo caso, nelle ipotesi di errore del giudice nella lettura degli atti interni del giudizio denunciabile, sempre nel rispetto della catena devolutiva, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), ultima parte, cod. proc. pen.» (Sez. U, n. 14722 del 30/01/2020, Polito).
Il terzo motivo è pertanto inammissibile.
4. Quanto al motivo inerente le circostanze attenuanti generiche, lo stesso risulta subordinato alla decisione che il Giudice del rinvio assumerà a seguito dell'annullamento in ordine ai primi due motivi e, pertanto, risulta assorbito e impregiudicato il quarto motivo di ricorso.
A tal riguardo, la cognizione del Giudice del rinvio riguarda il nuovo esame non solo del profilo censurato, ma anche delle questioni discendenti dalla sua rivalutazione secondo un rapporto di interferenza progressiva e dichiarate assorbite nella pronuncia di annullamento (Sez. 6, n. 49750 del 04/07/2019, Diotallevi, Rv. 277438 - 01: in motivazione, la Corte ha precisato che l'accoglimento di motivi di ricorso, cui segua l'assorbimento di altre questioni controverse, implica la sospensione della loro valutazione da parte del giudice di legittimità, conseguente al rapporto di pregiudizialità logica del tema assorbente sul quale deve rinnovarsi l'esame, la cui definizione impone la progressiva verifica delle questioni dipendenti che da quella premessa traggono il proprio caposaldo argomentativo).
5. Ne consegue l'annullamento con rinvio della sentenza in relazione al capo D), nonché l'inammissibilità per il resto, salvo l'evidenziato assorbimento del quarto motivo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al capo D), con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Firenze. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.